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L’attimo fuggente degli Impressionisti.

Posted by Simona Maggiorelli su dicembre 30, 2013

Signac, Venezia

Signac, Venezia

Rivoluzionari in pantofole e autori di quadri piacevolmente inoffensivi oppure artisti radicali che cambiarono profondamente l’estetica di fine Ottocento? Mentre Renoir a Torino e Verso Monet a Verona  fanno il pieno di visitatori, un nuovo libro di Will Gompertz e una mostra al Guggenheim di Venezia mettono in luce gli aspetti più vitali del movimento impressionista nella Francia di fine Ottocento

di Simona Maggiorelli

Al botteghino le retrospettive dedicate agli impressionisti vanno fortissimo, come è noto. E c’è chi storce il naso davanti al successo da blockbuster di mostre come Verso Monet (fino 9 febbraio 2014, a Verona). I quadri dei pittori impressionisti? «Dipinti chiari, bellissimi e piacevolmente inoffensivi», scrive il critico della Bbc Will Gompertz nel libro E questa la chiami arte? (Electa), un manuale spigliato ma di alta divulgazione che ripercorre 150 di anni storia dell’arte «in un batter d’occhio», come fosse un romanzo.

A ben vedere, però, precisa Gompertz, artisti come Monet, Pissarro, Renoir, Degas, e Sisley misero fine alla pittura accademica, uscendo dal chiuso degli atelier, per andare a mescolarsi fra la gente nella metropoli parigina. Gli impressionisti raccontarono la modernità. E dettero luce e respiro alla pittura di paesaggio dipingendo en plein air. «Per il pubblico di fine Ottocento furono il gruppo più radicale, ribelle e rivoluzionario» scrive Gompertz , ricordando lo scandalo che generarono i nudi di Manet.

Maximilien Luce, Parigi, sera

Maximilien Luce, Parigi, sera

«La Parigi di fine XIX secolo fu teatro di scompigli politici e trasformazioni culturali» sottolinea anche Vivien Green, curatrice della mostra Le avanguardie nella Parigi fin de siècle aperta fino al 6 gennaio al Guggenheim di Venezia. Nella Parigi di allora, prosegue la specialista di storia dell’arte ottocentesca «nascono correnti artistiche fra loro correlate, filosofie insurrezionaliste, i primi accenni di gruppi politici di sinistra e le conseguenti reazioni conservatrici». E gli impressionisti riuscirono a dare espressione a quel fermento culturale nell’ambito pittorico. fondando una nuova estetica. Che studiava e faceva tesoro dei cambiamenti di luce, che rivendicava l’importanza della visione sulla descrizione razionale della realtà: gli scorci di Parigi di Maximilien Luce esposti al Guggenheim non cercano la verità fotografica ma esprimono la visione dell’artista e la sua emozione di fronte al crepuscolo sulla Senna o all’alba in campagna. Il paesaggio viene panteisticamente reinterpretato. E il bagliore che inonda i pini sul mare dipinti da Hippolyte Petitjean evoca una dimensione interiore, non è banale cronaca di un giorno d’estate. Ma la mostra del Guggenheim non presenta solo il volto più noto e lirico della pittura di fine Ottocento. Merito di questa rassegna è anche sondare le correnti più inquiete che percorrono la stagione che precede il grande salto di inizio Novecento e la rivoluzione cubista. Particolarmente interessante nelle sale di Palazzo Venier dei Leoni è la scelta di opere del simbolista Odilon Redon, che rappresentano il volto notturno e misterioso dell’arte parigina fin de siècle. Le vele dorate della sua Barca (1894) si offrono come un onirico controcanto alle brillanti marine di Paul Signac Mentre I fantini di Henri de Toulouse-Lautrec, due affascinanti apparizioni nel buio, evocano personaggi di racconti fantastici. Per finire poi con un’ampia sezione dedicata ai Nabis, forse i più caustici nel rappresentare quella borghesia che animava la rutilante Parigi ottocentesca ma che faceva una vita claustrofobica nel chiuso di ricchi salotti e nel vuoto degli affetti.

dal settimanale Left-Avvenimenti

SignacWho were the Impressionists?Just revolutionaries in slippers? Authors of paintings pleasantly inoffensive? Or radical artists who profoundly changed the aesthetics of the late nineteenth century ? While Renoir’s retrospective  in Torino and the exhibition  Towards Monet in Verona are full of visitors, a new book by Will Gompertz , and an exhibition at the Venice Guggenheim highlight the most vital aspects of the Impressionist movement in France in the late nineteenth century.

by Simona Maggiorelli

Retrospectives dedicated to the Impressionists are very successfull at box office , as we know. And someone stares withs suspicion at the  blockbuster success of exhibitions such as Towards Monet (up to 9 February  2014 in Verona ) .

