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Posts Tagged ‘Pietro Marani’

Dipingere i moti dell’animo

Posted by Simona Maggiorelli su novembre 20, 2011

Nuove scoperte emerse dal restauro de La Vergini delle Rocce e una grande mostra alla National Gallery di Londra riaprono gli studi sul genio del Rinascimento sottolineando l’originalità della sua pittura incentrata sulla rappresentazione della dinamica degli affetti  e sulla realtà interiore dei personaggi ritratti. Intanto due esposizioni a  Roma e a Torino invitano ad approfondire la conoscenza dei suoi disegni in un confronto diretto con Michelangelo.

di Simona Maggiorelli

Leonardo, La dama con ermellino

«E’ la mostra che avrei voluto per Milano, che avevo in mente per l’Expo 2015» confessa Pietro Marani, fra i massimi studiosi di Leonardo, commentando la grande mostra londinese  dedicata a Leonardo aperta dallo scorso 9 novembre al 5 febbraio 2012 alla National Gallery, (e che già registra un pieno di visitatori da ogni parte del mondo).

Di fatto si tratta della prima importante rassegna sugli anni milanesi Leonardo, dagli anni 80 agli anni 90 del Quattrocento, quelli più prolifici, trascorsi a servizio di Ludovico il Moro, quando il genio del Rinascimento fiorentino, tenendo a debita distanza le pressioni di signori e di committenti ecclesiastici, affrescò il suo Cenacolo in Santa Maria delle Grazie. Quello straordinario teatro delle passioni di cui Marani anni fa ha guidato il restauro riportandone alla luce un impensato impianto coloristico.

«La mostra londinese è una bella occasione di confronto internazionale fra gli studiosi» prosegue l’ex soprintendente milanese che a Leonardo, dopo tanti lavori scientifici, ha dedicato il romanzo breve Le calze rosa di Salaì (Skira), Oltremanica si può vedere il risultato del restauro della Vergine delle Rocce del 1480-90, di cui i curatori rivendicano la completa autografia leonardesca (fin qui si pensava un’opera frutto di collaborazione) ma si può vedere anche il da poco ritrovato Salvator Mundi, «una tela – racconta Marani – che ho avuto modo di vedere anni fa a Londra quando riemerse dal mercato americano e in pessime condizioni. Dopo una lunga ripulitura, ora si presenta come una pittura di grande qualità tanto che – dice lo storico dell’arte – potrebbe davvero essere di mano di Leonardo, come è stato annunciato in occasione del lancio di questa esposizione».

La mostra di Londra, dunque,  riapre la discussione sull’attribuzione della tela di proprietà del gallerista newyorchese Robert Simon, anche se ci vorrà tempo e molto studio per risolvere definitivamente la controversia. Comunque sia, con o senza i colpi di scena annunciati dalla cronaca, la mostra Leonardo da Vinci painter at the Court of Milan si segnala già come straordinaria per la serie di ritratti che è riuscita ad avere in prestitoe ad esporre  riuniti. A cominciare dalla Dama con Ermellino- Cecilia Gallerani (1488-1490), proveniente dal Museo Czartoryski di Cracovia e dalla Belle Ferronière (1490-1495) che viene dal Louvre, quadri con cui Leonardo supera la rigida tradizione rinascimentale di ritratti ufficiali di profilo regalandoci l’emozione di presenze femminili vive e misteriose e di giochi di sguardi con il pubblico che, nel caso di Cecilia Gallerani, arrivano ad alludere anche alla presenza fuori campo dello stesso Ludovico il Moro.

Leonardo, Cartone di Sant'Anna

E se in capolavori come questi Leonardo riesce quasi a farci percepire il movimento della mente e il flusso dei pensieri del soggetto ritratto, nel celebre cartone di Sant’Anna conservato a Londra (e di cui gli studiosi del British Museum ora propongono una retrodatazione alla fine del Quattrocento) Leonardo crea una intimo intreccio di rapporti emotivi fra i personaggi.

