Il nuovo corso di Confindustria targato Montezemolo ha già rilanciato più e più volte il tema. Prima di lui il presidente della Repubblica Ciampi. E, di recente, perfino Storace a Ballarò non ha resistito all’incalzante refrain: in Italia, occorre più ricerca. Per tenere il passo con il resto d’Europa. La classe politica di centrodestra e quella economica sembrerebbero aver aperto gli occhi su temi che la sinistra, almeno a parole, sostiene da tempo.
Ma qualcosa, forse non quadra esattamente. Basta dare un’occhiata a quanto questo governo sta facendo, sotterraneamente, con lentezza, ma in modo inesorabile, per la ristrutturazione del Cnr (dopo averlo commissariato) e dei maggiori centri nazionali di ricerca.
L’importante è tagliare
Partiamo dal fondo, dalle cifre che questi tre anni di governo Berlusconi lasciano sul piatto della ricerca italiana. Solo nell’anno scorso, il taglio delle risorse è stato del 5,3 per cento. La spesa per la ricerca nel nostro paese si assesta così sui 6,9 miliardi di euro, pari cioè allo 0,7 per cento del prodotto interno lordo. E non è solo un problema di risorse risicate, ma anche mal distribuite e di un sistema di accesso alla professione di ricercatore da parte delle nuove generazioni sempre più difficoltoso. Basta dire che ormai il blocco delle assunzioni nel settore è pressoché totale, mentre l’età media dei ricercatori continua a crescere. Si calcola che nel 2017 circa il 50 per cento di ricercatori e docenti in Italia sarà messo a riposo. Per i giovani invece si prospetta un precariato sempre più spinto, affidato agli assegni di ricerca e a contratti a termine. Ma non solo. Sono anche gli ambiti della ricerca – sempre meno libera e sempre più finalizzata e legata alla produzione di brevetti – ad essere stati fortemente ridotti. La situazione del Cnr, in questo senso, è emblematica. Da pochi giorni ha dovuto lasciare il suo scranno il commissario straordinario preposto al riordino del centro, il professore Adriano De Maio, fisico della materia, nonché rettore della Luiss. Nella relazione conclusiva del 10 giugno scorso compaiono tutte le linee guida del De Maio pensiero, con a latere anche qualche affermazione inquietante, detta a voce durante il saluto alla comunità scientifica, sul fatto che, dopo due anni di tagli di cosiddetti rami secchi (all’atto del commissariamento la rete scientifica del Cnr presentava 5.000 linee di attività. Adesso sono state ridotte a circa 500 macro-linee) ci si è accorti che il Cnr versava in uno stato migliore di quanto non lo si dipingesse.
Di fatto oggi il maggior istituto pubblico di ricerca, prima ancora che questo governo renda noti gli ordinamenti che lo regoleranno e mentre ancora si apettano, a giorni, le nomine ufficiali dei componenti del consiglio di amministrazione, si ritrova suddisviso in 11 dipartimenti. ォIl dipartimento – scrive De Maio, che proprio su questo punto è arrivato a scontrarsi con il ministro Letizia Moratti – è il punto nodale della riforma: se sarà fatto funzionare nel modo migliore si otterrà finalmente un sistema di ricerca non autoreferenziale“. Il che, tradotto in altri termini, vuol dire un dipartimento che non squaderna più ad ampio raggio indirizzi di libera ricerca, ma funziona su progetti. Gli stessi ricercatori dovranno aggregarsi intorno a un progetto, perché solo quello verrà finanziato. Con un risultato immediato e evidente: i ricercatori dovranno rinunciare a una parte della propria autonomia e risulteranno più controllabili. Su questo punto De Maio è molto chiaro: ォIl dipartimento – scrive – gode di un potere gerarchico relativamente ai progetti… li valida, indipendentemente da dove sia partita la proposta, li valuta, ne assicura il coordinamento reciproco e con le altre aree tematiche, attribuisce le risorse complessive e ne definisce le caratteristiche complessive, tempi e risultati od obiettivi attesi, cioè decide e governa il project concept“.
Riguardo ai contenuti delle ricerche, poi, alcune linee e alcuni temi risultano particolarmente caldeggiati, quelli più funzionali all’industria, ovviamente, con una forte e preoccupante contrazione degli investimenti finanziari e non solo riguardo alle cosiddette scienze umanistiche. Capitolo rovente della riforma del Cnr, dacché Letizia Moratti ha caldeggiato la nomina a subcommissario della materia, un fin qui oscuro docente di storia dell’Università di Cassino, quel Roberto De Mattei, consigliere personale di Gianfranco Fini riguardo ai temi dell’Europa e che, anche attraverso l’associazione Lepanto, si è distinto per una serie di pubblicazioni e interventi di stampo oscurantista riguardo a religione, storia e società, arrivando perfino ad organizzare una marcia “di purificazione” come risposta al Gay Pride.
