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Il potere delle immagini

Posted by Simona Maggiorelli su gennaio 2, 2011

Il nuovo libro di Francesco Bonami confronta opere e icone quotidiane

di Simona Maggiorelli

Antonello da Messina, Madonna velata

C’è una  grande casa di vetro popolata di farfalle campeggia nell’ala del nuovo Macro di Roma che inaugurata il 4 dicembre scorso. Pensata come un grande incubatore, questa speciale serra riproduce in scala la Farnsworth House californiana dell’architetto Mies Van der Rohe. Nell’intenzione di Bik Van der Pol (Enel Award 2010) nasce come un invito a rispettare l’ambiente che ci circonda. Perché, come ci ricorda il direttore del Premio, Francesco Bonami «quando le farfalle scompaiono significa che l’ambiente è stato alterato in modo tragico».

Critico e curatore di fama internazionale (oggi vive e lavora perlopiù a New York) Bonami è anche un attento e pungente osservatore di ciò che accade nel panorama culturale nostrano su Il Riformista e in libri come Dopotutto non è brutto (Mondadori), come Irrazionalpopolare (con  Luca Mastrantonio, per Einaudi) e come il nuovissimo Dal Partenone al panettone da poco uscito per Electa.

teschio di Orozco

Anche per questo, e visti i ricenti crolli, la nostra conversazione non può che partire dal dramma che stanno vivendo Pompei e  molti altri siti archeologici nostrani. «Vede. il  fatto è che noi italiani viviamo una perenne contraddizione- fa notare Bonami -, ci vantiamo di essere il Paese con il più ampio patrimonio d’arte nel mondo e al tempo stesso non lo curiamo, ce ne freghiamo». Dunque  la mancata tutela di Pompei non sarebbe solo una questione di tagli ai finanziamenti alla cultura e di dissennate politiche di emergenza? «Il nostro problema è la mentalità. Come cittadini e come amministratori e ministri, a vari livelli rei di questo disastro. In questo- rincara il critico fiorentino- rientra anche il fatto che un ministro dei Beni culturali possa pensare che con un manager alla valorizzazione (l’ex manager McDonald’s Mario Resca ndr) si possa risolvere il problema di una generale mancanza di senso civico». Così un modello di gestione importato dagli Stati Uniti qui produce danni, più di quanti ne faccia Oltreoceano dove la volorizzazione dell’arte ha una storia breve e recente. «L’imprenditoria da noi in Italia  è diseducata a pensare cosa significhi partecipare collettivamente di una cultura. In America, invece – racconta Bonami – l’imprenditore investe, certo perché ne ha vantaggi fiscali, ma anche perché ha un senso dello spazio collettivo in cui vive. Io lo chiamo egoismo civico. Non è filantropia. Investe in cultura perché è convinto di fare bene anche a se stesso: perché una città dove i musei e le scuole funzionano dà valore anche a chi ci vive. Da noi, invece, chi investe lo fa solo per avere visibilità, non per una migliore immagine e qualità di vita collettiva. Un esempio? Guardi come è impacchettata di pubblicità Venezia».

Cristo morto di Mantegna

Proprio a proposito di arte e ricerca di visibilità personale, da ex direttore della Biennale di Venezia, Bonami  cosa pensa della decisione del ministro Sandro Bondi di affidare il Padiglione Italia a Vittorio Sgarbi, già sindaco di Salemi, soprintendente al Polo museale veneto, nonché supervisore degli acquisti del MAXXI? «Vede in Italia oggidì esistiamo solo se passiamo per il mezzo televisivo, quindi personaggi come Sgarbi, o come Philippe Daverio, si sentono insigniti di un potere superiore, quasi divino. I media danno loro la sensazione di poter far tutto. Quando invece si hanno competenze limitate. E questo – prosegue il critico – sta producendo un disastro nel mio settore, nella cultura, ma anche in altri campi. La notarietà mediatica in Italia è un lasciapassare per tutto. In questo quadro, dunque,  Sgarbi, con il suo padiglione Italia, ancora una volta ci farà apparire in modo molto imbarazzante agli occhi del mondo».

Da parte sua Vittorio Sgarbi, del resto già mesi fa, salutò il suo incarico in laguna stigmatizzando i suoi predecessori in modo non proprio gentile e dando allo stesso Bonami dello «spiritoso dilettante». Mentre Luca Beatrice, responsabile del padiglione Italia 2009 in chiave passatista, plaudiva al progetto sgarbiano “150 artisti per 150 anni dell’Unità d’Italia”, come occasione per mostrare e portare in primo piano l’iconografia di destra. Ma anche come un modo per fare fuori «la cricca dell’arte povera che si autocelebra come unica critica d’arte, in stile regime sovietico» Da parte sua Bonami fa spallucce alle punzecchiature del super Vittorio e nel suo ultimo libro Dal Partenone al panettone (Electa), fuori dalle polverose accademie, rivendica la possibilità di analizzare la forza comunicativa delle immagini in piena libertà, attraverso nessi inediti, talora anche “inauditi”.