E’ uno degli esempi più raffinati e intriganti di quella dinamica degli affetti che Leonardo – inarrivabile in questo fra i pittori del Rinascimento – seppe rappresentare. Non emulato né da Michelangelo, che era interessato ad altro tipo di rappresentazione, più  fisica, epica e religiosa, né dal più giovane Raffaello che, per quanto  dovesse molto a Leonardo riguardo al disegno a matita nera,  era assai più attento al consenso della committenza ecclesiastica che aveva fatto di lui “il divin pittore”.

« Quanto a Michelangelo – approfondisce Marani – con la torsione delle forme, era interessato a rappresentare le idee innate che Dio aveva posto nella mente dell’uomo. Leonardo invece tendeva a rappresentare un ideale di bellezza che veniva concretamente dalla natura». Con questa idea Marani, nei mesi scorsi si è fatto mentore  di una piccola, ma interessantissima mostra in Casa Bonarroti a Firenze in cui erano a confronto disegni di Leonardo e Michelangelo. Con il titolo La scuola del mondo, in collaborazione con Pina Ragionieri,  Marani  aveva realizzato nella casa di Michelangelo un percorso espositivo ( catalogo Silvana editoriale)  che metteva al centro il confronto fra  i disegni realizzati da Leonardo per la Battaglia di Anghiari in Palazzo Vecchio, (l’affresco che fu murato da Vasari dopo il ritorno dei Medici al potere e mai più ritrovato) e i disegni di Michelangelo per l’affresco mai dipinto della Battaglia di Cascina. In versione ampliata e arricchita da disegni provenienti dall’Ambrosiana di Milano la mostra fiorentina (che ha chiuso i battenti l’agosto scorso) ora è ospitata fino al febbraio 2012 dai Musei  Capitolini di Roma.

Lungo il percorso ricreato ad hoc si può leggere in parallelo l’evoluzione personale di ciascuno dei due artisti. In particolare qui Marani mette a valore  la sua ipotesi sui motivi che portarono Leonardo ad abbandonare il tradizionale disegno fiorentino a punta di argento per passare a quello a matita, nera o rossa. «Fu l’esigenza di ritrarre i moti mentali a rivelargli l’insufficienza dei media tradizionali», spiega Marani.

Il tratto d’inchiostro nitido e quasi inciso non gli permetteva di andare in profondità come avrebbe desiderato nel rappresentare gli umori, le passioni, gli affetti che rendono espressivo il volto e la “corrente emotiva” che si crea nei rapporti umani. «La matita – aggiunge lo studioso – gli regala una nuova dolcezza nello sfumato e nel chiaroscuro, un segno morbido manipolabile anche direttamente con i polpastrelli che gli permetteva di rappresentare anche le più sottili vibrazioni luministiche ed emotive». Ne sono prova le straordinarie teste di combattenti disegnate per la Battaglia di Anghiari e che, insieme al ritratto di Isabella d’Este proveniente dal Louvre e ad alcuni profili di “vecchi e di giovani affrontati”, a teste ideali e schizzi di volti grotteschi rappresentano il corpus centrale di questa preziosa mostra transitata da Firenze a Roma

Leonardo la vergine delle rocce

Leonardo La Vergine-delle-rocce-Londra

LE NUOVE SCOPERTE EMERSE DAL  RESTAURO DELLA VERGINE DELLE ROCCE

Liberata dalla vernice giallastra che la ricopriva fin da una ripulitura degli anni Quaranta del Novecento, l’opera è stata riportata a un aspetto, il più vicino possibile a com’era in origine». Così Lerry Keith, direttore dei restauri della versione della Vergine delle rocce conservata al British Museum racconta i lavori appena ultimati. «In questo modo- aggiunge – è emerso lo straordinario uso del contrasto luce ombra con cui Leonardo dava tridimensionalità ed evidenza scultorea alle figure». Ma non solo. «L’esame tecnico riflettologico – prosegue Keith – ci ha permesso di vedere meglio come lavorava: facendo continui aggiustamenti, modificazioni e ritocchi come se fosse riluttante a fissare sulla tela un’immagine fissa e definitiva, una volta per tutte». Discorso affascinante che ci riporta agli studi di Leonid Batkin ( Leonardo da Vinci, Laterza) quando ipotizzava un programmatico “non finito” leonardesco, frutto di un processo creativo in cui l’ideazione era assai più importante della realizzazione dell’opera in una forma definita e ipostatizzata. Con lui un altro noto studioso, Martin Kemp (La  mente di Leonardo, Einaudi) ha messo in evidenza come, specie negli anni più maturi, Leonardo tratteggiasse l’essenziale, «il resto rimane sempre non finito e lasciato all’immaginazione». Ma c’è ancora un’altra scoperta che il restauratore ci invita a considerare: «Con tecniche avanzate – dice – siamo stati in grado di scoprire qualcosa di più sui pigmenti usati da Leonardo. Per esempio abbiamo individuato un pigmento rosso di lago; è descritto nelle fonti dell’epoca ma non siamo riusciti a trovare nulla di simile della National Gallery».

