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Restauri sospetti

Posted by Simona Maggiorelli su ottobre 28, 2013

Bronzi di Riace, restauro infinito

Bronzi di Riace, restauro infinito

Mentre il sindaco di Firenze Matteo Renzi nel Salone dei Cinquecento si danna a trapanare gli affreschi del Vasari in una insensata caccia del perduto affresco di Leonardo, pur di avere file di turisti non solo agli Uffizi, ma anche a Palazzo Vecchio, e mentre si moltiplicano gli scavi macabri in cerca di ossa della Gioconda, di Giotto e di altri malcapitati protagonisti della storia dell’arte italiana, un restauratore come Bruno Zanardi lancia un allarme riguardo al moltiplicarsi di restauri inutili. Quando non addirittura dannosi. Restauri commissionati solo per un effimero ritorno d’immagine da parte di Comuni ed enti privati. Restauri ingaggiati per drenare finanziamenti e che talora mettono a rischio la leggibilità critica dell’opera.

È questo il caso di un dipinto di Orazio Gentileschi «pulito per i prossimi mille anni», scrive Zanardi nell’acuminato pamphlet Un patrimonio artistico senza. Ragioni, problemi, soluzioni (Skira). Ricordando come una giovane storica dell’arte di un museo comunale del centro Italia gli avesse confidato orgogliosa di aver ottenuto diecimila euro per restaurare quel quadro… perché sarebbe dovuto andare in mostra il mese successivo. Ma c’è anche di peggio.

«Un’importante casa automobilistica prese a interessarsi di restauro», ricorda Zanardi nel capitolo “Raffaello, un restauro inutile, quasi dannoso”. In che modo quell’azienda privata avrebbe voluto dedicarsi a tale nobile impresa? «A modo suo», chiosa con ironia lo studioso che è stato allievo di Giuliano Urbani e sodale di Cesare Brandi. La casa automobilistica in questione prometteva «un pacco di soldi a uno dei più celebri musei italiani e del mondo per restaurare una qualsiasi delle opere lì conservate. Unica condizione: l’opera doveva essere molto famosa». Niente di male, direte. Chi produce auto non è tenuto a saperne d’arte. Ma il funzionario pubblico della soprintendenza sì. E avrebbe dovuto rifiutare quella proposta. Cosa che non è accaduta.

COP_8991_ZanardiPatrimonio_ok:SKIRA«Il soprintendente, italico more, se ne fregò e accettò», ricorda Zanardi. «Né la decisione destò problema. Anzi tutti a dire: questo sì che è un muoversi da liberale! Far entrare i privati nella tutela e nella valorizzazione. Nessuno osò sostenere il contrario». Ovvero che «un restauro condotto senza indiscutibili ragioni conservative è l’opposto di rigore etico, professionale e morale del liberalismo. Oltre a essere denari buttati via». Per non parlare poi della cosa più importante: i danni arrecati all’opera da un restauro inutile. E non si tratta di un singolo episodio. In questo appassionato diario di uno dei massimi restauratori italiani si trova un’intera pletora di casi analoghi. Compreso quello, annoso, che riguarda i bronzi di Riace in restauro da un paio d’anni. Il terzo dal 1980. Per una spesa di un milione di euro o giù di lì. A mo’ di commento Zanardi riporta lo sfogo (meritorio) di un custode che allargando le braccia gli dice: «Secondo me che li vedevo ogni giorno, erano perfetti. Bastava spolverarli…Ma mi rendo conto che se una cosa la spolveri e basta senza spendere nulla c’è una probabilità su un miliardo che tu vada in televisione e sui giornali».  (Simona Maggiorelli)

dal settimanale left-avvenimenti

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La bella incompiuta. Settis , Montanari e altri

Posted by Simona Maggiorelli su luglio 4, 2013

Luaciano Fabro Italia d'oro (1971)

Luaciano Fabro Italia d’oro (1971)

 di Simona Maggiorelli

La grande incompiuta», così Calamandrei definiva la Costituzione. Non pienamente attuata e oggi drammaticamente sotto attacco, la Carta è al centro di Azione popolare (Einaudi) di Salvatore Settis, che non solo ne evidenzia la lungimiranza e la modernità ma concretamente ne fa un manifesto politico per aggregare quell’associazionismo diffuso che, sebbene frammentario, rappresenta oggi uno degli elementi più vitali della scena politica italiana. Con il volume Costituzione incompiuta (Einaudi), scritto con Tomaso Montanari, Paolo Maddalena e Alice Leone, l’archeologo e storico dell’arte della Normale ora compie un passo ulteriore, esplorando quell’originale nesso fra storia, bellezza e natura che innerva molte parti della nostra Carta, a cominciare dall’articolo 9 in cui è scolpita la tutela dei beni culturali e del paesaggio, strettamente connessa – fa notare Settis – al diritto alla cultura, ma anche alla salute.