What can we say about Impressionists’ paintings? ” They are just clear , beautiful and pleasantly harmless paintings “, wrote the BBC’s critic Will Gompertz in his book What are you looking art? (Penguin, 2012, Electa 2013 ) , a breezy manual of high disclosure that traces 150 years of history of art ” in the blink of an eye,” as if it were a novel.

On closer inspection, however ,  Gompertz states , artists such as Monet, Pissarro , Renoir , Degas, Sisley  put to an end the academic painting , leaving the closed atelier , to go to mingle among the people in the Parisian metropolis . The Impressionists told about modernity. They gave light and breath to landscape painting working en plein air . ” For the late  Nineteenth  century audience they were the most radical group , rebellious and revolutionary” Gompertz writes , recalling the scandal that generated by Manet’s Le déjeuner sur l’herbe (1862-63) .

“In the  late nineteenth century Paris was the scene of political upheavals and cultural transformations ” emphasizes Vivien Green , curator of the exhibition The avant-garde in Paris fin de siècle open until January 6 at the Guggenheim in Venice. In Paris at the time , says the specialist of the history of nineteenth-century ” born artistic inter-related trends , philosophies insurgency , the first hints of leftist political groups and  conservative reactions” . The Impressionists were able to give expression to those cultural ferment with their paintings. They founded a new aesthetic. Studying  light changes , and using it to express their feeelings they claimed the importance of inner vision rejecting rational description of reality: the views of Paris by Maximilien Luce exhibited you can see now in Guggenheim do not seek thecamera  truth but express the artist’s vision and emotion watching the Seine at dusk or dawn in the countryside.

The landscape is pantheistically reinterpreted by the Impressionists . And the glow that bathes the pine trees on the sea painted by Hippolyte Petitjean evokes an inner dimension: it is quite the opposite of  a trivial chronicle of a summer day. But the exhibition of the Guggenheim presents not only the most recognized face of the Impressionists and not only the  lyrical painting of the late nineteenth century . Merit of this exhibition is also probing the restless currents that run through the season that precedes the big jump at the beginning of the twentieth century and the Cubist revolution . Particularly interesting in the Palazzo Venier dei Leoni is the choice of works by Symbolist Odilon Redon , who represent the face of Parisian night and mysterious fin de siècle. The golden sails of his Boat (1894) are offered as a counterpoint to the brilliant dream marine by Paul Signac. While The jockeys by Henri de Toulouse- Lautrec ( two fascinating appearances in the dark)  evoke characters from fairy tales . Lust but not least the  large section devoted to the Nabis , perhaps the most caustic group in representing the bourgeoisie that animated nineteenth-century Paris closed in a domestic claustrophobic life and  in a vacuum of affection .

Left magazine

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Il mondo dell’arte nel 2010: ritorno alla ricerca

Posted by Simona Maggiorelli su luglio 15, 2010

Mentre Parigi e Londra puntano sulla cultura per battere la crisi, il Belpaese resta al palo. Nonostante l’apertura del MaXXI e alcune mostre di pregio. Ecco lo scenario che si prospetta per il nuovo anno

di Simona Maggiorelli

Kandinsky

Lasciati alle spalle gli anni zero dell’euforia dei mercati internazionali dell’arte e, specie per quanto riguarda l’Italia, gli anni di “mostrite” acuta (che nell’ultimo decennio ha prodotto una ridda di mostre già finite nel dimenticatoio) l’anno nuovo si apre all’insegna di esposizioni che tornano ad esplorare le avanguardie storiche e l’opera dei maestri che hanno segnato importanti svolte nei due secoli passati: da Goya a Van Gogh, da Gauguin a Kandinsky a Picasso. Ma il 2010 dell’arte, in molta parte d’Europa, si annuncia anche all’insegna di un concetto chiave come la valorizzazione dei beni culturali. Solo per fare un esempio basta dire che il presidente francese Sarkozy, anche per reagire alla crisi economica, nell’anno che si è appena aperto ha in programma di realizzare un grosso processo di riforma e di rilancio del Grand Palais e della Rmn (Réunion des musée nationaux) con l’obiettivo di “fare di Parigi una delle prime sedi di mostre a livello internazionale”. E mentre Londra, con un forte rilancio delle due sedi della Tate e con il ricco programma di esposizioni dedicate alle civiltà antiche della National gallery e del British punta a scippare a Berlino il primato di capitale dell’arte contemporanea e dell’archeologia, Barcellona e Amsterdam, investono su mostre scientifiche di studio e di approfondimento dell’opera di Picasso e Van Gogh.