I muri e i confini
Le cinta murarie e i confini degli stati nazionali hanno custodito, nel tempo, le identità culturali dei popoli. Gli stessi limiti alla circolazione delle persone, delle merci e dei capitali, nonché delle idee e delle informazioni, hanno rappresentato fattori di stabilità delle medesime identità… La riappropriazione, sempre più diffusa, di simboli identitari – la bandiera, l’inno, i luoghi della memoria nazionale – nel nostro Paese, a differenza di altri (Francia, Inghilterra), rimasti sepolti dalle macerie della guerra, ne è l’espressione di più immediata percezione“. Incredibile ma vero comincia proprio così la relazione del professor De Mattei, presentata al termine di un anno di lavoro lo scorso 10 giugno. In questa occasione il professore ha anche indicato i cardini che la ricerca umanistica dovrà tenere presenti nei prossimi anni: obiettivo primario delle scienze umane sarà ォvalorizzare la memoria storica e elaborare i diversi profili delle identità locali, nazionali e sopranazionali“. Dunque: priorità del “diritto romano”, “promozione e salvaguardia della lingua e della cultura italiana“, ma anche e soprattutto ォdella tradizione e del pensiero religioso, attraverso la ricerca su Fonti e testi della tradizione religiosa italiana“. E questo in un momento in cui la Costituzione europea ha appena espunto il riferimento alle radici cristiane.
Da segnalare un piccolo e non trascurabile dettaglio: mentre De Maio ha già dovuto lasciare il posto al nuovo che avanza: ovvero al più giovane Fabio Pistella, De Mattei è l’unico uomo del vecchio organico di commissariamento che non se ne va, ma anzi vede rafforzata la sua posizione. il suo l’unico nome certo, fino ad oggi, del nuovo consiglio di amministrazione del Cnr. I ricercatori che vorranno fare libera ricerca nell’ambito della storia possono cominciare a preparare le valigie.
L’uomo nuovo che viene dall’Enea
“Freddo”, “distaccato“, “efficiente“,”un uomo pragmatico, che si sa muovere bene nell’ambito del potere“, “un uomo che ha una concezione alta del potere, specie se ce l’ha lui”. Sono queste le voci che si rincorrono sul conto del neo commissario generale del Cnr, Fabio Pistella, nei corridoi dell’Enea a Roma, l’istituto di ricerca che lo scienziato ha diretto fin dal 1984, quando giovane laureato e con appena un centinaio di pubblicazioni in tasca è stato assurto al cielo della massima carica dell’istituto. “Un’istituto di ricerca che allora godeva ancora di molto prestigio” racconta Franco Attura, ricercatore che al centro ricerche Enea Casaccia di Roma lavora da 35 anni. “Pistella è un uomo intelligente – dice – con un’impostazione manageriale. Non di tipo Cnr classico, basata sui rapporti con l’università. Ha spinto l’Enea verso le imprese, la ricerca applicata, ma per quegli anni non è stato un male. Anche perché l’ Enea ha sempre avuto, comunque sia, una parte di libera ricerca e alcuni ricercatori che facevano attività di ricerca al di là dei grandi programmi che l’Enea si dava per ragioni strategicheサ”. Progetti con l’Ansaldo e altre aziende nazionali, con la Fiat; poi la svolta, la rapida decadenza a cui hanno contribuito molti fattori – spiega Attura – compreso il taglio dei finanziamenti pubblici. Siamo arrivati al 17 per cento in meno: adesso e la situazione si sta facendo davvero critica. Dobbiamo preoccuparci noi di reperire i fondi sul mercato. Ma le industrie sulla ricerca non mettono soldi in una situazione come questa, economicamente critica. Il rischio è anche di scadimento culturaleサ. E per i giovani ricercatori ? “L’Enea non rappresenta più una meta ambita – ammette Attura -. C’è sempre meno lavoro sicuro, sempre più precariato, legato a contratti a tempo determinato, ad assegni di ricerca. Andando avanti di questo passo – conclude – il rischio è che l’Italia esca completamente dal panorama internazionale della ricerca. I segnali ci sono già“.
La politica che verrà
Se Pistella si è insediato da poco e non ha avuto ancora il tempo di uscire pubblicamente con dichiarazioni d’intenti e programmi, in filigrana qualcosa della sua impostazione è leggibile nel programma di De Maio. Spesso, infatti, è stato Pistella a scriverne i contenuti. Sua l’idea di un’organizzazione del Cnr strutturata a matrice. Pistella era, insomma, il braccio operativo dell’ex commissario generale e in qualche modo gli ha scavato sotto. Risultando più gradito all’establishment Moratti. “De Maio – spiega Paolo Saracco, segretario nazionale Snur Cgil – come commissario speciale non è andato ad occupare militarmente il Cnr, applicando in maniera secca ciò che il ministro Moratti aveva detto e scritto“. L’operazione che ha compiuto è stata più sottile: un ascolto selezionato dei poteri accademici forti, cercando di riportare dentro il Cnr coloro che se ne erano sentiti esclusi, fin dai tempi dei comitati nazionali di consulenza creati quando era ministro Berlinguer. “Allora – spiega Saracco – si era costituita una rete esterna di professori universitari e di scienziati sicuramente di valore e anche molto targati politicamente che De Maio ha cercato di reimpiantare sul Cnr stesso, cercando di renderlo molto simile a come era una decina di anni fa”. De Maio, insomma, si è fatto portatore di un proprio progetto, di rappresentanza di poteri forti che vorrebbero un sistema della ricerca all’americana, molto concentrato su alcuni, pochi, prestigiosi, centri di ricerca. E cercherà di farlo passare, anche ora che ha rotto con Letizia Moratti, cercando nuove alleanze, anche nel centrosinistra.
da avvenimenti, 3 luglio 2004