Qui torna in primo piano Leonardo sperimentatore di tecniche nuove, che per lui non erano solo ricerca di maggiore efficacia pittorica ma parte di una ricerca continua sugli strumenti messi a disposizione dalla natura, per chi la sa comprendere, fuori dal dogmatismo religioso. Con i «trombetti e i dommatici», si sa, Leonardo non andava molto d’accordo.

Leonardo, autoritratto

Per lui non c’era nulla nella sapienza libresca che potesse farlo rinunciare alla “sperienza” diretta. Sperimentazione diretta, studio della natura, ma come si evince anche dalla Vergine delle rocce, quando poi si trattava di dipingere un tratto di paesaggio non si trattava di farne una copia dal vero, ma di ricrearla con fantasia, secondo un’immagine di bellezza, tutta interiore.

INTANTO ALLA REGGIA DI VENARIA la mostra Leonardo, il genio, il mito

La Scuderia Grande della Reggia di Venaria ospita dallo scorso  17 novembre  al 29 gennaio 2012 la mostra Leonardo. Il genio, il mito, ponendo al centro del percorso il celebre Autoritratto di Leonardo, conservato nel caveau della Biblioteca Reale di Torino. Intorno all’opera,in cui Leonardo rappresenta se stesso come un elegante vecchio saggio  sono esposti il Codice sul volo degli uccelli ed una trentina di importanti disegni di Leonardo, provenienti da collezioni italiane ed europee, sul tema dell’anatomia umana e del volto, delle macchine, della natura nonché altri interessanti ritratti riferibili ad allievi per un confronto diretto ed inedito con lo stesso Autoritratto. La mostra è arricchita  da una curiosa e variegata selezione di opere di artisti  -da  Vasari e Sodoma a Duchamp, Warhol, Spoerri, Nitsch e tanti altr -i che raccontano come nei secoli si sia articolato il mito di Leonardo.

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Avventure di carta

Posted by Simona Maggiorelli su agosto 5, 2011

di Simona Maggiorelli

Marilyn

Viaggiare con la fantasia, avendo finalmente un po’ di tempo da dedicare ai libri e all’approfondimento. Con l’avvicinarsi delle vacanze arriva anche l’occasione buona per nutrire la mente con buone letture. E se la crisi picchia dura e siete fra quegli italiani (uno su cinque dicono le statistiche) che quest’estate resterà a casa, tanto più vale godersela in poltrona, con un buon romanzo o un saggio illuminante. Ecco dunque un vademecum di proposte per tuffarsi in un limpido mare di storie, di idee, di racconti.

Sulle rotte delle tigri della Malesia. Attenzione, attenzione, le tigri di Mompracem sono tornate. E in chiave decisamente antimperialista. Dopo aver raccontato le gesta del Che e quelle di Zapata, Paco Ignacio Taibo II con il romanzo Ritornano le tigri della Malesia (Marco Tropea) si è messo sulle tracce di Salgari riscrivendo – in omaggio al grande scrittore di cui ricorre il centenario della morte – una delle saghe più famose di Sandokan. In questa spassosa reinvenzione Taibo II ripercorre le lotte di indipendenza del Sud-Est Asiatico dall’oppressore occidentale, viste dalla parte di quei ribelli che la letteratura europea storicamente ha sempre tratteggiato negandone l’identità e la cultura. E sulle tracce di Salgari, in termini biografici, si è messo anche Ernesto Ferrero che per Einaudi ha ripercorso la vita travagliata dello scrittore che “Fin da ragazzo amava disegnare le navi, vascelli alberati, cutter , brigantini e più c’erano alberi e vele e sartie più godeva”, racconta Ferrero nel suo libro Disegnare il vento fra i cinque finalisti del Premio Campiello 2011. Il titolo è mutuato da un autoritratto dello stesso Salgari . “ Di sé diceva che amava disegnare il vento; per lui – aggiunge Ferrero – era un po’ come disegnare la libertà, la forza, la vita. Rendere visibile l’invisibile”. E se poi sarete tentati di riassaggiare il gusto della prosa salgariana che accendeva i nostri pomeriggi d’infanzia Einaudi ha appena ripubblicato l’intero ciclo del Corsaro nero in edizione economica.

