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Biotestamento. La nuova legge truffa

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su marzo 29, 2009

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Piergiorgio e Mina Welby


di Simona Maggiorelli

Una legge inemendabile” l’aveva giudicata già settimane fa il giurista Stefano Rodotà. Mentre Giovanni Berlinguer, per lunghi anni membro del Comitato di bioetica dell’Unesco, la giudica senza mezzi termini, “ l’ultima nuova fetenzìa, dopo la legge 40”. Perché questa nuova “legge truffa” sulle dichiarazioni anticipate non solo va contro l’articolo 32 della Costituzione e contro la convezione di Oviedo, ma configura una gravissima intromissione dello Stato nel rapporto medico- paziente. “Una legge pessima, confusa, contraddittoria, ma soprattutto liberticida” la definisce il vicepresidente del Senato, Emma Bonino che, dopo l’approvazione della legge al Senato, auspica una grande mobilitazione popolare di protesta.

Fin qui, però va detto, che nonostante l’encomiabile buona volontà degli oltre duemila emendamenti depositati dai Radicali (che si sono fatti veicolo delle istanze della cosiddetta società civile) l’opposizione parlamentare è apparsa, nel suo complesso, evanescente. In risposta agli antiscientifici discorsi del sottosegretario al welfare Eugenia Roccella che al Senato, contro ogni evidenza medica, ha parlato di idratazione e alimentazione artificiali come pane e acqua e di Eluana Englaro come una “grave disabile” che sarebbe stata “capace di conservare immagini e ricordi in qualche parte della sua mente”, la capogruppo Pd Anna Finocchiaro ha saputo solo auspicare un ritorno al concetto di “morte naturale” condannando la sopravvivenza artificiale garantita dalle macchine. Recuperando la critica della tecnica di un pensatore nazista come Heidegger ma, soprattutto, appoggiandosi alla critica della bioetica liberale di Jürgen Habermas, il filosofo che il Pd ha eletto nel proprio Pantheon.

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Luca e Maria Antonietta Coscioni

Un macabro rovesciamento che la sottosegretaria al welfare con tutta evidenza non ha espresso solo a titolo personale. Nei discorsi della pasionaria pro-life nonché autrice di un libro clamorosamente ideologico contro la Ru486, riecheggiano certi discorsi del Premier sulla possibilità che Eluana avrebbe avuto di avere figli, dacché i danni al tronco encefalico non erano tali da non consentirle di mantenere una certa temperatura corporea, di respirare autonomamente e di regolare il ciclo ormonale, insomma di mantenere una mera vita biologica. In barba al fatto che – come ha dichiarato più volte il neurologo curante di Eluana, Carlo Alberto Defanti – la donna non potesse provare dolore, affetti, fare immagini e pensieri. (Riguardo alla precisa distinzione fra coma , stato di minima coscienza e stato vegetativo persistente, il libro di Defanti Soglie Medicina e fine della vita ,Bollati Boringhieri, raccoglie le più recenti acquisizioni internazionali).

Beppino Englaro e un ritratto di Eluana

Beppino Englaro e un ritratto di Eluana

Alla luce di tutto questo che dire di un Pd che con il segratario Franceschini fa sua la critica di Habermas alla cosiddetta “genetica liberale” che sarebbe guidata solo “dai meccanismi del mercato”? Che dire del segretario del principale partito di opposizione che (quando perfino Gianfranco Fini riconosce l’importanza della laicità delle istituzioni) definisce la religione non un fatto privato, ma intrinseco alla riflessione pubblica e all’attività politica?cop_defanti1

lecaldanoChe le religioni debbano avere una rilevanza sul piano legislativo, mi pare assolutamente inaccettabile”, commenta il filosofo Eugenio Lecaldano. ”Non sono un esperto di cultura tedesca – dice l’autore di Un’etica senza dio (Laterza)-. Ma quello che posso dire essendomi a lungo occupato dell’area anglosassone è che là non è mai accaduto che le Chiese potessero avere un’ingerenza sulle faccende dello Stato. Da noi in Italia questo passa per un pregio. A me pare un grave difetto”.


da left-avvenimenti del 27 marzo 2009

L’intervista

E’ tempo di dirsi atei

Un'opera di Maurizio Cattelan

Un'opera di Maurizio Cattelan

Trofeo del nascente Pdl la legge sul testamento biologico che va contro la Costituzione e la scienza medica. Il presidente della consulta di bioetica, Maurizio Mori, avverte: “E’ un segno della regressione culturale che il Paese sta vivendo”. Anche per un’opposizione afasica che ancora stenta a far sue le acquisizioni della scienza

di Simona Maggiorelli

Al grido “assassini, siete degli assassini”, un gruppo di giovani esponenti del movimento ultra cattolico Pax Christi irrompe nel convegno organizzato dall’Università la Sapienza, dal titolo “Le questioni etiche di fine vita fra riflessione filosofica e intervento legislativo”, una giornata di studi con medici, filosofi, giuristi a confronto: da Ignazio Marino a Stefano Rodotà, da Mario Riccio a Eugenio Lecaldano, da Gilberto Corbelli a Demetrio Neri, alla giornalista scientifica Gianna Milano e a molti altri.
E l’episodio accaduto venerdì 13 marzo nella università romana dove 67 docenti sono stati “messi all’indice”per aver segnalato in una lettera l’inopportunità di un intervento del papa ad apertura dell’anno accademico, la dice lunga sul clima che sta vivendo il Paese. Dal vivo, in aula, il filosofo Eugenio Lecaldano ha stigmatizzato l’aggressione come “fascista”. Oggi il presidente della Consulta di bioetica, Maurizio Mori, ripensando a quella ridda di interventi deliranti che accusavano il dottor Riccio di aver assassinato Welby e Beppino Englaro di aver deportato la figlia nell’ultimo hospice, pacatamente osserva: “Il fatto è che non sollevavano domande o obiezioni argomentate. I loro discorsi fumosi coprivano le solite tesi cattoliche di stampo vitalista”. Dietro a questo episodio, aggiunge il professore, c’è il fatto che “il cambiamento rapido cui stiamo assistendo genera paura o addirittura terrore e sgomento: queste manifestazioni sono un risultato dello stato d’animo che c’è in alcuni strati della società”.

La ricerca genetica e lo sviluppo delle biotecnologie, ma anche la moderna psichiatria, impongono un salto di paradigma scientifico. Da qui la feroce opposizione delle ideologie più oscurantiste, clericali e di destra?

Non è solo per il salto di paradigma. È che la rivoluzione biomedica cambia i parametri del vivere (e anche della produzione di beni). L’incomprensione di questo crea disastri, ma i clericali hanno capito il problema e cercano di fare il possibile per frenare il processo che sta creando loro enormi difficoltà (si pensi alla fecondazione assistita). Quel che manca è un corrispettivo di segno opposto che dovrebbe ispirare il programma di rinnovamento sociale.

La nuova legge sul testamento biologico, al comma 1, dice che la vita è indisponibile per chi la vive. Di chi sarebbe di dio? Dello Stato?

E’ la tesi tradizionale dei conservatori. Cercano una nuova restaurazione. Siccome il momento è a loro propizio, l’hanno riproposta. Quel che mi colpisce è la debolezza della Sinistra o comunque dell’opposizione, che si lascia incantare dalle sirene del neo-luddismo e dell’anti-tecnicismo tanto diffusi. Assistiamo a una regressione civile. Il discorso sarebbe molto ampio,chiederebbe un saggio.

I credenti, con Heidegger, demonizzano la tecnica. Ma la osannano se consente la vita solo biologica di chi è in stato vegetativo permanente. Un suo pensiero su questa discrasia?