E nel Belpaese?

Quanto a valorizzazione del patrimonio tutto procede, purtroppo, in ben altra direzione. Dopo un anno di fortissimi tagli al Fus alla tutela e alle soprintentendenze il responsabile della neonata direzione generale della valorizzazione dei beni culturali, il super manager ex Mc Donald’s Mario Resca ha appena varato una campagna pubblicitaria in cui il Colosseo appare smontato pezzo dopo pezzo mentre il David di Michelangelo, imbracato, si invola in cielo. Sotto scorre una minacciosa scritta: “se non lo visitate lo portiamo via”. Chi ha avuto modo di viaggiare durante queste festività ha visto senz’altro modo di notare questa geniale sortita del nostro ministero dei Beni culturali che circola on line nel circuito tv dei più importanti aeroporti nostrani. Ma tant’è. Continuando a sperare che gli italiani prima o poi si decidano a dare il ben servito a questa classe politica di centrodestra che, fra le altre pensate, ha concepito anche una Spa per la cartolarizzazione e la vendita di importanti pezzi del patrimonio nazionale, nell’anno che si apre gli amanti dell’arte antica e contemporanea avranno alcuni appuntamenti per rinfrancarsi, almeno un po’. Appuntamenti dovuti- è quasi pleonastico dirlo- alla tenacia di singoli studiosi non certo alle “ politiche” di questo governo.

Man Ray nudo di Meter Hoppenheim

Fra i vari eventi pensiamo in modo particolare dalla mostra ideata da Claudio Strinati per i quattrocento anni dalla morte di Caravaggio alle Scuderie del Quirinale a Roma, ma anche della duplice rassegna dedicata a Giotto e Assisi (marzo-settembre 2010) e al cantiere della Basilica e all’arte umbra tra il Duecento e il Trecento. Ma parliamo anche e soprattutto, della definitiva apertura del MaXXI, il museo del XXI secolo disegnato da Zaha Hadid, che dopo 11 anni di gestazione e 6 di costruzione aprirà a maggio con cinque mostre: da Spazio! dedicata alle collezioni permanenti di arte e architettura alla antologica dedicata a Gino De Dominicis curata da Bonito Oliva. Per il resto in Italia si produce poco e si importa molto. Seppur non di rado con profitto, come nel caso della grande mostra dedicata ai maestri dell’arte astratta che approderà al Guggenheim di Vercelli dal 20 febbraio sotto l’egida del curatore (nonché direttore del Macro di Roma) Luca Massimo Barbero. O anche come nel caso della mostra Utopia matters, che dal primo maggio, a cura di Vivien Greene, inaugura la nuova ala museale del museo Peggy Guggenheim di Venezia.Ma pensiamo anche alla mostra Goya e al mondo moderno che si aprirà il 5 marzo al palazzo Reale di Milano con la collaborazione di Skira. In questo quadro di collaborazione fra l’editore di origini svizzere e Palazzo Reale preceduta dalla rassegna Schiele e il suo tempo che si aprirà il 25 febbraio.

Su e giù per lo stivale

Mentre a Villa Manin a Passariano di Codroipo (Udine) prosegue con successo di pubblico fino al 7 marzo la mostra L’età di Courbet e Monet. La diffusione del realismo e dell’impressionismo nell’Europa centrale e orientale il prolifico e, comunque sia, bravissimo Marco Goldin con Linea d’ombra annuncia già la mostra Munch e lo spirito del Nord, in programma sempre a Villa Manin: 40 dipinti del pittore norvegese intercalati ad altri 80 dipinti che raccontano della pittura in Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca nel secondo Ottocento.

dalla mostra aristocratic

E ancora a Parma, dal 16 gennaio Novecento arte fotografia moda design, una grande mostra che indaga il secolo passato inseguendone tutti i rivoli, grazie alle molte donazioni che gli artisti stessi hanno fatto al centro di documentazione creato da Arturo Carlo Quintavalle e Gloria Bianchino. In mostra opere di Schifano, Burri, Boetti, Fabro, Ceroli, Guttuso, Fontana, Sironi e molti altri.

Hong Kong tradional trandy

E ancora celebrando il Novecento, a Venaria reale e al museo del cinema di Torino la mostra 400 anni di Cinema: dal film paint alle lanterne magiche, in co-produzione con la Cinémathèque frainçaise di Parigi. Per quanto riguarda la fotografia, dal 29 gennaio al 5 febbraio 2010, in veste di evento off di ArteFiera 2010 di Bologna segnaliamo la proposta della rassegna Aristocratic The new experience. Una mostra che racconta un’esperienza caratterizzata da un forte desiderio di interagire con la realtà e che tuttavia porta a una trasformazione delle immagini in chiave assolutamente personale, anche attraverso la sperimentazione di nuove tecniche, strumenti e materiali.

