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#Boncinelli: La scienza libera le donne dal destino “naturale”

Posted by Simona Maggiorelli su agosto 8, 2015

Il genetista Edoardo Boncinelli

Il genetista Edoardo Boncinelli

«L’invenzione della pillola anticoncezionale ha avuto un impatto enorme. E non è certo finita. Anzi, il bello deve ancora venire…Oggi si parla di gameti e di riproduzione, con l’apertura di orizzonti prima inimmaginabili» ha scritto il genetista Edoardo Boncinelli sul Corsera commentando la notizia del via libera, a larga maggioranza, da parte Parlamento inglese a un tipo di fecondazione assistita che permette di evitare la trasmissione di malattie genetiche gravi da madre a figlio. Una tecnica ideata da un gruppo di scienziati dell’Università di Newcastle, che prevede la sostituzione del Dna mitocondriale difettoso della madre con quello di una donatrice sana. Ma questa non è la sua innovazione più interessante in questo ambito».

Professor Boncinelli, nuove tecniche di fecondazione in vitro fanno a meno dell’intervento dello spermatozoo. Viene stimolato l’ovocita per provocare una partenogenesi. Di che si tratta più precisamente?

In alcune specie la partenogenesi è un fenomeno naturale. Non ha bisogno dell’intervento dei cromosomi maschili per dar vita a nuovo organismo. Negli animali superiori, compreso l’uomo, di solito non avviene. O meglio non avviene spontaneamente. Ma si può attivare la cellula uovo. Nei conigli, per esempio, è piuttosto comune, s’inietta una gocciolina di iodio e l’uovo comincia a svilupparsi anche senza l’intervento del gamete maschile. In linea teorica nel caso dell’essere umano è possibilissimo ottenere tutto questo. In linea teorica, ripeto, perché poi il processo viene fermato. Per esempio, si può stimolare la cellula uovo attraverso degli ioni calcio. In questo caso non c’è traccia di cromosomi maschili, fa tutto la parte femminile. E comunque si ottiene un organismo completo. O per meglio dire si otterrebbe visto che non è ancora mai stato portato a termine.

Boncinelli Noi siamo cultura

Boncinelli Noi siamo cultura

Si possono anche produrre gameti maschili e femminili in laboratorio?

Questa è l’ultima notizia. Anche se per noi scienziati non è del tutto nuova, perché se ne era parlato nella comunità scientifica. Le cellule staminali, come sappiamo, possono produrre vari tipi di tessuti e anche i gameti. Certo, vanno indirizzate in questa direzione. Un domani potremmo ottenere da una parte cellule uovo e dall’altra spermatozoi, semplicemente partendo da cellule staminali. Il che porta un vantaggio in medicina: si potrebbe sapere esattamente che patrimonio genetico hanno perché discendono da una cellula specifica.

Se si aggiunge anche la fecondazione da tre Dna diversi

Il quadro si fa piuttosto articolato. Con la differenza che quest’ultima strada è già pienamente realizzabile. Ed è abbastanza facile. Con questa tecnica si aggira la minaccia di avere un bambino con malattie gravi di tipo mitocondriale perché la donatrice ha i mitocondri sani.

La medicina più avanzata “libera” la sessualità umana dalla procreazione?

Sì, sempre di più. Ma permette anche di poter avere un figlio sano. Naturalmente se si ricorre alla tecnica come puro gioco, non ha molto senso, ma se avere un figlio per una coppia è sentito come una realizzazione e poi si è in grado di dargli affetto, sostegno, istruzione ecc. questo è sicuramente un vantaggio per il neonato, perché lo libera da difetti genetici per i quali ad oggi non c’è una cura.

Parlando di tecniche che sono già a disposizione di tutti, dovremmo anche citare la diagnosi pre-impianto: le dedica ampio spazio nel suo libro Einaudi, Genetica e guarigione.

Certo, perché la diagnosi pre-impianto è la punta di diamante di tutta la genetica moderna. In Italia è proibita dalla legge, anche se poi c’è chi l’ha utilizzata.

Ci sono state sentenze di tribunale che hanno riconosciuto il diritto di coppie sterili ad accedere a questa tecnica Ma crudelmente è ancora vietata dalla Legge 40 alle coppie fertili, anche se, per esempio, portatrici di malattie genetiche

La questione non è stata chiarita del tutto, purtroppo. E in assenza di un quadro definito c’è chi in Italia preferisce non utilizzarla. Ma da scienziato dico che la diagnosi pre-impianto offre degli enormi vantaggi per la salute. Sarebbe assurdo rinunciarci.

Nel saggio Homo Faber, da poco uscito per Baldini&Castoldi lei parla dell’ingegneria genetica come di una grande avventura umana. Ma nel nostro Paese incontra la forte opposizione della Chiesa. Il Papa dice che le donne devono fare più figli ma poi condanna la fecondazione assistita. Come si spiega?

Boncinelli, Rizzoli

Boncinelli, Rizzoli

Loro adducono tanti motivi, ma il fatto è che la Chiesa è sessuofobica, vede di malocchio la donna e la sessualità. E poi sostiene che queste tecniche non siano naturali. Ma cosa c’è di naturale, per esempio, in una iniezione che introduce nei muscoli un ferro per far passare delle sostanze? Non per questo si rinuncia a curarsi.

Il Papa si schiera in difesa dell’anima ma poi difende l’embrione come fosse sacro. Non c’è una sorta di feticismo, una forma estrema di materialismo?

Lo è. Addirittura sostengono che l’embrione è persona quando ha i cromosomi umani. Questo vuol dire che anche una cellula della lingua o un bulbo di capello è un essere umano. Il che è inaccettabile.

Nei dibattiti «appena compare la parola “sacro” si smette di ragionare», lei ha detto annunciando di voler scrivere un libro contro il sacro. Fuor di battuta lo farà?

Io spero proprio di riuscire a farlo

 Simona Maggiorelli, Left

 

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Hack, 90 anni laici e ribelli

Posted by Simona Maggiorelli su giugno 29, 2013

L’astrofisica pubblica un nuovo libro  in difesa della libertà di ricerca.  Per proteggerla dagli attacchi della Chiesa e di questa classe politica

Margherita Hack

«La scienza cerca di scoprire quali sono le leggi che regolano l’universo, il nostro pianeta, il nostro corpo mediante osservazioni ed esperimenti. La conoscenza scientifica rende liberi, ci sottrae alle paure, a quel terrore che i nostri antenati provavano davanti a fenomeni naturali inusuali, come l’apparizione di una cometa, un’eclisse di luna o peggio ancora il sole», scrive Margherita Hack a incipit del suo nuovo libro Sotto una cupola stellata (Einaudi) scritto con Marco Santarelli e che la scienziata presenterà il 24 novembre al Pisa Book Festival e poi a Più libri più liberi, la kermesse della piccola e media editoria che si tiene a Roma dal 6 al 9 dicembre.

«La curiosità che caratterizza la razza umana l’ha portata, attraverso secoli di informazioni, a decifrare pian piano il libro dell’universo», ricorda l’astrofisica più famosa d’Italia che, appena festeggiati i suoi primi 90 anni «laici e ribelli», torna a scrivere per dissipare ogni diffidenza verso la ricerca scientifica; in Italia, spesso, bersaglio di attacchi inusitati da parte di «una classe politica ignorante che spesso si vanta di non saper nulla di matematica e fisica, una classe politica- stigmatizza la Hack – che dal 1945 non era mai stata di così basso livello». Senza contare che in Italia la ricerca è presa di mira dalla Chiesa,  «che contribuisce a diffondere un sentimento antiscientifico. Papa Ratzinger – sottolinea la studiosa fiorentina – non perde occasione per dire che gli scienziati sono avidi e arroganti e vogliono sostituirsi a Dio». Aggiungendo a queste parole una sua personale e acuta lettura di un episodio cardine dell’Antico Testamento, quello di Eva e della famigerata mela, che ci vorrebbe tutti irrimediabilmente segnati dal peccato originale e, per questo, originariamente violenti e “cattivi”.