Dietro c’è l’idea che la naturalità sia sempre buona. La discrasia sta nel fatto che non si rinuncia alla (cattiva) tecnica medica rianimatoria o nutritiva quando si tratta di un stato vegetativo permanente dove invece si dovrebbe rispettare la (buona) natura che porta a morte. Credo si debba cambiare il quadro e riconoscere da una parte che la natura è in sé indifferente e dall’altra che, in un senso, la cosiddetta “natura” è ormai un prolungamento della tecnica. Insomma, è la storia del “parco naturale”, che è frutto di una scelta umana di recintare tecnicamente un appezzamento e dire che lì vige ancora la “natura”.

Dopo le leggi sul divorzio e sull’aborto, la legge 40 e quest’ultima sulle dichiarazioni anticipate segnano una pesante regressione. Che cosa è accaduto nel frattempo?

Quello che posso dire è che vedo una grande confusione teorica, e un duplice errore: da una parte si continua a sperare che ci sia un “dialogo” o una qualche mediazione con la Chiesa. Dall’altra se ne sopravvaluta il ruolo politico. Forse anche perché non c’è stato l’impegno a costruire un’alternativa sul piano etico.

Habermas e Ratzinger

Habermas e Ratzinger

Il maggior partito di opposizione, il Pd, ha fatto suo il pensiero di Habermas sulla bioetica. Con quali danni?

Il Pd, in realtà, mi pare abbia pressoché tutte le posizioni disponibili. Come si è visto nel voto in consiglio comunale a Firenze per la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro: 3 posizioni diverse. La radice dell’errore sta nel non capire la valenza politica e sociale delle posizioni bioetiche; il Pd le considera questioni “di coscienza”, stravolgendo così i discorsi sulla “libertà di coscienza”.

Nel libro Il caso Eluana Englaro (Pendragon) lei riporta al centro del dibattito una parola che oggi è ostracizzata da maggioranza e opposizione: l’ateismo. Che, lei dice,“è cosa diversa dal tiepido agnosticismo”.

L’agnosticismo mi pare tiepido perché continua ad assumere come centrale la domanda “religiosa” cui però non si riesce a dare risposta. Invece l’ateismo assume che quella domanda sia priva di senso, e quindi neanche da considerare. Il punto è che oggi per la prima volta nella storia la società secolarizzata presenta un alto numero di atei, e si tratta di riformulare la visione della vita partendo da tale nuova impostazione che una volta era limitata a pochissimi.

da left-avvenimenti del 27 marzo 2009



Biotestamento

I media? Armi di distrazioni di massa

cover-garofaloI media usati come armi di distrazioni di massa. Con il conduttore Bruno Vespa che a Porta a Porta su Rai 1 accusa il padre Beppino Englaro e i medici di mettere alla fame Eluana, una donna di 38 anni purtroppo morta 17 anni anni prima, quando ne aveva 21 e in una notte d’inverno fece un terribile incidente d’auto. Come hanno testimoniato l’anestesista De Monte e il neurologo Defanti lo stato vegetativo e i danni cerebrali subiti da Eluana, dopo così lungo tempo, erano irreversibili. Ma ancora oggi il caso viene strumentalizzato dal governo Berlusconi per imporre leggi liberticide. Con l’appoggio non solo dell’Avvenire e dei giornali di destra, ma anche di giornali presunti di sinistra che in questi mesi hanno sovrapposto storie di pazienti in coma a quella diversissima di Eluana, per confondere la testa del lettore. Una ridda di colpi bassi che – va detto – mai sarebbero stato possibili sulla stampa anglosassone. Ma tant’è. Da noi il giornalismo scientifico è ancora appannaggio di una elite. Lo racconta il docente di ricerca semiotica Francesco Galofaro nel libro Eluana Englaro, la contesa di fine vita (Meltemi),in un interessante confronto fra Italia e il resto d’Europa. “ La medicina va mantenuta in grado di funzionare e tutela da invasioni di campo giuridiche, politiche, filosofiche- scrive Garofalo -. Perché possa svolgere il proprio compito la scienza medica non va delegittimata. Non ha alcun senso mostrificarla, come fanno tanto alcuni bioetici che si direbbero laici e molti giuristi cattolici”.

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C’e aria di regime clerico fascista

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su marzo 28, 2009

Il commento del segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, dopo il passaggio al Senato del ddl Calabrò: «Il governo e la maggioranza di destra ricordano sempre di più Pinochet: liberisti in economia, clerico-fascisti sui diritti civili. Già il testo di legge sul testamento biologico in corso di approvazione da parte del Senato prevede trattamenti inumani come l’alimentazione e l’idratazione forzata, ora siamo arrivati al grottesco, visto che anche i medici non sono più tenuti a rispettare le dichiarazioni anticipate di trattamento firmate dai malati. E’ evidente, dunque, che anche la certificata volontà di un malato che voglia evitare l’accanimento terapeutico su se stesso non vale più niente. La legge sul testamento biologico si va dunque configurando sempre di più come una tortura di stato, scritta sotto dettatura di un integralismo religioso vaticano indegno di uno Stato civile. Ci batteremo contro questa legge in tutti i modi, compresi atti di disobbedienza civile».   26 marzo 2009

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Il dovere di curare

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su marzo 27, 2009

L’anestetsista Mario Riccio: «C’era qualcuno che aveva diritto a interrompere la terapia, e quando ho accettato di occuparmi di lui ho sentito forte l’obbligo etico, ma ora dico anche giuridico, di dare una risposta a questa esigenza del paziente». Piergiorgio ha fatto riflettere tutti su un diritto considerato sacrilego.

In Italia è emergenza diritti civili. La sinistra si faccia interprete della domanda che viene anche dai giovani

di Simona Maggiorelli

il medico Mario Riccio

il medico Mario Riccio

«I temi di bioetica e i diritti civili sono un’emergenza in Italia. E la stiamo tirando troppo per le lunghe. Altri Paesi li hanno affrontati, discussi, hanno fatto leggi. È importante che si parli di testamento di vita, di aborto, di fecondazione assistita. Che si parli di pacs, di unioni civili. Nel centrosinistra fin qui non c’è stato modo di affrontarli. Lo hanno fatto, invece, i conservatori, il centrodestra, con la consegna totale di queste tematiche agli ambienti ecclesiastici. Questo soggetto nuovo, il Pd, su tutto questo tace. Non so – accenna Mario Riccio – se come medico posso permettermi di dire…ma questi sono argomenti molto importanti. E nessuno finora, a eccezione dell’area laica radicale, ha preso i mano la laicità come bandiera o come tematica chiara della propria proposizione ai cittadini». A un anno e due mesi dalla vicenda di Piergiorgio Welby il medico anestesista che lo aiutò nella sua battaglia politica torna a parlare. Ripercorrendo le tappe di una storia, quella di Welby, che oggi appare sempre più paradigmatica e con quella passione civile di chi ha “militato” a lungo nella Consulta di Milano, organizzando dibattiti e convegni di bioetica laica. «Senza troppi giri di parole – continua Riccio – a me piacerebbe sapere cosa vuole fare la sinistra la legge 194? Facciamo la moratoria? La fecondazione assistita? I tribunali continuano a dire che la legge 40 è incostituzionale, ci vogliamo mettere mano? Le coppie di fatto registrate nelle liste comunali delle unioni civili sono 700mila, in Italia un figlio su tre nasce da una coppia non sposata. Sono temi di primo piano nella vita dei cittadini. Ma vedo che nessuno se ne occupa. Spero che la Sinistra arcobaleno ne faccia un suo tema, un suo campo di battaglia, perché nella mia esperienza, di incontri e di dibattiti, noto che la base di questa sinistra ne parla. E se è vero, come si legge, che proprio a sinistra si potrebbe registrare un grosso astensionismo, rappresentare politicamente le esigenze dei cittadini su questo piano potrebbe essere una carta vincente. I giovani oggi hanno certamente il problema del mutuo, però una coppia di fatto che vuole un figlio, oppure che fa fatica ad averne uno, cerca delle risposte dalla politica».

Nella sua esperienza di medico quanto è sentita l’esigenza di una legge sul testamento biologico?