Che Guevara, ucciso

Così il colpo di testa del calciatore Zidane campeggia accanto a un particolare di un affresco di Masaccio, la foto di Che Guevara morto è accostata al Cristo morto di Mantegna, la Madonna velata di Antonello da Messina è accanto a una libera reinterpretazione di Orozco, Anche nella critica d’arte, insomma, è tempo di rivalutare l’intelligenza che procede  per intuizioni. «L’arte oggi è uno dei tanti ambiti che usa le immagini. Lo fa anche la pubblicità, lo fanno le riviste. E a volte attraverso questi mezzi emergono delle icone che pur non essendo artistiche, acquistano quella notorietà e quella fama che compete alle grandi opere. Tanto che l’immagine di Che Guevara morto è più popolare del Cristo morto di Mantegna». Senza dimenticare però che l’arte è creazione di immagine, non solo comunicazione o documentazione. «L’arte- sottolinea Bonami – crea una soglia che noi attraversiamo. Nel mio libro non intendo dire che tutto sia arte. Parlo del potere delle immagini e le confronto con quelle che realizzano gli artisti. L’arte, insomma, è quel linguaggio che ci regala uno scarto, che ci fa capire in un mondo diverso, che ci dà la possibilità di vedere le cose in un modo più libero di quanto ci consentano la pubblicità o altri linguaggi. Anche perché – approfondisce – l’arte in realtà non ha nessuno scopo, mentre la pubblicità o il foto giornalismo ne hanno uno ben preciso e pragmatico» E a chi obietta che anche l’arte oggi deve fare i conti con il mercato? «Rispondo che in fondo non è vero perché gli artisti creano a prescindere, prima di avere un mercato, prima di esporre, per un’esigenza personale, per comunicare qualcosa di profondo». E non come piatta mimesi del reale. Nel suo nuovo libro Bonami, non a caso, parla del realismo come valore, ma anche come zavorra dell’arte italiana. «L’Italia è un Paese che ha dei bravi artisti ma non ne ha migliaia, ce ne sono pochi che possano dare il la a nuove tendenze. Questo accade nei vari ambiti della pittura, della letteratura eccetera. Perciò credo che l’operazione che fece Luca Beatrice e che sta facendo Sgarbi, ovvero dire che esistono centinaia, migliaia, di artisti che vanno mostrati sia deleterea: è un modo per infilare dentro ad operazioni molto dubbie personaggi amici, oppure beniamini dei critici. Non è – conclude Bonami – una selezione vera e oggettiva. Andare a chiedere come ha fatto Sgarbi per il suo Padiglione a Umberto Eco, a Massimo Cacciari, ad Arbasino e ad altri di fare dei nomi da portare a Venezia, è chiedere a vanvara, non è affatto una cosa democratica. Anche perché Eco stesso ammette di non intendersi di arte contemporanea e Massimo Cacciari dice sinceramente di essersi fermato a Mondrian e di non avere interesse per ciò che è accaduto dopo».

left-avvenimenti 26 novembre 2010

Pubblicità

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Il mondo dell’arte nel 2010: ritorno alla ricerca

Posted by Simona Maggiorelli su luglio 15, 2010

Mentre Parigi e Londra puntano sulla cultura per battere la crisi, il Belpaese resta al palo. Nonostante l’apertura del MaXXI e alcune mostre di pregio. Ecco lo scenario che si prospetta per il nuovo anno

di Simona Maggiorelli

Kandinsky

Lasciati alle spalle gli anni zero dell’euforia dei mercati internazionali dell’arte e, specie per quanto riguarda l’Italia, gli anni di “mostrite” acuta (che nell’ultimo decennio ha prodotto una ridda di mostre già finite nel dimenticatoio) l’anno nuovo si apre all’insegna di esposizioni che tornano ad esplorare le avanguardie storiche e l’opera dei maestri che hanno segnato importanti svolte nei due secoli passati: da Goya a Van Gogh, da Gauguin a Kandinsky a Picasso. Ma il 2010 dell’arte, in molta parte d’Europa, si annuncia anche all’insegna di un concetto chiave come la valorizzazione dei beni culturali. Solo per fare un esempio basta dire che il presidente francese Sarkozy, anche per reagire alla crisi economica, nell’anno che si è appena aperto ha in programma di realizzare un grosso processo di riforma e di rilancio del Grand Palais e della Rmn (Réunion des musée nationaux) con l’obiettivo di “fare di Parigi una delle prime sedi di mostre a livello internazionale”. E mentre Londra, con un forte rilancio delle due sedi della Tate e con il ricco programma di esposizioni dedicate alle civiltà antiche della National gallery e del British punta a scippare a Berlino il primato di capitale dell’arte contemporanea e dell’archeologia, Barcellona e Amsterdam, investono su mostre scientifiche di studio e di approfondimento dell’opera di Picasso e Van Gogh.

