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Diieci anni di legge 40. La rivolta dei cittadini contro lo Stato etico

Posted by Simona Maggiorelli su febbraio 18, 2014

paradiso-legge40Antiscientifica e discriminatoria, la Legge 40 sulla fecondazione assistita è andata a processo 28 volte. I cittadini la contestano ricorrendo ai tribunali. Ma la politica è sorda

di Simona Maggiorelli

In dieci anni è finita alla sbarra ben 28 volte. Grazie al coraggio di cittadini che hanno deciso di ricorrere ai tribunali per far valere il proprio diritto di accesso a tecniche mediche e per difendere la propria libertà di scelta riguardo alla propria vita sessuale e affettiva. Il testo della legge italiana sulla fecondazione medicalmente assistita (Pma), così come fu firmato il 19 febbraio del 2004, contiene una serie di divieti discriminatori e si basa su assunti antiscientifici come l’equivalenza fra embrione, feto e bambino, ricorrendo a termini vaghi come «concepito». Da allora il lavoro instancabile di associazioni che riuniscono coppie infertili o portatrici di malattie genetiche, con l’aiuto di avvocati come Filomena Gallo, ha prodotto importanti risultati, riuscendo a far cancellare intere parti della norma come la crudele imposizione di trasferimento in utero di tutti e tre gli embrioni (anche se malati) prodotti con la Pma. Anno dopo anno, una lunga serie di sentenze e di pronunciamenti della Corte Costituzionale e uno in particolare della Corte europea di Strasburgo hanno definito la Legge 40 lesiva dei diritti delle donne, pericolosa per la loro salute e in contrasto con la Carta europea dei diritti dell’uomo. L’8 aprile prossimo, come è noto, la Consulta dovrà pronunciarsi di nuovo sulla norma, dopo che il tribunale di Roma ha sollevato un dubbio di legittimità costituzionale riguardo al divieto di accesso alla Pma per le coppie fertili portatrici di malattie genetiche. «Non si può prevedere come risponderà la Corte. Ma penso che ci siano buone possibilità che consideri discriminatorio il divieto di accesso alle tecniche da parte di coppie fertili che non riescono a portare a termine una gravidanza o sarebbero costrette a veder morire il proprio figlio nell’arco di pochi anni per malattie ad oggi incurabili», dice Filomena Gallo che, in qualità di segretario dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca, con il tesoriere Marco Cappato, ha scritto una lettera aperta ai giornali per avviare un pubblico dibattito su questo grande tema della Legge 40. Che, dopo la campagna di disinformazione pilotata dalla Conferenza episcopale italiana all’epoca del referendum del 2005, per lo più è caduto nel silenzio. «Si potrebbe così compensare quanto accaduto in questi anni in termini di conoscenza» scrivono Gallo e Cappato, riportando i dati del Centro di ascolto di informazione radio-televisiva. Da cui risulta, per esempio, che nel 2012 le trasmissioni tv che hanno toccato il tema della Pma sono state pari allo 0,001% del totale. Mentre nei Tg di due anni fa troviamo il tema, in media, una volta ogni 184 edizioni, per un totale di 1 ora e 25 minuti, pari allo 0,02% del totale delle notizie. E questo nonostante si tratti di una legge che ha importanti ripercussioni sulla scienza, dal momento che vieta di produrre embrioni per la ricerca, ma anche di usare a questo scopo quelli abbandonati. Ipocritamente permettendo ai ricercatori solo di lavorare su linee cellulari acquistate all’estero. Ma soprattutto parliamo di una legge antiscientifica che, come ha scritto la Corte di Strasburgo, confonde feto e bambino. Nonché basata su un pregiudizio razzista, dato che vieta l’eterologa come se la paternità o la maternità fossero solo un fatto biologico e genetico. E ancora: parliamo di una norma – non ci stancheremo mai di ripeterlo – che dà allo Stato la possibilità di intromettersi pesantemente nella vita privata delle persone, negando il loro pieno diritto di decidere se e quando avere figli. Di una norma che attacca l’identità femminile e il rapporto fra uomo e donna. E che mette a rischio la salute delle donne, vietando la diagnosi genetica preimpianto e costringendole poi a ricorrere all’aborto terapeutico se il feto è malato. «Non ci dobbiamo dimenticare in quale contesto politico fu varata la 40 del 2004 e come la difesero esponenti cattolici come Francesco Rutelli e Dorina Bianchi» commenta Filomena Gallo. E aggiunge: «Se si emanano divieti di quella portata significa che c’è un bene da tutelare. Ma nella norma non è identificato. Perché non viene chiarito cosa è il “concepito” e cosa è l’embrione. Con la Legge 40 hanno voluto introdurre dei reati che, a veder bene, corrispondono a precetti religiosi cattolici. E questo – sottolinea l’avvocato Gallo – è inammissibile in una democrazia». In Parlamento, va ricordato, il varo della Legge 40 fu possibile grazie a un accordo trasversale fra cattolici che sedevano nei banchi della destra come della sinistra. «Quando i Radicali nel 2005 proposero il quesito unico di abrogazione della norma per intero, riuscirono a coinvolgere anche la sinistra – dice il segretario dell’Associazione Coscioni -. L’allora segretario del Pd Fassino, in un primo momento, dichiarò che si poteva rivedere la Legge 40. E, dopo il disegno di legge firmato Amato, molti altri sono stati i Ddl per modificare la norma depositati in Parlamento, ma non sono mai stati calendarizzati per la discussione». Nonostante analisi puntuali come l’annuale Rapporto sulla secolarizzazione della società italiana stilato da Critica liberale con Cgil nuovi diritti documentino la costante crescita dello iato fra i comportamenti imposti dai dogmi cattolici e la vita reale degli italiani. La nuova edizione della ricerca, presentata nei giorni scorsi da Enzo Marzo, mostra chiaramente come sia cambiato anche il modo di vivere la genitorialità, affrontata come «una scelta sempre più consapevole», con un crescente ricorso alle misure anticoncezionali. La percentuale delle donne che prendono la pillola, per esempio, è passata dal 10,3% nel 1992 al 18,9% nel 2004. Attraverso centri per la difesa della vita e con attivisti nei consultori, la Chiesa «tenta di porre un freno a tutti questi cambiamenti, soprattutto riguardo alle scelte in materia di procreazione», si legge nel Rapporto. Interessanti sono anche i dati che riguardano l’aborto. E le differenze che emergono fra nord a sud. Se per esempio il tasso di abortività è del 9,5 % in Piemonte e del 9,1 in Toscana è solo il 6,5 in Sicilia. Questo perché in Sicilia il tasso di medici obiettori è dell’81 % contro il 66 % di Piemonte e Toscana. Altrettanto grandi sono le differenze nell’uso delle pillola Ru 486 per indurre l’aborto, usata nel 13 per cento degli aborti in Piemonte, nel 9 % in Toscana e solo pari al 6,5 % in Sicilia, come rileva Silvia Sansonetti ricercatrice della Fondazione Giacomo Brodolini. Per quanto riguarda le scelte etiche, infine, i matrimoni civili sono stati il 56 per cento nel 2011 in Toscana il 48,9 in Piemonte e solo il 24 % in Sicilia. Ma se la società italiana è sempre più secolarizzata e gli stessi cattolici (come risulta da una recente ricerca Univision), si dicono, per esempio, a favore della fecondazione assistita, la classe politica italiana resta perlopiù sorda.«Destra e sinistra hanno pari responsabilità nel voler mantenere questa legge – ribadisce Filomena Gallo -. Ma i cittadini , ricorrendo ai tribunali, hanno dimostrato che esistono norme che, insieme alla Costituzione, tutelano i diritti. E singoli cittadini hanno cercato di affermarli in ogni sede. Ciò che appare evidente ora – conclude Gallo – è il distacco della società civile dalla politica legata alle convenienze di potere»

 dal settimanale Left-avvenimenti

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Un ricorso inconcepibile

Posted by Simona Maggiorelli su settembre 20, 2012

La Legge 40 sulla fecondazione assistita viola i diritti dell’uomo. Lo ha stabilito una sentenza della Corte europea di Strasburgo. Ma il governo vuole ricorrere. Sui diritti civili cresce il distacco tra il Paese reale e l’attuale classe politica 

di Simona Maggiorelli

fecondazione assistita

La sentenza della Corte europea di Strasburgo parla chiaro: la Legge 40 sulla fecondazione assistita viola la Carta dei diritti dell’uomo.

Lo fa intromettendosi nel privato dei cittadini con norme da Stato etico, che impediscono a coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche di avere accesso alla diagnosi preimpianto per avere un figlio sano.

Lo fa nell’articolato ricorrendo a un termine generico come «concepito» che apre il campo a una anti scientifica confusione fra feto e neonato. Entrando così in contrasto con la chiara gerarchia fra diritti della donna e feto stabilita dalla 194 sull’aborto, una legge che la Consulta ha definito a «rilevanza costituzionale». Ma il premier Monti che si batte perché l’Italia non esca dell’Euro e dall’Europa dei mercati, evidentemente, non ha altrettanto a cuore che il nostro Paese sia pienamente europeo anche dal punto di vista della tutela dei diritti umani.

Altrimenti perché il ministro della Salute Renato Balduzzi avrebbe annunciato l’intenzione di ricorrere contro la sentenza di Strasburgo? Peraltro in maniera alquanto precipitosa e irrituale, dopo l’annuncio spiegando le sue ragioni dalle frequenze di Radio Vaticana, subito dopo che il cardinal Bagnasco aveva attaccato i giudici di Strasburgo accusandoli di ingerenze negli affari italiani (da quale pulpito) e di aver scavalcato la nostra magistratura. Forse Bagnasco non sa della sfilza di sentenze pronunciate nei tribunali italiani a favore di coppie che,  per ragioni di salute,  chiedevano di poter contravvenire ai medievali diktat della Legge 40?

Ignazio Marino

Sentenze che anticipavano quella dei giudici di Strasburgo, e perfettamente in linea con essa, pur non facendo giurisprudenza (la sentenza della Corte europea, invece, è fonte primaria). Incurante di tutto questo il ministro Balduzzi continua a parlare di «questioni di legittimità giuridica da verificare», di non meglio precisate questioni tecniche, rispolverando espressioni inaccettabili come «stato giuridico dell’embrione» che non sentivamo più dai tempi delle crociate dell’onorevole Paola Binetti e dei cattolici di vari schieramenti per imporre la Legge 40. Fra le forze che sostengono il governo Monti solo i Radicali hanno manifestato un chiaro dissenso. E un partito di centrosinistra come il Pd come la pensa?

Nelle settimane scorse colpiva il silenzio assordante del segretario Pier Luigi Bersani. Nel libro intervista Per una buona ragione uscito nel 2011 (Laterza, a cura di Sardo e Gotor) dichiarava di aver votato sì all’eterologa e affermava che «la Legge 40 ha mostrato delle incongruenze di ordine logico e morale che per fortuna la giurisprudenza sta correggendo con sentenze equilibrate». Dalla festa di Bologna qualche giorno fa, invece, dopo aver accennato al fatto che «questa sentenza della Corte europea dovrebbe essere l’occasione per la rivisitazione della Legge 40 secondo due o tre punti», in linea con il ministro Balduzzi, Bersani ha dichiarato che «questa sentenza contiene aspetti tecnici che il governo deve valutare al di là del merito della Legge 40». Una affermazione quanto meno contraddittoria, e che lascia trasparire un certo disagio nel trattare temi che riguardano i diritti civili e la bioetica. Impressione che trova conferma nella totale assenza di questi temi dai dibattiti delle feste del Pd di queste settimane cruciali per siglare l’accordo con l’Udc di Casini.

Disagio che abbiamo toccato con mano anche quando, nel classico “giro di opinioni” per questa storia di copertina, esponenti di primo piano di area cattolica del Pd hanno preferito non parlare, adducendo motivazioni del genere: «Ora ho la testa da una parte», oppure «Non ho ancora avuto il tempo di leggere la sentenza» e via di questo passo. Qualcuno è stato più onesto, ammettendo che  «é meglio far passare questo momento di buriana nel partito» prima di affrontare tematiche cosiddette eticamente sensibili.

