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Posts Tagged ‘stato vegetativo permanente’

Biotestamento. La nuova legge truffa

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 29, 2009

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Piergiorgio e Mina Welby


di Simona Maggiorelli

Una legge inemendabile” l’aveva giudicata già settimane fa il giurista Stefano Rodotà. Mentre Giovanni Berlinguer, per lunghi anni membro del Comitato di bioetica dell’Unesco, la giudica senza mezzi termini, “ l’ultima nuova fetenzìa, dopo la legge 40”. Perché questa nuova “legge truffa” sulle dichiarazioni anticipate non solo va contro l’articolo 32 della Costituzione e contro la convezione di Oviedo, ma configura una gravissima intromissione dello Stato nel rapporto medico- paziente. “Una legge pessima, confusa, contraddittoria, ma soprattutto liberticida” la definisce il vicepresidente del Senato, Emma Bonino che, dopo l’approvazione della legge al Senato, auspica una grande mobilitazione popolare di protesta.

Fin qui, però va detto, che nonostante l’encomiabile buona volontà degli oltre duemila emendamenti depositati dai Radicali (che si sono fatti veicolo delle istanze della cosiddetta società civile) l’opposizione parlamentare è apparsa, nel suo complesso, evanescente. In risposta agli antiscientifici discorsi del sottosegretario al welfare Eugenia Roccella che al Senato, contro ogni evidenza medica, ha parlato di idratazione e alimentazione artificiali come pane e acqua e di Eluana Englaro come una “grave disabile” che sarebbe stata “capace di conservare immagini e ricordi in qualche parte della sua mente”, la capogruppo Pd Anna Finocchiaro ha saputo solo auspicare un ritorno al concetto di “morte naturale” condannando la sopravvivenza artificiale garantita dalle macchine. Recuperando la critica della tecnica di un pensatore nazista come Heidegger ma, soprattutto, appoggiandosi alla critica della bioetica liberale di Jürgen Habermas, il filosofo che il Pd ha eletto nel proprio Pantheon.

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Luca e Maria Antonietta Coscioni

Un macabro rovesciamento che la sottosegretaria al welfare con tutta evidenza non ha espresso solo a titolo personale. Nei discorsi della pasionaria pro-life nonché autrice di un libro clamorosamente ideologico contro la Ru486, riecheggiano certi discorsi del Premier sulla possibilità che Eluana avrebbe avuto di avere figli, dacché i danni al tronco encefalico non erano tali da non consentirle di mantenere una certa temperatura corporea, di respirare autonomamente e di regolare il ciclo ormonale, insomma di mantenere una mera vita biologica. In barba al fatto che – come ha dichiarato più volte il neurologo curante di Eluana, Carlo Alberto Defanti – la donna non potesse provare dolore, affetti, fare immagini e pensieri. (Riguardo alla precisa distinzione fra coma , stato di minima coscienza e stato vegetativo persistente, il libro di Defanti Soglie Medicina e fine della vita ,Bollati Boringhieri, raccoglie le più recenti acquisizioni internazionali).

Beppino Englaro e un ritratto di Eluana

Beppino Englaro e un ritratto di Eluana

Alla luce di tutto questo che dire di un Pd che con il segratario Franceschini fa sua la critica di Habermas alla cosiddetta “genetica liberale” che sarebbe guidata solo “dai meccanismi del mercato”? Che dire del segretario del principale partito di opposizione che (quando perfino Gianfranco Fini riconosce l’importanza della laicità delle istituzioni) definisce la religione non un fatto privato, ma intrinseco alla riflessione pubblica e all’attività politica?cop_defanti1

lecaldanoChe le religioni debbano avere una rilevanza sul piano legislativo, mi pare assolutamente inaccettabile”, commenta il filosofo Eugenio Lecaldano. ”Non sono un esperto di cultura tedesca – dice l’autore di Un’etica senza dio (Laterza)-. Ma quello che posso dire essendomi a lungo occupato dell’area anglosassone è che là non è mai accaduto che le Chiese potessero avere un’ingerenza sulle faccende dello Stato. Da noi in Italia questo passa per un pregio. A me pare un grave difetto”.


da left-avvenimenti del 27 marzo 2009

L’intervista

E’ tempo di dirsi atei

Un'opera di Maurizio Cattelan

Un'opera di Maurizio Cattelan

Trofeo del nascente Pdl la legge sul testamento biologico che va contro la Costituzione e la scienza medica. Il presidente della consulta di bioetica, Maurizio Mori, avverte: “E’ un segno della regressione culturale che il Paese sta vivendo”. Anche per un’opposizione afasica che ancora stenta a far sue le acquisizioni della scienza

di Simona Maggiorelli

Al grido “assassini, siete degli assassini”, un gruppo di giovani esponenti del movimento ultra cattolico Pax Christi irrompe nel convegno organizzato dall’Università la Sapienza, dal titolo “Le questioni etiche di fine vita fra riflessione filosofica e intervento legislativo”, una giornata di studi con medici, filosofi, giuristi a confronto: da Ignazio Marino a Stefano Rodotà, da Mario Riccio a Eugenio Lecaldano, da Gilberto Corbelli a Demetrio Neri, alla giornalista scientifica Gianna Milano e a molti altri.
E l’episodio accaduto venerdì 13 marzo nella università romana dove 67 docenti sono stati “messi all’indice”per aver segnalato in una lettera l’inopportunità di un intervento del papa ad apertura dell’anno accademico, la dice lunga sul clima che sta vivendo il Paese. Dal vivo, in aula, il filosofo Eugenio Lecaldano ha stigmatizzato l’aggressione come “fascista”. Oggi il presidente della Consulta di bioetica, Maurizio Mori, ripensando a quella ridda di interventi deliranti che accusavano il dottor Riccio di aver assassinato Welby e Beppino Englaro di aver deportato la figlia nell’ultimo hospice, pacatamente osserva: “Il fatto è che non sollevavano domande o obiezioni argomentate. I loro discorsi fumosi coprivano le solite tesi cattoliche di stampo vitalista”. Dietro a questo episodio, aggiunge il professore, c’è il fatto che “il cambiamento rapido cui stiamo assistendo genera paura o addirittura terrore e sgomento: queste manifestazioni sono un risultato dello stato d’animo che c’è in alcuni strati della società”.