E nel Belpaese?

Quanto a valorizzazione del patrimonio tutto procede, purtroppo, in ben altra direzione. Dopo un anno di fortissimi tagli al Fus alla tutela e alle soprintentendenze il responsabile della neonata direzione generale della valorizzazione dei beni culturali, il super manager ex Mc Donald’s Mario Resca ha appena varato una campagna pubblicitaria in cui il Colosseo appare smontato pezzo dopo pezzo mentre il David di Michelangelo, imbracato, si invola in cielo. Sotto scorre una minacciosa scritta: “se non lo visitate lo portiamo via”. Chi ha avuto modo di viaggiare durante queste festività ha visto senz’altro modo di notare questa geniale sortita del nostro ministero dei Beni culturali che circola on line nel circuito tv dei più importanti aeroporti nostrani. Ma tant’è. Continuando a sperare che gli italiani prima o poi si decidano a dare il ben servito a questa classe politica di centrodestra che, fra le altre pensate, ha concepito anche una Spa per la cartolarizzazione e la vendita di importanti pezzi del patrimonio nazionale, nell’anno che si apre gli amanti dell’arte antica e contemporanea avranno alcuni appuntamenti per rinfrancarsi, almeno un po’. Appuntamenti dovuti- è quasi pleonastico dirlo- alla tenacia di singoli studiosi non certo alle “ politiche” di questo governo.

Man Ray nudo di Meter Hoppenheim

Fra i vari eventi pensiamo in modo particolare dalla mostra ideata da Claudio Strinati per i quattrocento anni dalla morte di Caravaggio alle Scuderie del Quirinale a Roma, ma anche della duplice rassegna dedicata a Giotto e Assisi (marzo-settembre 2010) e al cantiere della Basilica e all’arte umbra tra il Duecento e il Trecento. Ma parliamo anche e soprattutto, della definitiva apertura del MaXXI, il museo del XXI secolo disegnato da Zaha Hadid, che dopo 11 anni di gestazione e 6 di costruzione aprirà a maggio con cinque mostre: da Spazio! dedicata alle collezioni permanenti di arte e architettura alla antologica dedicata a Gino De Dominicis curata da Bonito Oliva. Per il resto in Italia si produce poco e si importa molto. Seppur non di rado con profitto, come nel caso della grande mostra dedicata ai maestri dell’arte astratta che approderà al Guggenheim di Vercelli dal 20 febbraio sotto l’egida del curatore (nonché direttore del Macro di Roma) Luca Massimo Barbero. O anche come nel caso della mostra Utopia matters, che dal primo maggio, a cura di Vivien Greene, inaugura la nuova ala museale del museo Peggy Guggenheim di Venezia.Ma pensiamo anche alla mostra Goya e al mondo moderno che si aprirà il 5 marzo al palazzo Reale di Milano con la collaborazione di Skira. In questo quadro di collaborazione fra l’editore di origini svizzere e Palazzo Reale preceduta dalla rassegna Schiele e il suo tempo che si aprirà il 25 febbraio.

Su e giù per lo stivale

Mentre a Villa Manin a Passariano di Codroipo (Udine) prosegue con successo di pubblico fino al 7 marzo la mostra L’età di Courbet e Monet. La diffusione del realismo e dell’impressionismo nell’Europa centrale e orientale il prolifico e, comunque sia, bravissimo Marco Goldin con Linea d’ombra annuncia già la mostra Munch e lo spirito del Nord, in programma sempre a Villa Manin: 40 dipinti del pittore norvegese intercalati ad altri 80 dipinti che raccontano della pittura in Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca nel secondo Ottocento.

dalla mostra aristocratic

E ancora a Parma, dal 16 gennaio Novecento arte fotografia moda design, una grande mostra che indaga il secolo passato inseguendone tutti i rivoli, grazie alle molte donazioni che gli artisti stessi hanno fatto al centro di documentazione creato da Arturo Carlo Quintavalle e Gloria Bianchino. In mostra opere di Schifano, Burri, Boetti, Fabro, Ceroli, Guttuso, Fontana, Sironi e molti altri.

Hong Kong tradional trandy

E ancora celebrando il Novecento, a Venaria reale e al museo del cinema di Torino la mostra 400 anni di Cinema: dal film paint alle lanterne magiche, in co-produzione con la Cinémathèque frainçaise di Parigi. Per quanto riguarda la fotografia, dal 29 gennaio al 5 febbraio 2010, in veste di evento off di ArteFiera 2010 di Bologna segnaliamo la proposta della rassegna Aristocratic The new experience. Una mostra che racconta un’esperienza caratterizzata da un forte desiderio di interagire con la realtà e che tuttavia porta a una trasformazione delle immagini in chiave assolutamente personale, anche attraverso la sperimentazione di nuove tecniche, strumenti e materiali.