Passaggio ad Oriente

Dalla Malesia salgariana al fascino dell’Indonesia, un Paese che conta 240 milioni di islamici, ma che è di fatto una nazione dell’identità poliedrica, complessa, meticcia. Ne ripercorre le molteplici e affascinanti facce – dai quartieri più frenetici e ricchi di Giacarta ad isole sperdute ricche di mitologia – la giovane scrittrice indonesiana Nukila Amal nel romanzo Il drago cala Ibi, uno degli ultimi titoli pubblicati dalla casa editrice Metropoli d’Asia, nata da una costola di Giunti . Da qualche mese Metropoli d’Asia veleggia indipendente nel mercato dell’editoria continuando a proporre freschissimi romanzi e noir che raccontano dall’interno come sta cambiando il Sud-Est Asiatico. Un’altra preziosa guida in questa area del mondo è la casa editrice O barra O che ha appena pubblicato un importante libro testimonianza di Win Tin, braccio destro di Aung San Suu Kyi e coordinatore della Lega nazionale per la democrazia. Nel volume Una vita da dissidente risuona forte e coraggiosa la sua voce contro la la violenza della giunta militare al potere in Birmania. E ancora si può idealmente viaggiare in Asia con il giornalista Claudio Landi, (voce di Radio Radicale e autore della trasmissione “L’ora di Cindia”) che con La nuova via della Seta (O Barra O) ci aiuta a capire i repentini cambiamenti di geopolitica che riguardano quell’ampia zona che va dalla Cina all’India. E ancora: il viaggio può continuare con titoli freschi di stampa come Storia dell’India e dell’Asia del sud (Einaudi) dello storico americano David Ludden , come Il Giappone moderno, una storia politica e sociale (Einaudi) di Elise K. Tipton e, per quanto riguarda la Cina, si può ricorrere alla splendida enciclopedia Einaudi in tre volumi di cui è appena uscita la monografia a cura del sinologo Maurizio Scarpari sulle origini della civiltà cinese. Ma per leggere la storia orientale con occhi nuovi, fuori dal pregiudizio eurocentrico, da non lasciarsi sfuggire è anche l’affascinante e complesso ritratto di Gengis Khan che ha tracciato l’orientalista René Grousset nel libro Il conquistatore del mondo ( Adelphi) ricostruendo l’antico tessuto culturale a cui l’indomabile condottiero mongolo ricorse per ammantare di mistero il proprio regno.