«Nella Bibbia Eva è rappresentata come peccatrice che ha traviato anche il suo compagno Adamo. Per questo si dice che fu cacciata dal paradiso terrestre. Invece – rilancia la Hack -, se proprio si vuole prendere in considerazione queste che per me son solo favole, allora valorizziamo la curiosità della nostra  mitologica madre Eva, che volle mangiare il frutto della conoscenza disobbedendo all’autorità. E poi- aggiunge- visto che parlano tanto di un Dio padre amorevole, se fosse un padre davvero dovrebbe essere contento che i suoi figlioli cerchino di imitarlo e magari di fare meglio di lui».

Dunque per Margherita Hack non c’è nessuna possibilità di coniugare scienza e religione come vorrebbe fare una parte della Chiesa oggi? «Scienza e religione toccano piani completamente diversi: la scienza cerca di scoprire le leggi, come è fatto l’universo, come si è evoluto, come funziona il nostro corpo e soprattutto il nostro cervello e la nostra mente. La religione cerca di rispondere al perché e, nel farlo, si fonda  su atti di fede non dimostrabili scientificamente. Il fatto di credere o non credere in Dio è una faccenda puramente personale. Ma la religione non può e non deve interferire nella ricerca, che chiede una mente libera da dogmi e da credo indimostrabili. Personalmente reputo che uno scienziato non possa riporre fiducia in un Dio che gli spiega tutto in maniera un po’ puerile. Sarebbe come credere all’esistenza della Befana e di Babbo Natale». Quanto all’etica e alla morale? «Io penso che l’etica non sia appannaggio esclusivo dei credenti. Di più: ritengo che l’etica di un non credente sia più pura e disinteressata di quella di un credente che si comporta bene perché spera nella ricompensa e teme la punizione nell’al di là».      Simona Maggiorelli

da left-Avvenimenti del 17 novembre 2012

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La diagnosi preimpianto è un diritto

Posted by Simona Maggiorelli su novembre 16, 2012

Per la prima volta dall’entrata in vigore della legge 40 sulla fecondazione assistita, un giudice ha riconosciuto il diritto di poter fare la diagnosi preimpianto. Il Tribunale di Cagliari ha autorizzato l’accesso a questa tecnica  per una donna malata di talassemia major e  il suo compagno portatore sano della stessa patologia genetica.

di Simona Maggiorelli

fecondazione assistita

I centri pubblici italiani specializzati nella fecondazione assistita devono offrire la diagnosi preimpianto alle coppie che la richiedono perché affette da malattie genetiche. Lo ha stabilito il tribunale di Cagliari rispondendo a una coppia di talassemici che chiedeva di poter ricorrere alla diagnosi genetica preimpianto per avere un figlio libero da questa grave malattia genetica. Una sentenza, questa di Cagliari, perfettamente in linea con quella emessa della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo a fine agosto scorso che ha dato ragione a una coppia italiana contro la legge 40/2004, giudicata una norma contro i diritti umani. Dopo un a lunga e coraggiosa battaglia nelle aule di tribunale (supportata come nel caso sardo dall’avvocato Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni) la coppia italiana portatrice sana di fibrosi cistica a fine agosto ha visto riconosciuto dall’Europa il proprio diritto di avere un figlio sano. Poi, come è noto, Scienza e Vita ha alzato barricate. E quel che è più grave il ministro della Salute Renato Balduzzi ha annunciato di voler fare ricorso contro la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, incurante del fatto che le associazioni di malati hanno chiesto al Governo di recepire la sentenza, cogliendo l’occasione per abrogare o riscrivere la legge 40 che, sulla base di assunti antiscientifici, dal 2004 costringe le coppie italiane ad andare all’estero perpoter fare la fecondazione eterologa (con gameti di donatori esterni alla coppia) e la diagnosi preimpianto. Costringendole ad espatriare per vedere riconosciuti un diritto alle cure mediche riconosciuto dalla nostra Costituzione. Senza contare la feroce discriminazione di censo che le coppie devono subire, visti i costi dei cicli di terapie e dei soggiorni all’estero.

Ma ora, proprio quando mancano pochi giorni alla scadenza della possibilità di ricorrere in appello da parte del Governo Monti contro la sentenza della Corte europea, ecco che il Tribunale di Cagliari viene in aiuto alle coppie portatrici di malattie genetiche con una importante sentenza che da ora in avanti obbliga tutti i 357 centri di fecondazione assistita attivi in Italia a dispensare la diagnosi preimpianto alle coppie sterili o portatrici di malattie genetiche che la richiedano. Fin qui nessuno dei 76 pubblici italiani ha permesso alle coppie di esercitare il proprio diritto alla diagnosi preimpianto, nonostante le linee guida Turco del 2008 sulla legge 40/2004 avessero almeno esteso il diritto alle coppie in cui lui fosse affetto da HIV.  La battaglia contro questa legge antimoderna però non è finita. Ancora resta in piedi il divieto di donare alla ricerca gli embrioni congelati e non più adatti al trasferimento in utero. Per completare l’opera di smantellamento di questa legge c’è ancora un pezzo di strada da fare e le sentenze in tribunali italiani attese per i prossimi giorni saranno decisive.

DA CAGLIARI UNA SENTENZA DECISIVA

di Federico Tulli

Tutti i cittadini in Italia hanno diritto di poter accedere a trattamenti sanitari. Si tratta di un diritto costituzionale ma, a quasi 65 anni dall’entrata in vigore della Carta, ancora oggi deve essere rivendicato in tribunale. È il caso di una coppia di Cagliari che si è dovuta rivolgere ai giudici del capoluogo sardo per “costringere” il laboratorio di citogenetica dell’ospedale Microcitemico di Cagliari a eseguire l’indagine diagnostica preimpianto nell’ambito della procedura di fecondazione in vitro che i due avevano richiesto per evitare che il nascituro ereditasse la talassemia, malattia genetica di cui è affetta la madre. Con una sentenza emessa oggi il Tribunale di Cagliari ha accolto il ricorso della coppia ordinando al laboratorio di eseguire l’indagine diagnostica o di utilizzare strutture esterne, ristabilendo così l’equità dell’accesso alle cure – in sintonia con la legge 40/2004 sulla Procreazione medicalmente assistita (Pma) così come è stata modificata in seguito a una sentenza della Corte costituzionale nel 2009.  In base alla norma si può accedere alla Pma perché infertili e quindi anche eseguire diagnosi preimpianto per verificare prima dell’impianto in utero se l’embrione è affetto dalla patologia dei genitori. Tuttavia il laboratorio di citogenetica della struttura pubblica che deve analizzare il campione si è rifiutata di analizzare le cellule. La coppia avrebbe potuto rivolgersi ad una struttura privata i cui costi però si aggirano intorno ai novemila euro a ciclo, cifra incompatibile con il loro reddito. Pertanto, assistita dagli avvocati Gallo e Calandrini, si è appellata al Tribunale di Cagliari per chiedere l’esecuzione dell’indagine richiesta alla struttura pubblica e prevista dalla legge 40: risulta, infatti, del tutto illegittimo oltre che gravemente lesivo dei diritti costituzionalmente garantiti il rifiuto della struttura pubblica. L’azienda ospedaliera è stata quindi riconosciuta colpevole della violazione. In Italia, attualmente sono attivi 357 centri di fecondazione medicalmente assistita. Quelli che applicano tecniche in vitro identificati per secondo e terzo livello sono 202: 76 svolgono servizio pubblico e 22 servizio privato convenzionato, i rimanenti 104 offrono servizio privato. In base alla decisione dei giudici cagliaritani tutti i centri pubblici (tra questi a oggi nessuno effettua diagnosi preimpianto) saranno obbligati a osservare scrupolosamente la legge 40 perché effettuare tecniche di fecondazione in vitro significa anche avere l’obbligo, se la coppia lo richiede, di fornire informazione sullo stato di salute dell’embrione. Anche per questo motivo, nel procedimento sono intervenute con atto unico le associazioni di pazienti infertili Cerco un bimbo e L’altra cicogna oltre alla associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.