Mi pare chiaro che sia una necessità. Io vivo tutti giorni nell’area critica come rianimatore, ma la stessa esperienza la si vive nel campo oncologico, dove c’è sempre da scegliere, a un certo punto, se continuare la terapia o insistere, sono problematiche che toccano la vita di molti, quotidianamente.

Quanto il legislatore o il giudice possono legittimamente entrare in queste questioni? Il gup Renato Laviola, in particolare, nel caso di Welby, parlava di “diritto alla vita”. Parole che si addicono più a un uomo di Chiesa…

Se vogliamo tornare su quella storia, per il suo valore di prototipo, va ricordato che la vicenda non ebbe mai interruzione lungo una strada di una totale estraneità a un profilo penale. Mi spiego meglio. La Procura riconobbe che non c’era nessun profilo penale. E lo riconobbe anche il civile di Roma. In tutta quella storia ci fu solo una interruzione: il mio rinvio a giudizio da parte del gup Laviola che basò questa sua scelta su un supposto diritto alla vita. Ma la Carta fondamentale promuove lo sviluppo delle persone, l’istruzione, la salute eccetera, non parla mai di diritto alla vita. Del resto anche se ci fosse scritto diritto alla vita – cosa che non è – resterebbe il fatto che si tratterebbe di un diritto non di un dovere. Si può decidere se esercitarlo oppure no. Non esiste un diritto coercibile. A posteriori, oggi, mi rendo conto, però, che se non ci fosse stata la richiesta di rinvio a giudizio per me, forse non si sarebbe più parlato della vicenda Welby, con tutto il suo significato anche politico.

È stata una vicenda paradigmatica anche per quello che fu detto sulla questione sedazione.

Ora i toni, per fortuna, si sono raffreddati e mi fa piacere. È passato del resto un anno e mezzo, ma non posso dimenticare quel che disse l’ex presidente del Cnb Francesco d’Agostino: per lui il problema era se sedare Piergiorgio prima del distacco della macchina, se sedarlo dopo, se sedarlo poco o tanto. Sembrava quasi che se l’avessimo sedato troppo sarebbe stato un problema perché prima dovevamo farlo un po’ soffrire. Quando lessi tutto questo sulle pagine dei giornali mi prese lo sconforto. Pensavo che soluzione D’Agostino sarebbe stata di alto profilo etico e giuridico e dovetti leggere che stavano spiegando a me anestesista che tipo di farmaco usare e con quale dosaggio….

L’Italia continua a essere fanalino di coda nella terapia del dolore. Quanto la Chiesa riesce a intromettersi nel rapporto medico-paziente?

Giovanni XXIII sdoganò la morfina, disse che il dolore di per sé non è un valore, agli inizi degli anni ’60. Ma questo discorso non è stato più fatto, né da Woytila né tanto meno da Ratzinger…Mi viene particolarmente difficile pensare a un dio, specie come quello che ci prospettano, un dio un po’ guardone che si introduce nelle camere da letto o che va a misurare il dolore. Io non sono un credente, sono un ateo agnostico, ma ipotizzando per un attimo un’entità soprannaturale, non lo vedrei impegnato a occuparsi della mia sessualità. Mi parrebbe un po’ offensivo.

Ma le cure palliative spesso non bastano, c’è anche il dolore psichico dei malati terminali a cui il medico di trova a dover rispondere?

E’ quello che con un termine tecnico si chiama dolore totale, è la sommatoria di dolore psichico e dolore fisico. Lo si riscontra, per esempio, nei malati oncologici terminali. Pensare di dover vivere in una situazione particolarmente umiliante è devastante, diventa un dolore incoercibile che non si riesce a gestire nemmeno con l’uso della terapia antalgica. Si parla molto di medicina palliativa, anche su questo l’Italia deve recuperare il ritardo ma esiste una quota limitata di pazienti per i quali queste armi risultano spuntate. È questo che ha spinto paesi avanzatissimi dal punto di vista sanitario come l’Olanda a permettere l’eutanasia. Va fatta una riflessione seria, pacata, su questo tema. Non ha nulla a che vedere con l’indifferenza verso chi è incurabile. Al contrario.

Dovrebbe essere una questione che pertiene al rapporto medico-paziente?

Citare le sentenze in Italia oggi, per qualcuno, è una cosa provocatoria, quasi terroristica, ma io sono orgoglioso di farlo con quella del Gup nella vicenda Welby, in cui c’era il diritto del paziente e il mio dovere. Io ho fatto semplicemente il mio dovere di medico e di questo io sono sempre stato convinto. Lo spiegai alla conferenza stampa dove tutti pensavano che il giorno prima si fosse consumato un assassinio. Ma la spiegazione che io detti credo con sufficiente serenità passò quasi come un atto di prosopopea. Qui c’era qualcuno che aveva diritto a interrompere la terapia, e quando ho accettato di occuparmi di questa persona ho sentito forte dentro di me il dovere etico, ma ora dico anche giuridico, di dare una risposta a questa esigenza del paziente. E quella che sembrava una cosa extra siderale, ovvero che un paziente in queste condizioni rifiutasse la terapia, oggi è una cosa accettata. Piergiorgio Welby ci ha fatto fare una riflessione su un diritto che allora tutti consideravano come un sacrilegio.

da left-Avvenimenti 15 febbraio 2008

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La lettera di Welby al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Caro Presidente,

scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cit­tadini che avranno la possibilità di ascoltare queste mie pa­ro/e, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese.Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l’ausilio del mio computer; scrivere, leg­gere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita. La giornata inizia con l’allarme del ventilatore polmo­nare mentre viene cambiato il filtro umidificatore e il catetere, trascorre con il sottofondo delta radio, tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitorag­gio dei parametri ossimetrici, pulizie personali, medicazio­ni, bevute di Pulmocare. Una volta mi alzavo al più tardi alle dieci e mi mettevo a scrivere sul pc. Ora la mia patolo­gia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario. A mezzogiorno con l’aiuto di mia moglie e di un assistente mi alzo, ma sempre più spesso riesco a malapena a star seduto senza aprire il computer perche sento una stanchezza mortale. Mi costringo sulla sedia per assumere almeno per un’ora una posizione diffi­rente di quella supina a letto. Tornato a letto, a volte, mi as­sopisco, ma mi risveglio spaventato, sudato e più stanco di prima. Allora faccio accendere la radio ma la ascolto di­strattamente. Non riesco a concentrarmi perche penso sem­pre a come mettere fine a questa vita. Verso le sei faccio un altro sforzo a mettermi seduto, con l’aiuto di mia moglie Mina e mio nipote Simone. Ogni giorno vado peggio, sem­pre più debole e stanco. Dopo circa un’ora mi accompagna­no a letto. Guardo la tv, aspettando che arrivi l’ora della compressa del tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di non svegliarmi la mattina.

Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico, Vita è anche la donna che ti lascia, una gior­nata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita è solo un te­stardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio, è lì, squa­dernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe, Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sot­trarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c’è pietà. Starà pensando, Presidente, che sto invocando per me una «morte dignitosa». No, non si tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte. La morte non può essere «dignitosa», dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia «dignitosa» è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco dell’occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos’è la morte? La morte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: «Ostico, lottare. Sfacelo m’assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m’accerchia senza spiragli. Non esiste approdo».

L’approdo esiste, ma l’eutanasia non è «morte dignitosa», ma morte opportuna, nelle parole dell’uomo di fede Jacques Pohier: Opportuno è ciò che «spinge verso il porto»; per Plutarco, la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto e Leopardi la definisce il solo «luogo» dove è possibile un riposo, non lieto, ma sicuro.