E se in questo volume la perfezionanda in Normale Alice Leone ricostruisce utilmente come si arrivò all’innovativa formulazione dell’articolo 9 (che poi è stato preso a modello da costituzioni di altri Paesi), Settis interroga il suo significato più profondo.
Che non riguarda solo la conservazione di un patrimonio d’arte, in Italia,  straordinariamente diffuso nel territorio e fuso al paesaggio, ma riguarda anche l’affermazione di diritti fondamentali come l’uguaglianza, la libertà e quel diritto al pieno sviluppo della propria personalità che è richiamato all’articolo 3.
A ben vedere, dunque, se come invita a fare Settis attiviamo una «officina esegetica, che ravviva la Costituzione mediante l’interpretazione» scopriamo che nel suo impianto è sottesa un’attenzione non solo ai bisogni primari dei cittadini ma anche ad esigenze più profonde che riguardano la persona nella sua complessità. Esigenze di conoscenza, di formazione, di ricerca, di piena realizzazione di sé e di libera espressione (art 21) anche attraverso le arti (art.33).
978880621381GRA Indicazioni che, avverte il professore, la politica di sinistra non dovrebbe trascurare. Pena il suo appiattimento su quel modello di Homo oeconomicus caro alle destre e che prospetta un cittadino povero di umanità, aridamente concentrato sulla realtà materiale, programmato per obbedire da una scuola che trascura il sapere umanistico, reprime il pensiero critico e taglia la ricerca scientifica di base, in nome di un sapere tecnico basato sulla razionalità strumentale
.
In questo quadro interpretativo della Carta proposto in questo nuovo libro la tutela e la valorizzazione non appaiono più fini a se stesse, non sono più tese alla contemplazione ma alla conoscenza: il patrimonio d’arte ci invita a interrogarci sul suo significato civile e sulla nostra storia collettiva. Ma soprattutto ci parla di qualcosa che è specificamente umano come la creatività, come la fantasia, con un linguaggio universale che si esprime per immagini.
L’arte,insomma, ci mette in contatto con valori profondamente umani. Anche per questo deve essere accessibile a tutti. Chi ha scritto la nostra Carta fondamentale, in qualche modo, lo aveva intuito.
 dal settimanale left Avvenimenti

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La tutela in ginocchio

Posted by Simona Maggiorelli su novembre 27, 2010

Dopo il crollo a Pompei, la denuncia del segretario dei Radicali Italiani, Mario Staderini, contro scellerate politiche di emergenza e di favori al Vaticano da parte del governo

di Simona Maggiorelli

pompei

Segretario Staderini nei giorni scorsi un nuovo crollo a Pompei, ma c’è stato anche un crollo al Colosseo e il cedimento del soffitto della Domus Aurea a Roma. Con tutta evidenza il sistema della tutela in Italia non funziona ma nessuno nel governo ammette responsabilità. Oltreché nei tagli ai finanziamenti dove cercare le cause di questo drammatico stato di cose?

Innanzitutto nella gestione commissariale dei beni culturali, governata dalla logica dell’emergenza e degli affari. Agire con ordinanze che operano in deroga alle leggi ordinarie, svincolati da controlli e responsabilità, è un modello autoritario e criminogeno che riguarda sempre più aspetti della vita pubblica, dalla gestione dei rifiuti alla mobilità cittadina, dall’Inps sino ai grandi eventi. È lo stesso modello usato all’Aquila nella gestione del post terremoto de L’Aquila, con gli effetti che abbiamo visto. Il Governo Berlusconi ne ha fatto un sistema, basta dire che dal 2008 ad oggi ha adottato 154 provvedimenti d’emergenza, uno ogni cinque giorni.

Lei ha segnalato anche che un deficit di manutenzione e di attenzione si registra soprattutto per quanto riguarda il patrimonio d’arte pre-cristiano. Nell’Italia dell’8 per mille che va alla Chiesa  anche se il cittadino firma per darlo allo Stato e delle esenzioni dall’Ici per i beni immobili ecclesiastici, è un caso?

Da anni oramai, Governo ed enti locali riservano prevalentemente all’arte sacra ed ai beni ecclesiastici i fondi pubblici dedicati ai restauri e alla conservazione di monumenti. E non parlo solo di restauro di affreschi o di Chiese di pregio artistico ma anche, per fare un esempio, di lavori di manutenzione di palazzi di Propaganda Fide che non versano in stato di emergenza. Non dimentichiamo che la Arcus (la società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo spa creata per decreto ministeriale nel 2004, ndr) ha versato quattro o cinque milioni di euro a Propaganda Fide proprio per questo e altri milioni di euro sono stati dati all’Università Gregoriana. In questo quadro, dunque, non appare un caso che nel nostro Paese gli ultimi quattro ministri dei beni culturali e ambientali siano politici molto vicini al Vaticano, dall’attuale ministro Sandro Bondi, a Francesco Rutelli, a Giuliano Urbani  a Rocco Buttiglione. Che, non dimentichiamo, fu nominato ministro dopo che Bruxelles aveva rifiutato la sua candidatura a commissario europeo per la giustizia, la libertà e la sicurezza.

Domus Aurea, crollo

Concretamente da dove si evince la maggiore attenzione da parte di istituzioni pubbliche italiane per la tutela dell’arte sacra la cui tutela spetterebbe in primis agli enti ecclesiastici?