Dopo la rivolta del Medioriente

Percorrendo quelle vie che dall’estremo Oriente, fin dall’antichità, arrivavano in Turkemenistan e in Turchia, arriviamo così – pagina dopo pagina – in una delle zone politicamente più calde del momento: il Medioriente delle rivoluzioni giovanili che chiedono maggiori diritti e democrazia. Accade non di rado che le intuizioni degli scrittori precedano gli eventi. E’ il caso dello scrittore algerino Amara Lakhous, conosciuto in Italia per il bestseller Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio, che ora ha deciso di ripubblicare per le Edizioni e/o Un pirata piccolo piccolo, quel suo primo e sorprendente romanzo che negli anni Novanta non trovò un editore in Algeria disposto a pubblicarlo perché giudicato troppo franco ( e per questo pericoloso) nel raccontare il malessere della gioventù algerina delusa dalle false promesse del Fronte di liberazione nazionale. Scritto con piglio sagace, da commedia nera, il libro di Lakhous preconizza le rivolte a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi. E’ un coraggioso affondo, invece, nella mancanza di giustizia sociale che attanaglia la Siria il potente romanzo dello scrittore dissidente siriano Khaled Khalifa. Un libro dal titolo provocatorio, Elogio dell’odio (Bompiani), e che affresca la dura realtà siriana con gli occhi di una giovane studentessa universitaria cresciuta in una famiglia tradizionale e alla ricerca di una via di fuga dalla violenza dei fondamentalisti. Dalla fiction alla cronaca che talora va crudelmente oltre la fantasia. E’ un messaggio di denuncia fortissimo contro la violenza della teocrazia di Ahmadinejad il libro dell’iraniano Arash Hejazi il giovane medico che il 20 giugno del 2009 cercò inutilmente di rianimare Neda colpita a morte dai cecchini del regime durante la rivolta di piazza contro i brogli elettorali. Con il titolo Negli occhi della gazzella il libro (che è uscito in Italia per Piemme), è stato scritto in Inghilterra dove Hejazi vive da rifugiato, anche grazie all’appoggio dello scrittore Paolo Coelho. Da un medico a un altro medico, autore di un libro-testimonianza toccante e di grande peso politico: Parliamo del ginecologo palestinese Izzeldin Abuelaish che nel suo Non odierò (Piemme) racconta l’attacco dell’esercito israeliano alla popolazione civile palestinese. In un raid, non molto tempo fa, hanno perso la vita anche le sue figlie adolescenti. In queste pagine ripercorre le ragioni che lo spingono a continuare il suo lavoro di medico in quelle zone martoriate cercando di contribuire a un futuro di pace. E ancora due libri pensando all’Iraq devastato dalla guerra americana: il viaggio racconto di un giovane scrittore italiano, Luigi Farrauto, in Senza passare per Baghdad (Voland) e , soprattutto, Addio Babilonia, il romanzo scritto negli anni Settanta dallo scrittore iracheno Naim Kattan e ora pubblicato in Italia da Manni, un libro in cui riaffiora tutto il fascino di una città dalla tradizione antichissima, così come era prima che fosse oppressa dal regime di Saddam e dalle guerre. E , prima di voltare pagina, per chi volesse continuare ad approfondire, il nostro consiglio non riguarda un solo libro, ma una intera collana, la nuova RX di Castelvecchi dove di recente sono usciti titoli come Mediterraneo in rivolta di Franco Rizzi (con la prefazione di Lucio Caracciolo) e L’età dell’inganno del Nobel egiziano Mohamed El Baradei, sulle minacce nucleari e l’ipocrisia delle nazioni.

Se la letteratura si scopre green

Da un po’ di tempo non è più solo la saggistica ad aiutarci a capire i danni che questo sistema di produzione e di consumo sta producendo al pianeta. Di fatto le tematiche ambientali colpiscono sempre più la fantasia degli scrittori. Grandi e piccoli. Da Ian Mc Ewan che con Solar (Einaudi) ha affrontato il tema di una scienza applicata che non sa affrancarsi dalle pressioni di mercato fino a esordienti di talento come la francese Elisabeth Filhol che nel suo romanzo La centrale, (Fazi editore) con stile affilato e lucido, affronta la minaccia che viene dalle centrali nucleari. Un tema che ha ispirato anche il nostro Francesco Cataluccio che nel romanzo Chernobyl (Sellerio) torna idealmente nella cittadina russa dove avvenne uno dei più grandi disastri nucleari e dove la vita, da quel 26 aprile del 1986 , non è più tornata normale. E ancora, è un romanzo di formazione, che si compie drammaticamente sullo sfondo di una discarica il romanzo Corpi di scarto di Elisabetta Bucciarelli pubblicato da Edizione Ambiente. Racconta la storia di un ragazzino cresciuto troppo in fretta fra sacchi di immondizia, acqua sporca e cumuli di ferro rugginoso.

