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Biotestamento. La nuova legge truffa

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 29, 2009

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Piergiorgio e Mina Welby


di Simona Maggiorelli

Una legge inemendabile” l’aveva giudicata già settimane fa il giurista Stefano Rodotà. Mentre Giovanni Berlinguer, per lunghi anni membro del Comitato di bioetica dell’Unesco, la giudica senza mezzi termini, “ l’ultima nuova fetenzìa, dopo la legge 40”. Perché questa nuova “legge truffa” sulle dichiarazioni anticipate non solo va contro l’articolo 32 della Costituzione e contro la convezione di Oviedo, ma configura una gravissima intromissione dello Stato nel rapporto medico- paziente. “Una legge pessima, confusa, contraddittoria, ma soprattutto liberticida” la definisce il vicepresidente del Senato, Emma Bonino che, dopo l’approvazione della legge al Senato, auspica una grande mobilitazione popolare di protesta.

Fin qui, però va detto, che nonostante l’encomiabile buona volontà degli oltre duemila emendamenti depositati dai Radicali (che si sono fatti veicolo delle istanze della cosiddetta società civile) l’opposizione parlamentare è apparsa, nel suo complesso, evanescente. In risposta agli antiscientifici discorsi del sottosegretario al welfare Eugenia Roccella che al Senato, contro ogni evidenza medica, ha parlato di idratazione e alimentazione artificiali come pane e acqua e di Eluana Englaro come una “grave disabile” che sarebbe stata “capace di conservare immagini e ricordi in qualche parte della sua mente”, la capogruppo Pd Anna Finocchiaro ha saputo solo auspicare un ritorno al concetto di “morte naturale” condannando la sopravvivenza artificiale garantita dalle macchine. Recuperando la critica della tecnica di un pensatore nazista come Heidegger ma, soprattutto, appoggiandosi alla critica della bioetica liberale di Jürgen Habermas, il filosofo che il Pd ha eletto nel proprio Pantheon.

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Luca e Maria Antonietta Coscioni

Un macabro rovesciamento che la sottosegretaria al welfare con tutta evidenza non ha espresso solo a titolo personale. Nei discorsi della pasionaria pro-life nonché autrice di un libro clamorosamente ideologico contro la Ru486, riecheggiano certi discorsi del Premier sulla possibilità che Eluana avrebbe avuto di avere figli, dacché i danni al tronco encefalico non erano tali da non consentirle di mantenere una certa temperatura corporea, di respirare autonomamente e di regolare il ciclo ormonale, insomma di mantenere una mera vita biologica. In barba al fatto che – come ha dichiarato più volte il neurologo curante di Eluana, Carlo Alberto Defanti – la donna non potesse provare dolore, affetti, fare immagini e pensieri. (Riguardo alla precisa distinzione fra coma , stato di minima coscienza e stato vegetativo persistente, il libro di Defanti Soglie Medicina e fine della vita ,Bollati Boringhieri, raccoglie le più recenti acquisizioni internazionali).

Beppino Englaro e un ritratto di Eluana

Beppino Englaro e un ritratto di Eluana

Alla luce di tutto questo che dire di un Pd che con il segratario Franceschini fa sua la critica di Habermas alla cosiddetta “genetica liberale” che sarebbe guidata solo “dai meccanismi del mercato”? Che dire del segretario del principale partito di opposizione che (quando perfino Gianfranco Fini riconosce l’importanza della laicità delle istituzioni) definisce la religione non un fatto privato, ma intrinseco alla riflessione pubblica e all’attività politica?cop_defanti1

lecaldanoChe le religioni debbano avere una rilevanza sul piano legislativo, mi pare assolutamente inaccettabile”, commenta il filosofo Eugenio Lecaldano. ”Non sono un esperto di cultura tedesca – dice l’autore di Un’etica senza dio (Laterza)-. Ma quello che posso dire essendomi a lungo occupato dell’area anglosassone è che là non è mai accaduto che le Chiese potessero avere un’ingerenza sulle faccende dello Stato. Da noi in Italia questo passa per un pregio. A me pare un grave difetto”.