Dalle spese ordinarie, e lo si evince, come dicevamo, dai finanziamenti per decine di milioni di euro che Arcus eroga ai vari enti ecclesiastici. Persino la quota statale dei fondi ricavati dall’otto per mille e destinata alla conservazione dei beni culturali viene in gran parte, ben oltre il 50%, destinata a beni ecclesiastici quando ad essi dovrebbe provvedere la CEI con il miliardo di euro che ogni anno incassa. Per contrasto registriamo, invece, la deriva per inadeguata tutela e manutenzione a cui sta andando incontro una parte importante del nostro patrimonio d’arte pre-cristiana. Pensiamo appunto ai crolli a Pompei, nella Domus area a Roma e delle Mura aureliane, rischio che corrono da tempo il Palatino, Villa Adriana e tanti siti dell’epoca romana ed etrusca presenti in Italia.  Che con tutta evidenza non hanno goduto di altrettanta attenzione da parte dello Stato: è emblematico che per il restauro del Colosseo, uno dei siti italiani più rappresentativi e visitati, si deve andare ad elemosinare soldi da sponsor privati.

L’arte sacra, si sa, nella storia è stata anche un grande strumento di propaganda per la Chiesa. Fin dal medievo papi, vescovi e predicatori parlavano della pittura sacra come “bibbia dei poveri”. Il che, per fortuna, ha fatto sì che fosse conservata e tramandata…

E’ una finalità che ritroviamo anche oggi nei progetti delle gerarchie ecclesiastiche. Basta dire che il cosiddetto “progetto culturale” che il cardinale Camillo Ruini varò nel 1994 per la reconquista dell’Europa è ancora in piedi e vede Ruini ancora saldamente alla guida. Nell’ambito di questo progetto culturale, per esempio, sono nati anche i circoli di Scienza e vita che hanno giocato un ruolo di primo piano nel sostenere i dogmi della Chiesa contro le ragioni del referendum sulla legge 40 riguardo alla fecondazione medicalmente assistita. Così come nell’ambito progettuale di Ruini sono cresciute precise scelte strategiche del Vaticano per favorire il turismo religioso a danno di altri tipi di turismo. E che hanno portato lo Stato Italiano a finanziare a ogni livello operazioni di restauro di parrocchie e monumenti ecclesiastici grandi e piccoli.

Detto questo, la domanda inevitabile e cruciale è: come se ne esce?

In primis ricominciando a restituire competenze a quelle istituzioni a cui sono state sottratte. In ambito archeologico e di tutela del paesaggio bisogna ridare centralità alle soprintendenze in queste anni depauperate di fondi e competenze. Devono poter tornare a esercitare un lavoro importante di controllo. Non è un caso che dal 1995 a oggi in Italia si sia edificato senza criterio riversando nel paesaggio quattro milioni di metri cubi di cemento. L’incuria e l’abuso del territorio hanno una radice precisa. Gli enti pubblici preposti devono tornare ad esercitare compitamente un potere di interdizione.

Mentre parliamo nel  Partito democratico comincia a farsi strada l’idea di una mozione di sfiducia verso il ministro Sandro Bondi, cosa ne pensa?

Penso che il ministro Bondi avrebbe dovuto dimettersi già da tempo. Non solo per inadempienze, ma per complicità con situazioni gravi come quella che in queste ore si sta registrando, per esempio, nell’area della Basilica di San Paolo a Roma, dove si stanno costruendo palazzi di quattro piani e 25mila metri cubi di cemento, proprio attaccati a questa antica basilica che è patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Senza contare che sotto le fondamenta di questi palazzi resteranno sepolti per sempre importanti resti archeologici di un cimitero romano conosciuto da tempo. Su tutti questo il ministro Bondi non dice nulla. E non è che un esempio.

da left-avvenimenti

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Il mondo dell’arte nel 2010: ritorno alla ricerca

Posted by Simona Maggiorelli su luglio 15, 2010

Mentre Parigi e Londra puntano sulla cultura per battere la crisi, il Belpaese resta al palo. Nonostante l’apertura del MaXXI e alcune mostre di pregio. Ecco lo scenario che si prospetta per il nuovo anno

di Simona Maggiorelli

Kandinsky

Lasciati alle spalle gli anni zero dell’euforia dei mercati internazionali dell’arte e, specie per quanto riguarda l’Italia, gli anni di “mostrite” acuta (che nell’ultimo decennio ha prodotto una ridda di mostre già finite nel dimenticatoio) l’anno nuovo si apre all’insegna di esposizioni che tornano ad esplorare le avanguardie storiche e l’opera dei maestri che hanno segnato importanti svolte nei due secoli passati: da Goya a Van Gogh, da Gauguin a Kandinsky a Picasso. Ma il 2010 dell’arte, in molta parte d’Europa, si annuncia anche all’insegna di un concetto chiave come la valorizzazione dei beni culturali. Solo per fare un esempio basta dire che il presidente francese Sarkozy, anche per reagire alla crisi economica, nell’anno che si è appena aperto ha in programma di realizzare un grosso processo di riforma e di rilancio del Grand Palais e della Rmn (Réunion des musée nationaux) con l’obiettivo di “fare di Parigi una delle prime sedi di mostre a livello internazionale”. E mentre Londra, con un forte rilancio delle due sedi della Tate e con il ricco programma di esposizioni dedicate alle civiltà antiche della National gallery e del British punta a scippare a Berlino il primato di capitale dell’arte contemporanea e dell’archeologia, Barcellona e Amsterdam, investono su mostre scientifiche di studio e di approfondimento dell’opera di Picasso e Van Gogh.