Spagna. Dal genio di Picasso in poi

Al museo Picasso di Barcellona si indaga l’influenza cruciale che l’artista catalano Santiago Rusiñol esercitò sul giovane Picasso comparando l’opera dei due artisti dal punto di vista biografico e iconografico. Dal 15 ottobre al 16 gennaio 2011 poi il museo Picasso di Barcellona organizzerà una mostra che esplora i rapporti fra Picasso e Degas affidandola alla cura di una delle maggiori studiose dell’artista spagnolo Elizabeth Cowling dell’ University of Edinburgh. Un confronto basato sul fascino che Degas esercitò su Picasso e sul diverso uso che i due artisti fecero di pastelli pittura, scultura stampe e fotografia. Una mostra che punta a esplorare le risposte esplicite di Picasso a Degas ma anche i nessi concettuali più nascosti fra i due artisti. Al Prado,invece, nel 2010 approderà la mostra dedicata all’esplorazione della luce del romantico Turner,già passata per il Grand Palais e che mette a confronto i suggestivi paesaggi del pittore inglese con opere del XVI e XVII firmate da Brill, Carracci, Lorraine e Poussin. Intanto si lavora già a una importante mostra dedicata all’ultimo Raffaello e che sarà esposta al Prado e al Louvre nel 2012. Nell’anno che si apre ricchissimo è anche il programma del museo Guggenheim di Bilbao dove per dicembre è attesa una retrospettiva del pittore americano Robert Rauschenberg scomparso nel 2008.Ma anche e soprattutto una importante antologica dell’artista indiano Anish Kapoor,una delle personalità più sensibili e interessanti della scultura contemporanea. La mostra ricalca in parte quella organizzata dalla Royal Academy of Arts di Londra lo scorso anno e che ha avuto un notevolissimo successo di pubblico e di critica.

La grande Francia

L’anno francese si apre all’insegna di una grande rassegna dedicata alle icone sacre dei territori della Russia cristiana (dal 3 maggio al Louvre) con una mostra che scandaglia la tradizione che va dal IX al XVIII secolo.Al Centre Pompidou, da aprile a luglio Attraversando nazioni e generazioni Crossing nations and generations, Promises from the past con cinquanta artisti dall’Europa centrale e dell’Est , a più di vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino cercando di individuare continuità e punti di rottura nel lavoro delle generazioni di artisti più giovani.

E ancora, per quanto riguarda l’archeologia, in primavera al Louvre, Meroë, impero sul Nilo. Di fatto si tratta della prima mostra dedicata esclusivamente alla capitale egizia, con più di duecento reperti che raccontano dell’influenza africana egizia e greco romana che si intrecciò in questa area di 200 chilomentri a nord dell’attuale Khartoum. La capitale reale Meroë è diventata famosa nei secoli per le piramidi dei re e delel regine che dominarono la regione tra il 270 a.C e 350 d.C. Un tema quello dell’esplorazione delle civiltà antiche che ritroviamo al centro anche della mostra Strade verso l’Arabia. Tesori archeologi dall’Arabia saudita. Una mostra che permette di conoscere più da vicino la storia artistica di questo paese che a causa del regime fondamentalista che lo governa rende difficile l’accesso agli occidentali.

Sua maestà la ricerca scientifica

Senza perdere troppo tempo con gli eventi da cassetta la National Gallery punta sulla ricerca scientifica ed il restauro. Così tra le mostre più interessanti proposte dai musei inglesi per il 2010 c’è a partire da fine giugno la rassegna dedicata alle recenti scoperte riguardo ad attribuzioni e nuovi studi su opere di grandi maestri conservate alla National Gallery. Un esempio abbastanza emblematico: nel 1845, il quadro dal titolo Uomo con teschio fu attribuito a Hans Holbein. Una recente analisi dell’opera con mezzi aggiornati e scientifici ha dimostrato che l’opera risale e a un periodo successivo alla morte dell’artista.