La ricerca genetica e lo sviluppo delle biotecnologie, ma anche la moderna psichiatria, impongono un salto di paradigma scientifico. Da qui la feroce opposizione delle ideologie più oscurantiste, clericali e di destra?

Non è solo per il salto di paradigma. È che la rivoluzione biomedica cambia i parametri del vivere (e anche della produzione di beni). L’incomprensione di questo crea disastri, ma i clericali hanno capito il problema e cercano di fare il possibile per frenare il processo che sta creando loro enormi difficoltà (si pensi alla fecondazione assistita). Quel che manca è un corrispettivo di segno opposto che dovrebbe ispirare il programma di rinnovamento sociale.

La nuova legge sul testamento biologico, al comma 1, dice che la vita è indisponibile per chi la vive. Di chi sarebbe di dio? Dello Stato?

E’ la tesi tradizionale dei conservatori. Cercano una nuova restaurazione. Siccome il momento è a loro propizio, l’hanno riproposta. Quel che mi colpisce è la debolezza della Sinistra o comunque dell’opposizione, che si lascia incantare dalle sirene del neo-luddismo e dell’anti-tecnicismo tanto diffusi. Assistiamo a una regressione civile. Il discorso sarebbe molto ampio,chiederebbe un saggio.

I credenti, con Heidegger, demonizzano la tecnica. Ma la osannano se consente la vita solo biologica di chi è in stato vegetativo permanente. Un suo pensiero su questa discrasia?

Dietro c’è l’idea che la naturalità sia sempre buona. La discrasia sta nel fatto che non si rinuncia alla (cattiva) tecnica medica rianimatoria o nutritiva quando si tratta di un stato vegetativo permanente dove invece si dovrebbe rispettare la (buona) natura che porta a morte. Credo si debba cambiare il quadro e riconoscere da una parte che la natura è in sé indifferente e dall’altra che, in un senso, la cosiddetta “natura” è ormai un prolungamento della tecnica. Insomma, è la storia del “parco naturale”, che è frutto di una scelta umana di recintare tecnicamente un appezzamento e dire che lì vige ancora la “natura”.

Dopo le leggi sul divorzio e sull’aborto, la legge 40 e quest’ultima sulle dichiarazioni anticipate segnano una pesante regressione. Che cosa è accaduto nel frattempo?

Quello che posso dire è che vedo una grande confusione teorica, e un duplice errore: da una parte si continua a sperare che ci sia un “dialogo” o una qualche mediazione con la Chiesa. Dall’altra se ne sopravvaluta il ruolo politico. Forse anche perché non c’è stato l’impegno a costruire un’alternativa sul piano etico.

Habermas e Ratzinger

Habermas e Ratzinger

Il maggior partito di opposizione, il Pd, ha fatto suo il pensiero di Habermas sulla bioetica. Con quali danni?

Il Pd, in realtà, mi pare abbia pressoché tutte le posizioni disponibili. Come si è visto nel voto in consiglio comunale a Firenze per la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro: 3 posizioni diverse. La radice dell’errore sta nel non capire la valenza politica e sociale delle posizioni bioetiche; il Pd le considera questioni “di coscienza”, stravolgendo così i discorsi sulla “libertà di coscienza”.

Nel libro Il caso Eluana Englaro (Pendragon) lei riporta al centro del dibattito una parola che oggi è ostracizzata da maggioranza e opposizione: l’ateismo. Che, lei dice,“è cosa diversa dal tiepido agnosticismo”.

L’agnosticismo mi pare tiepido perché continua ad assumere come centrale la domanda “religiosa” cui però non si riesce a dare risposta. Invece l’ateismo assume che quella domanda sia priva di senso, e quindi neanche da considerare. Il punto è che oggi per la prima volta nella storia la società secolarizzata presenta un alto numero di atei, e si tratta di riformulare la visione della vita partendo da tale nuova impostazione che una volta era limitata a pochissimi.

da left-avvenimenti del 27 marzo 2009



Biotestamento

I media? Armi di distrazioni di massa

cover-garofaloI media usati come armi di distrazioni di massa. Con il conduttore Bruno Vespa che a Porta a Porta su Rai 1 accusa il padre Beppino Englaro e i medici di mettere alla fame Eluana, una donna di 38 anni purtroppo morta 17 anni anni prima, quando ne aveva 21 e in una notte d’inverno fece un terribile incidente d’auto. Come hanno testimoniato l’anestesista De Monte e il neurologo Defanti lo stato vegetativo e i danni cerebrali subiti da Eluana, dopo così lungo tempo, erano irreversibili. Ma ancora oggi il caso viene strumentalizzato dal governo Berlusconi per imporre leggi liberticide. Con l’appoggio non solo dell’Avvenire e dei giornali di destra, ma anche di giornali presunti di sinistra che in questi mesi hanno sovrapposto storie di pazienti in coma a quella diversissima di Eluana, per confondere la testa del lettore. Una ridda di colpi bassi che – va detto – mai sarebbero stato possibili sulla stampa anglosassone. Ma tant’è. Da noi il giornalismo scientifico è ancora appannaggio di una elite. Lo racconta il docente di ricerca semiotica Francesco Galofaro nel libro Eluana Englaro, la contesa di fine vita (Meltemi),in un interessante confronto fra Italia e il resto d’Europa. “ La medicina va mantenuta in grado di funzionare e tutela da invasioni di campo giuridiche, politiche, filosofiche- scrive Garofalo -. Perché possa svolgere il proprio compito la scienza medica non va delegittimata. Non ha alcun senso mostrificarla, come fanno tanto alcuni bioetici che si direbbero laici e molti giuristi cattolici”.