In Italia, l’eutanasia è reato, ma ciò non vuoi dire che non «esista»: vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti. Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni Paesi europei, Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente «terminale» che ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di «approdo» alla morte opportuna. Una legge sull’eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L’associazione degli anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello scaduto (e non ancora rinnovato} Comitato nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di Trattamento ha messo in luce l’impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti. Anche nella diga opposta dalla Chiesa si stanno aprendo alcune falle che, pur restando nell’alveo della tradizione, permettono di intervenire pesantemente con le cure palliative e di non intervenire con terapie sproporzionate che non portino benefici concreti al paziente. L’opinione pubblica è sempre più cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare. Molti hanno assistito un famigliare, un amico o un congiunto durante una malattia incurabile e altamente invalidante e hanno maturato la decisione di, se fosse capitato a loro, non percorrere fino in fondo la stessa strada. Altri hanno assistito alla tragedia di una persona in stato vegetativo persistente.

Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita, non ci si trova in presenza di uno scontro tra chi è a favore della vita e chi è a favore della morte: tutti i malati vogliono guarire, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligato che la malattia impone alla persona amata, desidera la sua guarigione. I medici, resi impotenti da patologie finora inguaribili, sperano nel miracolo laico della ricerca scientifica. 1ra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione, prima che arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazione e i macchinari che supportano o simulano le funzioni vitali.

Piergiorgio Welby, 22 settembre 2006

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Legge 40, finalmente incostituzionale?

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su marzo 26, 2009

L'avvocato Filomena Gallo

L'avvocato Filomena Gallo

A cinque anni dalla sua promulgazione, dopo un tentativo referendario di abrogazione e decine di cause in tutta Italia promosse da altrettante donne in difesa del proprio diritto alla salute, senza contare la messa all’indice da parte dell’intera comunità medico-scientifica, la legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita arriva per la seconda volta sotto la lente della Corte costituzionale. Che ha fissato per il 31 marzo l’udienza per valutare i punti sollevati nel 2008 dalle ordinanze del Tar del Lazio e del tribunale di Firenze.

Sotto accusa gli articoli 6 e 13 che impongono il divieto di revoca del consenso informato, il limite di impianto di tre embrioni e il divieto di congelarli. «A partire dall’articolo 1, la legge 40 non rispetta l’articolo 32 della Costituzione, perché viola il diritto alla salute della donna, ci ricorda l’avvocato Filomena Gallo, presidente dell’associazione Amica cicogna e vice presidente dell’associazione Luca Coscioni. “Ci auguriamo – aggiunge – che la Consulta colga l’occasione per rimediare a questi effetti». L’articolo 13 è per la seconda volta al vaglio della Corte. Che già il 9 novembre del 2006 aveva dichiarato inammissibile una questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Cagliari. Ma poi, a settembre 2007, lo stesso tribunale aveva dato ragione a una donna portatrice di una grave malattia genetica che chiedeva il riconoscimento del diritto alla diagnosi preimpianto negato dalla legge 40. Un divieto questo parzialmente corretto dalle linee guida promulgate nel gennaio 2008 dall’allora ministro Livia Turco. Certo, viviamo giorni in cui il varo della legge sul testamento biologico così come  è stato elucubrato dal centrodestra non incute ottimismo. Il ddl Calabrò è stato definito- e non a torto- «testamento ideologico» dalla senatrice radicale del Pd Donatella Poretti. Anche la vice presidente del Senato Emma Bonino non ha mancato in questi ultimi giorni di ricordare le inquietanti analogie di questa nuova norma con quella sulla Pma. Per il comune impianto antiscientista e illiberale di ispirazione cattolica che caratterizza entrambe. E il pensiero che  ci possa essere ancora un ripensamento sulla legge 40 alimenta in queste ore le associazioni di pazienti sterili e infertili e chi questa norma la combatte sin da quando è stata proposta. La Corte costituzionale potrebbe, d’un sol colpo, se guardasse al vero, dichiarare incostituzionali  due  o più articoli della legge 40.

Anche sulla base dall’ennesima bocciatura subita dalla legge 40 per mano di giudici ordinari nelle scorse settimane: il tribunale di Milano con due diverse ordinanze del 6 e del 10 marzo ha ampliato quanto affermato dal tribunale di Firenze e dal Tar del Lazio. I giudici milanesi si sono pronunciati sui ricorsi presentati da due coppie siciliane portatrici di beta-talassemia e drepanocitosi abbinata a Beta-talassemia, sostenuti dalle associazioni Hera di Catania, Sos Infertilità di Milano e Cittadinanza attiva. In questo caso è stato messo in rilievo che le pratiche di Pma risultano lesive della salute della donna e soprattutto non sono conformi al principio di non invasività stabilito dall’articolo 4 della legge 40.  E ancora , risultano  invasivi e lesivi della integrità della salute della donna l’obbligo di produrre solo tre embrioni e di trasferirli tutti insieme contemporaneamente, il divieto di crioconservazione degli embrioni, la costrizione imposta alle coppie affette o portatricidi di gravi malattie genetiche di rinunciare a una gravidanza oppure di ricorrere poi all’aborto. Secondo il tribunale si tratta di norme troppo rigide che non tengono conto delle singole situazioni. Come dire che è il carattere generale di una legge a renderla inapplicabile nelle situazioni di cura. Dal momento che queste devono essere valutate caso per caso dall’unica persona autorizzata a farlo (tra l’altro per legge). E cioè, il medico.

— di Federico Tulli da Left Avvenimenti del 27 marzo 2009


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Ignazio Marino: “Io non mi arrendo”

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su febbraio 21, 2009

marino-lapresseTra fughe a destra di Rutelli e rinunce sugli emendamenti, la battaglia parlamentare sul testamento biologico per l’opposizione è durissima. Ma il senatore e medico del Pd che lotta dal 2006 per una legge laica e condivisa, non si tira indietro. “Il ddl del centrodestra attacca i diritti delle persone sanciti dalla Carta” di Simona Maggiorelli

Una standing ovation ha accolto sabato scorso al Teatro Eliseo il senatore del Pd e noto medico trapiantista Ignazio Marino durante l’assemblea convocata dai Radicali e da left su Verità e menzogna sul caso Coscioni, Welby, Englaro. Un lunghissimo applauso, non solo per la coerente battaglia di Marino dal 2006 a oggi per una giusta legge sul testamento biologico, ma anche in protesta della sua repentina e immotivata cacciata da capogruppo in commissione Sanità del Senato. Il Pd, come è noto, gli ha preferito Dorina Bianchi, già relatrice della legge 40/2004 e che già stigmatizza come “un grave errore” l’ipotesi ventilata da Marino di un referendum popolare contro la legge proposta dal centrodestra sul testamento biologico. Il 20 febbraio è la data di stop a ogni possibilità di emendamenti al testo di legge che porta in primis la firma di Calabrò. Da lunedì comincia la discussione in aula e lo stesso senatore e chirurgo Ignazio Marino promette non si tirerà indietro. Lo raggiungiamo altelefono dell’Aula, tardissimo di sera, mentre alcuni senatori andandosene gli chiedono se andrà a cena con la Binetti. Lui scherza, ribatte, ride, ma non commenta le affermazioni della senatrice teodem che minaccia di lasciare il Pd se prevarrà la linea Marino. Parliamo di cose più importanti, sembra dirci fra le righe.

Senatore Marino l’articolo 32 della Costituzione parla di diritto alla salute e di rispetto della dignità della persona umana. Colpisce la lungimiranza dell’assemblea costituente. Nel 1947 non c’era ancora il respiratore automatico né tanto meno l’alimentazione artificiale che, come lei ha notato, sarebbe stata messa a punto negli anni 70. Al di là dello stato della tecnica da parte di chi ha scritto la Carta c’era un’intuizione più profonda su ciò che è l’identità umana?