Esplorando un altro ambito poco sotto i riflettori come quello del disegnoo antico, dal 22 aprile, sempre alla National Gallery si apre una grande mostra dedicata al disegno rinascimentale italiano, da Verrocchio a Leonardo a Michelangelo e Raffaello. Per quanto riguarda le civiltà antiche e l’arte di altri continenti, dal 4 marzo, la National ospita una grande retrospettiva dedicata alla scultura africana nigeriana che conobbe una particolare fioritura tra il XII e il XV secolo. E poi con un salto di molti secoli ancora dando uno sguardo alla fitta programmazione della Tate si segnalano nel 2010 la mostra dedicata all’avanguardia europea di Theo van Doesburg (1883-1931) protagonista del movimento olandese di artisti, architetti e designers De Stijl. Ma anche e soprattutto la retrospettiva di Arshile Gorky (1904-1948) dal 10 febbraio, in un confronto serrato con la diversa ricerca di Rothko, Pollock e de Kooning. E ancora dal 30 settembre l’antologica dedicata a Gauguin con un centinaio di opere da collezioni pubbliche e private del mondo per uno sguardo nuovo su questo maestro della modernità.

dal quotidiano Terra del 2 gennaio 2010

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Il demone della scena

Posted by Simona Maggiorelli su febbraio 5, 2010

Dopo la grande mostra la danza delle avanguardie, il Mart di Rovereto torna ad esplorare il rapporto fra la scena e la pittura, con  duecento opere che raccontano l’intreccio fra i due linguaggi  David a Delacroix per arrivare a Degas a klimt e agli altri artisti della secessione viennese

di Simona Maggiorelli

Delacroix Desdemona maledetta dal padre

Un cavallo alato sul fondo di una scena zeppa di maschere e arlecchini campeggiava nella scenografia picassiana di Parade, lo spettacolo dei Ballets Russes che debuttò nel 1917. In cerca di una via d’uscita dalla crisi per la morte della sua compagna Eva, Picasso sollecitato da Cocteau e dall’impresario russo Diaghilev aveva ceduto alla tentazione della scena. E anche se quella volta, a dire il vero, non ne uscì una delle sue opere migliori (il cavallo stesso pare un’anemica rivisitazione dell’animale dipinto nel primitivo e potente Ragazzo nudo con cavallo del 1905) quell’apertura al teatro fu comunque per lui l’inizio di una sperimentazione a più ampio raggio fra differenti linguaggi.

In precedenza, artisti che Picasso aveva amato (come Toulouse Lautrec) o osservato da vicino (come Degas) si erano lasciati affascinare dal mondo dello spettacolo e dalla danza. E proprio a questo fertile incontro con la musa Tersicore avvenuto in pittura nella Parigi di fine Ottocento il Mart di Rovereto dedica il capitolo centrale della mostra Dalla scena al dipinto (fino al 23 maggio, catalogo Skira). In primo piano i disegni, i dipinti e le affiche  con cui Toulouse Lautrec raccontava la notte al Moulin Rouge e l’umanità varia e ferita che la abitava: vibranti  schizzi a matita di personaggi come la celebre ballerina Goulue e ficcanti “flash” sul pubblico, che ne colgono il vissuto interiore con quello straordinario calore umano che Toulouse Lautrec metteva nella sua arte di ritrattista. Più in là le immagini eteree e un po’ algide delle danzatrici di Degas, che il vecchio maestro “spiava” dietro le quinte fissandone sulla tela momenti intimi, fuggevoli. Non c’è più traccia qui dell’impianto teatrale prospettico tipico della pittura storica di David ma nemmeno della struttura drammaturgica dei sogni shakesperiani di Delacroix e poi di Füssli. Nella pittura di Degas «la drammaturgia lascia il posto alla coreografia» scrive Guy Cogeval curatore della mostra con Beatrice Avanzi. «E in qualche misura-  nota lo studioso francese- è tracciata una linea che collega l’impressionismo di Degas, fatto di casualità e di istantaneità, alla rivoluzione dei Ballets Russes che misero la danza al centro della creatività dell’avanguardia». E qui il cerchio idealmente si chiude mentre il pensiero corre a La danza delle avanguardie, la grande mostra che nel 2006 il Mart dedicò alle sperimentazioni  di Bakst, di Goncharova e di Larionov ma anche a quelle futuriste di Balla e di Depero, artisti che, analogamente a Picasso, seppur in modi diversi, smisero di dipingere il teatro “da fuori” per salire sul palco realizzando immaginifiche scenografie e costumi.

Ma volendo indagare a fondo il “demone della scena” che si è impossessato della pittura nel XX secolo e ancora domina le arti figurative (si pensi alla videoarte, alle installazioni, al multimediale) la nuova mostra del Mart non trascura di documentare con un bel gruppo di opere l’importanza che ebbero Klimt e gli altri artisti della Secessione nell’aprire la strada a quell’idea di arte totale che era stata preconizzata da Wagner e che poi fu il fuoco delle avanguardie storiche.

da left-avvenimenti del 5 febbraio 2010

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