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Il dovere di curare

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 27, 2009

L’anestetsista Mario Riccio: «C’era qualcuno che aveva diritto a interrompere la terapia, e quando ho accettato di occuparmi di lui ho sentito forte l’obbligo etico, ma ora dico anche giuridico, di dare una risposta a questa esigenza del paziente». Piergiorgio ha fatto riflettere tutti su un diritto considerato sacrilego.

In Italia è emergenza diritti civili. La sinistra si faccia interprete della domanda che viene anche dai giovani

di Simona Maggiorelli

il medico Mario Riccio

il medico Mario Riccio

«I temi di bioetica e i diritti civili sono un’emergenza in Italia. E la stiamo tirando troppo per le lunghe. Altri Paesi li hanno affrontati, discussi, hanno fatto leggi. È importante che si parli di testamento di vita, di aborto, di fecondazione assistita. Che si parli di pacs, di unioni civili. Nel centrosinistra fin qui non c’è stato modo di affrontarli. Lo hanno fatto, invece, i conservatori, il centrodestra, con la consegna totale di queste tematiche agli ambienti ecclesiastici. Questo soggetto nuovo, il Pd, su tutto questo tace. Non so – accenna Mario Riccio – se come medico posso permettermi di dire…ma questi sono argomenti molto importanti. E nessuno finora, a eccezione dell’area laica radicale, ha preso i mano la laicità come bandiera o come tematica chiara della propria proposizione ai cittadini». A un anno e due mesi dalla vicenda di Piergiorgio Welby il medico anestesista che lo aiutò nella sua battaglia politica torna a parlare. Ripercorrendo le tappe di una storia, quella di Welby, che oggi appare sempre più paradigmatica e con quella passione civile di chi ha “militato” a lungo nella Consulta di Milano, organizzando dibattiti e convegni di bioetica laica. «Senza troppi giri di parole – continua Riccio – a me piacerebbe sapere cosa vuole fare la sinistra la legge 194? Facciamo la moratoria? La fecondazione assistita? I tribunali continuano a dire che la legge 40 è incostituzionale, ci vogliamo mettere mano? Le coppie di fatto registrate nelle liste comunali delle unioni civili sono 700mila, in Italia un figlio su tre nasce da una coppia non sposata. Sono temi di primo piano nella vita dei cittadini. Ma vedo che nessuno se ne occupa. Spero che la Sinistra arcobaleno ne faccia un suo tema, un suo campo di battaglia, perché nella mia esperienza, di incontri e di dibattiti, noto che la base di questa sinistra ne parla. E se è vero, come si legge, che proprio a sinistra si potrebbe registrare un grosso astensionismo, rappresentare politicamente le esigenze dei cittadini su questo piano potrebbe essere una carta vincente. I giovani oggi hanno certamente il problema del mutuo, però una coppia di fatto che vuole un figlio, oppure che fa fatica ad averne uno, cerca delle risposte dalla politica».

Nella sua esperienza di medico quanto è sentita l’esigenza di una legge sul testamento biologico?

Mi pare chiaro che sia una necessità. Io vivo tutti giorni nell’area critica come rianimatore, ma la stessa esperienza la si vive nel campo oncologico, dove c’è sempre da scegliere, a un certo punto, se continuare la terapia o insistere, sono problematiche che toccano la vita di molti, quotidianamente.

Quanto il legislatore o il giudice possono legittimamente entrare in queste questioni? Il gup Renato Laviola, in particolare, nel caso di Welby, parlava di “diritto alla vita”. Parole che si addicono più a un uomo di Chiesa…

Se vogliamo tornare su quella storia, per il suo valore di prototipo, va ricordato che la vicenda non ebbe mai interruzione lungo una strada di una totale estraneità a un profilo penale. Mi spiego meglio. La Procura riconobbe che non c’era nessun profilo penale. E lo riconobbe anche il civile di Roma. In tutta quella storia ci fu solo una interruzione: il mio rinvio a giudizio da parte del gup Laviola che basò questa sua scelta su un supposto diritto alla vita. Ma la Carta fondamentale promuove lo sviluppo delle persone, l’istruzione, la salute eccetera, non parla mai di diritto alla vita. Del resto anche se ci fosse scritto diritto alla vita – cosa che non è – resterebbe il fatto che si tratterebbe di un diritto non di un dovere. Si può decidere se esercitarlo oppure no. Non esiste un diritto coercibile. A posteriori, oggi, mi rendo conto, però, che se non ci fosse stata la richiesta di rinvio a giudizio per me, forse non si sarebbe più parlato della vicenda Welby, con tutto il suo significato anche politico.

È stata una vicenda paradigmatica anche per quello che fu detto sulla questione sedazione.

Ora i toni, per fortuna, si sono raffreddati e mi fa piacere. È passato del resto un anno e mezzo, ma non posso dimenticare quel che disse l’ex presidente del Cnb Francesco d’Agostino: per lui il problema era se sedare Piergiorgio prima del distacco della macchina, se sedarlo dopo, se sedarlo poco o tanto. Sembrava quasi che se l’avessimo sedato troppo sarebbe stato un problema perché prima dovevamo farlo un po’ soffrire. Quando lessi tutto questo sulle pagine dei giornali mi prese lo sconforto. Pensavo che soluzione D’Agostino sarebbe stata di alto profilo etico e giuridico e dovetti leggere che stavano spiegando a me anestesista che tipo di farmaco usare e con quale dosaggio….

L’Italia continua a essere fanalino di coda nella terapia del dolore. Quanto la Chiesa riesce a intromettersi nel rapporto medico-paziente?

