Ne La comparsa Abraham Yehoshua racconta di una giovane donna che decide di non avere figli. Per libera scelta«A Gerusalemme sono stato criticato dalle femministe: “Non sono affari tuoi le ragioni per cui una donna non vuole figli, mi dicono. Ma io voglio capire»
La quarantenne Noga non è una comparsa come farebbe pensare il titolo del nuovo romanzo di Abraham B. Yehoshua. Benché lo faccia di lavoro, per tre mesi, giusto per sbarcare il lunario, Noga non è una presenza indistinta sullo sfondo della vita, come vorrebbero gli ultra ortodossi e i benpensanti nella sua città natale, Gerusalemme, che non riescono a concepire l’idea che una donna possa decidere di non avere figli. Arpista in un’orchestra sinfonica, da giovane Noga ha lasciato Israele per vivere ad Amsterdam, dove ha incontrato l’uomo diventato poi suo marito, che continua ad amarla ma l’ha lasciata perché non ha accettato la sua decisione di abortire. Nonostante abbia già una nuova compagna, continua a “inseguire” Noga, non riesce a superare un profondo senso di frustrazione e vuole capire perché abbia deciso di non avere figli. Questa stessa domanda è stata la scintilla che ha spinto lo scrittore israeliano a raccontare la storia di questa donna, indipendente e affascinante nel romanzo uscito in Italia per Einaudi.
Lo stesso autore ha così ripercorso la genesi de La comparsa senza tacere delle critiche che ne hanno accompagnato l’uscita: «A Gerusalemme sono stato criticato dalle femministe. “Non sono affari tuoi le ragioni per cui una donna decide di non avere figli”, mi hanno detto» ammette Yehoshua, «io però non voglio in alcun modo esprimere dei giudizi. Ma vorrei capire», dice lo scrittore con passione. «Per questo ho scritto questo romanzo». Anche se in molti suoi lavori da L’amante ai monologhi femminili di Un divorzio tardivo (1982) e Il signor Mani (1990) – Yehoshua ha tratteggiato molti personaggi femminili, questa è la prima volta che in effetti mette al centro della storia una donna: «Noga, che in israeliano significa Venere, è quanto mai lontana da me per età, per scelte di vita. Anche per questo mi sono lasciato guidare da lei, trattandola in modo gentile, diversamente da come faccio con i personaggi maschili».
Per quanto Nora sia una creatura di fantasia, Yehoshua si riferisce a lei come se fosse una persona reale. Non solo per quel vezzo che hanno molti scrittori, ma anche perché a dare il la a questa narrazione è stata la cronaca. «Oggi sono sempre di più le donne che decidono di non avere figli. Non accade tanto in Israele dove le famiglie hanno ancora molti figli, come nei Paesi che sono stati a lungo in guerra. Ma è un fenomeno che riguarda in modo macroscopico altri Paesi», nota Yehoshua.
Un esempio? «Il non voler procreare è una tendenza sempre più diffusa in Giappone dove si stima che fra trent’anni la popolazione sarà un quarto di quella attuale. Ma basta anche guardare a quel che succede in Germania. La decisione del governo di aprire le porte ai migranti risponde anche alla questione della denatalità». Non sono ragioni sociali o economiche a condizionare Noga, però. E neanche motivazioni di carriera: «Avrei potuto trovare molte spiegazioni banali per la sua scelta, ma non rispondevano alla domanda di fondo», continua lo scrittore: «Cercando di comprendere perché non voglia assumersi la responsabilità di proseguire il ciclo della vita mi è tornato anche in mente un filosofo musulmano dell’XI secolo che parlava del “male” che aveva fatto sua madre nel dargli la vita, perché il male è l’esistenza stessa. Ma Noga è una donna vitale che ama profondamente la vita. Ed è cresciuta in una Gerusalemme molto più aperta di quanto non lo sia oggi».
Pagina dopo pagina, in Noga matura – oltre al rifiuto per la religione – anche il rifiuto di seguire le orme di sua madre: «L’amicizia e l’intimità di suo padre e sua madre cementatesi con la vecchiaia le pesavano, più che confortarla. I genitori tacevano sul suo rifiuto di mettere al mondo un figlio, rassegnati. Eppure anche lei aveva la sensazione che loro preferissero che non rimanesse la notte per non disturbare il loro strettissimo rapporto di coppia rimasto fedele all’angusto, antiquato e usurato letto di legno nel quale i due sprofondavano in serena armonia. E se uno si svegliava di notte per uno strano sogno, l’altro lo imitava, proseguendo una conversazione che non si interrompeva neanche nel sonno». Con maestria Yehoshua scrittore ci regala intuizioni che superano la sua pur straordinaria acutezza e lucidità di intellettuale. (Simona Maggiorelli, Left- 3 ottobre 2015)
Ebrei e palestinesi, rompere il silenzio per cercare la pace
di Abraham Yehoshua
E fanno il possibile per consolidare l’occupazione e stabilire nuovi insediamenti, facendo così naufragare ogni possibilità di cambiamento. Questo dramma si è ulteriormente inasprito sotto il governo Netanyahu raggiungendo un nuovo apice con la notizia che a un convegno organizzato dal quotidiano «HaAretz» a New York (al quale è intervenuto anche il presidente israeliano Reuven Rivlin, uomo coraggioso e vero liberale) era presente un rappresentante dell’organizzazione «Breaking the Silence». È questa un’organizzazione dagli alti standard morali, fondata da soldati riservisti che raccolgono testimonianze su comportamenti scorretti dei servizi di sicurezza, dell’esercito, della polizia e dei coloni verso i civili palestinesi nei territori occupati della Cisgiordania e che hanno denunciato trasgressioni all’etica militare di loro commilitoni durante l’ultima guerra nella Striscia di Gaza. L’obiettivo di tali testimonianze, notificate