Spagna. Dal genio di Picasso in poi

Al museo Picasso di Barcellona si indaga l’influenza cruciale che l’artista catalano Santiago Rusiñol esercitò sul giovane Picasso comparando l’opera dei due artisti dal punto di vista biografico e iconografico. Dal 15 ottobre al 16 gennaio 2011 poi il museo Picasso di Barcellona organizzerà una mostra che esplora i rapporti fra Picasso e Degas affidandola alla cura di una delle maggiori studiose dell’artista spagnolo Elizabeth Cowling dell’ University of Edinburgh. Un confronto basato sul fascino che Degas esercitò su Picasso e sul diverso uso che i due artisti fecero di pastelli pittura, scultura stampe e fotografia. Una mostra che punta a esplorare le risposte esplicite di Picasso a Degas ma anche i nessi concettuali più nascosti fra i due artisti. Al Prado,invece, nel 2010 approderà la mostra dedicata all’esplorazione della luce del romantico Turner,già passata per il Grand Palais e che mette a confronto i suggestivi paesaggi del pittore inglese con opere del XVI e XVII firmate da Brill, Carracci, Lorraine e Poussin. Intanto si lavora già a una importante mostra dedicata all’ultimo Raffaello e che sarà esposta al Prado e al Louvre nel 2012. Nell’anno che si apre ricchissimo è anche il programma del museo Guggenheim di Bilbao dove per dicembre è attesa una retrospettiva del pittore americano Robert Rauschenberg scomparso nel 2008.Ma anche e soprattutto una importante antologica dell’artista indiano Anish Kapoor,una delle personalità più sensibili e interessanti della scultura contemporanea. La mostra ricalca in parte quella organizzata dalla Royal Academy of Arts di Londra lo scorso anno e che ha avuto un notevolissimo successo di pubblico e di critica.

La grande Francia

L’anno francese si apre all’insegna di una grande rassegna dedicata alle icone sacre dei territori della Russia cristiana (dal 3 maggio al Louvre) con una mostra che scandaglia la tradizione che va dal IX al XVIII secolo.Al Centre Pompidou, da aprile a luglio Attraversando nazioni e generazioni Crossing nations and generations, Promises from the past con cinquanta artisti dall’Europa centrale e dell’Est , a più di vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino cercando di individuare continuità e punti di rottura nel lavoro delle generazioni di artisti più giovani.

E ancora, per quanto riguarda l’archeologia, in primavera al Louvre, Meroë, impero sul Nilo. Di fatto si tratta della prima mostra dedicata esclusivamente alla capitale egizia, con più di duecento reperti che raccontano dell’influenza africana egizia e greco romana che si intrecciò in questa area di 200 chilomentri a nord dell’attuale Khartoum. La capitale reale Meroë è diventata famosa nei secoli per le piramidi dei re e delel regine che dominarono la regione tra il 270 a.C e 350 d.C. Un tema quello dell’esplorazione delle civiltà antiche che ritroviamo al centro anche della mostra Strade verso l’Arabia. Tesori archeologi dall’Arabia saudita. Una mostra che permette di conoscere più da vicino la storia artistica di questo paese che a causa del regime fondamentalista che lo governa rende difficile l’accesso agli occidentali.

Sua maestà la ricerca scientifica

Senza perdere troppo tempo con gli eventi da cassetta la National Gallery punta sulla ricerca scientifica ed il restauro. Così tra le mostre più interessanti proposte dai musei inglesi per il 2010 c’è a partire da fine giugno la rassegna dedicata alle recenti scoperte riguardo ad attribuzioni e nuovi studi su opere di grandi maestri conservate alla National Gallery. Un esempio abbastanza emblematico: nel 1845, il quadro dal titolo Uomo con teschio fu attribuito a Hans Holbein. Una recente analisi dell’opera con mezzi aggiornati e scientifici ha dimostrato che l’opera risale e a un periodo successivo alla morte dell’artista.