E nel Belpaese?

Quanto a valorizzazione del patrimonio tutto procede, purtroppo, in ben altra direzione. Dopo un anno di fortissimi tagli al Fus alla tutela e alle soprintentendenze il responsabile della neonata direzione generale della valorizzazione dei beni culturali, il super manager ex Mc Donald’s Mario Resca ha appena varato una campagna pubblicitaria in cui il Colosseo appare smontato pezzo dopo pezzo mentre il David di Michelangelo, imbracato, si invola in cielo. Sotto scorre una minacciosa scritta: “se non lo visitate lo portiamo via”. Chi ha avuto modo di viaggiare durante queste festività ha visto senz’altro modo di notare questa geniale sortita del nostro ministero dei Beni culturali che circola on line nel circuito tv dei più importanti aeroporti nostrani. Ma tant’è. Continuando a sperare che gli italiani prima o poi si decidano a dare il ben servito a questa classe politica di centrodestra che, fra le altre pensate, ha concepito anche una Spa per la cartolarizzazione e la vendita di importanti pezzi del patrimonio nazionale, nell’anno che si apre gli amanti dell’arte antica e contemporanea avranno alcuni appuntamenti per rinfrancarsi, almeno un po’. Appuntamenti dovuti- è quasi pleonastico dirlo- alla tenacia di singoli studiosi non certo alle “ politiche” di questo governo.

Man Ray nudo di Meter Hoppenheim

Fra i vari eventi pensiamo in modo particolare dalla mostra ideata da Claudio Strinati per i quattrocento anni dalla morte di Caravaggio alle Scuderie del Quirinale a Roma, ma anche della duplice rassegna dedicata a Giotto e Assisi (marzo-settembre 2010) e al cantiere della Basilica e all’arte umbra tra il Duecento e il Trecento. Ma parliamo anche e soprattutto, della definitiva apertura del MaXXI, il museo del XXI secolo disegnato da Zaha Hadid, che dopo 11 anni di gestazione e 6 di costruzione aprirà a maggio con cinque mostre: da Spazio! dedicata alle collezioni permanenti di arte e architettura alla antologica dedicata a Gino De Dominicis curata da Bonito Oliva. Per il resto in Italia si produce poco e si importa molto. Seppur non di rado con profitto, come nel caso della grande mostra dedicata ai maestri dell’arte astratta che approderà al Guggenheim di Vercelli dal 20 febbraio sotto l’egida del curatore (nonché direttore del Macro di Roma) Luca Massimo Barbero. O anche come nel caso della mostra Utopia matters, che dal primo maggio, a cura di Vivien Greene, inaugura la nuova ala museale del museo Peggy Guggenheim di Venezia.Ma pensiamo anche alla mostra Goya e al mondo moderno che si aprirà il 5 marzo al palazzo Reale di Milano con la collaborazione di Skira. In questo quadro di collaborazione fra l’editore di origini svizzere e Palazzo Reale preceduta dalla rassegna Schiele e il suo tempo che si aprirà il 25 febbraio.

Su e giù per lo stivale

Mentre a Villa Manin a Passariano di Codroipo (Udine) prosegue con successo di pubblico fino al 7 marzo la mostra L’età di Courbet e Monet. La diffusione del realismo e dell’impressionismo nell’Europa centrale e orientale il prolifico e, comunque sia, bravissimo Marco Goldin con Linea d’ombra annuncia già la mostra Munch e lo spirito del Nord, in programma sempre a Villa Manin: 40 dipinti del pittore norvegese intercalati ad altri 80 dipinti che raccontano della pittura in Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca nel secondo Ottocento.

dalla mostra aristocratic

E ancora a Parma, dal 16 gennaio Novecento arte fotografia moda design, una grande mostra che indaga il secolo passato inseguendone tutti i rivoli, grazie alle molte donazioni che gli artisti stessi hanno fatto al centro di documentazione creato da Arturo Carlo Quintavalle e Gloria Bianchino. In mostra opere di Schifano, Burri, Boetti, Fabro, Ceroli, Guttuso, Fontana, Sironi e molti altri.