da Cronache laiche del 15 novembre 2012

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La Ue blocca la ricerca sulle staminali embrionali

Posted by Simona Maggiorelli su settembre 20, 2012

Tredici premi Nobel e oltre duecento scienzati ( fra cui Elena Cattaneo e Margherita Hack) firmano l’appello della associazione Luca Coscioni perché il Parlamento europeo non blocchi la ricerca in uno degli ambiti più promettenti della ricerca biomedica

 

di Simona Maggiorelli

 

staminali embrionali

ll genetista e premio Nobel 2007 per la medicina Mario Capecchi, insieme ad altri 12 premi Nobel, e con più di 200 scienziati di fama internazionale (tra cui Elena Cattaneo e Margherita Hack) fa firmato l’appello lanciato dall’Associazione Luca Coscioni in difesa della ricerca sulle staminali embrionali. Che anche in Europa rischia di non essere più finanziata. Come di fatto già accade in Italia dove i soldi pubblici destinati alla ricerca sulle staminali premiano solo ricerche sulle staminali adulte. Come vuole il Vaticano.
In queste settimane l’Unione Europea (Ue) si prepara a varare l’ ottavo programma quadro per la ricerca, che andrà in votazione ad ottobre. Ma in questa Europa in crisi che vede il prevalere di politiche di destra lo scenario che si prospetta non è dei più rosei per un ambito di ricerca come quello delle embrionali, che gli esperti considerano il più promettente per lo sviluppo di una medicina rigenerativa che in futuro potrebbe riuscire a “ricreare” organi gravemente lesi. Ma anche il più osteggiato da partiti di ispirazione cristiana, e cattolica in particolare, che considerano sacro l’embrione. «Nel Parlamento europeo la maggioranza è politicamente conservatrice, e le forze politiche sono sempre più nazionaliste: un doppio pericolo per chi ritiene che i principi di libertà debbano far parte delle ragioni costitutive dell’Europa» denuncia Marco Cappato, ex Parlamentare europeo per i Radicali Italiani e dirigente dell’Associazione Luca Coscioni.

Marco Cappato

Un segnale molto preoccupante per la libertà di ricerca lo si è potuto già leggere nella sentenza della Corte europea (stimolata da un ricorso di Greenpeace) che vieta la brevettabilità di risultati di ricerche fatte con embrionali. Una sentenza che ha già avuto concreti e gravi riverberi anche in Italia, quando nei mesi scorsi un giudice di Spoleto l’ha usata per tentare di sollevare un dubbio di costituzionalità sulla legge 194.

La Consulta, come è noto, il 22 giugno scorso gli ha dato torto. Ma fa riflettere che forze di area Verde attacchino strenuamente la ricerca scientifica in nome di una difesa ad oltranza della “natura”, da loro punto di vista niente affatto matrigna come diceva Leopardi, ma sempre buona in quanto tale (dunque anche un tumore?) demonizzando la tecnica. «La natura umana è ormai anche antropologicamente un prodotto della storia; chi vuole separare ciò che è naturale da ciò che è artificiale compie uno sforzo immane e, soprattutto, inutile – commenta Cappato -. Sia la tecnica che la natura possono produrre effetti devastanti sulle persone e sull’ecosistima. Proprio per questo servono regole, mentre le proibizioni assolute fanno solo danni perché lasciano che si affermi in clandestinità la legge del più forte».

Giulio Cossu

Proibizioni assolute e assurde come quelle, per esempio, contenute nella legge 40 che obbliga chi fa ricerca sulle embrionali in Italia ad importare linee derivate all’estero. «E’ una storia che si ripete da circa dieci anni. Le linee con cui si può lavorare sono le prime prodotte e hanno problemi, per esempio non hanno quasi mai il giusto numero di cromosomi», approfondisce il professor Giulio Cossu dell’University college di Londra e primo firmatario dell’Appello. Da anni al lavoro nella ricerca sulle staminali, Cossu ha appena pubblicato su Science Translational Medicine uno studio sulle cellule staminali indotte alla pluripotenza che apre nuove prospettive per la cura della distrofia muscolare. «Per questa ricerca abbiamo impiegato cellule “riprogrammate” (induced Pluripotent Stem Cells) come quelle scoperte dal giapponese Yamanaka nel 2006.

Queste cellule sono simili alle embrionali ma non derivano dall’embrione bensì da una cellula stessa del paziente. Servono ancora alcuni anni di studio per essere certi della completa equivalenza di queste due tipi cellulari e poi, come speriamo, avremo la dimostrazione che la scienza è andata più veloce dell’etica», dice lo scienziato italiano. Proprio il Nobel americano Capecchi, in una conferenza a Bologna nel maggio scorso, sottolineava che le scoperte giapponesi sulle staminali pluripotenti sono state fatte, non a caso, in un Paese dove non ci sono limitazioni alla ricerca, nemmeno nell’ambito delle embrionali. «La ricerca sulle staminali embrionali rafforza anche la ricerca sulle staminali adulte. Se un domani le embrionali non saranno più necessarie, si dovrà ringraziare i Paesi che non hanno bloccato quella ricerca», chiosa Cappato.

«Non esistono staminali buone e moralmente accettabili e staminali cattive- precisa il biologo Cossu -. Esistono progetti buoni e sono quelli da finanziare, indipendentemente dal tipo cellulare che si intende utilizzare». Proprio riguardo ai finanziamenti e ai tagli alla ricerca, che in Italia si susseguono da anni e che ora la spending review aggrava (costringendo sempre più i ricercatori ad emigrare), Mario Capecchi non ha esitato a dire che «tagliare la ricerca è un gesto autolesionista per un Paese». «E’ una verità che si spiega da sola – dice Cappato -. Oltretutto in Italia ciò che si spende lo si spende spesso male, senza applicare criteri di meritocrazia, lasciando spazio a ostacoli ideologici di ogni tipo». Così mentre da noi la legge 40 obbliga i medici a una mal practise in Paesi avanzati dal punto di vista della ricerca come l’Inghilterra si fanno studi d’avanguardia sul trasferimento del nucleo della cellula e si lavora a pieno ritmo sulle embrionali. «L ’Inghilterra è la patria delle staminali embrionali. I finanziamenti pubblici sono elargiti in base alla qualità dei progetti, non all’argomento studiato- conclude Cossu -. Non voglio dire che il sistema sia perfetto ma certamente abbiamo molto da imparare in Italia».(da left-avvenimenti)
Il 19 settembre 2012

la Commissione giuridica del Parlamento europeo esprime un voto negativo sulla ricerca sulle cellule staminali embrionali

“Il voto della Commissione giuridica del Parlamento europeo contro la ricerca sulle staminali embrionali non è un voto definitivo. Dipenderà dalla commissione competente, e poi dalla Plenaria. Ma è certamente un segnale negativo che non va sottovalutato, perché rappresenta la forza della lobbying clericale presente al Parlamento europeo non solo all’interno delle forze di centrodestra, ma anche di parte dei verdi europei e dello stesso Partito democratic.oI Radicali dell’associazione Luca Coscioni rilanciano la campagna a favore della ricerca sulle staminali embrionali attraverso la petizione che si può firmare al link http://ricercalibera.it/petizione/. Ne discuteremo anche al IX Congresso dell’Associazione Luca Coscioni, che si terrà a Milano il 6-7 ottobre”. Così il tesoriere della Associazione Luca Coscioni Marco Cappato commenta la notizia del voto della Commissione giuridica dell’unica istituzione eletta della Ue che ha approvato una relazione del popolare polacco Piotr Borys a larghissima maggioranza (18 sì e 5 no, compatti a favore Popolari e Verdi, divisi Liberali, Socialisti e il gruppo degli euroscettici) in cui si affermano i rischi giuridici del finanziamento della ricerca sulle staminali embrionali. Collegandosi alla sentenza emessa il 18 ottobre scorso dalla Corte di Giustizia dell’Ue, che sancisce la non brevettibilità dell’utilizzo di embrioni e di cellule staminali se questo porta alla loro distruzione. In Italia l’Avvenire esulta:​È soltanto un primo passo, ma certamente importante. Nella lunga battaglia sul finanziamento pubblico europeo della ricerca su embrioni umani che ne comportino la distruzione, ieri il Parlamento europeo ha segnato un primo importante punto a favore della vita” scrive il giornale dei vescovi.