Pierluigi Bersani

E in chi scrive torna alla memoria il cerchiobottismo dell’allora segretario del Pd Piero Fassino che, pur schierandosi a favore del referendum sulla Legge 40, non impegnò davvero il suo partito nella battaglia referendaria, che dopo la bocciatura del quesito unico abrogativo della legge (proposto dai Radicali), esigeva una campagna di informazione capillare per spiegare quei quattro contorti e troppo tecnici  quesiti agli italiani che intanto la Cei  e il Governo Berlusconi invitano ad” andare al mare” . Ma forse merita anche ricordare qui che fu proprio Fassino a proporre il voto a scrutinio segreto sulla Legge 40 imposta dal centrodestra e che il gruppo della Margherita votò in modo compatto. (fra loro molti parlamentari che oggi militano nel Pd). Tempi lontani? Speriamo, insieme alle coppie che soffrono i divieti della legge 40 e ai tanti malati che hanno bisogno  di quella ricerca che la norma contribuisce a bloccare in Italia. Intanto però Bersani, sempre a margine della festa di Bologna, ventilava la possibilità «che il governo possa decidere di acquisire pareri in Parlamento prima di presentare ricorso contro la sentenza della Corte europea», con lo stesso meccanismo delle audizioni che all’epoca della discussione parlamentare sulla Legge 40 furono tantissime e contrarie alla norma, ma alla fine non furono tenute in nessuna considerazione.

Intanto, mentre l’Idv stigmatizza la legge sulla  fecondazione assistita  come incostituzionale e Sel auspica una sua riscrittura, si fa sentire il disagio anche all’interno del Pd, da parte di esponenti dell’ala laica che nel 2004 e 2005 si batterono contro la Legge 40.

Fra i cattolici del Pd, invece, solo la voce del senatore e chirurgo Ignazio Marino si leva con forza e chiarezza: «La Legge 40, palesemente, è stata scritta senza tener conto delle conoscenze scientifiche attuali, senza considerare le tecniche mediche avanzate che sono utilizzate in altri Paesi e, tanto meno, le difficoltà e le sofferenze delle coppie non fertili o portatrici di gravi malattie genetiche e di quei malati che sperano nelle ricerche sulle staminali embrionali che la Legge 40 sta bloccando» ribadisce con passione il presidente della Commissione d’inchiesta sul Sistema sanitario nazionale. «Sarebbe saggio che il governo Monti si astenesse dal ricorso contro la sentenza della Corte europea e dal prendere una posizione che è evidentemente una decisione politica e non tecnica. Sarebbe opportuno accettare questa ennesima sentenza. Del resto – prosegue Marino – le sentenze sono ormai quasi una ventina e la magistratura ha dimostrato che  molte parti della Legge 40 sono incoerenti, ingiuste, contro la scienza e contro i principi di una costituzione repubblicana e laica. Insomma la soluzione non può che essere una: quella sentenza va del tutto riscritta». «Lo dico – precisa il senatore Pd – con grande rispetto del presidente del Consiglio. Nonostante in alcune occasioni non abbia votato la fiducia al governo, prendendo posizione diversamente dal mio partito, penso che stia svolgendo un compito difficile e importante, ma qui stiamo parlando di una legge che così come era, prima dell’intervento dei tribunali, esercitava un a violenza inaudita sulle donne perché, a prescindere dalla loro età e condizione di salute, imponeva l’impianto contemporaneo di tre embrioni. Ora – sottolinea Marino – si può essere credenti o non credenti, si possono avere idee diverse, ma la differenza vera è fra pensanti e non pensanti, perché solo i non pensanti possono scrivere che l’impianto di tre embrioni in una donna di 20 anni sia lo stesso che in una di 42.  La legge è così incoerente che impedisce la diagnosi obbligando la donna, che scopre poi con l’amniocentesi di avere in grembo un feto affetto da una malattia genetica gravissima a ricorrere all’aborto. Una legge così assurda da imporre che le cellule staminali embrionali abbandonate non possano essere usate a fini di ricerca. Un legislatore in uno Stato laico non impone principi etici». Per giunta principi “etici” fondati su diktat vaticani. E che anche un uomo di Chiesa come il cardinal Martini rifiutava. Basta andare a rileggersi quel Credere e conoscere (Einaudi, 2012) che il Cardinale da poco scomparso ha scritto con Ignazio Marino.

Un volume in cui Martini avanza proposte come dare gli embrioni abbandonati alle donne single e apre alla ricerca sulle staminali, si dice contro l’accanimento terapeutico e afferma che non si può ignorare il progresso della scienza. «La storia insegna – scriveva Martini – come la chiusura aprioristica della Chiesa, e delle religioni in genere, di fronte a inevitabili cambiamenti legati al progresso della scienza e della tecnica non sia mai stata di grande utilità. Galileo docet». Parole che dovrebbero servire anche a rassicurare i cattolici del Pd. E il segretario del partito, fin troppo preso dalla questione delle alleanze. «Bersani dovrebbe dire ciò che realmente pensa, io credo che lui non sia d’accordo con la Legge 40, ma qualcosa potrà cambiare solo quando il Pd comincerà a praticare l’esercizio di affermare sì e no chiari», commenta Marino. E aggiunge: «In questo momento molte attenzioni all’interno del Pd sono rivolte alla somma matematica di alcune centinaia di migliaia di elettori che può portare un insieme di piccole formazioni. Ma quel calcolo per tornare al potere a me, Ignazio Marino, non interessa. Mi interessa modernizzare il Paese. Per questo bisogna avere idee chiare, pronunciarle a voce alta e vedere se esiste una maggioranza a sostegno di quelle idee». Anche perché i cittadini, il Paese reale, su questioni di diritti civili e che toccano la vita di tutti sembrano molto più avanti della classe politica che governa. «Andando in giro per l’Italia e incontrando tante persone – dice Marino – questo fatto è macroscopico. Ma colgo anche un certo senso di rassegnazione verso questa classe politica che non mostra segni di cambiamento. Anche per questo – conclude il senatore Pd – mi auguro che il governo non voglia perdere un pezzo di credibilità e autorevolezza facendosi trascinare in una battaglia di retroguardia in difesa di una delle leggi più ottuse e violente d’Europa». Per riaccendere il dibattito pubblico, superando questa fase di immobilismo, secondo il Radicale Marco Cappato «basterebbe un po’ di democrazia e di conoscenza, cioè qualche confronto televisivo davanti a milioni di persone. A quel punto – dice – Bersani non potrebbe permettersi di continuare ad operare contro la volontà del novanta per cento dei suoi elettori». E non si tratta solo di un discorso astratto. A Milano il Radicale Marco Cappato sta raccogliendo firme per sgretolare l’opposizione del vicesindaco Pd all’istituzione di un registro comunale per il testamento biologico approvata dal sindaco Pisapia. «Anche in questo caso, se la decisione sarà presa coinvolgendo i cittadini- conclude Cappato – l’opposizione del vicesindaco non basterà a bloccare una misura minima di civiltà. Proprio per impedire che la discussione sia relegata alle manovre di Palazzo abbiamo raccolto 6mila firme su una proposta di delibera di iniziativa popolare sul tema, che dovrà essere esaminata dal Consiglio entro l’anno».

da left-avvenimenti del l’8 -14 settembre

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La Ue blocca la ricerca sulle staminali embrionali

Posted by Simona Maggiorelli su settembre 20, 2012

Tredici premi Nobel e oltre duecento scienzati ( fra cui Elena Cattaneo e Margherita Hack) firmano l’appello della associazione Luca Coscioni perché il Parlamento europeo non blocchi la ricerca in uno degli ambiti più promettenti della ricerca biomedica

 

di Simona Maggiorelli

 

staminali embrionali

ll genetista e premio Nobel 2007 per la medicina Mario Capecchi, insieme ad altri 12 premi Nobel, e con più di 200 scienziati di fama internazionale (tra cui Elena Cattaneo e Margherita Hack) fa firmato l’appello lanciato dall’Associazione Luca Coscioni in difesa della ricerca sulle staminali embrionali. Che anche in Europa rischia di non essere più finanziata. Come di fatto già accade in Italia dove i soldi pubblici destinati alla ricerca sulle staminali premiano solo ricerche sulle staminali adulte. Come vuole il Vaticano.
In queste settimane l’Unione Europea (Ue) si prepara a varare l’ ottavo programma quadro per la ricerca, che andrà in votazione ad ottobre. Ma in questa Europa in crisi che vede il prevalere di politiche di destra lo scenario che si prospetta non è dei più rosei per un ambito di ricerca come quello delle embrionali, che gli esperti considerano il più promettente per lo sviluppo di una medicina rigenerativa che in futuro potrebbe riuscire a “ricreare” organi gravemente lesi. Ma anche il più osteggiato da partiti di ispirazione cristiana, e cattolica in particolare, che considerano sacro l’embrione. «Nel Parlamento europeo la maggioranza è politicamente conservatrice, e le forze politiche sono sempre più nazionaliste: un doppio pericolo per chi ritiene che i principi di libertà debbano far parte delle ragioni costitutive dell’Europa» denuncia Marco Cappato, ex Parlamentare europeo per i Radicali Italiani e dirigente dell’Associazione Luca Coscioni.

Marco Cappato

Un segnale molto preoccupante per la libertà di ricerca lo si è potuto già leggere nella sentenza della Corte europea (stimolata da un ricorso di Greenpeace) che vieta la brevettabilità di risultati di ricerche fatte con embrionali. Una sentenza che ha già avuto concreti e gravi riverberi anche in Italia, quando nei mesi scorsi un giudice di Spoleto l’ha usata per tentare di sollevare un dubbio di costituzionalità sulla legge 194.

La Consulta, come è noto, il 22 giugno scorso gli ha dato torto. Ma fa riflettere che forze di area Verde attacchino strenuamente la ricerca scientifica in nome di una difesa ad oltranza della “natura”, da loro punto di vista niente affatto matrigna come diceva Leopardi, ma sempre buona in quanto tale (dunque anche un tumore?) demonizzando la tecnica. «La natura umana è ormai anche antropologicamente un prodotto della storia; chi vuole separare ciò che è naturale da ciò che è artificiale compie uno sforzo immane e, soprattutto, inutile – commenta Cappato -. Sia la tecnica che la natura possono produrre effetti devastanti sulle persone e sull’ecosistima. Proprio per questo servono regole, mentre le proibizioni assolute fanno solo danni perché lasciano che si affermi in clandestinità la legge del più forte».

Giulio Cossu

Proibizioni assolute e assurde come quelle, per esempio, contenute nella legge 40 che obbliga chi fa ricerca sulle embrionali in Italia ad importare linee derivate all’estero. «E’ una storia che si ripete da circa dieci anni. Le linee con cui si può lavorare sono le prime prodotte e hanno problemi, per esempio non hanno quasi mai il giusto numero di cromosomi», approfondisce il professor Giulio Cossu dell’University college di Londra e primo firmatario dell’Appello. Da anni al lavoro nella ricerca sulle staminali, Cossu ha appena pubblicato su Science Translational Medicine uno studio sulle cellule staminali indotte alla pluripotenza che apre nuove prospettive per la cura della distrofia muscolare. «Per questa ricerca abbiamo impiegato cellule “riprogrammate” (induced Pluripotent Stem Cells) come quelle scoperte dal giapponese Yamanaka nel 2006.

Queste cellule sono simili alle embrionali ma non derivano dall’embrione bensì da una cellula stessa del paziente. Servono ancora alcuni anni di studio per essere certi della completa equivalenza di queste due tipi cellulari e poi, come speriamo, avremo la dimostrazione che la scienza è andata più veloce dell’etica», dice lo scienziato italiano. Proprio il Nobel americano Capecchi, in una conferenza a Bologna nel maggio scorso, sottolineava che le scoperte giapponesi sulle staminali pluripotenti sono state fatte, non a caso, in un Paese dove non ci sono limitazioni alla ricerca, nemmeno nell’ambito delle embrionali. «La ricerca sulle staminali embrionali rafforza anche la ricerca sulle staminali adulte. Se un domani le embrionali non saranno più necessarie, si dovrà ringraziare i Paesi che non hanno bloccato quella ricerca», chiosa Cappato.