da left-avvenimenti del 27 marzo 2009

L’intervista

E’ tempo di dirsi atei

Un'opera di Maurizio Cattelan

Un'opera di Maurizio Cattelan

Trofeo del nascente Pdl la legge sul testamento biologico che va contro la Costituzione e la scienza medica. Il presidente della consulta di bioetica, Maurizio Mori, avverte: “E’ un segno della regressione culturale che il Paese sta vivendo”. Anche per un’opposizione afasica che ancora stenta a far sue le acquisizioni della scienza

di Simona Maggiorelli

Al grido “assassini, siete degli assassini”, un gruppo di giovani esponenti del movimento ultra cattolico Pax Christi irrompe nel convegno organizzato dall’Università la Sapienza, dal titolo “Le questioni etiche di fine vita fra riflessione filosofica e intervento legislativo”, una giornata di studi con medici, filosofi, giuristi a confronto: da Ignazio Marino a Stefano Rodotà, da Mario Riccio a Eugenio Lecaldano, da Gilberto Corbelli a Demetrio Neri, alla giornalista scientifica Gianna Milano e a molti altri.
E l’episodio accaduto venerdì 13 marzo nella università romana dove 67 docenti sono stati “messi all’indice”per aver segnalato in una lettera l’inopportunità di un intervento del papa ad apertura dell’anno accademico, la dice lunga sul clima che sta vivendo il Paese. Dal vivo, in aula, il filosofo Eugenio Lecaldano ha stigmatizzato l’aggressione come “fascista”. Oggi il presidente della Consulta di bioetica, Maurizio Mori, ripensando a quella ridda di interventi deliranti che accusavano il dottor Riccio di aver assassinato Welby e Beppino Englaro di aver deportato la figlia nell’ultimo hospice, pacatamente osserva: “Il fatto è che non sollevavano domande o obiezioni argomentate. I loro discorsi fumosi coprivano le solite tesi cattoliche di stampo vitalista”. Dietro a questo episodio, aggiunge il professore, c’è il fatto che “il cambiamento rapido cui stiamo assistendo genera paura o addirittura terrore e sgomento: queste manifestazioni sono un risultato dello stato d’animo che c’è in alcuni strati della società”.

La ricerca genetica e lo sviluppo delle biotecnologie, ma anche la moderna psichiatria, impongono un salto di paradigma scientifico. Da qui la feroce opposizione delle ideologie più oscurantiste, clericali e di destra?

Non è solo per il salto di paradigma. È che la rivoluzione biomedica cambia i parametri del vivere (e anche della produzione di beni). L’incomprensione di questo crea disastri, ma i clericali hanno capito il problema e cercano di fare il possibile per frenare il processo che sta creando loro enormi difficoltà (si pensi alla fecondazione assistita). Quel che manca è un corrispettivo di segno opposto che dovrebbe ispirare il programma di rinnovamento sociale.

La nuova legge sul testamento biologico, al comma 1, dice che la vita è indisponibile per chi la vive. Di chi sarebbe di dio? Dello Stato?

E’ la tesi tradizionale dei conservatori. Cercano una nuova restaurazione. Siccome il momento è a loro propizio, l’hanno riproposta. Quel che mi colpisce è la debolezza della Sinistra o comunque dell’opposizione, che si lascia incantare dalle sirene del neo-luddismo e dell’anti-tecnicismo tanto diffusi. Assistiamo a una regressione civile. Il discorso sarebbe molto ampio,chiederebbe un saggio.

I credenti, con Heidegger, demonizzano la tecnica. Ma la osannano se consente la vita solo biologica di chi è in stato vegetativo permanente. Un suo pensiero su questa discrasia?