Hong Kong tradional trandy

E ancora celebrando il Novecento, a Venaria reale e al museo del cinema di Torino la mostra 400 anni di Cinema: dal film paint alle lanterne magiche, in co-produzione con la Cinémathèque frainçaise di Parigi. Per quanto riguarda la fotografia, dal 29 gennaio al 5 febbraio 2010, in veste di evento off di ArteFiera 2010 di Bologna segnaliamo la proposta della rassegna Aristocratic The new experience. Una mostra che racconta un’esperienza caratterizzata da un forte desiderio di interagire con la realtà e che tuttavia porta a una trasformazione delle immagini in chiave assolutamente personale, anche attraverso la sperimentazione di nuove tecniche, strumenti e materiali.

Spagna. Dal genio di Picasso in poi

Al museo Picasso di Barcellona si indaga l’influenza cruciale che l’artista catalano Santiago Rusiñol esercitò sul giovane Picasso comparando l’opera dei due artisti dal punto di vista biografico e iconografico. Dal 15 ottobre al 16 gennaio 2011 poi il museo Picasso di Barcellona organizzerà una mostra che esplora i rapporti fra Picasso e Degas affidandola alla cura di una delle maggiori studiose dell’artista spagnolo Elizabeth Cowling dell’ University of Edinburgh. Un confronto basato sul fascino che Degas esercitò su Picasso e sul diverso uso che i due artisti fecero di pastelli pittura, scultura stampe e fotografia. Una mostra che punta a esplorare le risposte esplicite di Picasso a Degas ma anche i nessi concettuali più nascosti fra i due artisti. Al Prado,invece, nel 2010 approderà la mostra dedicata all’esplorazione della luce del romantico Turner,già passata per il Grand Palais e che mette a confronto i suggestivi paesaggi del pittore inglese con opere del XVI e XVII firmate da Brill, Carracci, Lorraine e Poussin. Intanto si lavora già a una importante mostra dedicata all’ultimo Raffaello e che sarà esposta al Prado e al Louvre nel 2012. Nell’anno che si apre ricchissimo è anche il programma del museo Guggenheim di Bilbao dove per dicembre è attesa una retrospettiva del pittore americano Robert Rauschenberg scomparso nel 2008.Ma anche e soprattutto una importante antologica dell’artista indiano Anish Kapoor,una delle personalità più sensibili e interessanti della scultura contemporanea. La mostra ricalca in parte quella organizzata dalla Royal Academy of Arts di Londra lo scorso anno e che ha avuto un notevolissimo successo di pubblico e di critica.

La grande Francia

L’anno francese si apre all’insegna di una grande rassegna dedicata alle icone sacre dei territori della Russia cristiana (dal 3 maggio al Louvre) con una mostra che scandaglia la tradizione che va dal IX al XVIII secolo.Al Centre Pompidou, da aprile a luglio Attraversando nazioni e generazioni Crossing nations and generations, Promises from the past con cinquanta artisti dall’Europa centrale e dell’Est , a più di vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino cercando di individuare continuità e punti di rottura nel lavoro delle generazioni di artisti più giovani.

E ancora, per quanto riguarda l’archeologia, in primavera al Louvre, Meroë, impero sul Nilo. Di fatto si tratta della prima mostra dedicata esclusivamente alla capitale egizia, con più di duecento reperti che raccontano dell’influenza africana egizia e greco romana che si intrecciò in questa area di 200 chilomentri a nord dell’attuale Khartoum. La capitale reale Meroë è diventata famosa nei secoli per le piramidi dei re e delel regine che dominarono la regione tra il 270 a.C e 350 d.C. Un tema quello dell’esplorazione delle civiltà antiche che ritroviamo al centro anche della mostra Strade verso l’Arabia. Tesori archeologi dall’Arabia saudita. Una mostra che permette di conoscere più da vicino la storia artistica di questo paese che a causa del regime fondamentalista che lo governa rende difficile l’accesso agli occidentali.

Sua maestà la ricerca scientifica

Senza perdere troppo tempo con gli eventi da cassetta la National Gallery punta sulla ricerca scientifica ed il restauro. Così tra le mostre più interessanti proposte dai musei inglesi per il 2010 c’è a partire da fine giugno la rassegna dedicata alle recenti scoperte riguardo ad attribuzioni e nuovi studi su opere di grandi maestri conservate alla National Gallery. Un esempio abbastanza emblematico: nel 1845, il quadro dal titolo Uomo con teschio fu attribuito a Hans Holbein. Una recente analisi dell’opera con mezzi aggiornati e scientifici ha dimostrato che l’opera risale e a un periodo successivo alla morte dell’artista.