«Non esistono staminali buone e moralmente accettabili e staminali cattive- precisa il biologo Cossu -. Esistono progetti buoni e sono quelli da finanziare, indipendentemente dal tipo cellulare che si intende utilizzare». Proprio riguardo ai finanziamenti e ai tagli alla ricerca, che in Italia si susseguono da anni e che ora la spending review aggrava (costringendo sempre più i ricercatori ad emigrare), Mario Capecchi non ha esitato a dire che «tagliare la ricerca è un gesto autolesionista per un Paese». «E’ una verità che si spiega da sola – dice Cappato -. Oltretutto in Italia ciò che si spende lo si spende spesso male, senza applicare criteri di meritocrazia, lasciando spazio a ostacoli ideologici di ogni tipo». Così mentre da noi la legge 40 obbliga i medici a una mal practise in Paesi avanzati dal punto di vista della ricerca come l’Inghilterra si fanno studi d’avanguardia sul trasferimento del nucleo della cellula e si lavora a pieno ritmo sulle embrionali. «L ’Inghilterra è la patria delle staminali embrionali. I finanziamenti pubblici sono elargiti in base alla qualità dei progetti, non all’argomento studiato- conclude Cossu -. Non voglio dire che il sistema sia perfetto ma certamente abbiamo molto da imparare in Italia».(da left-avvenimenti)
Il 19 settembre 2012

la Commissione giuridica del Parlamento europeo esprime un voto negativo sulla ricerca sulle cellule staminali embrionali

“Il voto della Commissione giuridica del Parlamento europeo contro la ricerca sulle staminali embrionali non è un voto definitivo. Dipenderà dalla commissione competente, e poi dalla Plenaria. Ma è certamente un segnale negativo che non va sottovalutato, perché rappresenta la forza della lobbying clericale presente al Parlamento europeo non solo all’interno delle forze di centrodestra, ma anche di parte dei verdi europei e dello stesso Partito democratic.oI Radicali dell’associazione Luca Coscioni rilanciano la campagna a favore della ricerca sulle staminali embrionali attraverso la petizione che si può firmare al link http://ricercalibera.it/petizione/. Ne discuteremo anche al IX Congresso dell’Associazione Luca Coscioni, che si terrà a Milano il 6-7 ottobre”. Così il tesoriere della Associazione Luca Coscioni Marco Cappato commenta la notizia del voto della Commissione giuridica dell’unica istituzione eletta della Ue che ha approvato una relazione del popolare polacco Piotr Borys a larghissima maggioranza (18 sì e 5 no, compatti a favore Popolari e Verdi, divisi Liberali, Socialisti e il gruppo degli euroscettici) in cui si affermano i rischi giuridici del finanziamento della ricerca sulle staminali embrionali. Collegandosi alla sentenza emessa il 18 ottobre scorso dalla Corte di Giustizia dell’Ue, che sancisce la non brevettibilità dell’utilizzo di embrioni e di cellule staminali se questo porta alla loro distruzione. In Italia l’Avvenire esulta:​È soltanto un primo passo, ma certamente importante. Nella lunga battaglia sul finanziamento pubblico europeo della ricerca su embrioni umani che ne comportino la distruzione, ieri il Parlamento europeo ha segnato un primo importante punto a favore della vita” scrive il giornale dei vescovi.

 

 

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La possibilità di scegliere

Posted by Simona Maggiorelli su luglio 31, 2009

editoriale del quotidiano Terra, 31 luglio 2009

di Simona Maggiorelli

ru486Una questione di civiltà.  Non sapremmo come altrimenti definire la tanto attesa commercializzazione in Italia della pillola abortiva  Ru486. Un  farmaco che l’Oms  ha inserito da tempo fra gli “essenziali”. Che in Francia e in molti altri Paesi avanzati è in uso da quasi vent’anni. Senza speciali controindicazioni. Eccetto quelle che si devono usare per l’assunzione di ogni medicina. Come utilmente ricorda il ginecologo Silvio Viale, pioniere dell’introduzione in Italia della Ru486: i pochi casi di decessi registrati dopo l’assunzione di Ru486 in realtà si sono verificati in casi clinici complessi. Illustri ginecologi come lo stesso Viale, con  Carlo Flamigni e Mirella Parachini lo vanno ripetendo da anni: la Ru486 è un farmaco sicuro.

Dalla più moderna neonatologia sono arrivate conferme definitive ormai che solo a partire dalla ventiquattresima settimana di gestazione il feto ha possibilità di vita autonoma fuori dall’utero. Prima è un organismo biologico in evoluzione. Non si può parlare di persona, perché solo alla nascita l’essere umano realizza pensiero e vita psichica.

ru486 Time Di fronte e evidenze scientifiche di questa portata che liberano le donne dal senso di colpa, permettendo a ognuna di realizzare la propria identità come desidera e sente più giusto colpiscono la sordità e la resistenza a farle prprie da parte della politica e dei media, anche dei più progressisti. Così ora che le donne anche in Italia pssono ricorrere all’aborto farmacologico si alzano barricate da esponenti di centrodestra e non solo, perché, sospettiamo, la Ru486 permetterebbe di aggirare l’obiezione di coscienza dei medici cattolici. Evidentemente per tutti costoro le donne devono per forza andare sotto i ferri per interrompere una gravidanza indesiderata. Magari anche senza anestesia come è accaduto in ospedali romani non lontani da Santa Madre Chiesa. E questo sarebbe il prendersi cura per  non lasciare le donne alla solitudine dell’aborto fai da te” che il primario  del Gemelli di Roma Antonio Lanzone proponevanei giorni scorsi su Repubblica?

Così mentre la sottosegretaria Eugenia Roccella ( che con Assuntina Morresi ha scritto un libro ideologico e disnformato come La favola dell’aborto facile. Miti e realtà della pillola Ru486) continua a lanciare i suoi anatemi contro il farmaco abortivo, giornali blasonati come il Corsera continuano a confondere la Ru486 con la pillola del giorno dopo. Un gran fuoco di fila per tentare di confondere i cittadini. Mentre nessuno, né di destra né di sinistra ( purtroppo) propone serie campagne di promozione della contraccezione

dal quotidiano Terra 31 luglio 2009

Il governo vuole imporre il ricovero coatto per le donne che prendono la Ru486, come accade nei casi più gravi di malattie psichiatriche

Il Governo di centrodestra cerca di porre paletti all’utilizzo della pillola Ru486. In particolare, oltre a diminuire a 49 giorni il limite per il suo uso (in Europa e’ du 63 giorni), vuole imporre il ricovero coatto per le donne che scelgono questo metodo abortivo. Le donne che vorranno abortire con Ru486 potrebbero quindi essere equiparate a categorie di pazienti per i quali e’ previsto il ricovero coatto, come i malati psichiatrici e i portatori di malattie infettive da quarantena.

COMMENTI

‘Prevedere il ricovero obbligatorio di almeno tre giorni per la somministrazione della pillola abortiva, come prospettato dal governo attraverso il sottosegretario Roccella, e’ un’assurda e ingiustificata forma di accanimento punitivo nei confronti della donna’. Lo afferma Paolo Ferrero, segretario del Prc.
Si tratta, aggiunge, del ‘frutto di una cultura che, in ossequio ai dettami patriarcali della chiesa e della societa’ italiana, non intende capacitarsi che la donna possa veder rispettata la propria liberta’ di scelta e alleviata la propria sofferenza grazie anche alle nuove frontiere scientifiche, continuando a imporle una condizione di oppressione o lo stigma della colpa. Non puo’ esserci niente di piu’ anticristiano’.

Si vogliono ora costruire modalita’ da Stato totalitario nella sommistrazione della Ru486, fino alla sciagurata ipotesi di test psicologici con l’obiettivo di compromettere il risultato del via libera al suo impiego: noi lo impediremo! Lo sostiene il segretario dell’Associazione ‘Luca Coscioni’, Marco Cappato per il quale, “l’unica alternativa alla liberta’ e alla responsabilita’ di scelta e’ l’imposizione dogmatica della opzione di una Autorita’ Superiore alla quale evidentemente il Vaticano si considerare candidato naturale”. Come Radicali, “abbiamo dato il contribuito piu’ importante – rimarca Cappato – alla sconfitta parziale dell’aborto, grazie alla sua legalizzazione: cercheremo di completare il compito, nonostante – conclude Cappato – il boicottaggio clericale sull’informazione sessuale e sulla contraccezione”.

”Se cosi’ fosse sarebbe incostituzionale. Queste povere donne, dopo che si sono viste impiantare per forza i tre embrioni ora saranno costrette a un regime carcerario”. Lo afferma Mario Riccio, anestesista-rianimatore, il medico che sospese le terapie a Piergiorgio Welby, nel corso di un’intervista all’Agenzia Radiofonica Econews.

Non ci sono motivi per non far valere il regime di trattamento in day hospital, gia’ testato con varie sperimentazioni regionali, per l’aborto farmacologico con la pillola Ru486. Lo sostiene il giudice Amedeo Santosuosso, della Corte di appello di Milano, precisando che il ricovero della donna in trattamento, cosi’ come ipotizzato, ‘non potrebbe in alcun caso essere obbligatorio’.
Il ricovero per le donne in trattamento con la Ru486, ha affermato il giudice, ‘non puo’ essere in alcun caso coatto.
Inoltre, dal momento che il regime in Day Hospital per l’aborto farmacologico e’ gia’ stato testato e validato in varie sperimentazioni regionali a partire dal 2005, non vedo motivi per non far valere tale modello anche ora, dopo il via libera alla commercializzazione del farmaco in Italia’.
Il ricovero coatto, ha precisato Santosuosso, ‘e’ impensabile: ogni trattamento medico viene infatti somministrato sulla base del consenso informato; dunque sta al medico informare dei rischi e delle possibilita’, ma se la donna decide di non accettare l’ospedalizzazione nel corso del trattamento con la Ru486, non la si puo’ costringere’. Ma ‘dal momento che le sperimentazioni gia’ fatte in day hospital sono state sottoposte a verifiche – ha ribadito – non vedo alcun motivo per cui ora che siamo fuori da una fase di sperimentazione si debbano prevedere modalita’ diverse’.
In ogni caso, ha aggiunto Santosuosso, ‘il ministero del Welfare non puo’ dire ai medici come si devono comportare quando si parla del rapporto medico-paziente’. Anche perche’, ha concluso, ‘non e’ stabilito da nessuna parte che la maggiore tutela della paziente si realizzi solo in ospedale e non, anche, in uno sperimentato regime di day hospital, magari con piu’ accessi in ospedale e controlli programmati; tale decisione puo’ scaturire solo dal rapporto medico-paziente’.

”Immagino che le pressioni, anche se non sono state direttamente sull’Aifa, si sono viste molto bene da parte della stampa e da parte di appelli, di manifesti e molte iniziative.” Cosi’ il farmacologo Silvio Garattini, presidente dell’Istituto Mario Negri, nel corso di un’intervista all’Agenzia Radiofonica Econews, sulle eventuali pressioni subite dall’Aifa in questi anni sulla pillola abortiva. Alla domanda se la lunga durata dell’iter rappresenti un’anomalia, Garattini osserva: ”E’ certamente un’anomalia, perche’ l’azienda ha il diritto a mettere in commercio in farmaco dopo 90 giorni dalla domanda”. Sulla sicurezza della RU486, Garattini sostiene: ”Tutti i farmaci hanno degli effetti tossici e collaterali. Dire 29 morti non vuol dire niente, perche’ bisogna dire quante sono le persone trattate, e in base a quello si decide se e’ tanto o se e’ poco. Ma mi risulta che le autorita’ regolatorie hanno ritenuto che il rapporto beneficio-rischio sia un rapporto accettabile”. Alla domanda se le questioni sulla sicurezza sono state usate per coprire perplessita’ etiche, Garattini risponde: ”Certamente le difficolta’ principali sono di natura etica. C’e’ pero’ da dire che nessuno e’ obbligato a utilizzarla. In Italia abbiamo una legge sull’aborto, e quindi le donne avranno una scelta diversa. Se avranno tutte le necessarie spiegazioni potranno scegliere in base alle loro preferenze”. Sulla necessita’ del ricovero, infine, Garattini dice: ”Bisogna vedere come avvengono le cose nella realta’ dei fatti. Questo problema non e’ puramente italiano: questo farmaco viene somministrato in molti altri paesi, e finiremo per usare anche noi il buon senso e far rimanere le persone in ospedale per il tempo strettamente necessario”.