Sicuramente c’è stato un lavoro affascinante. Da chirurgo non conoscevo approfonditamente i termini del dibattito che ha portato alla stesura dell’articolo 32 della Costituzione. Li ho letti in questo periodo della mia vita in cui, accanto al lavoro medico, ho un impegno da legislatore. E, devo ammettere, sono rimasto davvero ammirato per l’altezza della discussione che a un certo punto si è conclusa su un elemento unificante: il fatto che nello scrivere un articolo che riguardasse la salute bisognava tentare di includere tutti i cittadini, non di escluderne qualcuno. In questa chiave è scritto questo articolo che afferma il principio del diritto alla salute per tutti i cittadini. E qui non si parla solo di cittadini, ma di tutti gli individui che qui si trovano a vivere in Italia. E questo mi pare molto attuale.

Un’attualità della Carta che appare chiarissima se pensiamo a quanto propone la Lega ai medici, ovvero di farsi spie e delatori dei clandestini che chiedano di essere curati.

In questo come in altri casi insisto: non servono nuovi vessatori cavilli, ma mezzi di legge che consentano di attualizzare quanto già è contenuto nella Carta e che va in senso opposto a quanto sostenuto dalla Lega.

In questi giorni abbiamo sentito sui media le cose più contraddittorie sul caso di Eluana. E’ stato detto che sorrideva, che mangiava yogurt che faceva passeggiate in giardino e, addirittura – cercando di “ingentilire” le affermazioni del premier – che avrebbe potuto provare desiderio per un uomo e decidere di avere un figlio. Da medico cosa si sentirebbe di dire per fare chiarezza?ENGLARO ELUANA 1

Evidentemente chi ha avuto espressioni così infelici come quella in cui si affermava che Eluana era in grado di passeggiare nel giardino e anche che era in grado di essere nutrita attraverso la bocca non aveva mai visto Eluana, che io ho potuto visitare. Posso dire che era in uno stato vegetativo persistente. Non aveva nessuna relazione con il mondo esterno. Non era in grado di controllare meccanismi come la deglutizione. Se le fosse stato dato del cibo le sarebbe finito nella trachea e nei polmoni, causandole una particolare polmonite tipica di questi casi, che è mortale.

L’arresto cardiocircolatorio è arrivato rapidamente per Eluana. Il fatto che la sua corteccia cerebrale fosse danneggiata da 17 anni di stato vegetativo può aver determinato una minore resistenza dell’organismo dal punto di vista dei parametri biologici?

Bisogna considerare che Eluana aveva dei danni importanti della corteccia ma anche che segni vitali come la respirazione, l’apertura degli occhi con la luce, eccetera sono funzioni legate al tronco dell’encefalo, non alla corteccia. Si parla di due strutture separate che hanno funzioni separate. Quello che possiamo dire con assoluta certezza è che Eluana era priva di ogni capacità di relazione con il mondo esterno, perché è legata proprio all’attività della corteccia.

Perché il caso di Eluana ha suscitato tante discussioni? Come è stato notato nel caso di Welby ci potevano essere maggiori margini di discussione. Detto altrimenti, quella di Eluana era solo vita biologica, non così per Welby.

Certamente il caso di Eluana è stato amplificato dai media e utilizzato dalla destra per creare una grande emotività confondendo i termini delle questioni. Specie quando si è detto che si privava Eluana del pane e dell’acqua, Eluana da 17 anni non prendeva né pane né acqua. Le venivano somministrate sostanze prodotte dalle case farmaceutiche con una infusione somministrata attraverso una sonda inserita nello stomaco. Insomma una vera terapia medica.

Quella proposta dal centrodestra è una legge inaccettabile, lei ha detto in più occasioni…

La proposta firmata da Calabrò, al contrario di quella che avevo presentato, non contiene interventi a sostegno dei disabilii e delle loro famiglie. Non ci sono misure a favore degli hospice, delle cure palliative e del dolore. In più c’è un’eccessiva burocratizzazione del testamento biologico che, cosi’ scritto, potrebbe arrivare a costringere ogni medico di famiglia ad andare dal notaio centinaia di volte l’anno, perché il documento andrebbe rinnovato ogni tre anni”. Per giunta ogni notaio doverebbe prestare servizio gratis e senza che poi le notazioni registrate risultino vincolanti.

Nel ddl del centrodestra si dice:”L’attività medica in quanto esclusivamente finalizzata alla tutela della vita” non può in nessun caso provocare la morte del paziente. Che significa?

Significa che se un paziente come Welby, cosciente e in grado di comunicare, dice che non vuole più continuare una terapia, un medico non può più sospenderla perché non può disattivare mezzi sanitari che non consentono la morte del paziente. Quindi questa legge contiene di fatto un passo indietro sostanziale rispetto ai diritti delle persone. Qui addirittura si arriva a toccare i diritti di scelta delle persone che sono in sé e si possono esprimere.

Ancora nel testo di legge del centrodestra sul testamento biologico si legge che la vita è un bene indisponibile. Si può accettare che in una legge dello Stato e nella ricerca medica che il pensiero religioso neghi l’evidenza scientifica?

Come chirurgo sono noto perché cerco sempre di utilizzare tutti i mezzi che posso per salvare una vita umana. Alcune volte sono criticato dai miei collaboratori medici e infermieri che mi dicono : “Ignazio lascialo andare”. Io non mi arrendo ma al contempo penso che le indicazioni di un paziente o di una famiglia sulle terapie da fare o da non fare debbano essere prevalenti. Non deve prevalere l’idolatria di una tecnica ma l’umanesimo e la volontà delle persone.

da left-Avvenimenti 20 febbraio 2009

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Dalla parte di A’isha

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su novembre 14, 2008

Censurato negli Usa, il libro sulla storia della sposa-bambina di Maometto, continua a far discutere. Ecco il punto di vista dell’autrice, Sherry Jones

Volevo far conoscere A’isha al pubblico occidentale. Perciò ho scritto A’isha, l’amata di Maometto, (Newton Compton). Mi offende che i libri di storia raccontino solo di battaglie, mentre il contributo delle donne alla storia è ignorato. Anche per questo mi sono appassionata alla vicenda di A’isha che, ragazzina, ha visto il suo destino scritto dal padre e poi da Maometto. Cresciuta per essere un leader politico forte, intelligente, esperta di teologia e di strategia militare, sapeva recitare più di mille poemi. Di lei mi è sempre piaciuta la franchezza, l’intelligenza con cui sfidava anche Maometto. Ho ammirato il suo coraggio, la determinazione nella lotta per ciò in cui credeva. Prima di scrivere ho letto una trentina di libri su Maometto e l’islam, sulle sue 12 mogli e concubine, sulla cultura araba medievale e molto altro. Mi ha fatto piacere che uno studioso come Stefan Weidner abbia trovato il mio libro estremamente accurato sotto il profilo storico, ma anche rispettoso della tradizione islamica. Secondo la studiosa marocchina Fatima Mernissi, Maometto è stato un campione dei diritti delle donne nei suoi primi giorni a Medina. Le donne dettero un contributo vitale alla vita della prima Umma, pregavano accanto agli uomini nella moschea e consigliavano Maometto. Lui fece riconoscere il loro diritto all’eredità; diritto che in America le donne non hanno avuto fino al XX secolo. Ma i suoi successori non apprezzarono questi cambiamenti. Preferivano un mondo dove gli uomini comandavano e le donne obbedivano. Maometto dovette scendere a compromessi. Dopo la sua morte i seguaci invasero l’impero bizantino e videro che le cristiane delle classi più alte vivevano recluse e con il volto velato, come nella Grecia antica. Molti aspetti della cultura bizantina e di quella persiana furono assimilati da quella islamica dopo queste invasioni e l’organizzazione più egualitaria inaugurata da Maometto fu obliata. L’abitudine al velo – le cui origini sono indagate nel romanzo – fu importata dai cristiani, come ha ricostruito anche la storica Karen Armstrong. La reclusione femminile o altre forme di oppressione, a mio avviso, non sono uno specifico islamico, ma un dato culturale più ampio. Il predominio maschile non è una novità. Resta il fatto che noi sappiamo di A’isha molto di più di quanto sappiamo, per esempio, di Maria, la madre di Gesù. A’isha ha una sua voce, è udibile nell’hadith. Maria non ha voce. Maria Maddalena è un’altra donna di cui sappiamo poco. Nell’antico testamento ci sono personalità femminili forti come la regina di Saba. Che le loro storie non vengano raccontate è un altro esempio di come la voce delle donne sia ostracizzata dal discorso maschile. Da parte mia non ho mai pensato di scrivere il libro “definitivo” su A’isha. Offro solo un’interpretazione della storia. Quelli che si sono infuriati scrivano la propria versione. Le leggerò tutte. Dalla controversia sul mio libro ho capito una cosa: le persone vedono quello che vogliono vedere e credono quello che vogliono credere… Mi fa male vedere che c’è chi usa il mio lavoro per giustificare le proprie posizioni fondate sull’odio. E questo vale per tutti, non solo per i musulmani. Alcuni di loro reagiscono con rabbia al mio libro prima di averlo letto. Li sconvolge che un’occidentale, non musulmana, abbia scritto questa storia. Ecco un’altra forma di razzismo. In questi giorni abbiamo letto la storia di un’altra A’isha barbaramente lapidata in Somalia. Quando gli uomini creano dio a loro immagine e somiglianza, le donne sono automaticamente declassate a esseri inferiori. Lo dico sempre a mia figlia che i prepotenti, i violenti stanno male dentro. La terribile storia di A’isha in Somalia ecco che cosa può accadere se gli uomini negano e distruggono dentro loro stessi tutto ciò che è femminile. (testo raccolto da Simona Maggiorelli)