Esplorando un altro ambito poco sotto i riflettori come quello del disegnoo antico, dal 22 aprile, sempre alla National Gallery si apre una grande mostra dedicata al disegno rinascimentale italiano, da Verrocchio a Leonardo a Michelangelo e Raffaello. Per quanto riguarda le civiltà antiche e l’arte di altri continenti, dal 4 marzo, la National ospita una grande retrospettiva dedicata alla scultura africana nigeriana che conobbe una particolare fioritura tra il XII e il XV secolo. E poi con un salto di molti secoli ancora dando uno sguardo alla fitta programmazione della Tate si segnalano nel 2010 la mostra dedicata all’avanguardia europea di Theo van Doesburg (1883-1931) protagonista del movimento olandese di artisti, architetti e designers De Stijl. Ma anche e soprattutto la retrospettiva di Arshile Gorky (1904-1948) dal 10 febbraio, in un confronto serrato con la diversa ricerca di Rothko, Pollock e de Kooning. E ancora dal 30 settembre l’antologica dedicata a Gauguin con un centinaio di opere da collezioni pubbliche e private del mondo per uno sguardo nuovo su questo maestro della modernità.

dal quotidiano Terra del 2 gennaio 2010

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Il sacco del patrimonio d’arte italiano

Posted by Simona Maggiorelli su gennaio 29, 2010

Gli Anni zero dei beni culturali. Dieci anni di svendite e musei al collasso

pubblicità beni culturali

di Simona Maggiorelli

Dieci anni vissuti pericolosamente, sperperando, divorando, distruggendo la competenze sulla tutela dei beni culturali italiani. Che dall’era Craxi in poi – mercè una pensata dell’allora ministro Gianni De Michelis – sono diventati «giacimenti culturali» o, a scelta, «petrolio d’Italia». Figlia di quella mentalità predatoria fu la famigerata Patrimonio spa ideata da Giulio Tremonti nel 2002 per cartolarizzare e dismettere pezzi consistenti del nostro patrimonio (su cui scrisse un acuminato libro Salvatore Settis).

Poi sarebbero venuti i condoni e i ventilati archeocondoni (sempre targati Berlusconi). Ed eccoci a questo fine 2009 in cui, puntuale come sempre, il governo del premier fa cadere la mannaia sui finanziamenti e, di soppiatto, fa sparire gioielli di famiglia. Il fondo per i beni culturali è stato tagliato del 23 per cento rispetto al 2008 mentre si prevede che il taglio per il prossimo triennio sarà di oltre un miliardo di euro. In attuazione della legge delega sul federalismo fiscale (n.42/2009), intanto, il governo si appresta a dare il via libera alla vendita di alcuni beni di «scarso rilievo nazionale». In questo modo, per esempio, beni del demanio marittimo e assoggettati a vincolo storico, artistico e ambientale potranno essere venduti se, entro trenta giorni, il ministero non riconoscerà loro una rilevanza nazionale. «Quello che il governo si appresta a varare è un colpo durissimo al nostro patrimonio» denuncia Alessandra Mottola Molfino, presidente di Italia Nostra.

Ma sotto l’albero di Natale il governo Berlusconi ha messo anche un “regalino” per i restauratori che dal 2010 dovranno essere iscritti a un albo. Peccato che a quel “club” possa iscriversi con certezza solo il cinque per cento degli operatori del settore: ovvero chi abbia in tasca un diploma dell’Opificio delle pietre dure di Firenze e di altri due prestigiosi istituti di Roma e di Ravenna. In questo fine anno, così, si comincia a delineare il funesto bilancio di una politica culturale di centrodestra che ha scambiato la valorizzazione del patrimonio per un fatto di marketing e che tratta l’archeologia come un cataclisma, ovvero una questione emergenziale da Protezione civile. La mortificazione delle competenze nelle soprintendenze negli ultimi anni ha subito una continua escalation (come se l’Italia non potesse vantare una delle più alte tradizioni di studi nella campo della tutela).

spot Mibac

Ma procedere a colpi di commissariamenti come ha fatto il governo Berlusconi, con tutta evidenza, non paga. Prova ne è il calo di visitatori del 12 per cento registrato nel 2009 nel polo archeologico di Pompei (vedi il Rapporto 2009 di Federculture). Né maggior profitto ha prodotto l’aver messo il polo archeologico di Roma e Ostia Antica sotto il commissariamento gestito dal capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Ma si è rivelata un diasastro – come del resto c’era da aspettarsi – anche la valorizzazione dei beni culturali che il ministro Sandro Bondi ha affidato al super manager Mario Resca: le sparate sugli hotel della cultura dell’ex quadro dirigente di McDonald’s e i suoi propositi dichiarati di voler fare dell’Italia «l’Eurodisney dell’arte» si scontrano con il fatto che, nonostante la crisi, secondo il nuovo studio di Federcultura, la domanda culturale delle famiglie italiane nel 2009 è aumentata riguardo a teatro, concerti e musei ma non ha trovato incentivi in risposta.