Contro la diffusione della pillola abortiva Ru486 cresca l’obiezione di coscienza dei medici italiani. A dare man forte all’offensiva lanciata dalla Chiesa contro l’introduzione dell’aborto chimico in Italia, scende in campo il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, appellandosi ai medici e denunciando ‘la crepa nella nostra civilta” aperta dalla commercializzazione della pillola abortiva.
Mentre si dice ‘amareggiato, triste e preoccupato’ per il ‘prevalere del diritto del piu’ forte’ affermatosi con l’introduzione del farmaco abortivo, il numero uno della Conferenza episcopale italiana guarda con speranza ai dati sull’obiezione di coscienza. Cifre da cui emerge un’impennata del numero degli obiettori: dal 2005 al 2007 i ginecologi che non effettuano l’interruzione volontaria di gravidanza sono infatti passati dal 58% al 70%.
‘E’ auspicabile – lancia l’appello dalle pagine di Avvenire il card. Bagnasco – che l’obiezione di coscienza nata da profondi convincimenti cresca ancora, sia come dato in se’, sia come testimonianza per l’opinione pubblica sulla persistenza di una consapevolezza profonda’. In sintonia poi con l’attacco sferzato ieri dal quotidiano dei vescovi contro quanti nel governo ‘potevano’ ma ‘non si sono impegnati a fermare’ la Ru486, anche il presidente della Cei da’ la sua stoccata al mondo politico che, afferma, ‘puo’ ragionevolmente fare di piu’, nel rispetto dei meccanismi democratici’.
Dai laici cattolici Bagnasco si aspetta che si levi ‘una voce piu’ coraggiosa, chiara, argomentata a tutti i livelli’ perche’, sottolinea, ‘sui temi decisivi della vita umana non si puo’ procedere per mediazioni: su valori fondamentali mediare significa negare’. Un avvertimento che sembra valere anche per la legge sul testamento biologico in esame alla Camera. A Bagnasco risponde il ministro per l’Attuazione del Programma di governo, Gianfranco Rotondi, secondo cui ‘i politici cattolici e laici devono impegnarsi per il nuovo obiettivo di progresso di una civilta’ senza aborto’, rafforzando ‘la prevenzione prevista nella 194 e mai attivata’. Di parere contrario, il segretario del Partito socialista Riccardo Nencini. ‘Non bisogna mettere in discussione – afferma – la legge 194 e assoluta fiducia nella capacita’ delle donne di tutelare e decidere sulla loro gravidanza’.
Intanto il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella, dopo le polemiche in merito all’ipotesi di ricovero per le donne in trattamento con la pillola abortiva, precisa che ‘nessuno vuole trattenere le donne con la forza’. ‘Certamente pero’ – aggiunge – si pone un problema di sicurezza per la loro salute se tornano a casa, e si pone anche un problema di rispetto della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza’. Al ricovero obbligatorio e’ contrario il segretario del Prc, Paolo Ferrero che lo definisce ‘anticristiano’. ‘E’ un’assurda e ingiustificata forma di accanimento punitivo nei confronti della donna’, protesta. (Fonte Aduc)

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Cronaca di due leggi vergogna

Posted by Simona Maggiorelli su aprile 2, 2009


di Federico Tulli

fecondazioneMentre andiamo in stampa la Corte costituzionale è appena uscita dalla camera di consiglio dove si era riunita per valutare la legittimità costituzionale della legge 40 sulla procreazione medicalmente assitita (Pma). La norma è stata giudicata parzialmente illegittima dall’Alta Corte. I giudici hanno infatti dichiarato «l’illegittimità costituzionale» dell’«unico e contemporaneo impianto» di tre embrioni (articolo 14 comma 2). Allo stesso modo è incostituzionale il comma 3 dello stesso articolo 14 comma 3 laddove non prevede che il «trasferimento degli embrioni, “da realizzare non appena possibile”, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna». Nel mirino dei giudici, dunque, due passaggi della legge che minano la salute della donna. L’obbligo di contemporaneo impianto di tre embrioni è infatti causa di parti plurigemellari tra le donne più giovani, mentre è spesso insufficiente per chi ricorre alla fecondazione assistita in età più avanzata. La qual cosa comporta il ricorso a più tentativi di impianto. Ciò che invece la Corte ha dichiarato inammissibili, «per difetto di rilevanza nei giudizi principali», sono le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 6, comma 3 (irrevocabilità del consenso della donna) e 14, commi 1 e 4. Il primo comma vieta la crioconservazione di embrioni al di fuori di ipotesi limitate, mentre il comma 4 vieta la riduzione embrionaria di gravidanze plurime salvo nei casi previsti dalla legge sull’interruzione volontaria dela gravidanza.

L'avvocato Filomena Gallo, Amica Cicogna

L'avvocato Filomena Gallo, Amica Cicogna

«La pentola clericale della legge 40 è stata fatta senza il coperchio costituzionale – commentano Marco Cappato e Rocco Berardo dell’associazione Luca Coscioni -. I casi individuali arrivati alla Consulta hanno dimostrato quanto piena di ideologia sia stata la stesura della legge “italiana” sulla fecondazione assistita». Secondo i due politici radicali è ora urgente riuscire a imprimere una svolta anche sulla questione centrale per milioni di malati: quella di destinare le migliaia di embrioni sovrannumerari, invece che nella spazzatura, alla ricerca. A fare ricorso alla Corte, con tre distinte ordinanze, sono stati il Tar del Lazio e il tribunale di Firenze, ai quali si erano rivolti, rispettivamente, la World association reproductive medicine (Warm) e una coppia non fertile di Milano affetta da esostosi, una grave malattia genetica (con tasso di trasmissibilità superiore al 50 per cento) che genera la crescita smisurata delle cartilagini delle ossa. Dopo lo scempio dell’approvazione in Senato del ddl Calabrò sul testamento biologico, finalmente la buona notizia della bocciatura “costituzionale” (anche se parziale) di questa brutta legge. La cui storia – che il nostro settimanale ha denunciato sin da quando fu proposta – ha tanti significativi punti in comune con il ddl sul testamento biologico appena approvato al Senato. Entrambe, antiscientifiche e ispirate a dogmi religiosi, attaccano violentemente una serie di diritti civili dati oramai per acquisiti. Almeno fino a quando la destra berlusconiana non è arrivata al governo. E l’opposizione le si è sistematicamente sgretolata di fronte, lacerata da mille contraddizioni interne sui temi etici.

Un registro contro l’accanimento

L’biettivo è l’istituzione di un registro comunale per i testamenti biologici.I Radicali che stanno raccogliendo le firme per una delibera di iniziativa popolare al Comune di Roma ci stanno lavorando. Quello retto da Gianni Alemanno, uno dei più accaniti sostenitori del ddl Calabrò. Nel frattempo la breccia è stata aperta da Sandro Medici, “minisindaco” del X Municipio della Capitale, dove vivono oltre 180mila persone. Tra le proteste dell’opposizione, Medici ha istituito un registro che sarà inaugurato la prossima settimana dal testamento biologico di Mina Welby, la moglie di Piergiorgio.

La battaglia politica di Coscioni e Welby

la deputata Maria Antonietta Coscioni

la deputata Maria Antonietta Coscioni

«Ci sono malattie con le quali è possibile vivere. Altre con cui è possibile convivere. Infine, ve ne sono alcune alle quali si può sopravvivere. La sclerosi laterale amiotrofica non rientra in nessuna di queste tre categorie, è una malattia che non lascia molto spazio di manovra e che può essere affrontata soltanto sul piano della resistenza mentale. Se, infatti, ci si confronta con essa sul piano fisico si è sconfitti in partenza. L’intelletto è l’unica risorsa che può aiutarti». In piena battaglia referendaria contro la legge 40 sulla Pma, così scriveva Luca Coscioni ne Il maratoneta (ed. Stampa Alternativa). Siamo all’inizio del 2005. Di lì a poco la pressione della Conferenza episcopale italiana sull’opinione pubblica avrebbe stroncato le possibilità di riuscita del referendum abrogativo. Una vittoria della Chiesa e della destra asservita alle gerarchie vaticane, che rappresentò la posa della prima pietra per la nascita di quello Stato etico di recente paventato niente meno che da Gianfranco Fini. Uno Stato che con una sola norma è riuscito a violentare la dignità della donna (la cui salute ha valore secondario rispetto a quella dell’embrione assunto al rango di essere umano), ledere l’identità medica (con l’obbligo del contestuale impianto nell’utero di tre embrioni), umiliare la ricerca scientifica (con lo stop all’utilizzo di nuove linee cellulari embrionali). Luca Coscioni è poi morto nel febbraio del 2006, lasciandoci in eredità, insieme a quel prezioso libro, la memoria della sua battaglia civile e politica nelle file dei Radicali, condotta senza sosta fino all’ultimo giorno di vita. Un impegno che si è tradotto concretamente nella storica vittoria dei Radicali con il via libera dell’Unione europea ai fondi comunitari per la ricerca sulle staminali embrionali. Gli unici finanziamenti che oggi consentono alla ricerca italiana in questo campo – un tempo all’avanguardia – di mantenersi al passo con quella internazionale. Guardando alla storia umana e politica di Coscioni e della legge contro cui si è battuto non si può non pensare a Piergiorgio Welby e al ddl sul cosiddetto testamento biologico appena varato dal Senato e in attesa di passare all’esame definitivo della Camera. Come Luca, Piergiorgio era affetto da sclerosi laterale amiotrofica. E come lui trasformò la propria condizione di malato terminale in una strenua battaglia politica per il rispetto del diritto alla salute e alla tutela della dignità umana garantiti dall’articolo 32 della Costituzione. Una battaglia per il diritto di morire di morte naturale, senza cioè essere più sottoposto a un inutile quanto doloroso accanimento terapeutico, rappresentato dal ventilatore polmonare.

Nell’estate del 2006 Welby chiede che gli sia staccato. È malato da oltre 40 anni: la distrofia muscolare progressiva gli è stata diagnosticata nel 1963. Negli anni Ottanta perde l’uso delle gambe. Poi l’ultimo stadio: insufficienza respiratoria. Welby entra in coma e quando si risveglia è tracheotomizzato e immobilizzato al letto. Da questo momento può respirare solo col ventilatore e comunicare solo tramite computer. Scrive indicando le lettere con gli occhi. Sono questi d’ora in poi la sua voce. Che fa sentire sul web sul sito dei Radicali italiani, dove ha aperto un forum dedicato all’eutanasia (www.calibano.ilcannocchiale.it). E che fa sentire nel suo libro Lasciatemi morire (Rizzoli) che conclude a settembre, tre mesi prima che l’anesesista Mario Riccio gli stacchi il respiratore. Quando il libro va in stampa Welby ha quasi del tutto perso ogni capacità di comunicare anche attraverso gli occhi. Sono le settimane in cui la lettera che scrisse al presidente Napolitano e che fa da prologo al libro mantiene alto il dibattito sull’eutanasia e il testamento biologico. «Io amo la vita Presidente – scrive Welby -. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né malinconico né un maniaco depresso (come accertò lo psichiatra Alessandro Grispini, ndr). Morire non mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita. È solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche». Quell’insensato accanimento che secondo il ddl approvato al Senato ora va imposto per legge. A chiunque si trovi in quelle condizioni.

da Left-Avvenimenti del 3 aprile 2009

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Informazione scientifica contro ignoranza e paure