Left 46/08

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L’Italia non è in ginocchio

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su febbraio 15, 2008

di Maria Gigliola Toniollo

L’11 febbraio è caduto l’anniversario di un autografo assai gravoso, posto – in nome della SS.Trinità, ci assicurano – sui Patti Lateranensi, un contratto fra Mussolini e la Santa Sede che ancora con rinnovate, successive firme,ci perseguita in modo incessante, sia economicamente sia politicamente, un atto peraltro, che dopo i ponderosi esborsi finanziari a carico delle nostre tasche, nemmeno ci protegge dalle invadenze vaticane, da gerarchie contrarie ad ammettere una separazione tra lo Stato italiano e quello Pontificio, con le conseguenti autonomie.

Per la giornata, la Rai servizio-pubblico ha promosso, da settimane, una straripante prima serata di Porta a Porta su Lourdes e le sue tradizioni di miracolo e devozione, serata nella quale resta facilmente prevedibile che neanche per un istante è stato proposto il dubbio o un’analisi del fenomeno Lourdes serenamente critica e laica o almeno problematica e alternativa a un’acquiescente parata di cori e fiaccole supplicanti…Per contro non pare prevista alcuna testimonianza o riflessione storica sull’anniversario del concordato, neanche nella notte più fonda, tanto solitamente opportuna per le analisi scomode.

Dopo una serie di scontri, blocchi e sconfitte parlamentari da addebitare alla remissività umiliante dei nostri politici molto più che alle sia pure sgradevoli ingerenze ecclesiastiche, ci siamo chiesti se le cittadine e i cittadini del nostro Paese siano poi così ubbidienti, convinti e coerenti con quanto è loro imposto dalla Chiesa e con gli amici di Critica liberale e la collaborazione dell’istituto di statistica della Sapienza abbiamo affrontato da tempo una iniziativa molto impegnativa: l’Osservatorio sulla secolarizzazione dell’Italia (www.cgil.it/org.diritti/osservatorio.htm).

Proprio in questi giorni stiamo lavorando al quarto rapporto di una ricerca che ha avuto avvio circa tre anni fa per mettere in campo una comparazione di dati concreti e ufficiali, soprattutto non confutabili, relativi all’appartenenza religiosa e alle attività svolte dalle istituzioni riconducibili alla Chiesa cattolica nel nostro Paese. E ciò per comprendere e dare dimostrazione concreta di quanto i comportamenti personali corrispondano o si distacchino dalle imposizioni etiche e di condotta imprescindibili per un oltre Tevere che peraltro pretende, e con arroganza, di non limitarsi a formare i propri fedeli, ma di agire direttamente sulle leggi dello Stato italiano.

L’appartenenza religiosa è una dimensione complessa con obblighi individuali e sociali, che ha visibilità nella partecipazione ai riti pubblici e invisibilità nella preghiera individuale. Gli indicatori che abbiamo utilizzato per la pratica religiosa visibile, relativi di volta in volta a un periodo di dieci anni, si riferiscono soprattutto a “riti di passaggio” come il battesimo, la prima comunione, la cresima, il matrimonio religioso e tutti presentano una tendenza alla diminuzione. Un esempio per tutti: la percentuale dei bambini con età inferiore a un anno che sono stati battezzati, rispetto al totale dei nati vivi nell’anno di riferimento, mostra tra il 1991 ed il 1998 un andamento altalenante e in seguito una percentuale in diminuzione costante, che si assesta nel 2004 a 77,5 per cento, con una perdita di più di tredici punti percentuali rispetto al 1994. C’è, in questa diminuzione, l’apporto alla natalità totale del Paese degli immigrati che, in molti casi, non professano la religione cattolica, ma compare anche un nuovo atteggiamento di molti genitori che non intendono più il battesimo come urgente.

La percentuale dei matrimoni cattolici, concordatari e solo religiosi è in diminuzione ed è efficace rilevare quanto, per esempio a Roma, mettere a disposizione da parte del Comune una sede elegante e solenne per i matrimoni civili, abbia causato una caduta del tradizionale “matrimonio in chiesa”, evidentemente legato a consuetudini e tradizioni ben lontane dalla fede religiosa.

La percentuale dei matrimoni celebrati solo civilmente è in crescita continua e in aumento è anche il numero assoluto delle libere unioni, per quanto l’incidenza del fenomeno sia forzatamente sottostimata per l’assenza di occasioni che spingano i conviventi a dichiarare la loro scelta. E che il numero delle libere unioni abbia dimensioni più ampie è confermato da un altro importante indicatore: il rapporto tra i bambini nati da genitori non sposati e genitori sposati, dato che – ecco un’anticipazione sul prossimo rapporto che sarà presentato nei prossimi mesi -, si è alzato fortemente il numero dei così detti figli naturali.

La diminuzione della partecipazione ai riti, la sempre minor tenuta di alcuni precetti religiosi in campo etico, la diminuzione costante delle vocazioni nel loro insieme, la crescente preferenza per le scuole non religiose, la diminuzione delle donazioni, anche se contrapposta a un’ascesa trionfale dell’8 per mille, dimostrano che siamo in presenza di una crescente autonomia personale o forse di una crescente indifferenza.

Nell’insieme si rende evidente una nuova distanza dal modello di famiglia proposto dalla chiesa cattolica e, per contro, si diffonde sempre più un altro modo di fare famiglia: single, coppie senza figli, coppie gay e lesbiche che vogliono un riconoscimento legale, madri nubili, genitori divorziati o separati che si risposano o che scelgono di convivere con nuovi partner. Famiglie dove la genitorialità è una scelta sempre più consapevole, prova ne è il ricorso agli anticoncezionali che i dati disponibili indicano in aumento costante.

Le gerarchie ecclesiastiche tentano di porre un freno a questi profondi mutamenti, serrando maldestramente le fila, parlando del diavolo e dell’inferno, ricorrendo anche alla presenza sul territorio dei centri di difesa della vita, della famiglia e ai consultori familiari che si impegnano anche contro la scelta dell’interruzione volontaria di gravidanza, sostenendo anche una impropria e dolorosa obiezione di coscienza del personale medico e paramedico, si parla persino dei farmacisti, accontentandosi del fatto che questa sia il più delle volte influenzata non tanto dall’appartenenza religiosa, quanto da strategie di carriera.