Giovanni XXIII sdoganò la morfina, disse che il dolore di per sé non è un valore, agli inizi degli anni ’60. Ma questo discorso non è stato più fatto, né da Woytila né tanto meno da Ratzinger…Mi viene particolarmente difficile pensare a un dio, specie come quello che ci prospettano, un dio un po’ guardone che si introduce nelle camere da letto o che va a misurare il dolore. Io non sono un credente, sono un ateo agnostico, ma ipotizzando per un attimo un’entità soprannaturale, non lo vedrei impegnato a occuparsi della mia sessualità. Mi parrebbe un po’ offensivo.

Ma le cure palliative spesso non bastano, c’è anche il dolore psichico dei malati terminali a cui il medico di trova a dover rispondere?

E’ quello che con un termine tecnico si chiama dolore totale, è la sommatoria di dolore psichico e dolore fisico. Lo si riscontra, per esempio, nei malati oncologici terminali. Pensare di dover vivere in una situazione particolarmente umiliante è devastante, diventa un dolore incoercibile che non si riesce a gestire nemmeno con l’uso della terapia antalgica. Si parla molto di medicina palliativa, anche su questo l’Italia deve recuperare il ritardo ma esiste una quota limitata di pazienti per i quali queste armi risultano spuntate. È questo che ha spinto paesi avanzatissimi dal punto di vista sanitario come l’Olanda a permettere l’eutanasia. Va fatta una riflessione seria, pacata, su questo tema. Non ha nulla a che vedere con l’indifferenza verso chi è incurabile. Al contrario.

Dovrebbe essere una questione che pertiene al rapporto medico-paziente?

Citare le sentenze in Italia oggi, per qualcuno, è una cosa provocatoria, quasi terroristica, ma io sono orgoglioso di farlo con quella del Gup nella vicenda Welby, in cui c’era il diritto del paziente e il mio dovere. Io ho fatto semplicemente il mio dovere di medico e di questo io sono sempre stato convinto. Lo spiegai alla conferenza stampa dove tutti pensavano che il giorno prima si fosse consumato un assassinio. Ma la spiegazione che io detti credo con sufficiente serenità passò quasi come un atto di prosopopea. Qui c’era qualcuno che aveva diritto a interrompere la terapia, e quando ho accettato di occuparmi di questa persona ho sentito forte dentro di me il dovere etico, ma ora dico anche giuridico, di dare una risposta a questa esigenza del paziente. E quella che sembrava una cosa extra siderale, ovvero che un paziente in queste condizioni rifiutasse la terapia, oggi è una cosa accettata. Piergiorgio Welby ci ha fatto fare una riflessione su un diritto che allora tutti consideravano come un sacrilegio.

da left-Avvenimenti 15 febbraio 2008

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La lettera di Welby al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Caro Presidente,

scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cit­tadini che avranno la possibilità di ascoltare queste mie pa­ro/e, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese.Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l’ausilio del mio computer; scrivere, leg­gere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita. La giornata inizia con l’allarme del ventilatore polmo­nare mentre viene cambiato il filtro umidificatore e il catetere, trascorre con il sottofondo delta radio, tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitorag­gio dei parametri ossimetrici, pulizie personali, medicazio­ni, bevute di Pulmocare. Una volta mi alzavo al più tardi alle dieci e mi mettevo a scrivere sul pc. Ora la mia patolo­gia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario. A mezzogiorno con l’aiuto di mia moglie e di un assistente mi alzo, ma sempre più spesso riesco a malapena a star seduto senza aprire il computer perche sento una stanchezza mortale. Mi costringo sulla sedia per assumere almeno per un’ora una posizione diffi­rente di quella supina a letto. Tornato a letto, a volte, mi as­sopisco, ma mi risveglio spaventato, sudato e più stanco di prima. Allora faccio accendere la radio ma la ascolto di­strattamente. Non riesco a concentrarmi perche penso sem­pre a come mettere fine a questa vita. Verso le sei faccio un altro sforzo a mettermi seduto, con l’aiuto di mia moglie Mina e mio nipote Simone. Ogni giorno vado peggio, sem­pre più debole e stanco. Dopo circa un’ora mi accompagna­no a letto. Guardo la tv, aspettando che arrivi l’ora della compressa del tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di non svegliarmi la mattina.

Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico, Vita è anche la donna che ti lascia, una gior­nata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita è solo un te­stardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio, è lì, squa­dernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe, Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sot­trarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c’è pietà. Starà pensando, Presidente, che sto invocando per me una «morte dignitosa». No, non si tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte. La morte non può essere «dignitosa», dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia «dignitosa» è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco dell’occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos’è la morte? La morte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: «Ostico, lottare. Sfacelo m’assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m’accerchia senza spiragli. Non esiste approdo».

L’approdo esiste, ma l’eutanasia non è «morte dignitosa», ma morte opportuna, nelle parole dell’uomo di fede Jacques Pohier: Opportuno è ciò che «spinge verso il porto»; per Plutarco, la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto e Leopardi la definisce il solo «luogo» dove è possibile un riposo, non lieto, ma sicuro.

In Italia, l’eutanasia è reato, ma ciò non vuoi dire che non «esista»: vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti. Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni Paesi europei, Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente «terminale» che ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di «approdo» alla morte opportuna. Una legge sull’eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L’associazione degli anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello scaduto (e non ancora rinnovato} Comitato nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di Trattamento ha messo in luce l’impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti. Anche nella diga opposta dalla Chiesa si stanno aprendo alcune falle che, pur restando nell’alveo della tradizione, permettono di intervenire pesantemente con le cure palliative e di non intervenire con terapie sproporzionate che non portino benefici concreti al paziente. L’opinione pubblica è sempre più cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare. Molti hanno assistito un famigliare, un amico o un congiunto durante una malattia incurabile e altamente invalidante e hanno maturato la decisione di, se fosse capitato a loro, non percorrere fino in fondo la stessa strada. Altri hanno assistito alla tragedia di una persona in stato vegetativo persistente.

Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita, non ci si trova in presenza di uno scontro tra chi è a favore della vita e chi è a favore della morte: tutti i malati vogliono guarire, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligato che la malattia impone alla persona amata, desidera la sua guarigione. I medici, resi impotenti da patologie finora inguaribili, sperano nel miracolo laico della ricerca scientifica. 1ra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione, prima che arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazione e i macchinari che supportano o simulano le funzioni vitali.

Piergiorgio Welby, 22 settembre 2006

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Ignazio Marino: Le persone vogliono una legge sul testamento biologico

Posted by Simona Maggiorelli su febbraio 20, 2009

Un sondaggio Eurispes rivela che l’ottanta per cento degli italiani è a favore del testamento biologico. Ma i parlamentari sembrano un gruppo di sordi, che se ne stanno chiusi nel Palazzo di Simona Maggiorelli

Nella scorsa legislatura, come presidente della commissione Sanità del Senato, si è battuto con tutte le forze perché anche in Italia, come negli altri Paesi, ci fosse una legge sul testamento biologico. La triste sorpresa è stato vedere che la proposta di ampia mediazione del senatore e chirurgo diessino è stata “boiccottata”, non solo da esponenti del centrodestra, ma anche da parlamentari di area Partito democratico. Ma il professore non si è arreso e dai banchi dell’opposizione rilancia un disegno di legge che sussume le precedenti proposte. Lo abbiamo incontrato per capire meglio di che si tratta.
Il caso Englaro rende ancora più chiaro quanto sia necessaria una legge?
È importante riconoscere l’esistenza di situazioni personali come quella di Eluana, ma il mio obiettivo come medico e legislatore è cercare di arrivare a una legge che rappresenti la sensibilità dei cittadini, al di là delle singole situazioni drammatiche.
Da medico come descrive la situazione di Eluana?
È la condizione di una persona che dopo un grave incidente d’auto si trova in stato vegetativo permanente. Ha avuto un periodo di coma di alcuni mesi, il che già significa che le possibilità concrete di recupero dell’integrità intellettiva sono praticamente inesistenti. Inoltre sono già 16 anni che è in stato vegetativo permanente. Non esiste nella letteratura scientifica internazionale nessuna persona che abbia recuperato l’integrità intellettiva dopo così tanto tempo. Sul piano della legge e della bioetica, in questi giorni è stato detto molto per disorientare il cittadino: la vera centralità della questione non è “staccare o meno la spina”. Il punto è: come esseri umani abbiano il diritto, rispetto alle tecnologie esistenti, di indicare le terapie a cui vogliamo sottoporci e quelle che rifiutiamo? C’è un diritto riconosciuto in tutti i Paesi: io posso dire no a un trapianto di cuore. Posso dire preferisco avviarmi al percorso che mi porterà alla morte. Quello non è suicidio, non è eutanasia, è un percorso naturale. Allora se io quel percorso lo posso accettare oggi che sono in grado di ragionare e comunicare, perché non posso lasciare delle indicazioni per quando, supponiamo, non fossi più cosciente? Personalmente se mi trovassi in certe condizioni non vorrei che le terapie fossero proseguite. L’ho scritto nel testamento biologico che ho fatto negli Usa dove ho vissuto per 18 anni. Serve una legge per dare indicazioni sulle terapie che voglio e non voglio ricevere, in positivo e in negativo.
Per questo c’è l’articolo 32 della Costituzione.
Ecco, questa legge sul testamento biologico dovrebbe servire a estendere al momento in cui non mi potrò esprimere i diritti garantiti dall’articolo 32. È davvero molto semplice. Quando negli anni Quaranta i padri costituenti lo hanno stilato non potevano neanche immaginare che un giorno ci sarebbero state tecniche in grado di mantenere in vita persone in gravi condizioni, anche per anni. All’epoca erano appena arrivati gli antibiotici, come si poteva immaginare una cosa simile quando si moriva di polmonite? Oggi dobbiamo decidere se la tecnologia è un obbligo. Chi lo deve stabilire? Lo Stato, la religione, la cultura, il Parlamento, un medico, o il cittadino? Io credo quest’ultimo.
C’è stata una particolare violenza sul pensiero di Eluana, un accanimento contro ciò che diceva quando stava bene.
Ho incontrato il padre, Beppino, sono andato in ospedale, è evidente che ci sia bisogno di una legge. La situazione di Eluana è stata molto difficile. Se ci fosse stata una legge avrebbe potuto scrivere le sue scelte. In una situazione di vuoto legislativo, invece, i tribunali hanno agito seguendo le norme esistenti, secondo l’indirizzo che sembrava più logico ai magistrati. Penso che tutta questa fase debba essere superata con una legge. Del resto, già il presidente della Consulta, diversi magistrati, molti medici e gli stessi cittadini si sono espressi in questo senso. Un sondaggio Eurispes rivela che oltre l’ottanta per cento degli italiani è favorevole a una legge. Sembra quasi di vedere parlamentari sordi, chiusi nel Palazzo.
In questa legislatura sarà discussa la sua proposta?
Il mio disegno di legge ha già la firma di molte decine di senatrici e senatori del Pd. È il frutto di riflessioni sul disegno di legge che avevo presentato la scorsa legislatura e che ho ampliato ascoltando tutti, anche coloro che mi segnalavano l’importanza di riflettere sulla malattia nel suo insieme, non solo pensando agli aspetti formali della fine della vita. Così mi sono occupato di malattia terminale, di cure palliative, della necessità di distribuire meglio gli hospice sul territorio. Adesso ne abbiamo circa 103 al Nord su un totale di 130. Solo 17 sono nel Sud. Ma il Nord ha una popolazione di 25 milioni di abitanti e il Sud di 22 milioni. Infine c’è un capitolo dedicato alle terapie per il dolore. Nel nostro Paese c’è una grande difficoltà nel somministrare i farmaci anti dolore: 5 milioni di italiani soffrono di dolore cronico. La loro qualità di vita è molto ridotta a causa di cure inadeguate.
Più di cento medici hanno scritto al ministro Maurizio Sacconi perché si torni a discutere di terapie intensive e accanimento terapeutico sui prematuri, che ne pensa?
Credo che ci sia un confine molto sottile tra l’assistenza e l’interruzione delle terapie. Lo dico da medico che ha avuto a che fare con molti casi di trapianto d’organo. Penso che all’inizio della vita non si possa decidere per regolamenti. Si deve risolvere questo problema del confine sottilissimo: se il neonato non ha molte possibilità, c’è accanimento. Ci sono casi molto rari di sopravvivenza dei cosiddetti grandi prematuri. Ma quelle situazioni vanno approfondite tra famiglia e specialisti in grado di dare delle indicazioni prognostiche ai genitori. Non compete solo al rianimatore o al neonatologo, ma anche al genetista, al pediatra, al neurologo. Ci vuole un approccio collegiale che porti a definire se in quella circostanza sia il caso di proseguire le cure oppure se ci sia solo accanimento sul prematuro. Bisogna cercare di migliorare il suo stato.
Parlare di questioni eticamente sensibili invece che di diritti può essere un controsenso con temi simili?
Credo che sia sbagliato parlare di temi eticamente sensibili in questi casi. Per me legiferare sulle armi, la guerra, ma anche il fumo potrebbero essere temi eticamente sensibili. Invece le decisioni sulla nostra vita sono diritti civili. Dopo la rivoluzione francese in molti li chiamano così.
Una Ue dei diritti civili, non solo delle merci?
È auspicabile ma molto improbabile, ci sono Paesi come l’Inghilterra che, per cultura, vogliono essere liberi di seguire un proprio percorso. Negli ultimi anni hanno fondato degli organismi che stabiliscono le linee della ricerca da portare avanti, peraltro molto democratici perché prevedono la consultazione popolare, che permettere di procedere in una direzione piuttosto che in un’altra. Ma non mi sembra che gli inglesi stiano dimostrando interesse a un percorso condiviso con il resto dell’Ue.
In Italia non c’è più un ministero della Salute, ma ci sono due sottosegretari preposti a due leggi, la 40 e la 194.
Al Consiglio dei ministri, luogo supremo dove riportare gli interessi dei cittadini, partecipano soltanto i ministri, i sottosegretari non entrano e non votano. Questo significa che il premier Berlusconi sceglie le aree strategiche. In tutto 12, tra queste può metterci le riforme, la semplificazione, le pari opportunità, oppure la sanità. È evidente che si ha la percezione che ministeri come quello della Semplificazione o, mettiamo, dei Rapporti con il Parlamento siano più importanti delle divisioni dove si curano i tumori.
Left 29 del 18 luglio 2008