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 2, 2009

l'europarlamentare radicale Marco Cappato

l'europarlamentare Marco Cappato

L’accelerazione del progresso scientifico in questi ultimi anni ha visto, per contrasto, il ritorno di vecchi e nuovi oscurantismi.Al secondo Congresso mondiale per la libertà di ricerca organizzato al Parlamento europeo di Bruxelles dall’associazione Luca Coscioni le risposte positive della comunità scientifica e dei politici europei progressisti

di Simona Maggiorelli

Le scoperte scientifiche riguardo al genoma umano e, soprattutto, il nuovo orizzonte della medicina rigenerativa impongono, insieme a un rapido cambio di paradigma scientifico, di ripensare molte questioni che toccano l’etica. Ma la discussione in Europa e più ancora in Italia non è aperta a un confronto franco fra le diverse di posizioni. “Ogni volta che nella storia c’è stata una accelerazione del processo scientifico, c’è stata una risposta aggressiva da parte dei poteri oscurantisti e nemici del progresso” ha ricordato l’eurodeputato Marco Cappato all’apertura del congresso internazionale “Dal corpo dei malati al cuore della politica”. Basta pensare alla richiesta all’Onu avanzata dal Vaticano di una messa al bando della cosiddetta “clonazione terapeutica”: una tecnica di trasferimento del nucleo di una cellula che, come riporta la letteratura medica mondiale, non ha nulla a che vedere con la clonazione umana. Il punto focale per combattere le paure e i pregiudizi a favore di un’opinione pubblica libera, è l’informazione scientifica. Anello debole, purtroppo, della maggior media e dei giornali italiani,diversamente da quel che accade in paesi come la Gran Bretagna o la Spagna. “ La cosa fondamentale oggi è che le possibilità della scienza diventino comprensibili alla gente comune” ha ribadito al convegno di Bruxelles, Charles Sabine, corrispondente della Nbc. Con la morte del padre e la malattia del fratello il giornalista ha conosciuto direttamente gli effetti devastanti della Corea di Huntington. “Dai test scientifici ho scoperto che anch’io dovrò fare i conti con questa malattia genetica” ha rivelato Sabine al culmine di un intervento di alto contenuto scientifico. “Solo se più gruppi di scienziati in tutto il mondo potranno lavorare liberamente nella ricerca, il progresso medico potrà procedere anche in questo campo. Pensate cosa potrebbe voler dire per i neonati che verranno poter essere liberi da una tara genetica come questa che conduce a una malattia oggi incurabile”. da Notizie Verdi  del 6 marzo 2009

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La figuraccia fondamentalista del Cnb

Posted by Simona Maggiorelli su giugno 6, 2008

Sul sito dell’associazione per la libera ricerca Luca Coscioni è pubblicato un documento del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) in cui – fra racconti mitologici e affermazioni psuedoscientiche – si approda a questa conclusione: «Non è accettabile eticamente creare in laboratorio un essere vivente, a partire da materiale cellulare umano, la cui stessa definizione appare incerta e di cui si ignora la natura». Per il Cnb che – val la pena di ricordarlo, è organo governativo – sarebbero cosa sconosciuta «alcuni tipi di embrioni chimere, alcuni tipi di organismi transgenici e tutti gli ibridi nel caso di mescolamento di specie umana e non umana». Incuranti del fatto che basterebbe leggere il documento degli scienziati inglesi che fanno ricerca sugli embrioni ibridi per sapere di che si tratti, forte della propria ignoranza «il Cnb auspica una moratoria sulla produzione di ibridi animale e, solo se adeguatamente giustificate, l’utilizzazione delle tecniche di ricerca alternativa».

Così si legge nel documento predisposto da Assuntina Morresi. Parole che aprono una voragine fra l’oscurantismo del Cnb italiano e quello che invece hanno deciso gli organi di governo inglese dando il via libera alle ricerche di  Stephen Minger e di altri ricercatori sugli embrioni ibridi. «Abbiamo deciso di pubblicare integralmente il documento presentato al Cnb in difesa da manovre antiscientifiche» scrivono Marco Cappato e Rocco Berardo, segretario e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni. «Riteniamo doveroso utilizzare l’arma della “pubblicità” di documenti riservati come unica difesa possibile contro manovre ideologiche, antiscientifiche e antietiche». «Visti i metodi di lavoro del Cnb presieduto da Casavola – proseguono Cappato e Berardo – che è ricorso a epurazioni e atti arbitrali, sanzionati dalla magistratura, che hanno portato alle dimissioni di personalità del livello di Elena Cattaneo e Gilberto Corbellini, come associazione Coscioni ci pare doveroso usare l’arma dell’informazione». E quando Assuntina Morresi chiede come l’associazione abbia avuto il documento riservato la risposta è secca: «Come abbiamo ottenuto il documento? Visti i contenuti potremmo anche averlo ottenuto in Vaticano». E poi venendo all’analisi del testo: «La premessa del documento presentato da Morresi al Cnb sul tema degli ibridi e delle chimere – spiegano i due rappresentanti della associazione Coscioni – riassume sin dall’inizio la predisposizione antiscientifica del testo. L’autrice si pone l’obiettivo di affrontare il tema anche rispetto al suo “impatto nell’immaginario. Ma il problema è – prosegue Cappato – che l’immaginario collettivo risente della manipolazione, costante, dell’informazione Rai e Mediaset. Nella realtà non esiste nessuna “chimera”, nessun mostro». Come hanno spiegato gli scienziati inglesi e lo stesso Stephen Minger su left. Di fatto la tecnica, prevede che a un ovulo di mucca venga tolto il nucleo, privandolo del suo dna. Poi inserendo in questo ovulo una cellula umana si produce un embrione del tutto umano, che verrà utilizzato per prelevare staminali embrionali.

«Secondo la Morresi – chiosa Cappato il Cnb dovrebbe dichiarare eticamente inaccettabile che si curino eventuali malattie con questo procedimento, perché si offenderebbe la dignità dell’uomo». La soluzione? Secondo l’associazione Luca Coscioni è una sola. « Il Cnb rifiuti questo testo in blocco, non accettando di fare da “passacarte” del Vaticano. Davvero un comitato di bioetica in nome della dignità dell’uomo (cioè dell’embrione) escluderebbe una ricerca scientifica volta alla cura di malattie gravi dell’uomo?».
da Left-Avvenimenti del 6 giugno 2008

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ECLISSE DI SCIENZA

Posted by Simona Maggiorelli su novembre 18, 2005

Da Avvenimenti 17.11.05
speciale Eclisse di scienza
La Genesi al posto di Darwin? La Bibbia come testo scientifico è una cosa che non sta né in cielo né in terra», dice l’astrofisica Margherita Hack
di Federico Tulli

L’astrofisica Margherita Hack: “La libertà è la cosa più importante. La ricerca applicata non decolla se non poggia su una buona base di ricerca pura. La Genesi al posto di Darwin? La Bibbia come testo scientifico è una cosa che non sta né in cielo né in terra

«Il progresso scientifico del nostro paese è sotto attacco, soprattutto a causa della legge 40 sulla fecondazione assistita». Margherita Hack, astrofisica tra le più importanti nel panorama scientifico internazionale, attacca: «Quella è una legge che viola la libertà dei cittadini e frena una ricerca scientifica che sembra possa dare risultati straordinari nella cura di malattie gravissime come diabete, Parkinson, Alzheimer. In pratica è come tornare indietro ai tempi di Galileo».

L’anno horribilis per la ricerca scientifica in Italia deve fare i conti anche con la riforma Moratti dell’università e con una Finanziaria che priverà le università italiane di fondi per 400 milioni di euro. Ma forse non tutto è perduto.
«Per fortuna ci sono ancora alcune isole felici – assicura la Hack – in settori come la fisica e l’astrofisica, con laboratori europei come il Cern di Ginevra, l’Osservatorio europeo a Santiago in Cile, quello a Garching in Germania o come l’Agenzia spaziale europea. Centri che permettono alla partecipazione italiana di fare ricerca anche con pochi fondi. Ma in altri campi organizzati diversamente i fondi per la ricerca non ci sono».

Che idea si è fatta della riforma della ricerca universitaria appena passata?
Porta alla morte dell’università. Perché eliminerà il ruolo dei ricercatori nel 2013 e fino ad allora ne trasforma il rapporto di lavoro in un contratto a termine di tre anni più tre. Questo vuol dire stroncare ogni possibilità per quei giovani che hanno già dato prova di essere buoni ricercatori: quando si presentano ad un concorso spesso hanno già, oltre ai cinque anni di università, quattro anni di dottorato e quattro e più anni presso istituti italiani e stranieri.

E dopo che prospettive avranno?
C’è la prospettiva di vincere la cattedra, ma solo nell’eventualità che l’università abbia i soldi per pagarla» Più spesso si arriva a quarant’anni da precario, quando oramai si è troppo vecchi per il mercato del lavoro. Così si toglie ogni sicurezza negli anni più delicati. Perché il contratto a termine non prevede pensione, maternità, assistenza malattie e non permette nemmeno di avere un mutuo per la casa. Così i migliori andranno all’estero, è inevitabile, e gli altri rimarranno frustrati. Statisticamente, invece, le più grandi scoperte, soprattutto nelle materie scientifiche, i ricercatori le fanno da giovani. Ma non solo. Ne risente anche la didattica. Quella più pesante dei primi anni, è ben noto, poggia sulle spalle dei ricercatori .

Che ne è di un’Italia abituata ad essere avanguardia scientifica e umanistica ma anche tecnologica?
Altro che avanguardia, siamo in retroguardia. Se non ci fossero Portogallo e Grecia saremmo il fanalino di coda. Non siamo già più competitivi, perché nell’alta tecnologia c’è bisogno di innovazione. Non basta fare scarpe e vestiti.

Il presidente del Senato Marcello Pera ha detto alla Columbia University che i ricercatori italiani hanno un’alta produttività e qualità scientifica. Una bugia?
No, non è una bugia. Se si guarda alle statistiche gli italiani sono ancora ad un ottimo livello. Alla pari con francesi, tedeschi e inglesi.

Lo Stato deve stabilire come funziona un laboratorio?
Il problema è che trattano la questione come se si trattasse di un ‘industria. C’è un eccesso di burocrazia. Chi vuole avere fondi per una ricerca perde il novanta per cento del tempo a riempire moduli. Ma la destra non si proponeva di liberalizzare? Senza contare che in istituti di ricerca come il Cm non è il consiglio scientifico a decidere, ma il consiglio di amministrazione. È tutto strutturato come un’ azienda che debba immettere sul mercato, al minor prezzo, e più rapidamente possibile, nuovi prodotti.

Nel far ricerca lo scienziato non dovrebbe essere libero?
La libertà è la cosa più importante. Invece si vuole irreggimentare tutto. La ricerca applicata non decolla se non poggia su una buona base di ricerca pura. Si possono fare tantissimi esempi di ricerche che sembravano avulse da applicazioni pratiche che poi si sono rivelate fondamentali nella nostra vita. Basta pensare alla scoperta di Einstein dell ‘effetto fotoelettrico, per cui prese il Nobel. Telefonini, cellule fotoelettriche che ci aprono le porte, satelliti che guidano le macchine sono il risultato di quella scoperta.

Dagli Usa, dove Einstein poté operare liberamente, oltre alla privatizzazione della ricerca scientifica, stiamo importando anche le imposizioni e i limiti imposti dalle lobby politico-religiose?
A me sembra più che altro una forma di fondamentalismo. A cominciare dalla lotta contro l’aborto, per bloccare la ricerca sulle cellule staminali, per mettere fuori dalla porta Darwin. Ho lavorato a lungo negli Stati Uni- ti e ho notato una dicotomia fra ottime università, con docenti che lavorano ad altissimo livello, e una massa di popolazione che ha senso critico bassissimo. In Italia quando si parla con un contadino, con un operaio, si parla con persone che ragionano con la propria testa. Negli Usa non è così. Da noi la cultura è più diffusa. O perlomeno lo era. Finché la tv non lava il cervello a tutti.

Anche da noi Darwin sta passando brutti momenti da quando la ministra Moratti vuole sostituire la Bibbia ai testi di scienze.
La Bibbia come testo scientifico è una cosa che non sta ne in cielo ne in terra. n solo fatto che ci fosse bisogno di nominare una commissione di esperti per giudicare se si poteva insegnare Darwin, la dice lunga. Il peggior governo democristiano era di gran lunga migliore dell’attuale.

Perché anche la sinistra non ha preso una posizione chiara riguardo alle cellule staminali embrionali?
Nel centrosinistra c’è la Margherita, legata alla Chiesa. Ma si ha anche paura di essere troppo di sinistra. Anche nei confronti della ricerca scientifica non è che i governi di centrosinistra abbiano brillato, ma certo non si arrivò ai limiti attuali. La riforma universitaria de11980, la prima dall’anteguerra, che segnò il passaggio da un ‘università d’elite ad una di massa, fu una buona legge perché istituì il ruolo dei ricercatori e degli associati. Ma è stata disattesa in molti aspetti. I ricercatori avrebbero dovuto spendere la maggior parte del loro tempo a far ricerca e invece sono stati oberati da ore e ore di insegnamento ripetitivo. Senza contare il peso dei baroni.