Chi è

Gigliola Toniollo è responsabile nazionale della CgilNuovi Diritti. I dati del rapporto sulla “secolarizzazione della società italiana” a cui sta lavorando con Enzo Marzo e il gruppo di Critica liberale si basa su indicatori certi come il numero di persone che praticano i sacramenti. La principale fonte, insieme ai dati Istat, sono proprio i registri vaticani.

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Una sentenza storica

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su luglio 27, 2007

Prosciolto «per avere adempiuto al proprio dovere». Finalmente è giustizia per Mario Riccio, il medico di Welby

di Maurizio Mori*

Nella vita ci sono situazioni in cui basta che uno faccia osservare qualcosa, che subito ci si accorge che ha ragione e si dice: “Ah, ah! Perché non l’ho visto prima?”. Qualcosa del genere è accaduto nel caso di Mario Riccio, l’anestesista di Cremona, socio della Consulta di Bioetica che, accogliendo le richieste di Piergiorgio Welby, lo ha assopito ed ha sospeso la terapia ventilatoria che lo teneva in vita. Molti medici hanno subito riconosciuto che Riccio aveva fatto ciò che era giusto fare. Ma poi la situazione si è ingarbugliata per le tante dichiarazioni pubbliche di esponenti vari, da una serie di prelati ai soliti custodi della morale tradizionale, che chiedevano una condanna esemplare. Si è detto che Riccio aveva aperto la strada all’eutanasia e all’abbandono dei malati, insomma tradito la professione sanitaria. Neanche il parere unanime della commissione medica dell’Ordine di Cremona ha attenuato l’opposizione. Anzi, avendo questa stabilito che, sul piano deontologico, il comportamento di Riccio è stato ineccepibile, la si è subito accusata di non avere avuto coraggio e di non aver colto la reale portata della posta in gioco: ammettere o no l’eutanasia in Italia. Avendo perso sul terreno della deontologia, gli oppositori hanno riposto la speranza sul piano giuridico. Hanno detto che bisognava attendere la perizia medico-legale, perché la situazione non era chiara (lasciando intendere che Riccio non avesse detto tutto, con trasparenza e limpidità). Sono poi arrivati i risultati della perizia e la richiesta di archiviazione della Procura di Roma. Neanche questo ha convinto i vitalisti, che sembravano presagire un capovolgimento della situazione. Come un fulmine a ciel sereno, infatti, il gip di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di Riccio con l’imputazione gravissima di “omicidio del consenziente”, un reato che prevede fino a 12 anni di carcere. Di fronte a tale passo alcuni sono rimasti disorientati e perplessi: ma come stanno le cose, realmente? Possibile che per alcuni il caso non esiste, mentre per altri c’è materia per un’imputazione tanto pesante? Nel frattempo si sono moltiplicati gli attacchi a due importanti progetti di legge: quello sui Dico, teso a regolarizzare le coppie di fatto e omosessuali; e quello sul testamento biologico teso a porre ordine alle varie questioni di fine
vita. Entrambi sono ormai praticamente affossati. Su questo cumulo di macerie, comunque, finalmente, il gup di Roma il 23 luglio ha riacceso la luce della legalità e della ragionevolezza, chiudendo una vicenda che cominciava ad assumere i toni di un incubo kafkiano. Ha stabilito: «Non luogo a procedere per avere adempiuto al proprio dovere». Il Centro di bioetica della Cattolica ha subito protestato osservando che «esiste una questione etica e antropologica che è più estesa della questione giuridica», ma che qui non merita di essere esaminata perché ripropone la solita solfa di valori condivisi che ci sia una unica (reificata) visione dell’uomo. Inoltre ha sottolineato che «risulta difficile pensare che … gli altri rianimatori, che si sono rifiutati di attuare la procedura dell’interruzione della ventilazione artificiale, si siano macchiati della colpa di omissione di atti dovuti». Ebbene, perché dovrebbe risultare poi così difficile pensarlo? In effetti, grande risalto fu dato qualche anno fa alla ricerca da cui emergeva che nelle rianimazioni italiane veniva praticata l’eutanasia nel 4 per cento dei casi circa: questo dato è probabilmente falso e frutto di fraintendimenti. Ma ben più preoccupante era un altro, ossia che circa il 20 per cento degli anestesisti non sospende mai, ossia è vitalista fino in fondo. Ecco perché non è difficile pensare che abbiano sbagliato gli altri medici che non hanno accolto le richieste di Riccio.Giovanni Paolo II ha chiesto perdono per gli errori commessi dai cattolici nel passato. Troppo comodo riconoscere quelli attuali forse tra duecento anni. Anche perché le sofferenze sono provate ora. E giustizia vuole che ci si ponga rimedio subito. Grazie, Riccio per averlo fatto ed essere stato esempio per tutti.

* presidente della Consulta di Bioetica

da left-Avvenimenti 27 luglio 2007

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Nel segno di Leopardi

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su Maggio 7, 2005

Non sempre la naturalità è amica dell’uomo e della donna In libreria nuovi studi sulla fecondazione assistita.

di Simona Maggiorelli

Un pieno di uscite editoriali accompagna il dibattito sulla fecondazione assistita. Tenendo alta una discussione sulla legge 40, se non in tv e sui grandi media di massa, almeno in libreria.
Un vero e proprio proliferare di titoli di scienza, di filosofia, di politica e bioetica, nell’ultimo mese, fra instant book e volumi frutto di ricerche ampie e strutturate, che su un tema delicato come questo che tocca la salute di milioni di persone, aiutano ad uscire dalle secche del determinismo genetico e della metafisica, rimettendo al centro la questione dell’informazione e della conoscenza.
Questione fondamentale, questa della conoscenza, per un dibattito franco e aperto in vista del referendum, sottolinea lo stesso Giuliano Amato nella prefazione al libro del senatore diessino e ex dirigente della Fuci Giorgio Tonini, La ricerca e la coscienza edito da Il Riformista.Ricordando anche che nel confronto delle parti, fra i sostenitori del sì al referendum e il partito dell’astensione che attraversa il centrodestra, «sono soprattutto i difensori della legge 40 – scrive Amato – a chiudersi a riccio in petizioni di principio tenacemente sottratte ad ogni riscontro di scienza e fattuale ». Chi, invece, non ha paura di porsi domande radicali e di indagare a fondo le ragioni politiche che hanno portato nel giro di un anno e poco più l’Italia, da essere un paese all’avanguardia nella ricerca a fanalino di coda in Europa e nel mondo, è Vittoria Franco nel libro Bioetica e procreazione assistita edito da Donzelli. Questa legge? «La più anacronistica, vessatoria che si potesse immaginare – denuncia la senatrice diessina e docente di filosofia alla Scuola Normale –, una legge lontana anni luce dal sentire comune e dai nuovi modelli di vita». Con argomentazioni importanti e cogenti, che non evitano il campo della morale, la Franco prova a rispondere anche alle paventate derive della «genetica liberale» proposte da un filosofo, fin qui laico e progressista, come Habermas.
Il quale, da qualche tempo continua a sollevare la medesima domanda: «Dove mai andremo a finire?». Prendendo così, fa notare Vittoria Franco, quel pendio scivoloso, per cui «in nome di un rischio remoto si rinuncia a risolvere casi concreti ». In nome di una fantasticheria di eugenetica, si impedisce a persone con gravi malattie genetiche di mettere al mondo figli sani.
Anche Chiara Lalli nel libro Libertà procreativa pubblicato da Liguori affronta l’argomento con strumenti filoso fici, analizzando il quadro di riferimento e di pensiero che sta dietro alla formulazione della legge 40 e ai suoi divieti, «illiberali – scrive la Lalli – e medicalmente dannosi». A fare da abbrivio a questo volume in cui la giovane ricercatrice dell’Università di Chieti tira in campo anche la letteratura e gli scenari futuribili immaginati da scrittori, una prefazione di Jhon Harris che stigmatizza la situazione italiana. In questo quadro il libro di Chiara Lalli, scrive Harris, «porta una salutare ventata di liberalismo in un settore dove sta prendendo sempre più piede il pregiudizio e la repressione».
E proprio per sgombrare il campo dal “si dice” e capire un po’ più da vicino cosa ne pensa la comunità scientifica, c’è il libro del biologo Angelo Vescovi La cura che viene da dentro edito da Mondadori in cui lo scienziato dell’Università di Milano parla delle potenzialità di cura offerta dalle staminali, spiegando la differenza fra adulte e embrionali, e lo stadio che ha raggiunto fin’ora la ricerca su quest’ultime, quelle derivate dall’embrione, le più potenti e insieme le più discusse da parte di chi, per convinzioni etiche e religiose, ritiene che l’embrione sia già persona.