Dietro c’è l’idea che la naturalità sia sempre buona. La discrasia sta nel fatto che non si rinuncia alla (cattiva) tecnica medica rianimatoria o nutritiva quando si tratta di un stato vegetativo permanente dove invece si dovrebbe rispettare la (buona) natura che porta a morte. Credo si debba cambiare il quadro e riconoscere da una parte che la natura è in sé indifferente e dall’altra che, in un senso, la cosiddetta “natura” è ormai un prolungamento della tecnica. Insomma, è la storia del “parco naturale”, che è frutto di una scelta umana di recintare tecnicamente un appezzamento e dire che lì vige ancora la “natura”.

Dopo le leggi sul divorzio e sull’aborto, la legge 40 e quest’ultima sulle dichiarazioni anticipate segnano una pesante regressione. Che cosa è accaduto nel frattempo?

Quello che posso dire è che vedo una grande confusione teorica, e un duplice errore: da una parte si continua a sperare che ci sia un “dialogo” o una qualche mediazione con la Chiesa. Dall’altra se ne sopravvaluta il ruolo politico. Forse anche perché non c’è stato l’impegno a costruire un’alternativa sul piano etico.

Habermas e Ratzinger

Habermas e Ratzinger

Il maggior partito di opposizione, il Pd, ha fatto suo il pensiero di Habermas sulla bioetica. Con quali danni?

Il Pd, in realtà, mi pare abbia pressoché tutte le posizioni disponibili. Come si è visto nel voto in consiglio comunale a Firenze per la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro: 3 posizioni diverse. La radice dell’errore sta nel non capire la valenza politica e sociale delle posizioni bioetiche; il Pd le considera questioni “di coscienza”, stravolgendo così i discorsi sulla “libertà di coscienza”.

Nel libro Il caso Eluana Englaro (Pendragon) lei riporta al centro del dibattito una parola che oggi è ostracizzata da maggioranza e opposizione: l’ateismo. Che, lei dice,“è cosa diversa dal tiepido agnosticismo”.

L’agnosticismo mi pare tiepido perché continua ad assumere come centrale la domanda “religiosa” cui però non si riesce a dare risposta. Invece l’ateismo assume che quella domanda sia priva di senso, e quindi neanche da considerare. Il punto è che oggi per la prima volta nella storia la società secolarizzata presenta un alto numero di atei, e si tratta di riformulare la visione della vita partendo da tale nuova impostazione che una volta era limitata a pochissimi.

da left-avvenimenti del 27 marzo 2009



Biotestamento

I media? Armi di distrazioni di massa

cover-garofaloI media usati come armi di distrazioni di massa. Con il conduttore Bruno Vespa che a Porta a Porta su Rai 1 accusa il padre Beppino Englaro e i medici di mettere alla fame Eluana, una donna di 38 anni purtroppo morta 17 anni anni prima, quando ne aveva 21 e in una notte d’inverno fece un terribile incidente d’auto. Come hanno testimoniato l’anestesista De Monte e il neurologo Defanti lo stato vegetativo e i danni cerebrali subiti da Eluana, dopo così lungo tempo, erano irreversibili. Ma ancora oggi il caso viene strumentalizzato dal governo Berlusconi per imporre leggi liberticide. Con l’appoggio non solo dell’Avvenire e dei giornali di destra, ma anche di giornali presunti di sinistra che in questi mesi hanno sovrapposto storie di pazienti in coma a quella diversissima di Eluana, per confondere la testa del lettore. Una ridda di colpi bassi che – va detto – mai sarebbero stato possibili sulla stampa anglosassone. Ma tant’è. Da noi il giornalismo scientifico è ancora appannaggio di una elite. Lo racconta il docente di ricerca semiotica Francesco Galofaro nel libro Eluana Englaro, la contesa di fine vita (Meltemi),in un interessante confronto fra Italia e il resto d’Europa. “ La medicina va mantenuta in grado di funzionare e tutela da invasioni di campo giuridiche, politiche, filosofiche- scrive Garofalo -. Perché possa svolgere il proprio compito la scienza medica non va delegittimata. Non ha alcun senso mostrificarla, come fanno tanto alcuni bioetici che si direbbero laici e molti giuristi cattolici”.