Ha qualche soluzione da proporre?
Intanto distinguere bene tra professore a tempo pieno e a tempo determinato. Poi, fare concorsi per ricercatore e promuovere i più validi. La serietà del concorso dipende dalla gente, dalla mentalità, dalla nostra educazione in cui ci sono isole serie, ma anche mancanza di senso dello Stato, di rispetto delle regole. Mali endemici che si stavano lentamente correggendo e ora vanno peggiorando drasticamente con l’attuale governo .

Da Avvenimenti 17.11.05
HELLO DOLLY
Staminali e donazione terapeutica. Inghilterra, Belgio e Andalusia le punte avanzate della ricerca. Ma a Bruxelles i conservatori gli fanno guerra
di Simona Maggiorelli

Una distanza siderale sembra essersi aperta ormai fra l’Italia e buona parte d’Europa perciò che riguarda la ricerca scientifica. Sul nostro paese grava la zavorra dei divieti alla sperimentazione sugli embrioni, il credo creazionista della ministra Moratti che ha fatto sparire Darwin dai programmi scolastici. Pesano i ritardi nell’impiego di farmaci come la pillola abortiva. Gli attacchi alla legge sull’aborto che arrivano anche dal Comitato nazionale di bioetica che, sotto la guida del professor Francesco D’Agostino, appare come una dépendance della Cei. Ora Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita, aspirerebbe a portare sulla stessa linea, cattolica e oltranzista, l’European Group on Ethics (Ege), il comitato di bioetica della Commissione europea del presidente José Manuel Barroso.
Casini vi è da poco stato eletto, per il mandato 2005-2009, prendendo il posto dì Stefano Rodotà. E già infuriano le polemiche. “Troppo conservatori e senza competenze scientifiche” sono le accuse rivolte da più parti al nuovo organismo. Di fatto l’Ege sarà chiamato a esprimere, su richiesta della Commissione, pareri su questioni etiche nelle scienze e nelle tecnologie. E se è pur vero che in materia di bioetica l’Unione non può legiferare, è facile prevedere che il controllo passerà anche attraverso la concessione dei fondi per la ricerca. In Italia accade già da tempo.
In Europa il vento conservatore e cattolico si è fatto sentire con la risoluzione presa, in gran fretta, dalla commissione per bloccare un presunto traffico di ovuli in Romania e con la recente lettera di un centinaio di deputati conservatori e verdi a Barroso perché non finanzi i progetti sulle staminali. E, mentre sì prepara il varo del settimo Piano della ricerca che deciderà le linee Ue dei prossimi ann, è in atto uno scontro fortissimo fra le posizioni oscurantiste di una manciata dì paesi, in testa l’Italia, e la grande apertura alla ricerca biomedica di Inghilterra, Belgio, Spagna.

Per iniziativa dell’associazione Luca Coscioni e dello Sdi Radicali un importante confronto a più voci su questi temi ha già preso il via la settimana scorsa a Bruxelles. Anche in vista dì un congresso mondiale della ricerca scientifica che si terrà dal 16 febbraio 2006 a Roma. “Le convinzioni religiose non dovrebbero intervenire nelle questioni che riguardano la scienza dice Marco Cappato, presidente della Coscioni -. Eppure assistiamo sempre più a falsificazioni di ipotesi e teorie, alla pretesa di sussumere e imbrigliare una ricerca, per sua natura mobile, dinamica, in un’ideologia. Al punto di arrivare a fare leggi che impediscono ai cittadini accesso alle cure» .
E dì una vera urgenza di rendere “transnazionali i valori della speranza e della dignità, della uguale dignità di tutti gli individui” parla in un messaggio audiovideo all’assemblea di Bruxelles, Luca Coscioni, il giovane ricercatore universitario che da dieci anni sta combattendo una coraggiosissima battaglia contro la sclerosi laterale amiotrofica. “Essere malato e vivere la politica e la bioetica sulla propria pelle non è cosa facile” dice Coscioni, denunciando la demagogia politica, quella bassa, “bassissima politica che vuol far leva sulla paura e sul senso di colpa e dì peccato”.
“Non si possono, per ragioni strumentali – gli fa eco l’inglese Graham Watson, capogruppo dell’Alde, l’alleanza dei liberali e democratici al Parlamento europeo – imporre limiti alla ricerca”. La Carta europea parla esplicitamente di difesa della libertà di ricerca e l’accordo di Lisbona ne prevedeva il finanziamento. Ma i modi per bloccarla possono essere tanti e più indiretti. Basta guardare al conflitto fra il consiglio della Commissione europea e l’Ufficio europeo dei brevetti che spesso hanno espresso posizioni contrastanti. Così anche se una ricerca è stata finanziata, la si può fermare negando ai ricercatori la possibilità di brevettare la propria scoperta. Trasformando uno strumento come il brevetto, nato per tutelare la paternità di una ricerca, in una sorta di cappio per la libertà di ricerca. “E con tutti i contraccolpi che ciò determina sugli investimenti da parte delle aziende – dice Roberto Defez del Consiglio nazionale delle ricerche – , specie quelle farmaceutiche, che devono spendere grosse cifre in macchinari e sperimentazioni, per vedersi poi negare la possibilità di brevettare il prodotto». Ma a questo più o meno subdolo modo di mettere il bastone fra le ruote della ricerca ha di recente dichiarato guerra il Belgio che consente la donazione terapeutica per produrre parti di organi: “Con la terapia germinale – spiega Philippe Monfìs del ministero belga della scienza e dell’economia – si può intervenire a livello genetico riuscendo a trattare la malattia non solo per il singolo ma anche per i suoi discendenti”. Il Belgio ha dato il via libera, così, a brevetti di biotecnologia germinale, permettendo di brevettare parti del corpo umano e scontrandosi con la direttiva europea del 1998, che invece vieta del tutto questa possibilità. “Ci troviamo in una posizione paradossale spiega Monfis -. possiamo fare ricerca avanzata in terapia germinale, ma poi non possiamo brevettare le scoperte” .
E ribadendo gli intenti del governo belga, avverte: “Siamo convinti che quella europea sia una norma ormai superata e che rimetterla in discussione sia utile all’Europa”. Libertà di ricerca a trecentosessanta gradi, precisa il senatore belga Antoine Duquesne, più volte ministro, “ma con alcuni paletti. In Belgio – dice la ricerca deve avvenire in laboratori omologati, sotto il controllo di medici specializzati e di comitati di bioetica composti da altri colleghi scienziati. E per quanto riguarda le tecniche, in accordo con la risoluzione Onu. non è permessa la clonazione umana, né si possono utilizzare embrioni per fini commerciali o intervenire nella selezione di caratteri che non riguardino strettamente la cura di una malattia». I due cardini della ricerca per Duquesne e il suo governo sono la dignità umana e l’autonomia. “Per questo, se fosse possibile – aggiunge – non esiterei a denunciare per omissione di soccorso chi si batte per togliere i finanziamenti a questo tipo di ricerca”. Ma se in Belgio, come del resto in Inghilterra dove è possibile la clonazione terapeutica (fissando al quattordicesimo giorno il termine di sperimentazione sugli embrioni), la ricerca scientifica più avanzata vanta parecchi decenni di storia, la vera sorpresa sulla scena europea degli ultimi anni è rappresentata dall’Andalusia: il sud povero e agricolo della Spagna. di recente, ha avuto il suo riscatto, anche economico, grazie alla scelta lungi mirante di puntare sulla ricerca scientifica. «Da più di venti anni il governo autonomo progressista racconta la ministra andalusa della Sanità Maria Jesus Montero – punta sul welfare e sul sistema sanitario. Il risultato è che oggi abbiamo uno dei più forti e strutturati sistemi di assistenza sanitaria d’Europa, con 1500 centri. 36 ospedali, servizi integrati di emergenza. Ma la parte più viva e produttiva precisa – è il settore di ricerca biomedica, che riguarda la medicina rigenerativa e la clonazione terapeutica. ovvero il trasferimento del nucleo da una cellula all’altra». Senza dimenticare che la prima banca di linee cellulari europea è nata proprio in Andalusia. «Abbiamo anche costretto il governo nazionale a fare una legge più avanzata su questi temi e, quando Zapatero è andato al governo, ha esteso il modello andaluso a tutto il paese creando la prima banca nazionale spagnola di linee cellulari». Un bel salto per la regione che è stata sempre considerata la più arretrata di Spagna: “All’inizio la decisione fu scioccante per una parte della popolazione, ma, nel tempo, ha funzionato bene la comunicazione, il lavoro di informazione che hanno fatto gli scienziati aprendo i laboratori. E ora c’è un patto sociale fortissimo fra chi fa ricerca e chi ha bisogno di cure”.

IN FUGA DALL’UNIVERSITA’

Aumenta il consumo di psicofarmaci. Mentre, nelle università, l’organicismo blocca la ricerca.
di Paolo Fiori Nastro*

Descrivere cosa succede nel mondo della ricerca psichiatrica vuol dire confrontarsi con questioni complesse, insidiose e di difficile soluzione. Tante sono le domande e poche le certezze. Intanto partiamo dai dati concreti: le statistiche indicano che la malattia mentale affligge circa il 2,5-3 per cento della popolazione. 500mila sono le persone che in Italia soffrono di schizofrenia mentre in Europa sono circa 18 milioni le persone che soffrono di depressione e questa malattia che nel 1999 occupava il quinto posto tra le malattie disabilitanti si ritiene che nel 2020 salirà al secondo posto, superata solo dalle malattie cerebrovascolari. I dati appena riportati rendono ragione del fatto che la ricerca psichiatrica venga considerata uno dei terreni in cui è necessario investire maggiormente in risorse sia umane che economiche. Ancora qualche numero riguardo l’uso degli psicofarmaci: in Italia ogni 100 abitanti vengono vendute 128 confezioni di benzodiazepine (meglio note come ansiolitici e ipnotici), 50 confezioni di antidepressivi e 20 di antipsicotici (farmaci utili nelle malattie più gravi come la schizofrenia). E ancora: negli ultimi 2 anni le prescrizioni di cosiddetti stabilizzatori dell’umore (una volta utilizzati solo nella psicosi maniaco depressiva) è aumentato di ben 5 volte. Ma va detto anche che, a differenza di quanto è accaduto con altre terapie farmacologiche in cui la scoperta del farmaco capace di agire sulla causa ha contribuito a debellare malattie che erano state fino a quel momento mortali, in psichiatria l’uso degli psicofarmaci, pur avendo contribuito a trasformare le forme dell’assistenza (ad esempio la chiusura dei manicomi), non ha minimamente inciso sul numero di malati che quotidianamente si rivolgono ai centri pubblici e privati chiedendo una cura per la loro sofferenza.
Un altro dato su cui è opportuno soffermare l’attenzione: pressoché quotidianamente leggiamo di persone che del tutto inspiegabilmente compiono delitti efferati che ci lasciano sbigottiti per la loro ferocia e attoniti per la loro incomprensibilità. Quasi sempre gli autori di questi delitti erano in cura da uno psichiatra o erano stati visitati in un’epoca di poco antecedente al delitto. Su 712 delitti commessi sul territorio nazionale 88 sono opera di malati di mente, ma questo numero è sicuramente approssimato per difetto dal momento che molti autori di omicidi vengono considerati capaci di intendere e volere e per questo classificati come sani di mente anche se, in realtà, non lo sono. L’esistenza di questi delitti, oltre a quanto abbiamo sottolineato in precedenza, obbliga a riflessioni profonde sulla natura umana, sulla sua sanità e sulla sua malattia, sulle strade lungo le quali ci si ammala e sui percorsi attraverso i quali si possa guarire, ma soprattutto sulla possibilità di studio e conoscenza della mente degli uomini. La scarsa inclinazione del mondo accademico a rompere certe regole ormai consolidate fa sì che la ricerca universitaria fedele fin dalle sue origini ad una impostazione organicista ha cercato e continua ottusamente a cercare un’oggettività assai lontana dalla vera esperienza clinica. Fuori dal mondo accademico invece, in una condizione di totale libertà da schemi prefissati, si sono sviluppate ricerche assolutamente originali come quella dello psichiatra Massimo Fagioli. Da ormai 30 anni Fagioli, all’interno dei seminari di analisi collettiva, coniugando una rigorosa prassi terapeutica con lo studio della realtà umana non cosciente, è riuscito a portare avanti una decisiva ricerca di conoscenza della mente umana. E’ da esperienze come questa che dobbiamo trarre le basi per le ricerche future attraverso le quali rispondere agli infiniti interrogativi che la realtà umana continuamente pone a chi la vuole studiare e conoscere.