Accanto alla letteratura di denuncia, e quasi in parallelo, per fortuna, fiorisce anche quella che ci invita alla scoperta di angoli ancora miracolosamente intonsi del nostro pianeta, come il libro Luoghi selvaggi (Einaudi) dell’alpinista, docente di Cambridge e collaboratore della BBC Robert MacFarlane che ritrovando il piacere che aveva da bambino nel fantasticare sui luoghi selvaggi della letteratura, ha scritto questo avvincente diario dei suoi viaggi dalle isole Skelligs alle vette di Ben Hope, fra Scozia Inghilterra e Irlanda. E’ un viaggio di esplorazione nella giungla africana, alla scoperta di antichi miti e riti di stregoneria invece Spiriti guerrieri, mappa nell’Africa nera (Corbaccio) del giornalista inglese e inviato di guerra Tim Butcher. Infine, passando dietro lo specchio, con un rocambolesco salto dalla realtà all’immaginazione più visionaria, torna un vecchio sciamano della letteratura sudamericana come Alejandro Jodorowsky tracciando ne Il pappagallo dalle sette lingue (Giunti) un alchemico viaggio nel Cile degli anni Quaranta. E se quel vecchio lupo di mare di Jodorowsky ci invita a guardare a un passato magico e onirico, all’opposto, è un salto nel futuro quello che ci invita a compiere il docente di scienze della terra dell’Università della California , Laurence C. Smith, nel volume 2050 (Einaudi) dove indaga come potrà essere la Terra fra quarant’anni, sotto la spinta demografica, del cambiamento climatico e della globalizzazione.

Intanto, per cominciare a vedere i segni di questi cambiamenti nel nostro presente, Adriano Labbucci in un delizioso pamphlet scritto per Donzelli, invita a fare una cosa semplicissima e alla portata di tutti i portafogli: camminare. Tenendo svegli i cinque sensi, lasciandosi andare, anche se meta come insegnava, da flâneur, Walter Benjamin, lasciando che sia la realtà ad emozionarvi e sorprendervi.Camminare. Una rivoluzione. Promette Labbucci fin dal titolo.

Alla riscoperta del Belpaese

Cammina, cammina, si possono riscoprire le bellezze paesaggiste e artistiche di questa maltratta Italia. Che in barba a cartolarizzazioni e svendite da finanza creativa tremoniana e non, miracolosamente continuano a resistere. Così se quest’estate decideste di calzare un cappello da turista e di avventurarvi fra monumenti e musei avremmo da suggerirvi come suggestivo Baedeker i volumi ( leggerissimi, da portare in tasca) della ottima collana di storia dell’arte “sms” varata da Skira, ma anche l’insolita serie di romanzi brevi ispirati a grandi artisti del passato che sempre Skira ha varato da qualche tempo e in cui si s’incontrano Vita allegra di un genio sventurato, la biografia romanzata di Benvenuto Cellini, carnale e ribollente di passioni, scritta dall’attore Marco Messeri, ma anche il libro, raffinatissimo che Anna Banti dedicò a Lorenzo Lotto e che da tempo era fuori catalogo. Ma anche l’esordio nella narrativa dell’ex soprintendente Pietro Marani che ne Le calze rosa di Salaì immagina Francesco Melzi, allievo di Leonardo da Vinci alla ricerca di un quadro perduto del grande maestro del Rinascimento. E quanto più si apprezzeranno le superstiti bellezze del Belpaese, tanto più si potrà capire l’importanza politica e civile di pamphlet come A che serve Michelangelo?(Einaudi) in cui lo storico dell’arte Tomaso Montanari denuncia l’uso politico e truffaldino che questo governo di centrodestra ha fatto del nostro patrimonio e di libri come Paesaggio Costituzione cemento (Einaudi) in cui l’ex direttore della Normale di Pisa, Salvatore Settis traccia il quadro drammatico dello scempio che si sta compiendo in Italia.