 

 

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Il salto culturale dei sapiens

Posted by Simona Maggiorelli su luglio 20, 2012

Nessun gene dell’egoismo o della creatività. Alle origini del linguaggio, un processo evolutivo, in cui contano le relazioni umane. Parla Telmo Pievani, ospite del Festival della mente di Sarzana

di Simona Maggiorelli

Pitture rupestri, Chauvet, 32mila anni fa

Come nasce il linguaggio umano? Su questo annoso e affascinante tema il filosofo della scienza Telmo Pievani ( con Emanuele Banfi e Federico Albano Leoni)ha promosso un confronto fra linguisti e neuroscienziati all’università Bicocca di Milano. Left gli ha chiesto di fare il punto sui risultati del dibattito che ha coinvolto un parterre internazionale di scienziati. A settembre su questi temi lo studioso terrà una lectio magistrali al Festival della mente di Sarzana

Professor Pievani sui media, di recente, si fantastica di un gene dell’egoismo o dell’altruismo. Non si può pensare, piuttosto, che la maturazione cerebrale avvenga in relazione a stimoli ambientali, sociali, di rapporto? 

Suggerisco di diffidare sempre delle notizie del tipo “Scoperto il gene di”. Non ha più alcun senso ritenere che comportamenti sociali complessi abbiano una determinazione genetica lineare di questo tipo. Persino per il colore della pelle occorre un intero network di geni interconnessi, figuriamoci per l’egoismo o l’altruismo. Il genoma è la filigrana della vita, non un oracolo interno, né un surrogato dell’anima; è una componente di un sistema, non un’essenza senza tempo né contesto. La maturazione cerebrale, che avviene per una parte dopo la nascita (i nostri cuccioli nascono fragili e immaturi) è soggetta sia a un’impronta genetica ereditaria sia a influenze ambientali, sociali, familiari. In un intreccio inestricabile di innato e acquisito.

Nello sviluppo del linguaggio è importante il rapporto con la madre, lei scrive. Non a caso Kaspar Hauser e i “bambini lupo” cresciuti fuori dal rapporto umano non parlano. Tuttavia il bambino non è una tavoletta di cera…
Il linguaggio umano deve essersi evoluto nel genere Homo con un processo continuativo, se non vogliamo ricorrere a tesi miracolistiche o rassegnarci al mistero. Ma non abbiamo ancora modelli evoluzionistici adeguati per ricostruire questa dinamica. Anche se indizi ora vengono da ricerche di etologia cognitiva e paleoantropologia. E qui occorre distinguere tra filogenesi e ontogenesi: tra evoluzione delle specie e sviluppo individuale. Il rapporto con la madre è certo decisivo per lo sviluppo del linguaggio verbale. Ma la novità è un’altra. Anche negli studi che riguardano la filogenesi, noi sappiamo adesso che forse l’ambiente ideale per le sperimentazioni necessarie all’evoluzione del linguaggio non è stato solo il coordinamento per la caccia ma anche l’interazione tra madri e piccoli, come sostenne già anni fa Ian Tattersall e come ha scritto Dean Falk in Lingua madre. Dunque anche il linguaggio potrebbe essere legato all’allungamento dell’infanzia e dell’ adolescenza nei sapiens, che è maggiore rispetto a ciò che accade in scimpanzé e gorilla ma anche rispetto alle altre specie del genere Homo.

La fantasia, la capacità di immaginare, è specifica e originaria dell’essere umano?
Direi di sì, almeno da quanto vediamo dalla nascita del comportamento umano “cognitivamente moderno”, intorno a 40-50mila anni fa. Dopo le prime avvisaglie in Africa, l’innovazione sembra diffondersi con grande rapidità, facendo esplodere nei cacciatori raccoglitori sapiens (dall’Europa all’Australia) comportamenti del tutto inediti, cioè pitture rupestri, sepolture rituali, ornamenti, strumenti musicali, sculture, nuove tecnologie litiche. Le caratteristiche di questo cambiamento, forse portato da una popolazione di sapiens uscita dall’Africa circa 60mila anni fa (di cui conosciamo alcuni marcatori genetici), lasciano supporre che sia stata un’evoluzione culturale, più che biologica. E l’innesco di questa intelligenza simbolica potrebbe essere stato proprio il completamento del tratto vocale umano e lo sviluppo del linguaggio articolato tipicamente sapiens, con le sue proprietà ricorsive e astrattive che hanno aperto alla nostra mente nuove possibilità. Lì abbiamo imparato a inventare mondi alternativi nella nostra testa, e a condividerli con i compagni del gruppo. Ancora oggi nello sviluppo individuale, anche se spesso si fa di tutto per mortificarla, credo che la capacità di immaginare altri mondi possibili, scenari alternativi, sia il modo migliore per onorare la nostra evoluzione sapiens.
Negli studi sull’origine del linguaggio umano si parla perlopiù di linguaggio verbale e di pensiero cosciente. Ma il Big bang della nostra specie non è stata la capacità di creare immagini espressive, dalla risonanza profonda e di valore universale?
Sono d’accordo. Se verrà confermata l’ipotesi evolutiva che delineavo, il linguaggio verbale va associato a una più vasta competenza simbolica. Anch’io penso che la comparsa di segni e poi di rappresentazioni (sia realistiche che stilizzate) sia un indizio cruciale. La raffinatezza delle prime pitture rupestri e il loro contesto espositivo vanno oltre un significato sociale di valenza rituale. Sono la prova che lì è all’opera una mente umana inedita, con un rapporto nuovo con l’ambiente, capace di mescolare il ricordo vivido delle scene di caccia con una trama di messaggi simbolici condivisi dalla comunità. Senza nascondere che questa immaginazione è anche ciò che ci ha reso più espansivi e invasivi di qualsiasi altra forma umana.

 

Telmo Pievani

Uno studio apparso su Science ora spinge a retrodatare ai Neanderthal la prima arte rupestre. E c’è chi suppone una ibridazione fra Neanderthal e Sapiens. Può aver portato più varietà e capacità di risposta all’ambiente? E quale è stato il contributo della donna?
Lo studio non riguarda la scoperta diretta di arte rupestre neandertaliana, ma ipotizza una possibile associazione con popolazioni neandertaliane, quindi lo valuterei con cautela. I dati suggeriscono che il Neanderthal si stava avviando verso l’intelligenza simbolica: lo mostrano le possibili sepolture di Shanidar nel Kurdistan, l’uso di piume ornamentali nel sito di Fumane, il possibile flauto neandertaliano scoperto in Slovenia. Tuttavia, un conto è assumere questi comportamenti in modo globale e sistematico come fanno i sapiens, altro è farlo in modo occasionale. Forse era un inizio e non hanno fatto in tempo. Anche l’ibridazione tra le due specie è un modello in discussione, non tutti i genetisti ne sono convinti. Certo, scoprire che in certe fasi della nostra storia e in alcuni territori (si pensa al Medio Oriente) ci siamo accoppiati dando alla luce ibridi Sapiens/Neanderthal, capaci di procreare, è impressionante. Vorrebbe dire che nemmeno il nostro genoma è “puro”, tutto nostro, e che anche geneticamente siamo un mantello di Arlecchino con contributi diversi, che certamente ci hanno rafforzato in termini di variabilità e di difese immunitarie. Per tutte le specie, la diversità interna è una assicurazione per la vita, il combustibile di ogni cambiamento. Vale anche per le diversità di genere, che in campo evoluzionistico per fortuna sono andate ben al di là dello stereotipo dell’uomo cacciatore e della donna raccoglitrice. Dalla neotenia alle interazioni madre/figlio nello sviluppo del linguaggio, oggi l’evoluzione umana è vista senz’altro molto più “al femminile” di quanto non fosse in passato.