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Sulla pelle di Eluana

Posted by Simona Maggiorelli su febbraio 8, 2009

083161uw-ansaBeppino Englaro: «Ho perso mia figlia diciassette anni fa». In libreria il nuovo libro di Maurizio Mori ripercorre un caso di violenza di “governo”.

di Simona Maggiorelli

«Ho perso mia figlia diciassette anni fa». In questa frase di Beppino Englaro è riassunta tutta la schietta e dolorosa verità sulla vicenda di Eluana, da parte di chi l’ha davvero amata. Splendida ragazza piena di energia che, in una notte di inverno e ghiaccio di molti anni fa, è rimasta vittima di un incidente d’auto. Da allora è in clinica, in uno stato vegetativo permanente, alimentata e idratata artificialmente.Ill suo corpo di giovane donna biologicamente resiste, ma Eluana non c’è più, la sua corteccia cerebrale distrutta e, dicono i maggiori esperti internazionali, è escluso che la sua realtà mentale funzioni. Il che vuol dire, purtroppo, nessuna possibilità di affetti, immagini, pensieri.
In una realtà così compromessa nonc’è possibilità di avere rapporto con gli altri esseri umani. Ma come ribadisce utilmente il presidente della consulta di bioetica, il docente dell’università di Torino, Maurizio Mori nel suo nuovo libro Il caso Eluana Englaro, appena uscito per Pendagron (con una toccante introduzione di Peppino Englaro), Eluana aveva detto e ripetuto a più persone, quando stava bene e in più di un’occasione, che mai avrebbe voluto sopravvivere così, da cadavere riscaldato dalle macchine, come era accaduto a un suo caro amico che, dopo i tentativi medici di rianimarlo, era disgraziatamente caduto in stato vegetativo. Ma su questo pensiero vivo della ragazza, testimoniato da familiari e amici, la politica italiana si è scagliata. Con cieco e furibondo accanimento. Fino alla decisione del ministro Maurizio Sacconi espressa il mese scorso in una circolare (e denunciata dall’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca) di bloccare la proposta della struttura ospedaliera di Udine che si era detta disponibile ad accogliere Eluana Englaro per rispettare le sue volontà. E questo da parte del ministro Sacconi, in aperto conflitto con la Costituzione italiana ma anche con la decisione della Corte di appello di Milano che già molti mesi aveva dato ragione agli Englaro.9788883427022 Una sentenza ribatita dalla Cassazione che anche Berlusconi all’inizio di febbraio osteggia, ipotizzando un disegno di legge sul testamento biologico da far approvare direttamente in sede di Commissione sanità al Senato. Raccapriccianti le parole del premier che, in sprezzo totale della realtà in cui si trova Eluana (ostaggio di medici e infermieri che le somministrano farmaci con un sondino naso-gastrico, che la nutrono artificialmente e la svuotano) arriva a dire che Eluana è una donna che ha perfino il ciclo e potrebbe avere figli. Insomma, dopo che il presidente della Lombardia Formigoni ha avuto il coraggio di dire che quella di Eluana è una vita piena, con il premier siamo alla necrofilia. Quale idea di vita umana emerge dai discorsi di Berlusconi? Quale immagine e identità di donna?