Quel pasticciaccio brutto del Paese Italia

Mentre l’informazione libera è sempre più sotto attacco in Italia molti giornalisti di vaglia si sono dati a scrivere la storia politica dell’Italia dei nostri giorni, offrendo strumenti indispensabili per ripensare episodi bui della nostra storia. Come ad esempio l’assassinio di Carlo Giuliani da parte dalle forze dell’ordine, dieci anni fa al G8 di Genova di cui sono tornati ad occuparsi Guadagnucci e Agnoletto con il libro L’eclisse della democrazia Feltrinelli, ma anche scrittori e letterati di diversa estrazione ( da Carlotto a Balestrini, da Ravera a Voce) nel volume a più mani Per sempre ragazzo, racconti e poesie a dieci anni dall’uccisione di Carlo Giuliani edito da Marco Tropea. Per provare a capire qualcosa di più nella sciarada dei poteri forti e deviati che- non da ora – intossicano il Belpaese. Scritto con stile avvincente, quasi da romanzo il libro di Fedetico Varese Mafie in movimento (Einaudi) aiuta a capire come il crimine organizzato in Italia stia conquistando nuovi e inaspettati territori. Ma per capire l’oggi delle lobbies segrete e dei comitati affaristici infiltrati nello Stato una lettura importante, per molti versi sconvolgente, è quella del libro di Anna Vinci La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi: un libro che ricostruisce i taccuini tenuti minuziosamente dalla parlamentare democristiana che ebbe l’incarico di guidare la commissione di inchiesta sulla P2. Ne escono pagine che parlano senza infingimenti del conivolgimento di personalità di spicco della politica italiana e la Anselmi ebbe il coraggio e l’onestà di non tacere anche quando si trattava di esponenti del suo partito , la Dc. Fatto curioso ma non troppo, i risultati di quella indagine furono praticamente insabbiati e solo oggi quelle importanti carte vedono la luce grazie al coraggio di Chiarelettere. Per i tipi della casa editrice milanese di recente è uscito un altro bel libro che ci invita a rileggere pagine ancora importanti e valorose della nostra storia, come la Resistenza. In concomitanta con l’uscita del pamphlet Indignatevi dell’ex partigiano francese Stephan Hassel (di cui Salani editore ora pubblica anche il nuovo Impegnatevi!) , Chiarelettere ha mandato alle stampe la toccante memoria, Ribellarsi è giusto di un altro ex partigiano oggi ultranovantenne, l’avvocato torinese Massimo Ottolenghi. Un libro in cui l’ex militante del partito d’azione, nato da una famiglia di origini ebraiche, ripercorre la vicenda che lo portò ad essere ostracizzato dall’università e costretto a far passare le figlie per pazze per salvarle dal lager, ma anche le battaglie poi da magistrato per la ricostruzione dell’Italia, lanciando un messaggio appassionato ai giovani di oggi perché non rinuncino a lottare per un Paese migliore. E come una lettera aperta ai giovani è scritto lo stringente ed essenziale libro di Stefano Rodotà , Diritti e libertà nella storia d’Italia (Donzelli) editore in cui il giurista ripercorre la vicenda di uno Stato italian nato sotto il segno di un forte dibattito sulla laicità e culminato nella scrittura di una Carta costituzionale fra le più avanzate in Europa e che, dopo straordinarie conquiste come la legge sul divorzio e quella sull’aborto, oggi si vede preda di una politica genuflessa e – per compiacere i diktat vaticani, disposta a fare leggi come quella sul testamento biologico appena passata alla Camera e che lede profondamente i diritti di autodeterminazione dei cittadini. Curiosamente proprio nell’anno in cui si festeggiano i 150 anni dell’unità d’Italia fioccano provvedimenti iniqui e liberticidi. Fare la differenza con le passioni che mossero i nostri avi nel Risorgimento può allora essere un sano choc. Andatevi a vedere per esempio, la bella e romanzesca biografia L’isola e il sogno (Fazi) in cui Paolo Ruffilli ripercorre la breve vita di Ippolito Nievo, giovane avvocato e scrittore colto e appassionato, ma anche militante garibaldino, scomparso ahinoi troppo presto nell’impresa dei mille del 1861 poco prima che fosse proclamata l’Unità d’Italia, ma appassionante – fuori da ogni accento agiografico – è anche la raccolta di ritratti di personaggi messa a punto da Lorenzo del Boca in Risorgimento disonorato (Utet), in cui affiora un mosaico di personaggi straordinari che lottarono per rendere l’Italia indipendente dalla tirannide austriaca, ma anche per liberare il Paese dai tanti “tirannelli austriacanti”. Fra questi s’incontra anche un un patriota di Forlì noto come strozzapreti!