Esplorando un altro ambito poco sotto i riflettori come quello del disegnoo antico, dal 22 aprile, sempre alla National Gallery si apre una grande mostra dedicata al disegno rinascimentale italiano, da Verrocchio a Leonardo a Michelangelo e Raffaello. Per quanto riguarda le civiltà antiche e l’arte di altri continenti, dal 4 marzo, la National ospita una grande retrospettiva dedicata alla scultura africana nigeriana che conobbe una particolare fioritura tra il XII e il XV secolo. E poi con un salto di molti secoli ancora dando uno sguardo alla fitta programmazione della Tate si segnalano nel 2010 la mostra dedicata all’avanguardia europea di Theo van Doesburg (1883-1931) protagonista del movimento olandese di artisti, architetti e designers De Stijl. Ma anche e soprattutto la retrospettiva di Arshile Gorky (1904-1948) dal 10 febbraio, in un confronto serrato con la diversa ricerca di Rothko, Pollock e de Kooning. E ancora dal 30 settembre l’antologica dedicata a Gauguin con un centinaio di opere da collezioni pubbliche e private del mondo per uno sguardo nuovo su questo maestro della modernità.

dal quotidiano Terra del 2 gennaio 2010

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La sinfonia della natura nelle tele impressioniste

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 6, 2010

Al Vittoriano di Roma, fino al 29 giugno opere di Sisley, Pissarro, Monet e di altri maestri della scuola di Barbizon raccontano come la percezione del paesaggio cambiò in senso moderno

di Simona Maggiorelli

Sisley

L’interesse degli impressionisti per il paesaggio non fu solo legato alla sperimentazione sulla luce e sul colore e a un’idea della natura poeticamente intesa come “specchio” dell’animo umano. Ma nelle marine di Sisley, nelle mosse campagne di Pissarro così come nei giardini segreti di Monet, in senso culturale più lato, si possono cogliere anche i segni di una moderna attenzione alla natura, avvertita non più come una nemica (come lo era stata per secoli, fin dal medioevo), ma come patrimonio universale da valorizzare e da tutelare.

La rivoluzione industriale, con la diffusione delle ferrovie che in Francia e in Inghilterra, portò collegamenti più veloci fra città e campagna, determinando la nascita del turismo e cambiando radicalmente il modo di percepire la natura. Un cambiamento che non riguardò solo ristrette élite ma larghi strati sociali. Nel frattempo uno scienziato come Charles Darwin aveva contribuito con la teoria evoluzionista a validare un’idea di mondo come sistema naturale integrato di cui l’essere umano fa parte al pari degli altri esseri viventi avendo anch’esso una nascita biologica. «E come è noto gli impressionisti erano artisti molto attenti allo sviluppo delle scienze e a ciò che di nuovo e di valido portava l’epoca moderna» ricorda Stephen F. Eisenman curatore della mostra Da Corot a Monet. La sinfonia della natura (al Vittoriano di Roma fino al 29 giugno, catalogo Skira).

Pissarro

Insieme a John House e a una equipe internazionale di studiosi è l’ideatore di questa rassegna che squaderna centosettanta opere provenienti dai maggiori musei d’Europa e d’Oltreoceano e che porta per la prima volta a Roma una serie di capolavori mai prima esposti in Italia. Il progetto scientifico sotteso a questa rassegna è documentare la svolta nella percezione della natura che avvenne nel XIX secolo, leggendolo in parallelo alla nascita di un’idea di moderna ecologia. Mentre la rivoluzione industriale, di fatto, cominciava a cambiare il volto del paesaggio e non in senso positivo, gli artisti si diedero ad indagare la natura dal punto di vista scientifico, esaltandone la sintonia con l’umano, celebrandone la bellezza.

Rousseau paesaggio

Una svolta che si percepisce chiaramente mettendo a confronto  le  solitarie e antimoderne rappresentazioni della foresta di Fontainbleau dipinte da un pittore come Rousseau  (che fa di tutto per espungere dalla sue incantate visioni la presenza di visitatori) con le vitali scene cittadinee e agresti di impressionisti come Pissarro: nei suoi quadri visioni rutilanti di carrozze, strade piene di gente, il dinamismo urbano e la modernità sono rappresentati come aspetti affascinanti e positivi. Intanto – come raccontano proprio alcune tele di Pissarro in mostra – immagini di una campagna antropizzata, coltivata o selvaggia, diventano protagoniste di una pittura di paesaggio realizzata en plein air e che rappresenta terra, cielo e personaggi come un’unità, come un unico organismo in crescita, senza soluzione di continuità fra gli elementi.

«Il tentativo degli impressionisti – spiega ancora Eisenman – era di restituire allo spettatore una visione armonica, unitaria, non parcellizzata di uomo e natura».Una visione che però alla fine dell’Ottocento sembra andare in crisi. La pittura di Monet in primis segnala questo delicato passaggio. «Lo vediamo bene alla fine di questa mostra romana – racconta  Eisenmann – dove sono esposte una serie di tele in cui la pittura del maestro francese si fa via via sempre più sfocata». Le visioni chiare del primo impressionismo sono diventate nebbiose, introverse. Al Vittoriano lo raccontano gli ultimi quadri che Monet realizzò nella casa e nei suoi appartati giardini di Giverny: «Esempio perfetto della tendenza antiurbana e introspettiva dell’arte moderna fin de siècle» commenta lo studioso. Voltando le spalle al mondo, Monet con il ciclo delle ninfee dell’Orangerie  di fatto cercava la fuga dalla realtà chiudendosi nello stagno di una natura separata dall’umano. Dominata da un silenzio assoluto e da un tempo immobile. Ogni vitalità pare perduta.

dal quotidiano Terra del 6 marzo 2010

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Il sacco del patrimonio d’arte italiano

Posted by Simona Maggiorelli su gennaio 29, 2010

Gli Anni zero dei beni culturali. Dieci anni di svendite e musei al collasso

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di Simona Maggiorelli

Dieci anni vissuti pericolosamente, sperperando, divorando, distruggendo la competenze sulla tutela dei beni culturali italiani. Che dall’era Craxi in poi – mercè una pensata dell’allora ministro Gianni De Michelis – sono diventati «giacimenti culturali» o, a scelta, «petrolio d’Italia». Figlia di quella mentalità predatoria fu la famigerata Patrimonio spa ideata da Giulio Tremonti nel 2002 per cartolarizzare e dismettere pezzi consistenti del nostro patrimonio (su cui scrisse un acuminato libro Salvatore Settis).