da left -avvenimenti

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In ricordo di Saramago, Nobel ribelle

Posted by Simona Maggiorelli su Maggio 22, 2011

 In un intenso libro intervista edito da L’Asino d’oro edizioni un ritratto dello scrittore Josè Saramago visto da vicino. E’ firmato dal giornalista e scrittore Baptista-Bastos, che con il Nobel portoghese ha condiviso la battaglia contro il fascismo di Salazar ma anche passioni letterarie e di vita.

di Simona Maggiorelli

Il Nobel Saramago

«Oltre ad essere un saggio, un erudito che manifestava una solidarietà assoluta nei confronti degli altri, José Saramago è stato uno degli uomini più liberi che ho conosciuto». Con queste parole cariche di emozione e di affetto il giornalista e scrittore portoghese Baptista-Bastos ricorda l’amico di sempre, José Saramago, al quale è stato legato anche da una comune e forte militanza politica. «Ci siamo avvicinati nel corso della lotta contro il fascismo portoghese» ricorda Baptista Bastos che al premio Nobel scomparso l’anno scorso ha appena dedicato il libro José Saramago, un ritratto appassionato ( L’Asino d’oro edizioni). «E in modo del tutto naturale – aggiunge – perché eravamo mossi da una grande complicità politica ma anche da un forte imperativo morale. I tempi, le problematiche, un’enorme affinità culturale ed etica hanno cimentato un’amicizia e un rispetto reciproco, mai sopiti».

«Tutti i miei romanzi sono politici» le dice Saramago nel libro intervista. La letteratura, per lui, era anche un esercizio di responsabilità culturali, etiche, civili?

Tutti i romanzi sono politici. Oppure riflettono malintesi politici. L’arte di Saramago rifletteva non solo le sue preoccupazioni riguardo al momento storico, ma anche l’imperativo etico ed estetico di aiutare gli altri a comprendere il mondo. Grazie a un’immaginazione potente e una creatività non comune, lui forniva gli strumenti per capire la realtà che ci circonda. Il lettore, poi, avrebbe giudicato secondo il proprio intendimento. L’arte di Saramago è un formidabile invito a una libera libertà.

Con lei Saramago torna a dirsi «comunista e scrittore». La trasformazione sociale e la sua idea di uomo nuovo, però, non erano né messianiche né meccanicistiche. Che cosa significava per lui la necessità di «rendere l’uomo più umano»?

Si diceva comunista e scrittore, non scrittore comunista. Saramago, prima di tutto, era uno scrittore; dopo veniva il resto. La preoccupazione per le strade imboccate dall’umanità gli faceva sentire l’urgenza, la necessità di affermare: «Il ventunesimo secolo sarà il secolo dell’uomo o non sarà». Apparteneva a quella immensa famiglia letteraria che, dall’antichità classica a oggi, considera preziosa l’individualità di ciascuno, senza ingabbiarla rigidamente nelle differenze.

A Torino anni fa, in un elogio di Cassandra, Saramago disse che oggi Cassandre necessarie, capaci di guardare lontano, sono gli scienziati, troppo spesso inascoltati. Ma ricordo anche che in Italia si batté al fianco di Luca Coscioni per la ricerca sulle staminali embrionali.

Ovunque si lottasse per una scienza consapevole, in ogni battaglia per il progresso della conoscenza contro ogni forma di oscurantismo (in particolare l’oscurantismo e la superstizione vaticana), lì era José Saramago. Un uomo e il suo destino, o il destino che Saramago ha voluto per se stesso, ecco la sua definizione.

Nel vostro dialogo Saramago dice che è la mente dell’uomo a creare Dio. Nel Quaderno (Bollati Boringhieri,2008) scriveva: «il pianeta sarebbe molto più pacifico se tutti fossimo atei»: Come si articolava la sua denuncia della violenza esercitata dalle religioni?

Secondo Saramago, l’uomo ha creato gli dei per superare le proprie paure. Ma l’impresa non ha prodotto che nuove paure. Saramago considerava suo compito combattere la paura, costruire forme avanzate di civiltà e solidarietà.

Tornando alla letteratura, lei rileva l’importanza che le immagini femminili hanno nella letteratura di Saramago. In che modo, a suo avviso, sono centrali?

La donna è compagna dell’uomo, non per seguirlo ma per camminare al suo fianco. E le figure femminili nell’opera dello scrittore portoghese assurgono a una dimensione potentissima, sono loro, le donne, a determinare e stimolare le grandi correnti della Storia. Tempo fa mi sono trovato a riflettere sulle somiglianze fra i personaggi femminili in Saramago e in Elio Vittorini, le «garibaldine», nel cui animo risiede tutto il coraggio del mondo.

Nei Quaderni di Lanzarote (Einaudi)-in cui lei compare fra i dedicatari- Saramago scriveva : «sono ancora uno stato di buon funzionamento, per non dire che mi sembrano del tutto intatti i doni di immaginazione e ingegno con cui sono venuto al mondo. Ora, in modo repentino ma non inaspettato, vedo aprirsi davanti a me prospettive nuove». La sua ricerca di uomo e di artista non si fermò mai?

Spesso Saramago si interrogava sull’avanzare dell’età. Lo faceva prendendo le mosse da quell’aristocrazia dello spirito molto vicina a Montaigne. L’idea di domare l’ignoto, l’oscuro, non lo abbandonava mai. Ma bisogna dire che il coraggio di Saramago era di natura morale, oltre che fisica. Credo sia stata l’unione di queste due caratteristiche a rendere lo scrittore portoghese l’uomo speciale che è stato e a permettergli di lasciarci un’opera monumentale per l’ampiezza delle sue proposte.

dal settimanale Left-Avvenimenti

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Ignazio Marino: lenti nuove per la sinistra

Posted by Simona Maggiorelli su settembre 1, 2010

Il senatore del Pd e chirur racconta al settimanale Left-avvenimenti le priorità della politica in Italia, in un impietoso confronto con l’America di Obama: la svolta Usa sulle staminali. E le ricadute sociali della ricerca. Di fronte al progresso della scienza la politica non può chiudere gli occhi. E anche nel Pd serve una svolta

di Simona Maggiorelli

Ignazio Marino

Sembrava fatta. Barack Obama pareva riuscito a far digerire a cristiani e conservatori quella che il senatore Pd Ignazio Marino definisce «una svolta epocale». Ovvero un forte investimento pubblico su un promettente settore scientifico come la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Ma per tentare di fermare i test clinici appena avviati con l’ok della Food and drug administration, le lobbies religiose Usa si sono rivolte ai tribunali. E con una sentenza di 15 pagine un giudice distrettuale, pochi giorni fa, ha disposto il blocco dei finanziamenti federali alla ricerca con embrionali, perché in contrasto con una legge del 1996 contro «la distruzione di embrioni umani».

Una sentenza che, secondo Irving Weissman, direttore dello Stanford institute for stem cell biology and rigenerative medicine, intervistato dal Los Angeles Times rischia di imporre un nuovo, duro, stop alla ricerca Usa. Di fatto il presidente Obama, che dopo la sentenza ha ribadito di non voler abbandonare questo ambito di ricerca al privato, ora ha di fronte due strade: o ricorrere in appello o rivedere le linee guida.