Così, mentre Obama nel suo pacchetto anticrisi ha inserito investimenti a favore dell’arte (nonostante negli Stati Uniti i musei siano per lo più a gestione privata), per portare più visitatori nei musei italiani (gli Uffizi è solo il 23esimo nella classifica mondiale) il nostro ministero, con Resca, non trova di meglio che aumentare i ristoranti interni «facendone dei locali dove si va indipendentemente dalla visita alla collezione». Federculture segnala anche una sensibile perdita di attrattività delle nostre città d’arte (-6,9 per cento) e il precipitare dei musei italiani nella graduatoria internazionale dei più visti. E mentre il ministro Bondi ora deve vedersela anche con la faccenda di tre milioni e duecentomila euro sborsati per un Michelangelo su cui si addensano dubbi di autenticità, Resca fa un’altra pensata delle sue e, allo scadere dei suoi primi 100 giorni, vara una campagna pubblicitaria per «portare gli Italiani a riscoprire il patrimonio artistico del nostro Paese e invertire il trend negativo dei visitatori». Sul cartellone campeggiano delle gru che smantellano il Colosseo. Sopra compare la scritta: «Se non lo visiti lo portiamo via».

da Left-Avvenimenti 23 dicembre 2009

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L’Italia non è un museo

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 1, 2009

Il presidente Napolitano e il professor Settis

Il presidente Napolitano e il professor Settis

Il direttore della Normale di Pisa Salvatore Settis risponde al ministro Sandro Bondi: “ La cultura non si fa con gli slogan” di Simona Maggiorelli

Professore, il ministro Bondi pretende di ridurre a rango di “esternazioni” le sue critiche espresse da presidente del Consiglio superiore dei beni culturali…

Il ministro ha maturato una convinzione singolare, cioè che il presidente del Consiglio superiore debba tacere. Un’idea, secondo me, contraria alla legge. E contraria alla Costituzione. Non posso assecondarla. Ho preferito fare altrimenti. In quanto cittadino non può dirmi che devo tacere. Siccome la libertà di parola è più preziosa di ogni altra ed è certamente più importante di qualsiasi carica, come ho spiegato nella mia lettera al ministro pubblicata da La Repubblica, non rinuncerò ad esercitarla da libero cittadino.

Dopo un lavoro cominciato da consigliere (anche molto critico) del ministro Giuliano Urbani, lei ha messo a punto un condiviso Codice dei beni culturali e paesaggistici che pone un freno agli archeocondoni, alle svendite, ai colpi di “finanza creativa”. La manovra varata dal Consiglio dei ministri lo scorso dicembre rischia di smantellarlo?

Anche in questo caso dico quello che penso:credo sia in atto un progetto di smantellamento. Né che ci sia una stanza dei bottoni gestita dal ministro con alcuni fedelissimi. Quello che vedo è una serie di mosse incoerenti fra loro, mentre manca una visione generale. Temo che il ministro Bondi, purtroppo, non abbia ancora una conoscenza sufficiente dei meccanismi di funzionamento del ministero a cui è proposto. Con grande candore si dichiara lieto che gli tolgano soldi dal bilancio. Non ho mai visto una cosa del genere.

Al centro della riforma Bondi c’è un progetto di valorizzazione affidato a Mario Resca proveniente dalla Mc Donald’s…

Continuo a ritenere che per la valorizzazione occorra un esperto di patrimonio culturale. Occorreva fare ciò che lo stesso ministro aveva dichiarato di voler fare, cioè un bando internazionale, per avere un esperto di primissimo piano. Il ministro Bondi non ha fatto bandi e nomina il dottor Resca che sarà certamente un bravo manager, ma certo non si intende di musei e di patrimonio d’arte. Come lui stesso dice. Insomma, non vedo perché nel caso del patrimonio culturale si debba puntare sull’incompetenza piuttosto che sulla competenza.

Il premier Berlusconi, qualche mese fa in Inghilterra, si vantò con la stampa del numero di tv e cellulari procapite in Italia, dello scudetto e di un patrimonio d’arte italiano pari al 50 per cento di quello mondiale. Oggi assistiamo al lancio del logo Museo Italia che fa tanto pensare al marchio Azienda Italia. Che ne pensa?

La favola del 50 per cento è da sfatare. Non si può fare un conto perché manca un inventario mondiale del patrimonio. In un giornale ho letto addirittura che l’Italia avrebbe il 70 per cento del patrimonio mondiale. E’ una cosa che fa morire dal ridere. Come se in Francia, in Spagna, in Gran Bretagna, in Germania non avessero le loro cattedrali, i loro musei. Quanto allo slogan Museo Italia è quanto mai sinistro e negativo. L’Italia non è museo, l’Italia è un paese vivo, di cittadini. Un Paese la cui principale caratteristica è che gran parte del patrimonio artistico si trova nelle città, nelle strade, nelle piazze. Nei luoghi dove si vive. Anziché dire annettiamo anche il resto dell’Italia a uno spazio museografico immaginario, virtuale, bisognerebbe fare il contrario: proiettare i musei verso la città e fare dei musei delle città. Più in là bisogna dire che non è con gli slogan che si salva la cultura, è con i progetti e con le risorse di personale che invece manca; la cultura si salva con investimenti che invece vengono ridotti ogni giorno che passa.