Poi sarebbero venuti i condoni e i ventilati archeocondoni (sempre targati Berlusconi). Ed eccoci a questo fine 2009 in cui, puntuale come sempre, il governo del premier fa cadere la mannaia sui finanziamenti e, di soppiatto, fa sparire gioielli di famiglia. Il fondo per i beni culturali è stato tagliato del 23 per cento rispetto al 2008 mentre si prevede che il taglio per il prossimo triennio sarà di oltre un miliardo di euro. In attuazione della legge delega sul federalismo fiscale (n.42/2009), intanto, il governo si appresta a dare il via libera alla vendita di alcuni beni di «scarso rilievo nazionale». In questo modo, per esempio, beni del demanio marittimo e assoggettati a vincolo storico, artistico e ambientale potranno essere venduti se, entro trenta giorni, il ministero non riconoscerà loro una rilevanza nazionale. «Quello che il governo si appresta a varare è un colpo durissimo al nostro patrimonio» denuncia Alessandra Mottola Molfino, presidente di Italia Nostra.

Ma sotto l’albero di Natale il governo Berlusconi ha messo anche un “regalino” per i restauratori che dal 2010 dovranno essere iscritti a un albo. Peccato che a quel “club” possa iscriversi con certezza solo il cinque per cento degli operatori del settore: ovvero chi abbia in tasca un diploma dell’Opificio delle pietre dure di Firenze e di altri due prestigiosi istituti di Roma e di Ravenna. In questo fine anno, così, si comincia a delineare il funesto bilancio di una politica culturale di centrodestra che ha scambiato la valorizzazione del patrimonio per un fatto di marketing e che tratta l’archeologia come un cataclisma, ovvero una questione emergenziale da Protezione civile. La mortificazione delle competenze nelle soprintendenze negli ultimi anni ha subito una continua escalation (come se l’Italia non potesse vantare una delle più alte tradizioni di studi nella campo della tutela).

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Ma procedere a colpi di commissariamenti come ha fatto il governo Berlusconi, con tutta evidenza, non paga. Prova ne è il calo di visitatori del 12 per cento registrato nel 2009 nel polo archeologico di Pompei (vedi il Rapporto 2009 di Federculture). Né maggior profitto ha prodotto l’aver messo il polo archeologico di Roma e Ostia Antica sotto il commissariamento gestito dal capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Ma si è rivelata un diasastro – come del resto c’era da aspettarsi – anche la valorizzazione dei beni culturali che il ministro Sandro Bondi ha affidato al super manager Mario Resca: le sparate sugli hotel della cultura dell’ex quadro dirigente di McDonald’s e i suoi propositi dichiarati di voler fare dell’Italia «l’Eurodisney dell’arte» si scontrano con il fatto che, nonostante la crisi, secondo il nuovo studio di Federcultura, la domanda culturale delle famiglie italiane nel 2009 è aumentata riguardo a teatro, concerti e musei ma non ha trovato incentivi in risposta.

Così, mentre Obama nel suo pacchetto anticrisi ha inserito investimenti a favore dell’arte (nonostante negli Stati Uniti i musei siano per lo più a gestione privata), per portare più visitatori nei musei italiani (gli Uffizi è solo il 23esimo nella classifica mondiale) il nostro ministero, con Resca, non trova di meglio che aumentare i ristoranti interni «facendone dei locali dove si va indipendentemente dalla visita alla collezione». Federculture segnala anche una sensibile perdita di attrattività delle nostre città d’arte (-6,9 per cento) e il precipitare dei musei italiani nella graduatoria internazionale dei più visti. E mentre il ministro Bondi ora deve vedersela anche con la faccenda di tre milioni e duecentomila euro sborsati per un Michelangelo su cui si addensano dubbi di autenticità, Resca fa un’altra pensata delle sue e, allo scadere dei suoi primi 100 giorni, vara una campagna pubblicitaria per «portare gli Italiani a riscoprire il patrimonio artistico del nostro Paese e invertire il trend negativo dei visitatori». Sul cartellone campeggiano delle gru che smantellano il Colosseo. Sopra compare la scritta: «Se non lo visiti lo portiamo via».

da Left-Avvenimenti 23 dicembre 2009

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Ma la vera chimera è il museo