Nel coro di chi si prodiga per fare disinformazione non può mancare, ovviamente, il sottosegretario Eugenia Roccella (già autrice di libri antiscientifici sulla Ru486), che contro ogni evidenza medica dice: “Eluana deglutisce, ha mangiato yogurt e ogni giorno le suore la portano a fare un giro in giardino”. Un autorevole medico trapiantista come Ignazio Marino, che ha lunga esperienza di casi di coma e stato vegetativo dice invece che Eluana può solo deglutire la saliva. Forse 16 anni fa fu nutrita da sua madre, ma da allora ha bisogno del sondino naso gastrico. “Se qualcuno le desse un panino – sottolinea Marino – morirebbe di polmonite perché il cibo non le andrebbe nello stomaco, ma nei polmoni”. Ma il conduttore Bruno Vespa nel suo Porta a Porta e sorprendentemente non poche altre testate giornalistiche continuano a fare del terrorismo dicendo che interrompere le terapie vorrebbe dire far morire Eluana di fame e di sete. Ancora Marino: “I pazienti in stato vegetativo permanente non provano dolore, tanto che non si somministrano loro quotidianamente anti-dolorifici”. Ma è drammaticamente inascoltato. Anche dalla sua parte politica, il Partito democratico.

“L’unica persona che non sa che in Italia c’eè un ‘caso Eluana’, e’ proprio la ragazza che non sa neanche di esistere e dove sta: certo che e’ viva ma grazie al supporto dei macchinari, e potrebbe continuare a vivere per anni, ma e’ senza coscienza, senza relazioni con gli altri, senza emozioni e percezioni, senza attivita’ motorie”. Così il neurologo Carlo Alberto Defanti,  che da 16 anni la segue. Il medico denuncia che tante affermazioni di politici sono “fuori luogo” e “giocano con il caso Eluana in maniera del tutto disonesta”. Ma il neurologo aggiunge: “essendo un medico ho un codice deontologico da rispettare e una privacy del paziente da tutelare sempre. L’unica cosa che posso dire è che si pensa che Eluana sia quella che appare nelle foto, purtroppo non è più così da tempo”.  Il volto e gli occhi e il volto perdono ogni espressione quando si siano perse  in maniera irreversibile tutte le funzioni cerebrali come in questo caso.  “Non c’è coscienza,  motilità e  capacità di relazionarsi con gli altri. Non ci può essere  sensibilita’ e percezione quando si sia persa l’ attività cerebrale”.

L’obiettivo di questa maggioranza di centro destra, dunque ne potremmo dedurre, è solo quello di continuare a strumentalizzare il caso di Eluana  per far passare rapidamente una legge sul testamento biologico che, sul modello del testo unico presentato da Calabrò, neghi qualunque diritto di autodeterminazione delle persone. La legge vuoluta da questa maggioranza non solo  rimetterebbe le decisioni del paziente nelle mani del medico, ma accetterebbe la possibilità per il paziente di esprimersi solo sulla terapia da seguire e non sulla decisione se vivere o morire.  E derubricando l’alimentazione e l’idratazione artificiale dai trattamenti medici impedisce al paziente la possibilità di rifiutarli. Intanto e, giustamente, forse anche in reazione a questo annuncio del governo, sul web continuano a crescere le adesioni alla proposta del senatore del Pd e chirurgo Ignazio Marino, che nella scorsa legislatura si è battuto coraggiosamente per una giusta legge sul testamento biologico. A oggi sono più di 50.000 adesioni per la sua proposta che mette al primo posto la volontà del malato in accordo con l’articolo 32 della nostra  Costituzione. Fra i primi firmatari figurano l’oncologo ed ex ministro della Salute Umberto Veronesi, il premio Nobel Rita Levi Montalcini, il farmacologo e direttore dell’Istituto Mario Negri, Silvio Garattini (è possibile firmare l’appello sul sito http://www.ignaziomarino.it). Sotto Montecitorio intanto, l’associazione Luca Coscioni, con  i Radicali e  insieme a loro parte dell’opposizione di sinistra, protesta perché ciascuno possa decidere autonomamente del proprio destino, senza che altri – come troppo spesso accade e immotivatamente – possano decidere sulla propria pelle.  Left -Avvenimenti 02/09 e aggiunte

Quelle brutte menzogne su  Eluana

Bisogna tornare ai tempi della legge 40/2004 per ritrovare un così feroce attacco ai diritti e alla dignità della persona, alla libertà di scelta dell’individuo. Un attacco di una gravità inaudita perché sferrato dalle massime cariche di governo. In totale sprezzo della Costituzione. Lo hanno rilevato tutti i più autorevoli giuristi da Rodotà a Zagrebelsky, a Onida. Nonostante le parole del presidente della Repubblica, che si è mosso da garante dei principi di laicità della Carta, il Vaticano, grazie a questa genuflessa maggioranza di centrodestra, l’ha fatta da padrone bombardando lettori e ascoltatori di messaggi assolutamente distorti sul caso Englaro. Abbiamo ascoltato di tutto: che Eluana sorrideva, che mangiava yogurt, che grazie alle suore faceva passeggiate in giardino… Nonostante che il neurologo curante di Eluana, Carlo Alberto Defanti (e con lui tutti i maggiori esperti) dicesse che quando si è in uno stato vegetativo permanente, come lo era lei, non si ha più nessuna attività mentale, nessuna percezione, nessuna sensazione. Niente immagini, niente pensieri, nessuna possibilità di relazionarsi con gli altri. Perché lo stato vegetativo permanente – come è tornato a spiegare Defanti al convegno Verità e menzogne su “eutanasia”Coscioni, Welby,Englaro che si è tenuto a Roma il 14 febbraio – è cosa diversa dal coma e  dallo stato minimo di coscienza. Dopo 17 anni anni di stato vegetativo i danni cerebrali che Eluana aveva subito erano tali che non c’era alcuna possibilità di “risveglio”. Ma perfino la Rai ha preferito lasciare ampio spazio e senza contraddittorio ai discorsi di religiosi di ogni ordine e grado. Ora lo ricostruisce efficacemente un video di spezzoni tv confezionato dal Centro d’ascolto. Così dopo giorni e giorni dell’offensivo rumore creato dalle esternazioni del Premier e dei suoi ministri, dopo aver letto su testate come Il Corsera titoli aberranti come “Il decreto salva Eluana”, per disintossicarsi la mente fa bene ripercorrere la storia vera di Eluana attraverso le pagine del libro di Maurizio Mori, Il caso Englaro, la porta Pia del vitalismo ippocratico (Pendragon). Il filosofo e presidente della Consulta di Bioetica, con una puntuale disamina, smaschera le molte falsità uscite in tutti questi anni sui giornali. Ma ancor di più fa bene tornare alla voce schietta di Beppino Englaro che nel libro Eluana, la libertà e la vita (Rizzoli) ci consegna, non solo una straordinaria testimonianza di coraggio e di resistenza umana, ma anche un o strumento “politico” utile a ogni cittadino che voglia vedere riconosciuto il proprio diritto di poter scegliere sulla propria vita come è scritto nella Costituzione.  Simona Maggiorelli,  17 febbraio 2009