( ha collaborato Federico Tulli)

dal quotidiano Terra 2011

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Un enigmatico Leonardo

Posted by Simona Maggiorelli su novembre 26, 2009

A Milano è in mostra il San Giovanni del Louvre. Con nuove ipotesi sulla sua genesi e storia

di Simona Maggiorelli

Leonardo, San Giovanni Battista Louvre

Lo sguardo magnetico che richiama quello della Sant’Anna nel celebre cartone di Londra. E il sorriso enigmatico che contrasta visibilmente con il gesto della mano, tradizionalmente utilizzato nella pittura sacra per indicare l’Altissimo. Ma che nella concezione umanistica di Leonardo potrebbe anche alludere a una nuova umanità futura.

Gli studiosi per secoli si sono rotti la testa per interpretare questa criptica rappresentazione che Leonardo fece del Battista. E lungamente incerta è rimasta anche la genesi di questa opera conservata al Louvre insieme alla Gioconda, alla Belle ferronnière e a una delle due versioni della Madonna delle rocce, dove un San Giovanni ancora bambino richiama il gesto di questo San Giovanni Battista che, invece, ha l’aria di un giovane Ganimede o di un Bacco pagano (per la pelle di pantera che ha addosso).

Dal 27 novembre al 27 dicembre, eccezionalmente, l’opera sarà esposta in Palazzo Marino a Milano. Le storiche dell’arte Valeria Merlini e Daniela Storti le hanno dedicato una mostra dal titolo Leonardo a Milano.Esposizione straordinaria del San Giovanni Battista di Leonardo da Vinci, che offe l’occasione per fare il punto sugli ultimi trent’anni di studi leonardeschi.

Ne emerge che il quadro probabilmente fu iniziato a Firenze, come ha sostenuto fin dal 1977 Jean Rudel, il quale, studiando le prime radiografie del quadro, rilevava: «L’effetto generale di monocromo scuro, reso più ampio dal fondo unito, rafforza l’impressione di un avvolgimento d’ombra, ancora accresciuto dall’invecchiamento delle vernici superficiali: ciò aumenta il senso di mistero, velando alcune indiscutibili imperfezioni, rese meno percepibili, a prima vista, da una superficie spesso riflettente». Uno strato di pittura retrostante, con effetti di morbido e avvolgente chiaroscuro, contribuiva, secondo l’autrice di Leonardo. La pittura (Giunti), a rendere chiara l’autografia dell’opera. Che lungo la sua tribolata storia, fra sparizioni e riapparizioni in collezioni private, più volte era stata messa in discussione. Così, mentre avanzava fin dalla fine degli anni Settanta l’ipotesi di un’anticipazione della datazione del dipinto ai primi anni del Cinquecento – come ricostruisce Pietro Marani nel saggio pubblicato nel catalogo Skira che accompagna la mostra milanese – Rudel aveva aperto la strada al lavoro fondamentale di Martin Kemp.

In Leonardo da Vinci e mirabili operazioni della natura e dell’uomo (Phaidon e ora Mondadori) lo studioso inglese ha suggerito un’ipotesi affascinante, ovvero che il vero tema del dipinto fosse la luce. Servendosi del chiaroscuro Leonardo cercava «di inserire il rilievo nella superficie dipinta» e al tempo stesso di dare movimento alla figura, con una rotazione dai «mutamenti, potenzialmente infiniti».

Oltre a distinguere i danni reali che maldestri tentativi di restauro nei secoli hanno causato al quadro (che si era andato progressivamente scurendo), Kemp ha avuto anche il merito di fissare definitivamente la datazione del dipinto attorno al 1510, cogliendo il nesso con le ricerche sulle velature atmosferiche che Leonardo fece proprio in quegli anni.

Riguardo alle rocambolesche vicissitudini del quadro – che dopo la morte dell’artista in Francia “sparì” per tornare alla ribalta solo nel 1630 – nuovi studi ipotizzano che la tela sia rimasta sempre a Firenze. Leonardo non l’avrebbe portata con sé a Milano come si pensava. E neanche nella residenza francese Clos Lucé a Cloux nella quale visse gli ultimi due anni della sua vita.

da Left-Avvenimenti del  27 novembre 2009

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