* docente di psichiatria all’Università La Sapienza di Roma

IL RADICALE CAPEZZONE: “NON METTETECI IN CROCE”
«Sto nell’Unione ma difendo la legge Biagi e la laicità dello Stato». Parla il segretario dei Radicali Daniele Capezzone.
di Marco Romani

“Spero solo che l’operazione politica che stiamo tentando di costruire con i socialisti non sia un accrocco elettorale, un tricicletto”. Daniele Capezzone – da qualche settimana neontermato segretario dei Radicali italiani nel congresso che ha sancito il passaggio dcl partito nell’Unione – non vuole passare per il “restauratore” di vecchie case politiche. «Vogliamo creare un vero e nuovo soggetto politico con alcuni obiettivi precisi. Il primo è quello della laicità dello Stato».

Prima il vostro slogan era “liberali, liberisti, libertari”, ora è caduta la parola “liberisti”. Un segno delle nuove alleanze?
Usciamo dalle letture ideologiche. Sogno di vivere in un paese in cui si affrontano questioni concrete. Lo, ad csempio. sono favorevole alla legge Biagi ma condivido la critica secondo la quale con queste norme a stare sul mercato sono solo i lavoratori. Una società in cui solo qualcuno rischia è ingiusta, sogno una società in cui tutti devono correre per farcela: imprenditori, professionisti e servizi.

È di destra o di sinistra l’abolizione degli ordini professionali?
Dia lei la risposta.Se per sinistra si intende la difesa dei più deboli, allora è di sinistra. Veniamo da un decennio in cui le riforme di mercato ognuno le ha fatte sul blocco sociale degli altri: il governo del centrosinistra ha fatto la riforma liberale sul commercio, il centro destra sul lavoro subordinato. Occorre portare l’intero paese a giocare una partita di competizione e concorrenza.

È convinto che mettere tutti sul mercato migliora la qualità della vita?
L’Italia è un paese dominato da lobby e corporazioni che stanno al caldo. Berlusconi si era presentato come il capo del partito liberale di massa ma ha finito per fare il “professional day” che io ho ribattezzato il “corporation day”. E questo è il suo maggior fallimento. Blair ha lanciato una sfida intelligente e suggestiva. Ha detto: gli anni Ottanta sono stati gli anni dei sindacati, i Novanta dell’economia, i Duemila devono essere gli anni dei servizi e della possibilità di scelta dcl consumatore. Questa è la sfida della sinistra moderna. Parole come rischio, talento individuale, merito devono entrare nel patrimonio della sinistra, non le si può regalare ad una destra che ha scelto privilegio, tutele, corporazioni.

Come fa a rischiare un giovane del call center con 600 euro lordi al mese?
C’è poco da rischiare: ha la certezza di vivere un’esistenza indecente, sul bordo di un precipizio. Il giovane del call center spesso è un laureato in giurisprudenza che tenta da anni di fare il concorso per poter entrare in un ordine professionale blindato.
Prodi propone di far costare molto di più il lavoro flessibile rispetto a quello a tempo indeterminato. Lei è d’accordo?
È ragionevole, così come ridurre il cuneo fiscale attuale per cui oggi un datore di lavoro dà tantissimo e il lavoratore riceve pochissimo. Nel quadro dell’abolizione delle supertutele solo per una parte della società c’è da fare anchc un’altra riforma liberale e di sinistra. Quclla del welfare. Oggi c’è un pezzo di società che se cade ha sette materassi, e un’altra che non ha né materassi né reti.

Ovvero?
Il meccanismo della cassa integrazione pro-Fiat è una cosa indecente: valanghe di denaro pubblico sono andate in settori non più trainanti. Serve invece il sussidio di disoccupazione.

Volete privatizzare tutto tranne la scuola. Non è una contraddizione?
Sì, siamo per una scuola pubblica e laica, anche se non vogliamo il mantenimento dell’esistente. lo sono contrario al finanziamento diretto della scuola privata, sarei,e sottolineo sarei, favorevole al buono scuola così è la famiglia a scegliere dove mandare il figlio. Ma per arrivarci andrebbe prima abolito il valore legale del titolo di studio. Oggi il buono scuola non è altro che un finanziamento agli istituti cattolici.

Emergenza informazione. Come rompere il monopolio Raiset? Cancellare subito la Gasparri?
La Gasparri è l’abito su misura per salvaguardare il monopolio. E ha sclerotizzato il dominio dei partiti sulla Rai.

Siete per la privatizzazione di una rete Rai?
L’idea di vendere una rete non mi convince: avremmo un corpicino esile stretto fra due giganti.

Il digitale è davvero un modo per aprire il mercato?
Ma non scherziamo. Semmai il problema è ragionare sulla crisi della tv generalista. Il monopolio Raiset fa una televisione per anziani, una fascia elettorale enorme, ma con un orientamento statico e conservatore.

Zapatero è diventato un vostro modello. Il suo primo atto è stato il ritiro dei soldati dall’Iraq. AI vostro congresso Emma Bonino ha invece detto che oggi non si può abbandonare il paese ai tagliatori di gole. Siete con il presidente spagnolo solo sui matrimoni gay?
Ci sono tanti aspetti che apprezzo di Zapatero. Uno è il fatto che ha mantenuto in piedi buona parte delle norme economico sociali volute da Aznar. Sull’Iraq, come tutti sanno, i Radicali erano contrari alla guerra proponendo invece l’esilio di Saddam. Oggi l’importante è che la parola d’ordine non sia “tanti saluti”, poi le forme della nostra presenza in Iraq sono molte. La logica è: tutti in Iraq, non per forza con i militari. A me piacerebbe chiedere a Chirac o Putin, che hanno fatto affari fino all’ultimo con Saddam che diano un contributo vero per la ricostruzione.

L’unilateralismo dell’amministrazione Bush si fonda sulla logica della guerra infinita. Se andrete al governo come deciderete quando partecipare alle missioni militari? Dovrà esserci l’ok dell’Onu o basterà quello della Nato?
L’amministrazione Usa tende a quest’ultima scelta, facilitata se l’unica risposta dell’Europa è “non ce ne frega niente”. Dobbiamo organizzare una risposta europea che vada oltre le masturbazioni sul soft power che nessuno ha ancora capito cos’è. Una strategia aggressiva, ma non militare, contro i dittatori si può immaginare. Sono un nonviolento, per me l’ipotesi militare è l’estrema ratio, vorrei però che le altre “rationes” fossero messe sul tavolo. Non vorrei scivolare in una certa indulgenza della sinistra verso i dittatori, ne nel kissingerismo. Se l’Unione va al governo bisogna evitare la situazione per cui nelle piazze si sta con Bertinotti e poi l’onorevole Minniti si mette l’elmetto e va all’ambasciata americana.

La democrazia si esporta?
No. Però si promuove attraverso l’uso della leva economica; giocando la carta mediatica – la più adatta per l’Iran – facendo lavorare insieme, dentro l’Onu, le democrazie.

Perché avete deciso di fare la battaglia sui Pacs e non quella sui matrimoni gay?
Intanto sono sconcertato per il livello del dibattito. Non ditelo a Giuliano Ferrara, ma se uno guarda la realtà americana scopre che i buoi sono scappati da un pezzo, centinaia di migliaia di coppie gay e lesbiche sono sposate, decine di migliaia di bambini sono stati concepiti da lcsbiche attraverso pratiche di fecondazione assistita, ci sono decine di migliaia di casi di adozione da parte di coppie omosessuali. Eppure non si sta verificando chissà quale catastrofe, il proibizionismo fallisce anche su questo tema. Nell’Italia del 2005 la battaglia sui Pacs si puo vincere, quella sui matrimoni gay no. Conviene cogliere un successo possibile che cambierebbe la vita a milioni di persone.

Per voi il neoclericalismo è una delle emergenze nazionali. Dopo il fallimento del referendum la Chiesa ha messo sotto tutela la società italiana?
Dopo il referendum la Swg ha fatto uno studio in cui si diceva: cari laici, non terrorizzatevi perché, nonostante la vittoria, Ruini non ha avuto capacità espansiva, ha mobilitato solo i suoi. Io sono invece convinto che quella capacità espansiva arriverà. I politici pensano tutti ai contenuti del pastone politico di Pionati sul Tg1 e nessuno si preoccupa delle fiction, tutte concentrate su preti e poliziotti che fanno ascolti record, così come le tirate a favore del Papa ”hard rock” di Celentano. Questo non vuol dire che gli italiani smetteranno di fare l’amore o di divorziarsi, ma si stanno ponendo le basi per una società schizofrenica in cui le cose si fanno ma con profondo disagio.

Avete proposto l’abolizione del Concordato e il giorno successivo, dopo la presa di distanza di tutti i partiti, il dibattito era chiuso. E’ un tabù?
Su questo non molliamo e vogliamo che la nostra posizione, senza inutili aut aut, abbia diritto di cittadinanza. In un paese in cui il presidente della Repubblica davanti al Papa parta della laicità dello Stato, non vedo perché il centrosinistra ha problemi a fare almeno la stessa cosa.
State partecipando alla scrittura del programma dell’Unione o sarà un prendere o lasciare?
Da quattro mesi sono al lavoro dodici commissioni ma nessuno ha avuto il garbo di dire ai Radicali: mettetevi due baffi finti e venite almeno ad ascoltare. Ma non è che possono darci il programma già scritto e dirci “minestra o finestra”, Chiediamo l’accettazione della dignità della tradizione radicale. Sosterremo il governo, saremo i giapponesi di Prodi. Non chiediamo nè a Marco Rizzo di bere Coca Cola a colazione, nè a Castagnetti di andare a volantinare le ricette della pillola abortiva. Ma chiediamo alla prossima pattuglia di deputati socialisti e radicali di portare avanti le nostre battaglie.

Entrerete anche nel Pse?
Escluso. Credo che sia importante porre l’accento sulla parola “liberale” che faceva parte dcl nostro slogan congressuale. Ma c’è anche un elemento tattico: il compito che l’Unione affida alla nuova lista è, anche, quello di raccogliere i consensi dei delusi del centrodestra che si aspettavano da Berlusconi la riforma liberale dell’economia.

Dopo l’abbraccio ideale con Fassino è più facile prevedere la vostra partecipazione alla fondazione del Partito democratico. E con Rutelli come la mettiamo?
Stimo la sua capacità di lavoro ma Rutelli deve scegliere cosa vuole fare nella vita. Siccome prevenire è meglio che curare, al presidente della Margherita voglio dire che abbiamo conservato le foto del giorno della firma del nuovo Concordato. L’allora presidente dei deputati radicali Rutelli s’era appeso al balcone di Montecitorio per mettere sul pennone la bandiera vaticana a simboleggiare la resa dello Stato davanti alla Chiesa.