Fa da controcanto allo show di Berlusconi un discorso dell’allora presidente della Repubblica Calo Azelio Ciampi sulla lungimiranza dell’articolo 9 della Costituzione. Lei lo ricorda nel libro edito da Electa, Battaglie senza eroi

E’ un discorso bellissimo,per questo amo citarlo. Nel 2003 Ciampi parlava dell’Italia che è dentro di noi; la sua è una interpretazione autentica, corrisponde perfettamente a tutta la letteratura specialistica e in particolare alle sentenze della Consulta sul significato dell’articolo 9 della Carta. La costituzione non dice che l’Italia è un museo , dice che il patrimonio paesaggistico e culturale dell’Italia va difeso in funzione dei cittadini. Cioé va difeso un elemento vivo e attivo del diritto di cittadinanza, questo credo dovrebbe essere lo spirito in cui bisognerebbe lavorare. Di questo spirito purtroppo si vedono scarse tracce in giro.

Nel suo Itali spa ( Einaudi), invece, riportava un articolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung che stigmatizzava la politica di Tremonti e Urbani come talebana e distruttiva. Ora, con curioso ribaltamento, si legge che ci sarebbero i “talebani della conservazione”…

Fu la moderata e gentilissima Giulia Maria Crespi, in un’intervista, ad usare quella espressione per dire della distruzione del patrimonio. Ora questa parola su alcuni giornali italiani non particolarmente interessanti è diventata un modo per insultare chi difende la Costituzione. Io credo che si tratti di difenderla di fronte a uno strisciante tentativo di fare come se non esistesse. Ricorrere al diritto di cittadinanza, richiamare la libertà di parola, dire che la protezione del patrimonio e del paesaggio è un elemento essenziale dell’identità italiana.. se tutto questo significa essere talebani, allora sono io che non ho capito qualcosa.

Colpiscono in questo senso alcune dichiarazioni del professor Andre Carandini che sul Corsera parla di tentativi di santificare i beni culturali. “I magazzini dei musei – dice – sono pieni di beni impolverati con cartelli rosi dai topi e destinati all’oblio”.

Io non ricordo di aver letto questa intervista di Carandini, ma se lui ha usato questi argomenti la cosa mi addolora perché sono argomenti che sono stati usati proprio da alcuni politici. In particolare quest’ultimo sui magazzini dei musei come luoghi dell’orrore è un tema che stato lanciato da Umberto Broccoli, il nuovo sovrintendente comunale di Roma nominato dal sindaco Alemanno. Io non la penso così.Tutti i musei- non solo quelli italiani – hanno dei magazzini. Questo Broccoli forse non lo sa, ma Carandini certamente. I magazzini sono la riserva aurea dei musei. Nei magazzini ci sono cose che attendono ancora lo studio. Nei magazzini di ogni museo che si che si rispetti si fanno grandi scoperte, che poi “salgono” le scale e entrano nel museo. I magazzini naturalmente non devono essere polverosi e mal tenuti. Se ce n’è qualcuno polveroso e mal tenuto andrebbe tenuto meglio. Ma è molto difficile che ciò sia se si tagliano i fondi dei musei. E’ molto difficile che ciò sia, se non si assume nuovo personale. E’ molto difficile che ciò sia, se non assume nuovo personale; è molto difficile che ciò sia, se si tagliano i fondi dei musei. E’ molto difficile che ciò sia se non ci sono progetti culturali e solo slogan.

da Left-Avvenimenti del 6 marzo 2009

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L’archeologia non ha bisogno di Bertolaso

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 1, 2009

Roma, olearie papali

Roma, olearie papali

L’eminente archeologo Adriano La Regina in margine alla proposta di commissariamento dell’area archeologica romana avanzata dal ministro Sandro Bondi di Simona Maggiorelli