Convinto sostenitore di Obama, ilsenatore Marino che da chirurgo ha lavorato a lungo negli Usa, commenta: «C’era da aspettarsi una reazione negativa della parte più conservatrice del Paese. E l’eco che sta avendo sui giornali oltreoceano prova quanto là le questioni di scienza tocchino la società e facciano discutere pubblicamente». Dunque non teme una retromarcia? «Non ho elementi per dirlo, ed è tutto da valutare quanto questa sentenza di tribunale possa incidere davvero. Ma soprattutto – sottolinea Marino – c’è ancora molto da riflettere sulla straordinaria svolta avviata il 9 marzo 2009 dalla decisione di Obama di eliminare le restrizioni sulla ricerca sulle staminali embrionali, fin lì esclusa dai finanziamenti pubblici. Una decisione presa in forte discontinuità con Bush, e nata anche per non far perdere agli Usa il ruolo di leader nella ricerca »
Intanto Berlusconi millantava: batteremo il cancro!
Lo ha scritto addirittura nel suo programma di governo. Obama firmando l’atto esecutivo pronunciò ben altre parole: «Non possiamo assicurare con certezza che troveremo le cure che cerchiamo». Nessuna promessa fallace, pur avendo la consapevolezza che bisogna cercare nuove cure con urgenza per quei malati che non hanno speranza. Con decisione e senso di responsabilità dobbiamo percorrere le acque “senza mappa” della ricerca.
La ricerca con embrionali a che punto è negli Stati Uniti?
In California la Geron corporation ha fatto molti test su roditori. Ma perlopiù avevano dato risultati negativi: si erano formate come delle cisti nei punti in cui erano state iniettate staminali embrionali. Poi questa complicanza è stata superata. Da ambienti scientifici americani so che queste cellule sembrerebbero trasformarsi in cellule di supporto neurale, ovvero cellule che servono per la continuità del nostro sistema nervoso. Iniettate in giovani pazienti costretti su sedie a rotelle da un trauma alla spina dorsale dovrebbero riuscire a ripristinare la comunicazione tra i nervi. Dovrebbero permettere, cioè, il percorso del segnale nervoso attraverso il midollo spinale e dunque portare al miglioramento quando non proprio alla guarigione.
Queste ricerche hanno ricadute sociali che la politica non può eludere?
All’assemblea nazionale del Pd il 21 maggio scorso ho cercato di dirlo: un partito moderno, come forza intellettuale e di pensiero, dovrebbe avere un’attenzione specifica ai drivers del futuro, scientifici e tecnologici. Scoperte o percorsi scientifici come questo di cui stiamo parlando devono interrogarci. Così come ci devono stimolare domande e progetti come la cellula artificiale di Craig Venter. L’ho incontrato di recente, sta lavorando con l’obiettivo ambiziosissimo di costruire nuove forme di vita biologica, in particolare microrganismi capaci di metabolizzare sostanze tossiche come quelle diffuse, per esempio, da una dispersione di petrolio. E ancora: come politici in Italia dovremmo domandarci quale è la decisione giusta da prendere sulle migliaia di embrioni congelati che si trovano nelle cliniche d’infertilità e che non verranno mai utilizzati per far nascere bambini.
Che fine ha fatto la costosa biobanca per embrioni congelati dell’ex ministro della Salute, Sirchia?
Quella biobanca ebbe un finanziamento importante e doveva raccogliere a mo’ di anagrafe tutti gli embrioni congelati sparsi nelle varie cliniche. Il finanziamento  fu varato ma il progetto è rimasto sulla carta. C’è da chiedersi: è più logico, intelligente o morale lasciarli così a perdere ogni vitalità o prelevarne cellule che potrebbero, forse, permettere a pazienti oggi immobilizzati di alzarsi? è sciocco far finta che tutto questo non esista. O pensare che si tratti di un dibattito fra Washinghton e Manhattan. Sono  temi di un dibattito con caratteristiche globali, epocale. Non si potrà impedire che migliaia di malati riprendano a sperare in una cura. E sarà difficile biasimare chi vorrà continuare a lottare contro la sua malattia cercando scientificamente una terapia.
In Italia non c’è una legge che proibisca la ricerca con embrionali ma i finanziamenti pubblici vanno solo a progetti con  staminali adulte...
è una situazione  paradossale: la legge 40 impedisce agli scienziati che si occupano di embrionali di prelevarle da embrioni. Ma non gli impedisce di importarne dall’estero. è incredibile l’ipocrisia di chi ha voluto la legge 40. E lascia sbigottiti il modo di procedere del governo Berlusconi. Perché un atto o è immorale e allora non si può chiedere a un altro di compierlo per te, oppure è un atto lecito e allora deve essere consentito. Io ho cercato di dare un contributo. Ma in questa estate di occhi puntati sulle liti interne al Pdl, è passato sotto traccia. Nella legge Gelmini siamo riusciti a inserire un articolo a mia firma che permetterà di assegnare fondi pubblici alla ricerca non più su base discrezionale ma con il meccanismo internazionale della peer review. Significa che non saranno più ministri o altri a distribuire a piacimento i soldi. Le ricerche saranno valutate in base a un giudizio “fra pari”. Le commissioni giudicheranno anonimamente i progetti. Inoltre il 30 per cento dei “giudici” saranno scienziati stranieri. Insomma, la peer review porta un criterio di trasparenza che impedirà che si verifichino situazioni in cui, su base personale o ideologica, un governo o un ministero decide a chi dare o non dare i finanziamenti.
Come è accaduto in Italia.
Il Comitato nazionale di bioetica (Cnb) raccomanda di inserire la bioetica nelle scuole superiori. Ma che tipo di
insegnamento passerebbe?

Sono sbigottito di questa proposta. Il Cnb è un organismo di nomina politica, designato dal governo in carica. La laicità contenuta nella nostra Costituzione  dovrebbe essere la nostra stella polare… non vorrei che nelle scuole, viste le politiche di questo governo, si spacciassero per nozioni scientifiche giudizi di natura etica. Sarebbe sbagliato, in ogni caso, indipendentemente da chi è al governo. Al contrario è fondamentale che siano finanziati programmi che diano agli studenti la possibilità di conoscere le scoperte scientifiche, come funzionano i laboratori di ricerca e i centri avanzati che esistono in Italia nonostante i feroci tagli ai finanziamenti.  E invece ecco cosa vorrebbe finanziare il governo di centrodestra, con una legge a primo firmatario La Russa, con Meloni e Tremonti: hanno chiesto fondi per 20 milioni di euro per aumentare il contatto dei nostri giovani con le caserme, perché vi trascorrano una settimana per imparare a sparare con la pistola.
E l’opposizione?
Ecco, noi di sinistra dovremmo dire che tipo di visione immaginiamo. Io immagino un tipo di società che usi la scienza per aiutare le persone che soffrono per malattia, per rispondere a chi si trova in difficoltà sociale, per offrire energia pulita…
Insomma, a sinistra serve una decisa svolta culturale?
Una sinistra che lavora e legge il nostro pianeta con le lenti e il dizionario del secolo passato è una cultura destinata a fallire. Abbiamo bisogno di lenti nuove e forse anche di dirigenti nuovi.

da left- avvenimenti del 27 agost0 2010

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La santa ignoranza

Posted by Simona Maggiorelli su luglio 11, 2010

Un piccolo breviario. Spigolature fra gli ipse dixit vaticani. Scherzando ma non troppo

La vita. Il diritto alla vita per la vita è fra i principi non negoziabili per la Chiesa. «La vita deve essere difesa da credenti e non credenti» dice papa Ratzinger. Anche quella delle galline? chiese qualcuno opportunamente.

Sessualità. «La vita umana, dono di Dio, è da accogliere nell’intimità amorosa del matrimonio». Indi, per la Chiesa la sessualità umana come affetti, confronto di identità, dialettica fra diversi non esiste. Dovremmo solo procreare come gli animali.

Embrione. «Dio ama l’embrione, l’informe è già uomo», dice sempre il papa. Ora, la scienza dice che è un agglomerato di cellule. Ovvero un organismo solo biologico che prima di 24 o 25 settimane non ha possibilità di vita autonoma fuori dall’utero materno. Dunque, con Pannella, potremmo concludere che Dio è un bel feticista.

