In fuga per Londra, il padre della psicoanalisi evitò di portare con sé le sorelle. Che morirono in un lager. Lo ricostruisce in un libro lo scrittore macedone Goce Smilevski
di Simona Maggiorelli
«Non c’è bisogno che tu ti preoccupi. le ambizioni di Hitler sono irrealizzabili» dice Sigmund Freud alla sorella Adolfine, nel romanzo La sorella di Freud (Guanda) di Goce Smilevski. Intanto, con l’aiuto di Mussolini, lui sta per fuggire a Londra. Quel fratello che da bambina le diceva «Non piangere» standole così vicino eppure essendo così lontano, cancellerà ogni sua possibilità di salvarsi dal lager dove morirà insieme alle sorelle Marie, Rosa e Pauline. Da questo episodio censurato dalle biografie freudiane è partito il giovane scrittore macedone (che ha studiato all’università di Praga e e di Budapest) per anni di ricerche. I risultati sono distillati in questo appassionato romanzo dedicato alla memoria cancellata di Adolfine. Un libro da cui emerge un’immagine di Freud, fin da giovanissimo «affascinato dallo spirito tedesco» e che «come Mosè voleva essere un profeta» e «condurre il genere umano alla liberazione dagli oscuri abissi dell’inconscio».
Il 13 maggio Smilevski ha presentato al Salone del libro di Torino per presentare La sorella di Freud. In attesa dell’uscita del suo caustico Conversation with Spinoza, non ancora pubblicato in italiano gli abbiamo rivolto qualche domanda su come è nato questo suo romanzo che scava a fondo nella vita e nel pensiero del padre della psicoanalisi.
Come ha scoperto la tragica storia delle sorelle di Freud e perché ha deciso di dedicare loro un romanzo?
L’idea di scrivere questo libro mi è venuta quando ho scoperto che due fatti strettamente connessi della vita di Freud sono sempre stati trattati separatamente dai suoi biografi. Il primo è che lui poté stilare una lista di persone autorizzate a lasciare Vienna occupata dai nazisti. Il secondo fatto è che le quattro sorelle di Freud sono morte in un lager. Nessun biografo ha mai fatto il nesso. Nessuno ha scritto: sono morte perché lui non ha messo i loro nomi su quella lista. Hanno sempre ricordato che, prima di scappare a Londra, Freud lasciò loro dei soldi ( poi confiscati dai nazisti). Guardandosi dal sollevare domande sul perché non le portò con sé. Come invece fece, per esempio, con il suo medico personale e quello di famiglia, con i domestici, con la cognata e persino con il cane Jo Fi.
Perché i biografi di Freud hanno taciuto secondo lei?
Penso che la ragione fosse una: temevano di rovinare una certa immagine di Freud che avrebbe dovuto far presa su di noi.
Nel libro lei ci mostra Freud intento alla «pulizia rituale dei suoi oggetti antichi come ogni venerdì», mentre le richieste di aiuto di Adolfine cadono nel vuoto. Un padre della psicoanalisi così “freddo” e che si appoggiava al nazifascismo poteva curare la malattia mentale?
Non sono affatto certo che lui fosse in grado di curare i suoi pazienti. Basta leggere il caso di Dora, solo per citarne uno. Freud aveva intuito che l’inconscio fosse il terreno di ricerca, ma non seppe sviluppare e mettere in pratica quest’idea.
In linea con la Bibbia. Freud ha scritto che l’inconscio è originariamente malvagio, perverso. Diceva che l’Es è inconoscibile. Ma pretendeva di aver scoperto l’inconscio. Una feroce contraddizione?
Freud stesso era contraddittorio, non solo nei suoi scritti, ma anche come persona. Lui che andava a cercare i ricordi d’infanzia, per esempio, non provò mai a comprendere ed elaborare il rapporto con la propria madre. Parlava del complesso di Edipo, ma non ha mai spiegato come funzionava nel suo caso. Impose l’analisi nel training psicoanalitico ma lui è l’unico che non vi si è mai sottoposto. Fece solo quella che chiamò autoanalisi. Il risultato fu L’interpretazione dei sogni. Lì menziona sua madre un paio di volte. E in quel quel libro teorizzava il complesso di Edipo. Così mi è venuta la curiosità di studiare i documenti per cercare qualche dettaglio in più del suo rapporto con la madre e con le sorelle, che poi ho messo nel romanzo.
La moderna psichiatria, ma anche Il libro nero della psicoanalisi e i lavori di Masson hanno denunciato la “truffa sul lettino”. Ma in Paesi come la Francia Freud è ancora una specie di santo intoccabile. Perché?
Posso solo dire che per me Freud è stato un gran misogino sostenendo che l’identità delle donne si baserebbe sull’invidia del pene. Poi cercò di giustificarsi dicendo che le donne erano per lui un continente oscuro e sconosciuto. Ma mi colpisce anche il fatto che avesse sentimenti negativi così forti verso gli psicotici. Il continuo intreccio e scambio che c’è fra la sua opera e la sua vita fa riflettere. Inoltre se si leggono i suoi libri e le sue lettere con attenzione si vede quanto lui avesse paura del suo inconscio.
Nel romanzo, però, lei ha scelto di mettere al centro Adolfine, una donna.
La letteratura può gettare un po’ di luce sulla vita delle persone dimenticate. Isaiah Berlin notava che la storiografia si occupa di conquistatori, i governanti, di uomini di potere, ma si scorda delle persone “ordinarie” che, non di rado, danno molto di più allo sviluppo della storia umana. Freud divenne una di quelle persone che contano per gli storiografi quando era ancora nel pieno della vita. Conquistò (o almeno provò a farlo) l’inconscio umano. Con la sua solita megalomania diceva che aveva scoperto la terza ferita dell’umanità. Copernico aveva scoperto che la terra non è il centro dell’universo, Darwin che non siamo nati da dio ma veniamo dalle “scimmie”, e lui diceva di aver scoperto che noi siamo servi del nostro inconscio. Nel mio piccolo ho deciso di non mettere al centro del mio romanzo questa “importante” figura di Freud, facendone piuttosto un personaggio sullo sfondo. Come accennavo a me interessa questa idea che la nostra identità profonda di esseri umani è quella irrazionale e non quella cosciente. Così ho preferito come protagonista una donna, che ha vissuto nell’ombra. Che cosa sappiamo di lei? Che rimase nubile (era una sciagura per una donna dellOttocento). Che accudì i genitori fino alla loro morte. E che fu disprezzata da sua madre.Cos’altro? Alcune foto, qualche lettera a suo fratello e alcune lettere di Freud alla futura moglie Martha in cui dice di amare Adolfine più delle altre sorelle, perché lei è la più sensibile. E alcune righe del libro di Martin Freud su sua zia che ci lasciano l’impressione che la famiglia Freud non la considerasse molto. Questo è tutto. Per me è diventata un simbolo. E ho voluto darle voce.