Posted by Simona Maggiorelli su gennaio 21, 2006

Simona Maggiorelli

“La Costituzione non è un ferrovecchio. e l’articolo 9 che parla di tutela non è fra i meno importanti». La denuncia di Salvatore Settis è dura e precisa. Dalle pagine di Repubblica e, dal vivo, nel ciclo di conferenze sul papiro di Artemidoro che sta facendo in giro per l’Italia (il 26 gennaio sarà a Roma), il professore punta il dito sulla deriva del sistema dei beni culturali. «Fra lotte di potere, spartizioni, favoritismi che alimentano il gigantismo burocratico del ministero» e sempre più scarsi interventi sul territorio, con le soprintendenze locali messe in ginocchio da continui tagli, «il ministero – avverte Settis – diventa un mostro con una testa sempre più grande e un corpo sempre più gracile». E spesso, come accade al Museo Egizio di Torino, il rimedio rischia di essere peggiore della male: con la trasformazione della struttura pubblica, in fondazione privata, guidata da un consiglio di amministrazione senza nemmeno un egittologo. Ma il caso del primo museo archeologico italiano, intorno al quale si è acceso, finalmente, un ampio dibattito, è solo la punta di un iceberg di crisi che tocca anche molti altri prestigiosi musei italiani, se non ancora svenduti a fondazioni, abbandonati a se stessi.

Prova ne è lo stato in cui versa l’archeologico di Firenze, per importanza il secondo museo egizio d’Italia. Con una vasta collezione darte greca, etrusca e romana mediceo-lorenese.Qui è conservata la potente Chimera del V, VI secolo avanti Cristo, scoperta nel 1553 e restaurata dal Cellini. Ma anche la statua bronzea del nobile etrusco detto l’Arringatore. E poi il grande cratere di Ergofimos dipinto da Kleitiras, l’idolino ritrovato nel ‘500 e le teste di filosofi greci ripescate dalle acque della Meloria. Mentre decine di opere e reperti di questo museo, per mancanza di spazi e di sale attrezzate, restano stipate, nei depositi. Da anni si parla del restauro delle sale in piazza Santissima Annunziata per dare respiro alla collezione conservata nella storica di via della Colonna. Ma quelle sale che ospitarono i restaurati bronzi di Riace non sono state più riaperte al pubblico. E sono trascorsi venticinque anni. «Non c’è stato nessun impegno serio di investimento da parte del ministero, questo è il punto, e le risorse della soprintendenza sono ridotte all’osso», denuncia la direttrice Carlotta Cianferoni. Che da qualche settimana è anche, ad interim, soprintendente dei beni archeologici della Toscana. Per non lasciare scoperto il ruolo lasciato da Angelo Bottini da quando è stato trasferito a Roma per prendere il posto di Adriano La Regina. Intanto nello storico museo fiorentino, fondato nell’Ottocento e sopravvissuto al disastro dell’alluvione del ’66, i disagi e i problemi si assommano. Le 50mila persone che, all’anno, visitano il museo (gli Uffizi e l’Accademia ne hanno circa un milione) sono costrette a un percorso a ostacoli. Nei giorni di festa trovano la porta chiusa. D’estate poi il clima torrido delle sale sconsiglia del tutto le visite. «Quest’anno non abbiamo potuto accendere i condizionatori – racconta costernata la direttrice -. Il motivo è banale: mancavano i soldi». E quanto a un orario più in sintonia dei musei d’Europa? «Non abbiamo abbastanza personale. Siamo sotto organico di almeno un venti per cento -racconta-. Su 39 custodi, almeno 12 sono precari. Gli altri, per lo più part time». Di nuove assunzioni, poi, neanche a parlarne: sono bloccate da anni. E in queste condizioni diventa davvero difficile fare progetti di valorizzazione del patrimonio. Ma la soprintendente non si arrende. «Abbiamo appena riaperto il laboratorio di restauro – rilancia — e fra qualche mese potremo riaprire il secondo piano, riallestendo una parte delle collezioni medicee. Insomma qualcosa si riesce a fare, anche se il museo avrebbe bisogno di interventi ben più strutturali, in vista di un rilancio. Ma – avverte Cianferoni – i problemi più grossi restano per la soprintendenza. Il nostro ruolo di controllo sul territorio è a rischio. Sono molti gli scavi, i cantieri da ispezionare, ma solo nei casi più urgenti riusciamo a mandare i nostri tecnici». E su questo il governo drammaticamente tace. Nessuna risposta dal ministro dei Beni culturali Rocco Buttiglione. Mentre curiosamente si fa sentire il ministro Alemanno, lanciando un’idea per fare cassa: trasformare i bookshop in supermercati. L’iniziativa è già partita agli Uffizi. Fra le monografie di Botticelli, di Leonardo e di Michelangelo spuntano il Brunetto, l’olio Laudemio, il vin santo, l’aceto, la grappa. E 54 etichette di vini, acquistabili anche on line. La gestione è affidata a Buonitalia, una società creata dal ministero delle politiche agricole per valorizzare i prodotti dell’agroalimentare italiano. Quando si dice che il cibo è arte.

Europa, 21 gennaio 2006

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