dapprima alle autorità militari e portate in un secondo tempo a conoscenza del pubblico in Israele e all’estero, è quello di far conoscere ai cittadini israeliani il pesante costo morale della lotta contro i palestinesi, in atto a poca distanza dalle loro case. In ogni ente o istituzione pubblica dovrebbero esserci dipendenti coraggiosi che denunciano carenze e corruzioni che sfuggono ai meccanismi di controllo ufficiali. E questo è ancora più vero per istituzioni potenti quali l’esercito e la polizia. In Israele l’esistenza di un’organizzazione come «Breaking the Silence» assume dunque un ruolo importante in quanto il controllo dell’esercito israeliano sulla popolazione civile palestinese non è come quello, per esempio, delle truppe francesi in Algeria o britanniche in Kenya o in India. Nel caso di Israele le popolazioni ebraica e palestinese vivono mescolate e saranno costrette a rimanerlo per l’eternità. Un soldato che umilia e ferisce un giovane palestinese a Hebron o a Betlemme dovrebbe capire che nel momento in cui lo fa un suo famigliare potrebbe essere ricoverato in un ospedale israeliano e affidato alle cure di un infermiere o di un medico palestinese, zio o parente del giovane che lui ha offeso o trattato con brutalità. Pertanto il rispetto del principio definito in Israele «Purezza delle armi», ovvero l’uso delle armi secondo regole morali (uno dei valori fondamentali sui quali si è basata la forza militare israeliana fin dal principio del sionismo) è fondamentale da un punto di vista etico ed è vitale per il futuro dello Stato ebraico in Medio Oriente.L’organizzazione «Breaking the Silence», composta da combattenti patrioti che vogliono mantenere un comportamento corretto nei contatti quotidiani fra l’esercito israeliano e la popolazione palestinese sotto il suo controllo, sta facendo quindi qualcosa di estremamente importante per il futuro di Israele. Questa organizzazione, costantemente sotto attacco da parte di esponenti della destra e del centro, è stata oggetto di critiche ancora più severe dopo il convegno di New York. I durissimi attacchi dei rappresentanti della destra e del governo israeliano includono un filmato calunnioso e contraffatto in cui soldati affiliati a «Breaking the Silence» collaborano con terroristi palestinesi. Ma proprio questi attacchi hanno creato una reazione positiva. Centinaia di docenti universitari israeliani hanno pubblicato una petizione a sostegno dell’organizzazione e a loro si sono uniti ex capi dei servizi di sicurezza, ex generali e alti ufficiali dell’esercito. Non a caso quindi i rappresentanti di «Breaking the Silence» hanno pubblicato un’ironica lettera di ringraziamento per il primo ministro Benjamin Netanyahu che, con i suoi sfrenati attacchi, ha suscitato un’ondata di sostegno senza precedenti per la loro associazione. Ma i guai per la destra israeliana non finiscono qui. In Israele è stato pubblicato un altro video (vero, questa volta), che ha scioccato molti suoi esponenti, sempre così certi di essere dalla parte del giusto.
Traduzione di Alessandra Shomroni
Il libro proibito diventa un best seller
Borderlife è la storia d’amore di una ragazza ebrea con un pittore palestineseTEL AVIV. Un’immaginaria storia di amore fra un’israeliana e un palestinese ha innescato una polemica furibonda fra i vertici del ministero dell’Istruzione ed esponenti della cultura laica israeliana fra cui gli scrittori più rinomati come Amos Oz, e A.B. Yehoshua. La vicenda si è subito imposta sulle prime pagine dei giornali, mentre le vendite del libro sono aumentate. Ad accendere la miccia è stata la direzione pedagogica del ministero che, nell’esaminare una lista preliminare dei libri consigliati ai liceali, ha trovato opportuno depennare Gader Haya (Borderlife) della scrittrice Dorit Rabinyan.
In una prima spiegazione fornita ad Haaretz, il ministero ha giustificato la decisione spiegando che la lettura di quel libro non pare appropriata per adolescenti israeliani perché il suo contenuto potrebbe incoraggiare “l’assimilazione”, ossia renderli più aperti a matrimoni con non-ebrei. In seguito il ministro Bennett ha fornito una spiegazione aggiuntiva, sostenendo che nel libro della Rabinyan i soldati israeliani sono rappresentati in maniera fortemente denigratoria. Dunque, ha aggiunto, non è il caso che quel testo venga insegnato e approfondito nei licei pubblici.
Il romanzo narra l’amore fra una ricercatrice israeliana, originaria di Tel Aviv, e un pittore palestinese, di Ramallah, in una New York effervescente, fra mostre d’arte e locali notturni. Lei ha servito nell’esercito israeliano, lui ha scontato quattro mesi di carcere in Israele per aver dipinto bandiere palestinesi nelle strade. «Per divertirsi – ricorda – i miei guardiani mi umiliavano facendomi cantare una popolare canzone in ebraico». Eppure i due presto scoprono di essere molto simili. Poi i due protagonisti torneranno separatamente nella propria società di origine. Di fronte all’imposizione del ministero dell’Istruzione, i grandi nomi della letteratura israeliana si sono mobilitati per protestare. Amos Oz ha notato polemicamente che anche personaggi biblici importanti si scelsero donne non ebree. Altri rilevano che peraltro in Israele i matrimoni fra ebrei e non sono rari. Nel frattempo chi beneficia della polemica è la stessa Rabinyan il cui libro è andato a ruba fino al tutto esaurito nelle librerie. Di conseguenza nei prossimi giorni sarà ristampato. Fra gli altri scrittori è ora palpabile l’invidia: «Magari – scrivono alcuni su Facebook – il ministero sconsigliasse ora anche i miei libri!».