Aborto per la Chiesa «è assassinio». Come ha ribadito l’Evangelium vitae di Wojtyla. Con il cardinale Crescenzio Sepe che anni fa pubblicava un dossier anti aborto che parlava di «strage degli innocenti». Mentre su un sito web di Scienza e vita sedicenti psicologi farneticavano di «sindrome del boia», destino di ogni donna che abortisce. Dunque la legge 194 in Italia e tutte quelle che nell’Occidente moderno tanto caro a Ratzinger hanno legalizzato l’aborto?

Ru486. «Kill pill», «pesticida umano», secondo la sottosegretaria Roccella convertita sulla via di Damasco. «Le controversie sulla pillola hanno influito in modo immorale sul suo uso in Italia – dice l’accademico delle scienze Etienne Baulieu, padre della Ru486 – milioni di donne se ne servono e l’esperienza è positiva ovunque». E poi aggiunge opponendo alla morale cattolica la deontologia scientifica: «I medici sono tenuti a far soffrire i pazienti il meno possibile e non è morale che si impedisca l’uso dei farmaci che migliorano la salute della donna».

Pillola del giorno dopo. Il capo di Stato vaticano, come sempre fa, interviene a gamba tesa nelle questioni dello Stato italiano e raccomanda ai farmacisti l’obiezione di coscienza. Berlusconi arma la Roccella che antiscientificamente ne parla come di un farmaco abortivo. Ma se il governo davvero vuole evitare gli aborti, perché non ne fa un farmaco da banco?

Ricerca. «La scienza non minacci l’umanità», dice Ratzinger. La medicina sarebbe artificio e dunque “male”, la natura, di per sé “bene”. Ma anche i tumori esistono in natura. Lui, nel caso, non si curerebbe?

Eugenetica. Selezionare embrioni prima dell’impianto per avere figli liberi da malattie incurabili, per Benedetto XVI sarebbe eugenetica. Qualcuno gli spieghi che è per avere figli sani e non per il miglioramento della razza tanto agognato dai nazisti che frequentava in gioventù.

Deliri di reconquista. Facendo sempre meno presa sull’opinione pubblica, alle soglie del nuovo millennio la Chiesa decide di lanciarsi nella «reconquista». E in un progetto di «ricristianizzazione dell’Europa». Partendo dall’Italia. Come si legge nel pamphlet Contro Ratzinger (Isbn), il Vaticano convocò «un gruppo di intellettuali italiani terrorizzati dai tempi e convinti, heideggerianamente, che soltanto un dio potesse salvarli. L’idea era semplice. Per sottrarre l’Europa alla decadenza occorreva stabilire per via democratica il suo fondamento divino». Ma cascano male. E per lanciare il suo «progetto culturale» il cardinal Ruini deve affidarsi a Marcello Pera. Così le radici cristiane dell’Europa sono andate, opportunamente, a farsi benedire.

To be continued… su creazionismo, disegno intelligente, rinnovati roghi di Bruno e retroattivi per Darwin, fine vita, alienazione religiosa…
s.m.

da left-avvenimenti del 9 luglio 2010

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I pronipoti di Cartesio

Posted by Simona Maggiorelli su giugno 26, 2010

I neuroscienziati s’interrogano su mente- corpo e sul libero arbitrio. Ma se per loro il cervello  è una macchina, dov’è  l’autonomia di scelta?

di Simona Maggiorelli

Il libro Che cosa sono io.(Garzanti) il neurologo dell’università di Zurigo Arnaldo Benini traccia un quadro articolato e, per molti versi anche critico, degli assunti delle neuroscienze. Per esempio, con il Nobel Eric Kandel, registra i rischi di «riduzionismo». E con il filosofo Daniel Dennett, considera il fatto che se i neuroscienziati «non avvertono i limiti del loro lavoro corrono il rischio non solo di porsi le domande sbagliate ma anche di interpretare in modo scorretto i risultati degli esperimenti». Ma non solo. «Le neuroscienze – scrive Benini – descrivono per esempio come uno stimolo luminoso raggiunge la corteccia cerebrale visiva ma non spiegano, neppure in maniera approssimativa, come lo stimolo diventi cosciente. Identificano quali aree del cervello sono attive quando si è indignati o bendisposti ma la realtà di quegli stati d’animo e le cause rimangono oscure». Di fatto, mentre una parte delle neuroscienze oggi propone un approccio euristico all’attività mentale, vista in modo globale e non solo in termini meccanicistici, l’ala che sembra andare per la maggiore sui media è, invece, quella di radice positivista e ottocentesca che cerca le cosiddette locazioni, ovvero le aree del cervello presunte sedi delle nostre emozioni .
Prof. Benini, a partire da Cartesio le neuroscienze, in modo riduzionistico, tentano una spiegazione del rapporto mente-corpo e di quello connesso del libero arbitrio. Con quali risultati?
La risposta delle neuroscienze cognitive è semplice nella formulazione e tremendamente complicata nella realtà. Per esse la res extensa, cioè i corpi, compreso quello umano e il cervello, e la res cogitans, cioè la mente, sono organizzazioni diverse della stessa materia. Se il dualismo cartesiano spiegava la differenza fra attività mentale e mondo fisico come regioni ontologiche diverse, lasciava insoluto il problema di come le due regioni entrassero in contatto. Cartesio rispose alla domanda nel modo speculativo prenaturalistico: la regione dell’incontro nel cervello deve essere senza duplicato, perché una e una sola è la res cogitans, che per lui era l’anima. Credette di aver trovato la soluzione nella piccola ghiandola pineale, unica e posta nel mezzo del cervello. Lì anima e corpo si incontrano, lì il corpo trasmette all’anima le sensazioni degli organi di senso. Dio era il creatore e il garante del funzionamento dell’ingegnoso meccanismo.
Ma per Cartesio l’anima, propria degli uomini e degli angeli, non era soggetta alle leggi di natura…
E non era il prodotto del meccanismo deterministico del grande orologio che era il corpo (che, come Gurdulù nel Cavaliere inesistente di Calvino, non sapeva di esserci). Essa era la matrice del pensiero, libera da ogni condizionamento e immortale (sapeva di esserci, come il cavaliere del racconto, ma dov’era mai?). La libertà della mente comporta la responsabilità di ciò che si fa. L’etica ancora oggi si basa sul principio che l’uomo, essendo libero di scegliere, è responsabile. Ciò è possibile solo nel contesto del dualismo che considera la mente libera da ogni condizionamento. Le neuroscienze, avendo ridotto l’anima alla materia del cervello, hanno risolto il problema del rapporto fra mente e corpo ma pongono un dilemma: com’è possibile che il cervello, macchina che lavora elettrochimicamente, produca l’immaterialità della “vita spirituale”? Se la mente è il prodotto di una macchina l’uomo è responsabile? O non è piuttosto il cervello che decide in base a suoi algoritmi? Il libero arbitrio sarebbe illusione. Non facciamo quel che vogliamo ma vogliamo quel che facciamo.
Tanto che un neurobiologo tedesco ha detto che il libero arbitrio e la responsabilità sono illusioni tenaci, assurde e spesso crudeli.
A commettere delitti sarebbero persone col cervello malato, e più efferato è il delitto, più ammalato e più bisognoso di cure – e non di prigione – è il cervello. Pur non avendo alcun dubbio sull’origine materiale della vita mentale, andrei cauto a prendere posizioni così radicali. In realtà oggi, pur avendo a disposizione una mole immensa di dati, non abbiamo alcuna idea di cosa la coscienza (o meglio, l’autocoscienza) sia e come essa venga prodotta dalla materia gelatinosa del cervello. Riusciremo mai a capirlo? Il dubbio è lecito, se è vero che le neuroscienze sono il prodotto del lavoro dei meccanismi cognitivi del cervello che, oltre a studiare il mondo, cercano di capire se stessi. Non è certo che una tale circolarità di cervello, che indaga ed è indagato, possa riuscire. Oggi c’è chi pensa che la memoria sia dovuta alle sinapsi che collegano i neuroni. L’ipotesi è avvalorata da molti dati. Ma come spiegare che alcune sinapsi conservano il ricordo di mia madre che faceva una spettacolosa marmellata e altre l’elenco dei verbi irregolari inglesi? È probabile che l’autocoscienza e anche il problema di quanto l’arbitrio sia libero, siano destinati a rimanere senza risposta.
Lei dice che la poesia non obbedisce a uno scopo evoluzionistico come attività umana priva di fine utilitaristico e di sopravvivenza. Non crede che la dimensione estetica sia un modo con cui si manifesta la nostra dimensione irrazionale e non cosciente, che anche le neuroscienze dicono essere preponderante nelle nostre scelte?
Perché poesia, musica e pittura dovrebbero essere l’espressione della dimensione irrazionale e non cosciente dell’uomo? La musica esprime ciò che dell’animo umano è inesprimibile a parole, ma siamo ben consapevoli di quel che proviamo ascoltandola. Quello stato d’animo può diventare una parte essenziale della vita. Quel che sembra preponderante nelle scelte è il momento affettivo ed emotivo, prodotto del protocervello, del sistema libico. La ragione, cioè le aree prefrontali, interverrebbero per razionalizzare la scelta. L’autocoscienza, che è capacità solo dell’uomo, cioè del suo cervello, di porre sé stesso a oggetto della propria riflessione, ha indagato e poi capito che dentro di sé si muovono momenti inconsci. Qual è il meccanismo di partenza? Recenti studi sembrano dimostrare che il cervello si mette in attività ben 10 secondi prima del momento in cui la nostra autocoscienza crede di avere fatto essa, autonomamente, una scelta. Anche qui occorre arrendersi all’impossibilità di capire i meccanismi fondamentali dell’autocoscienza. Già uno dei fondatori della neuroscienze proclamava, nell’Ottocento, che circa il problema mente-cervello noi ignorabimus.