Commissariare l’area archeologica capitolina affidandola a Guido Bertolaso è un’idea non incontra il favore del più autorevole soprintendente archeologico che Roma abbia avuto: “Bertolaso – dice Adriano La Regina – può continuare a fare cose utili nel settore della protezione civile. Lui, come il dottor Mario Resca non credo siano le persone più adatte per occuparsi del patrimonio storico e artistico, che non richiede l’intervento delle loro professionalità”. Quanto agli attacchi del ministro dei beni culturali Sandro Bondi al soprintendente dell’area di Pompei, “le critiche nei confronti diPier Giovanni Guzzo – stigmatizza La Regina – dimostrano solo che il Ministro non è bene informato sulla situazione di Pompei. Guzzo ha fatto cose egregie, e se a Pompei vi sono ancora questioni da risolvere lo si deve soprattutto alle degradate condizioni sociali, politiche e amministrative del contesto. Di questo si deve far carico la politica. Quanto alla Soprintendenza è stato un grave errore creare al suo interno una struttura amministrativa autonoma e inconsapevole delle esigenze di natura scientifica e conservativa”. E i tentativi da parte del Ministro di mettere il bavaglio al Consiglio superiore dei beni culturali e a Salvatore Settis? “Bondi non ha mai dimostrato particolare riguardo verso quell’organismo, perché evidentemente preferisce il plauso ai pareri disinteressati. Del resto- aggiunge La Regina – il governo Berlusconi ha sempre cercato di dare sostegno alle esigenze del mercato d’arte, anche quando chiaramente in conflitto con l’interesse pubblico”. Ma l’attuale presidente dell’Ente Parco dell’Appia Antica non risparmia neanche il neo presidente del Consiglio superiore, Andrea Carandini, nominato in fretta e furia del ministro, a poche ore dalle dimissioni di Settis. E a proposito delle accuse rivolte da Carandini ai soprintentendenti, accusati di essere dei “talebani della conservazione”, La Regina nota: “Carandini non ama sostenere con argomentazioni pacate le proprie ragioni limitandosi abitualmente a svilire in maniera offensiva le ragioni degli altri. In queste condizioni le sue accuse ai soprintendenti di essere dei talebani della conservazione non meritano attenzione”.

Left-Avvenimenti del 6 marzo 2009

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Effetto Mc Donald’s

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 1, 2009

La tutela dei beni culturali in pasto a manager dei fast food. Le ultime trovate della finanza “creativa” del trio Tremonti, Bondi e Carandini di Simona Maggiorelli


calabria-bronzi-di-riace-1-archeologia-arteCi risiamo. Il lupo Giulio Tremonti perde il pelo (travestendosi da Robin Hood con la naufragata tax anti ricchi) ma non perde il vizio (la svendita del patrimonio d’arte e del paesaggio, spiagge comprese). Ora il ministro dell’Economia, in “società” con Sandro Bondi, procede al taglio di oltre un milione di euro al ministero dei Beni culturali nel triennio 2009-2011.

Quando perfino il collega del centrodestra Sarkozy, Oltralpe, per far fronte a questa congiuntura di crisi prevede di dare 100 milioni di euro all’anno alla cultura, come riporta un’indagine europea comparata messa a punto da Federculture.

Nel frattempo in Italia, da più parti, a cominciare dalle associazioni di chi lavora nelle soprintendenze (per non dire dei moltissimi e autorevoli nomi dell’archeologia e dell’arte di livello internazionale) fioccano accuse al governo Berlusconi e ai suoi ministri di voler delegittimare le competenze professionali e scientifiche nell’ambito della tutela e della valorizzazione. C’è il sospetto che si voglia liquidare la rete delle soprintendenze territoriali per favorire una sbrigativa privatizzazione delpatrimonio nazionale, a furia di slogan emergenziali.

Fin qui, in estrema sintesi, le responsabilità di questo governo di destra, incompetente e versato solo ai propri interessi privati.

Ma quel che fa più male è che un autorevole archeologo come Andrea Carandini, docente di archeologia classica alla Sapienza di Roma, si sia prestato a questo “gioco”. Per molti anni, al fianco di Salvatore Settis in varie campagne di scavo, Carandini è autore di libri anche popolari come Remo e Remolo (Einaudi) nonché presenza gettonatissima delle lezioni di archeologia all’Auditorium di Roma organizzate dall’editore Laterza.

Da parte sua il professor Carandini non si è fatto scrupolo di prenderne il posto svestendosi rapidamente degli abiti di studioso e ribaltando d’amblé molte dichiarazioni pubbliche fatte negli anni in difesa della cultura e dell’arte. Un rapido cambio alla Fregoli, per indossare la casacca adatta alle logiche di marketing dell’azienda Italia di marca berlusconiana che vorrebbe i fragili bronzi di Riace come cimeli da mostrare in Sardegna ai potenti del G8. E indirettamente a sostegno della campagna di valorizzazione del Museo Italia affidata dal governo al manager Mario Resca proveniente dalla catena Mc Donald’s e che già parla dell’opportunità di mutare edifici storici e d’arte in alberghi a cinque stelle. Per farsi un’idea del “Resca pensiero” basta fare un giro sul sito http://www.demaniore.com dove il Nostro lancia la sua campagna per i “nuovi hotel della cultura”.

Nel frattempo voci di corridoio sempre più insistenti parlano di un possibile avvicendamento al ministero dei Beni culturali: Bondi potrebbe lasciare il posto al senatore Quagliarello, quello che in Senato accusava di omicidio chi si era opposto al decreto berlusconiano, “Salva Eluana”. Cosìdetto dai teodem, dagli esponenti di centrodestra e dal Corriere della Sera che l’ha stampato a caratteri cubitali.


da Left-Avvenimenti del 6 marzo 2009

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