Nasce l’associazione per Eluana

Beppino Englaro: “L’esperienza che ho fatto con mia figlia voglio metterla al servizio del Paese”

di Simona Maggiorelli

cover-eluana1«Se il cervello è morto, lo è l’individuo» ha detto più volte il senatore del Pd Ignazio Marino. «Nel ’68, con i primi interventi di bypass, si fermava il cuore, si operava e lo si faceva ripartire; allora – ha spiegato – si è capito che la fine della vita non corrispondeva all’arresto del cuore, bensì al danno irreversibile al cervello, la morte cerebrale». Da quelle esperienze, come è noto, nacquero i criteri di Harvard, adottati internazionalmente e su cui si è basato lo sviluppo dei trapianti. Da parte sua, l’ex ministro della Salute, l’oncologo Umberto Veronesi ha dichiarato: «Quando non c’è più attività cerebrale, non c’è più nulla di quello che caratterizza la nostra vita umana: non c’è più pensiero, né memoria, né emozioni. E questo non l’ho stabilito io, ma il famoso protocollo di Harvard». Affermazioni importanti, ma che appaiono tristemente inascoltate anche da quel Pd con cui i due scienziati si sono schierati. E se l’opposizione politica in Parlamento è venuta meno al suo compito sui temi che riguardano la fine della vita, l’informazione ha fatto anche peggio. Basta pensare alle deliranti descrizioni dello stato di salute di Eluana Englaro diffuse nei mesi scorsi dai maggiori media nazionali. Per reagire a tutto ciò la neonata associazione-fondazione Per Eluana si è data alcuni compiti: fare chiarezza, facendo piazza pulita di tutti quei miti pseudoscientifici su risvegli (impossibili) quando le funzioni cerebrali siano irrimediabilmente compromesse. Dare strumenti ai cittadini per poter decidere su quali terapie accettare o rifiutare in caso di malattia incurabile. Offrire informazioni su come, in termini di legge, far valere la propria volontà, quando poi non si fosse più capaci di intendere e di volere. L’associazione fondata da Englaro, insomma, parte dai problemi concreti. E questo mentre il Parlamento si appresta a varare una legge sul testamento biologico basata sull’assunto teologico che la vita è un bene indisponibile. «La nostra associazione – ha ribadito Beppino Englaro presentando l’iniziativa il 17 marzo a palazzo Madama – è nata per mettere a disposizione di tutti le informazioni scientifiche e giuridiche che abbiamo dovuto acquisire per far rispettare la volontà di mia figlia». Come Englaro scrive nel libro Eluana, la libertà e la vita (Rizzoli) «Eluana era un purosangue, una ragazza vitale che già giovanissima aveva realizzato la sua indipendenza. Non avrebbe mai accettato di sopravvivere a se stessa, come mera vita biologica. Eppure a questo è stata obbligata». Perciò trasformare l’esperienza dolorosa che ha segnato la sua famiglia in strumenti di autodeterminazione per tutti è oggi l’obiettivo principale di Englaro. E per questo la sua coraggiosa battaglia civile non si ferma. Anche se smentisce ogni voce di prossima candidatura. «Per Eluana- dice – è un’associazione libera, autonoma, sganciata dai partiti. Uno strumento in primo luogo per fare informazione scientifica». Non a caso nel comitato scientifico dell’associazione spiccano nomi come quello del neurologo Carlo Alberto Defanti che ha seguito Eluana per quindici anni. «All’opinione pubblica di  questo Paese – prosegue Englaro – sono sottratte conoscenze scientifiche, in particolare riguardo allo stato vegetativo permanente, che non esiste in natura, ma può essere l’esito infausto di iter rianimativi». «Sospendere l’idratazione e l’alimentazione artificiale in questo caso non ha nulla a che fare con l’eutanasia» ribadisce Englaro che, anche dopo  aver viste le sue ragioni riconosciute dalla Corte suprema della Cassazione, ha dovuto difendersi per via legali dalle accuse di “assassinio” avanzate dal ministro della Sanità del Vaticano, Barragan, ma anche dalle accuse pronunciate da esponenti del centrodestra nel Parlamento. Fino all’inqualificabile “fuoco amico” arrivato da chi si dice progressista. Torna in mente, in proposito, un editoriale di Ritanna Armeni, che a fine febbraio sul Riformista invocava: “Beppino, si fermi” «in nome di un presunto decoro e di un – a suo dire – doveroso silenzio dopo la morte di Eluana»


da left-avvenimenti del 20 marzo 2009

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