La mente in festival

Dopo le presentazioni del libro Che cosa sono io  (Garzanti) al Salone del libro di Torino e al Caffè letterario di Ravenna, altri appuntamenti attendono Arnaldo Benini in autunno. Nel frattempo, a luglio, il filo del dibattito pubblico sulle neuroscienze, con Edoardo Boncinelli, passa per il Ravello festival 2010, dedicato alla follia. E per il Festival della mente di Sarzana dal 3 al 5 settembre. Ma di neuroscienze si parlerà anche a margine del Festivalfilosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, che per il suo decennale ha scelto la dea bendata come immagine guida. è la “fortuna”, infatti, la parola chiave della prossima edizione in programma dal 17 al 19 settembre. Il festival, che lo scorso anno ha registrato oltre 150mila presenze, vedrà  tra i protagonisti Roberto Esposito, Massimo Cacciari,  Carlo Galli, Salvatore Natoli, Michela Marzano, Piero Coda, Marcello Veneziani, Sergio Givone, Enzo Bianchi, Elena Esposito e Remo Bodei, supervisore scientifico del festival. Molti anche i filosofi stranieri, da ogni parte del mondo: tra loro, i francesi Jean-Luc Nancy, Jean Pierre Dupuy, Francois Jullien e Marc Augé, i tedeschi Peter Sloterdijk, Jürgen Moltmann e Gerd Gigerenzer, l’americano Niles Eldredge e due sociologi che hanno trovato asilo in Gran Bretagna: il polacco Zygmunt Bauman e l’ungherese Frank Furedi.

Simona Maggiorelli

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Riaprono le stanze di Tobino a Maggiano

Posted by Simona Maggiorelli su Maggio 10, 2010

Mario Monicelli e Silvia  Ballestra inaugurano l’ex manicomio restaurato. E nel centenario dello scrittore escono inediti e studi
di Simona Maggiorelli

Mario Tobino

«La mia vita è qui, nel manicomio di Lucca. Qui si snodano i miei sentimenti. Qui sincero mi manifesto. Qui vedo albe, tramonti e il tempo scorre nella mia attenzione. Dentro una stanza del manicomio studio gli uomini e li amo… Qui, fino a questo momento sono ritornato…», annotava Mario Tobino ne Le libere donne di Magliano (Vallecchi, 1953). Venerdì 11 giugno, in una giornata di studi a Maggiano, a cui partecipano il regista Mario Monicelli e gli scrittori Ballestra e Maggiani, riapriranno proprio quelle “sue stanze” nell’ex manicomio dove visse per quarant’ anni.

Ma in questo 2010 in cui si festeggia il centenario della sua nascita si segnalano anche iniziative editoriali che aiutano a rileggere nella giusta luce il suo lavoro di medico e di letterato. A cominciare dalla presentazione, il 10 giugno al Vieusseux di Firenze, del volume Mario Tobino bibliografia testuale e critica (1910-1991) che raccoglie tutti i suoi scritti giornalistici per arrivare poi al recupero dei diari e alla pubblicazione di alcuni inediti in un’edizione allargata del Meridiano Mondadori. Ma presto lavoreranno a pieno ritmo anche il museo e il centro studi tobiniani.

«Un ampio progetto, insomma, per riportare l’attenzione su un autore che sfugge alle classificazioni, alle scuole e che, per esempio, con Il clandestino ci ha dato uno dei libri più intensi sulla Resistenza» dice Andrea Tagliasacchi della Fondazione Tobino. Ma sarà interessante anche ripercorrere il suo ruolo di testimone attento e critico di ciò che accadeva nei manicomi in Italia. «Sul piano scientifico, va detto, il suo contributo come psichiatra è stato praticamente nullo» avverte lo psichiatra e psicoterapeuta Andrea Piazzi, che con altri colleghi sta lavorando a una nuova storia della psichiatria, di cui alcuni contenuti sono già stati pubblicati sulla rivista scientifica Il sogno della farfalla. «Ma – aggiunge – Tobino è stato il rappresentante di una psichiatria ospedaliera che cercava di umanizzare il manicomio, senza cadere nei “sociologismi dei basagliani”, come li chiamava lui, e anti istituzionali. E ne ha pagato duramente le conseguenze: lo hanno attaccato in modo scandaloso».

Tobino criticò la cosiddetta legge Basaglia? «L’accusava di aver provocato dimissioni indiscriminate causando circa duemila morti fra i pazienti che erano stati fatti uscire senza le dovute attenzioni – ricostruisce Piazzi -. Il suo ruolo di scrittore fu importante nel testimoniare cosa accadde dopo il varo della 180. Ma già negli anni Cinquanta e Sessanta – aggiunge lo psichiatra – erano stati i suoi libri a denunciare ciò che succedeva negli ospedali psichiatrici. Tobino era fra quelli che volevano un cambiamento ma non una chiusura degli ospedali, perché tanti pazienti non avrebbero potuto avere una vita normale». Così come era contrario a una somministrazione di psicofarmaci in assenza di una “psicoterapia”. «Scrisse che la novità degli psicofarmaci non aveva portato i risultati sperati ma – ribadisce Piazzi – sul piano strettamente scientifico non apportò contributi significativi, limitandosi a gestire l’esistente. Certo, Tobino era stato partigiano, era un libertario, non aveva un atteggiamento sadico verso i pazienti, da “custodialista” e basta. Aveva interesse per loro. I reparti allora non erano però organizzati in base a diagnosi mediche ma sul comportamento dei pazienti (agitati, più calmi ecc). Da questo punto di vista, Tobino non cambiò niente. Anche perché lui preferiva leggere Dante…». Resta che, a differenza di Basaglia, non arrivò a dire che la malattia mentale non esiste. Anzi – conclude Piazzi – criticò aspramente il movimento antistituzionale che credeva che al malato bastasse uscire dal manicomio per tornare sano. In conclusione, credo che oggi sarebbe utile una lettura di Tobino libera da quell’acredine che i basagliani gli rivolsero contro. Per averne una visione più vera. Un pensiero stupido, comune, di esaltazione acritica di Basaglia, di fatto, ha oscurato il personaggio Tobino».

da left-avvenimenti del 4 giugno 2010

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