Il tema della nonviolenza vi avvicina a Bertinotti?
Questo è un punto su cui una persona intellettualmente sofisticata come Bertinotti rischia di far prevalere l’opportunismo sull’opportunità perché oggi la nonviolenza non può essere disgiunta dal fine della promozione della democrazia. Al di là della descrizione delle disuguaglianze nel mondo e della superpotenza americana, vorrei anche capire come fai a tradurre la nonviolenza in qualcosa di concreto, che risolva la vita per milioni di uomini e donne.

venerdì 18 novembre 2005, da Avvenimenti, con un dossier sulla libertà di ricerca, con interventi di Margherita Hack, Silvio Garattini, Paolo Fiori Nastro, Demetrio Neri, Daniele Capezzone e un report dal convegno di Bruxelles, organizzato al Parlamento Europeo da l’Associazione Luca Coscioni e dallo Sdi-Radicali

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Ora c’è chi vuole adottare gli embrioni

Posted by Simona Maggiorelli su ottobre 26, 2005

Quasi, quasi me l’adotto Il Comitato di bioetica dice sì all’impianto degli embrioni orfani. Ma rende “sacri” e intoccabili anche i pre embrioni di Simona Maggiorelli

Uno spiraglio, “un tentativo di migliore almeno qualche aspetto di una legge assolutamente folle e piena di divieti”, “un piccolissimo passo avanti”. “Una scelta di buon senso vista la possibilità che prima o poi venissero gettati nel lavandino”. I giudizi positivi, anche se cauti e circostanziati, si moltiplicano fra le associazioni che si occupano di fecondazione assistita e fra chi ha partecipato alla campagna referendaria contro la legge 40. La notizia è che il Comitato nazionale di bioetica ha preso posizione a favore dell’adozione di embrioni congelati, i cosiddetti “orfani”, quegli embrioni cioè che crionconservati prima dell’entrata in vigore della nuova legge non sono stati più reclamati dalla coppia. E questo con buona pace del ministro Mantovano che ha passato tutto il tempo della campagna a inveire contro i referendari perché la legge 40 avrebbe contenuto già in nuce una possibilità di utilizzo delle giacenze in frigorifero. “Affermando una cosa palesemente falsa – commenta la vice presidente del Comitato, la biologa e bioeticista Cinzia Caporale – . In realtà la legge non dava nessuna indicazione su che fine dovessero fare questi embrioni”. All’interno del Cnb, presieduto dal cattolicissimo professor D’Agostino la discussione sull’argomento è stata assai lunga. E’ partita nel gennaio 2005 con una lettera indirizzata al comitato della professoressa Luisella Battaglia ed è andata avanti per quasi un anno nelle sottocommissioni. Preso atto che non aveva alcun senso lasciare che queste svariate migliaia di embrioni deperissero, le questioni che si aprivano erano essenzialmente due, racconta la professoressa Caporale: “O destinarli alla nascita permettendo alle coppie che ne facessero richiesta di adottarli, oppure utilizzarli per la ricerca”. Ma anche nel caso si trattasse di embrioni poco vitali, che già al momento del congelamento apparivano non in buone condizioni, questa seconda ipotesi urta con tutta evidenza la sensibilità dei cattolici. E la maggioranza del Comitato ha preferito assecondarla. “ E abbastanza ovvio – commenta sferzante il presidente dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato – aprire alla ricerca scientifica avrebbe voluto dire aprire uno spiraglio in quel muro di ideologia che è stato trasferito nella legge 40”. Ma le brutte notizie, come si sa, su questi temi, nel nostro paese non vengono mai da sole. E un’altra decisione del Comitato nazionale di bioetica ha contribuito, se possibile, ad allontanare ancor più l’Italia dal resto della comunità scientifica europea. Il comitato presieduto dal professor D’Agostino, in maggioranza espressione del governo Berlusconi ha affermato in un documento ufficiale che non solo l’embrione è sacro come già dice la legge 40, ma che anche il pre embrione, cioè quella formazione organica che si ha nelle prime 30 ore dalla fecondazione e che non ha ancora un patrimonio genetico autonomo sarebbe da tutelare e proteggere come un bambino che va a scuola. In barba al fatto che nessuna legislazione europea in materia di fecondazione assistita, nemmeno le più intolleranti di Irlanda e Portogallo, arrivano a tanto. “Il punto è che in un dibattito civile e rispettoso delle posizioni altrui – nota la bioeticista e membro dell’Unesco Cinzia Caporale – occorrerebbe affrontare la questione dei criteri in base ai quali si decide cos’è vita umana: sono io da quando uno spermatozoo ha incontrato un ovocita? O lo sono ancor più da quando ho un mio Dna?. E oltre. Sono ancora più io da quando non sono più scindibile in due gemelli. E ancor più quando si forma almeno il primo abbozzo del mio sistema nervoso. Senza dimenticare che senza un utero che mi accolga io embrione non mi potrei sviluppare, non avendo nessuna possibilità di vita autonoma fuori dell’utero prima che siano trascorse 24 settimane”. Questioni importanti, che la letteratura scientifica affronta, ma che il documento di maggioranza del Comitato di bioetica ha scavalcato sposando senza dubbi o incertezze la tesi dell’istantaneità creazionistica della persona umana, per cui un nuovo individuo ci sarebbe fin dai primi momenti dal concepimento. “Rispetto la posizione, non mi sentirei di banalizzarla – commenta la docente di Bioetica dell’Università di Siena – ma trovo avvilente che nel Cnb non ci sia rispetto per tutte le posizioni, comprese quelle più aperte al dubbio, alla ricerca”. “Non mi stupisce la presa di posizione di maggioranza espressa dal Cnb – commenta invece Cappato -. I cattolici sono contrari anche alla cosiddetta clonazione terapeutica quella tecnica di trasferimento nucleare della cellula (che non ha nulla a che fare con la clonazione umana ndr) e nella quale non c’è incontro fra seme maschile e femminile. In questo caso la proibizione non corrisponde a una necessità concreta di tutela, ma solo all’esigenza di traduzione legislativa di un presupposto ideologico”. E riguardo ai criteri in base ai quali i cattolici stabiliscono quando si debba parlare di vita umana? “I cattolici curiosamente finiscono per essere i più materialisti di tutti – dice il presidente dell’associazione Coscioni per la libertà di ricerca – per loro la vita umana corrisponde a un dato biochimico e non ha nulla a che fare con lo sviluppo di una coscienza e di una vita emotiva”. E aggiunge: “Il comitato di bioetica, da molto tempo ormai, non fa altro che trasferire in precetti bioetici i dogmi del Vaticano. E l’idea vaticana è ben chiara – conclude Cappato – è quella di tenere unite sessualità, riproduzione e famiglia e tutto ciò che spezza questa consequenzialità: la sessualità fuori dalla famiglia, la riproduzione fuori dalla famiglia, la riproduzione fuori dalla sessualità, essendo peccato, secondo loro, deve essere imposto a tutta la società facendolo apparire come reato”.

La denuncia delle associazioni
“E’ assurdo che in italia dove è stata inventata una tecnica di lavaggio del seme utlizzata in tutto il mondo sia proibito ai sieropositivi di ricorrervi, come conseguenza diretta del divieto all’eterologa stabilito dalla legge 40”. La presidente dell’associazione Amica Cicogna Filomena Gallo, mentre da avvocato sta preparando nuovi casi di autodenuncia da sottoporre alla magistratura, lancia il sasso di una nuova battaglia. E con la firma della deputata diessina Katia Zanotti, insieme a Cappato e al professor Aiuti, si fa promotrice di un’interrogazione parlamentare sulle discriminazioni causate dalla legge. Le donne sopra i 40 anni sono un’altra fascia fortemente colpita. “Il congresso dei ginecologi italiani dello scorso settembre ha stabilito un limite di età di 42 anni per le donne che vogliano sottoporsi ai trattamenti – spiega la presidente di Amica Cicogna-. Ed è chiaro che la limitazione a soli tre embrioni prevista dalla legge penalizza donne che non hanno più vent’anni”. Ma c’è un altro fatto grave e che riguarda tutti: a più di due anni dalla promulgazione della legge il ministero della Sanità non ha ancora reso pubblico il registro dei centri, di modo che le coppie si possano orientare e avere garanzie. E chi decide di andare all’estero rischia di trovarsi in una giungla di proposte sempre più costose e non sempre sicure. “I centri esteri stanno facendo dell’Italia sempre più terra di conquista – denuncia lo psicoterapeuta Angelo Aiello dell’associazione Unbambino.it -, fanno una propaganda aggressiva spacciando per scoperte e novità delle tecniche che esistono da anni, come l’impianto di embrioni congelati da parte di un centro spagnolo annunciato con titoloni a settembre dal Corsera”. E qualche volta la propaganda potrebbe rischiare di diventare altro. “Ho cominciato a insospettirmi – aggiunge Aiello – quando alcuni centri stranieri mi hanno proposto dei soldi perché io mettessi le loro informazioni sul sito dall’associazione. Da qual momento ho cominciato ad essere più sospettoso consigliando alle coppie di verificare bene le informazioni prima di decidersi a partire”.

da Avvenimenti del 26 ottobre 2005

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Scienziati disobbedienti

Posted by Simona Maggiorelli su giugno 22, 2005

Ecco “Che fare” dopo il referendum di Simona Maggiorelli

«Il nostro lavoro è divenuto pressoché impossibile, se non pagando un prezzo inaccettabile: tradire il giuramento di Ippocrate». Così sì legge nella lettera che una sessantina di medici e biologi hanno inviato al presidente Ciampi. Una drammatica presa d’atto che, con la legge 40, per i medici che si occupano di fecondazione assistita è diventato impossibile praticare quell’alleanza terapeutica fra medico e paziente necessaria al successo delle cure. Ma soprattutto denuncia Adolfo Allegra, direttore del centro di fecondazione assistita Andros di Palermo e promotore dell’iniziativa. «per legge i medici sono costretti a praticare terapie inadeguate, se non dannose per i pazienti». I punti di contrasto fra la legge 4o e la deontologia medica sono molti, dal divieto di ricorrere alla fecondazione in vitro per i portatori di malattie genetiche, all’obbligo di trasferire tutti e tre gli embrioni con rischi di gravidanze trigemine, al divieto della diagnosi genetica preimpianto. Tanto da spingere i medici riuniti nell’assemblea dei mille organizzata a Roma dall’associazione Luca Coscioni a lanciare una forte campagna di disobbedienza civile alla legge 40. «Su questa scelta abbiamo avviato un lavoro comune», si legge ancora nella lettera a Ciampi. «Non vogliamo certo eludere la legge o ingannarla, ma sentiamo l’urgenza di affermare, assumendocene la responsabilità, il rispetto della lettera della Costituzione e della nostra coscienza».

Che il quadro in Italia, per pazienti e medici, sia drammatico è notizia che da tempo circola, anche oltre confine. In partenza per il congresso europeo dì fecondazione assistita, che si tiene a Copenhagen, Ettore Barale del nuovo ospedale della Versilia racconta: «La reazione dei colleghi stranieri? Una pacca sulla spalla, mentre ti infilano nel taschino un biglietto da visita per mandargli i pazienti”. «E pensare che in Europa eravamo considerati la punta di diamante della ricerca in questo settore», aggiunge con rammarico. Per lui, come per molti altri, la tentazione di «prendere baracca e burattini e continuare il lavoro all’estero», è fortissima. Ma c’è anche chi – e all’assemblea romana degli scienziati promossa dai Radicali erano in molti – adesso, più che mai, è deciso a dare battaglia. Nel documento finale dei lavori letto dal docente di storia della medicina della Sapienza, Gilberto Corbellini, parole durissime contro «il comportamento diseducativo che hanno avuto le massime cariche dello Stato nell’invitare all’astensione», ma anche proposte per rilanciare, facendo tesoro di un fatto indubbiamente nuovo per la società italiana la partecipazione alla campagna referendaria dì medici e biologi che hanno aperto i laboratori e fatto informazione, di Nobel e scienziati internazionali che hanno firmato documenti contro la legge 40. «Era insolito incontrare i colleghi, che di solito vedi nei congressi internazionali, in uno studio tv o in piazza Duomo – dice Elena Cattaneo, responsabile del laboratorio cellule staminali della Statale dì Milano -, ma, nonostante il tempo sottratto alle ricerche, è stato importante partecipare alla battaglia per i quattro sì». E aggiunge «Dobbiamo continuare per far capire alla gente che chi fa ricerca non è certo qualcuno che progetta Frankestein, ma persone dalla deontologia fortissima, con l’unico obiettivo di trovare una cura per malattie inguaribili, scienziati che, spesso, per il loro lavoro ricevono uno stipendio di appena mille euro».

Un convegno mondiale in autunno per riaprire il dibattito su questi temi, è la proposta del segretario dei Radicali Daniele Capezzone, dal palco dell’hotel Ergife dove campeggia la gigantesca scritta “Che fare?”. Tentare di far entrare questi temi nei programmi elettorali del centrosinistra è la scommessa del diessino Lanfranco Turci e dei parlamentari del comitato referendum presenti all’assemblea dei mille. Mentre i Radicali, dal vertice alla “base”, vanno ri petendo che con il centrodestra ormai è una partita chiusa. «Berlusconi ha lasciato il campo alle forze clericali – commenta il radicale Marco Cappato -. l’appuntamento per noi ora sono le primarie dell’Ulivo».

Avvenimenti

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