Ma da non perdere di vista è anche il chiarificante libro intervista di un altro eminente scienziato Edoardo Boncinelli, Sani per scelta, la scienza che ci cambia la vita, pubblicato dal Corriere della Sera. Un agile volumetto in cui il biologo e genetista dell’Università di Milano spiega l’importanza della ricerca sulle cellule staminali embrionali per la cura di malattie oggi incurabili, dalle malattie genetiche, al diabete, all’Alzheimer, ma anche – grazie al fatto che queste staminali totipotenti e veloci nel riprodursi sono ancora indifferenziate e possono dar vita a qualsiasi tipo di tessuto – le opportunità che offrono nel riparare i danni dell’infarto e di tumori.
Un’appassionata difesa delle possibilità della scienza e del progresso quella di Boncinelli, contro chi sostiene che tutto ciò che è naturale sia, di per sé, buono.
Ricordando la lezione di Leopardi, ma anche qualche vistoso paradosso. In base a questo principio della “naturalità”, accenna lo scienziato, dovremmo abbandonare gran parte di ciò che fa la nostra realtà di tutti i giorni, «perché – ci ricorda – certamente è contro natura l’uso degli occhiali, dell’ombrello, dell’insulina.Come sono contronatura gli antibiotici e la cura dei tumori». Una efficace provocazione senza trascurare argomentazioni etiche: «Semplicemente perché – dice – a noi non piace che qualcuno porti per tutta la vita le conseguenze dell’aver pescato un numero sbagliato nella lotteria dei geni e che i deboli e malati vengano lasciati morire fuori dal branco».  

Da Europa 7 maggio 2005

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verso il referendum

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su Maggio 1, 2005

Batticuorum per la ricerca

L’associazione Coscioni lancia la sfida per il dopo referendum

di Simona Maggiorelli

Non è bastata l’iniziativa di una trentina di scienziati che- per la prima volta nella storia italiana- hanno fatto lo sciopero della fame. Non è bastata la drammatica autoriduzione del cibo da parte del ricercatore universitario Luca Coscioni che, malato si batte per la libertà di ricerca in Italia. “A una settimana dal voto – denuncia il segretario dell’associazione Coscioni Marco Cappato – siamo in una situazione di pesante illegalità. Che riguarda l’informazione:, con il black out di Rai e Mediaset, ma anche le liste elettorali, in cui sono stati conteggiati i nomi degli italiani all’estero, senza verificare se siano morti o dispersi. Questo mentre il partito dell’astensione incassa illegalmente il non voto dei malati gravi che non si possono muovere dal letto, ma anche quello dei soldati italiani in missione all’estero. Il presidente Ciampi, come capo delle forze armate, potrebbe dire una parola su questo”.

Colpisce che in tv ci finiscano sempre personaggi come Antinori o Eleonora Porcu, più volte denunciati di falsificare e manipolare i risultati delle ricerche.  Con le loro testimonianze eccentriche si vorrebbe far credere che la comunità scientifica sia divisa?

L’obiettivo è la disinformazione. La falsificazione più grave riguarda la ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali. Si racconta la storia per cui ci sarebbe addirittura equivalenza tra il filone di ricerca sulle embrionali e quello sulle cellule staminali adulte. Questo è oggettivamente falso. Basta consultare qualsiasi scienziato.

Perfino il biologo Vescovi, paladino della legge 40, nel suo ultimo libro è costretto ad ammettere il valore della ricerca sulle staminali embrionali.  Perché non passa?

Gli scienziati stanno cercando altri modi per fare informazione, forme più dirette, visibili, con il coinvolgimento diretto dei  loro centri. Siamo in una situazione per certi versi simile a quella in cui si è venuta a trovare la classe operaia, che in certi momenti della storia, si è trovata costretta a forme di partecipazione diretta per l’affermazione delle proprie libertà fondamentali, dei propri diritti.

Sul fronte politico cosa ostacola il quorum?

Non ha giovato la scelta di Rutelli e di Prodi di aprire ora la lacerazione. Una scelta artatamente costruita, a mio avviso, per distrarre dal referendum. Sarebbe stato logico rimandare questo confronto. Alle regionali, da destra e da sinistra, ci è stato impedito di varare le liste Coscioni-Radicali, “per non sovrapporre le due campagne”. Ora appare chiaro che si puntava solo all’eliminazione della campagna referendaria.

Anche una parte dei ds ha messo la sordina alla campagna referendaria?

La posizione presa a favore dei 4 sì non si è ancora trasformata in una lotta. Fassino non ha ancora avuto, la forza o la volontà, di ribaltare questa situazione. E’ in atto uno scontro. Lo hanno lanciato Ruini, il comitato Scienza e Vita, forte degli introiti dell’8 per mille. Bisogna vedere se si vuole rispondere o se si vuole, come ha detto Violante, sperare di non urtare la suscettibilità della Margherita.

Da liberale come giudica che lo Stato dia alla Chiesa la possibilità di intromettersi nel privato dei cittadini?

Il fatto grave è che a farne di più le spese sono i cattolici, colpiti doppiamente nella loro libertà di cittadini e come credenti. Il Vaticano non solo punta a occupare lo Stato, ma ha occupato la Chiesa come comunità. I fedeli si trovano costretti ad obbedire a regole che non hanno precedenti. A contraddizioni vistose anche in termini religiosi, per cui con la legge 40 si salvaguarda l’embrione ma si ammette l’aborto del feto.

Perché giudica illegali i richiami all’astensione dai pulpiti o nelle ore di religione?

Qui non si tratta di libera espressione. Ma di violazione delle leggi italiane. Con il concordato il Vaticano ha accettato un ruolo pubblico e parastatale. La conseguenza è che ci sono limiti alla possibilità di fare politica nell’esercizio di quella funzione. Un funzionario pubblico delle poste non può usare i soldi del ministero per fare volantini o usare le ore di lavoro per far campagna elettorale. Per la medesima ratio neanche un prete potrebbe farlo nell’esercizio delle sue funzioni.

Lei ha denunciato che volantini per l’astensione vengono distribuiti perfino negli asili. E’ così?

Abbiamo avuto delle segnalazioni di insegnanti di religione che in varie scuole e asili hanno dato ai bambini materiali per l’astensione dicendo loro di portarlo a casa. Tutto questo viene fatto con i nostri soldi.

Che cosa accadrebbe se continuasse questo stop alla libertà di ricerca continuasse?

Che qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di aver rimandato di anni cure che riguardano malattie devastanti e mortali per milioni di persone.

In Italia c’è già chi fa ricerca acquistando linee cellulari all’estero, dovendo poi rinunciare per contratto alla titolarità delle scoperte e  dei brevetti. Non è un danno anche per l’economia?

La negazione della libertà di ricerca rientra in un quadro di declino del sistema paese. All’estero ormai ci considerano inaffidabili in termini di certezze del diritto, ma anche per la scarsa capacità di avere un ruolo attivo da parte delle istituzioni che d’altro canto concedono poca libertà. In questo settore in particolare non c’è unaragione per cui un investitore dovrebbe puntare sull’Italia, se non per il valore dei singoli ricercatori che, però, si trovano a dover elemosinare i fondi o a emigrare.

da Avvenimenti, 2005

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