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Una Risposta a “Biotestamento. La nuova legge truffa”

  1. Simona Maggiorelli said

    Intervista a Carlo Alberto Defanti
    di federico tulli ottobre 2009

    Biotestamento e trapianti nel mirino degli ideologi del Vaticano. Per eliminare la libertà di cura e ricerca. Intervista al neurologo Carlo Alberto Defanti di Federico Tulli

    È stato tra i primi in Italia a porsi il problema di trovare una «definizione di morte cerebrale che coincida esattamente con quello che noi conosciamo e con quello che noi facciamo giorno per giorno nella pratica clinica». Il neurologo Carlo Alberto Defanti, insieme ai colleghi Nereo Zamperetti, Rinaldo Bellomo e Nicola Latronico, nel 2004 e poi nel 2008, su Intensive Care Medicine ha proposto la dizione di «coma apneico irreversibile». Per meglio comprendere le dinamiche di questa ricerca e per approfondire le motivazioni della messa in discussione dei criteri di morte cerebrale del protocollo di Harvard del 1968 avanzata dal Festival della salute di Viareggio (vedi left n. 39/2009), abbiamo rivolto alcune domande al medico che ha seguito Eluana Englaro dal 1996 sino alla fine.

    Professor Defanti, perché a distanza di decenni da Harvard ha sentito l’esigenza di cercare una diversa definizione di morte cerebrale?

    Quando ad Harvard esposero quei criteri grosso modo erano condivisi universalmente anche se erano pensati a “tavolino”. Sulla base cioè di quello che si sapeva sulla fisiologia umana ma in assenza di una verifica empirica. Con l’andare del tempo si sono accumulate esperienze e sono diventate chiare alcune discrepanze con quei criteri, inimmaginabili a fine anni 60.

    Ci faccia un esempio.

    Fino al 1986-87 eravamo tutti convinti che una volta giunto alla morte cerebrale chiunque sarebbe deceduto per arresto cardiaco al massimo dopo pochi giorni. Anche se il rianimatore avesse insistito a tenere “in vita” il soggetto. Poi si è osservato che non è vero: continuando ad assistere questi pazienti in maniera intensiva si può prolungare la loro “sopravvivenza”. Al tempo stesso, però, non si è mai visto alcun recupero di nessun genere. Cioè, l’irreversibilità della perdita delle funzioni cerebrali è oramai ampiamente provata. Ciò che non è provato è che la perdita delle funzioni non sia compatibile con una vita biologica assistita, anche lunga.

    Quando la situazione è irreversibile non siamo in presenza di accanimento terapeutico?

    No, se stiamo parlando dei casi piuttosto noti di donne giovani incinte che erano andate incontro a morte cerebrale per incidente o emorragia cerebrale, in una fase di gravidanza in cui il feto non aveva ancora raggiunto la soglia di vitalità. In questi casi i rianimatori hanno tentato di far sopravvivere biologicamente la donna per consentire il taglio cesareo e la nascita del figlio. Questo è avvenuto con successo in più occasioni, anche per tre mesi. Dati che fanno abbastanza impressione ma che ci dicono che i soggetti in morte cerebrale con opportuna assistenza medica e tecnologica sono biologicamente ancora vivi.

    Secondo “Harvard” la morte cerebrale è la «cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello».

    Questa è la definizione sia della legislazione americana che di quella italiana. Invece il dato pratico è che in alcuni dei soggetti che noi consideriamo in morte cerebrale alcune funzioni residuali poco importanti continuano a esserci. Come quelle dell’ipotalamo e dell’ipofisi. A questo punto è normale per uno scienziato tentare di individuare una nozione di morte cerebrale più semplice e coerente con la realtà. I trapiantologi non sono tanto d’accordo. Discutere della morte cerebrale in maniera fredda e razionale prescindendo dalla questione dei trapianti è diventato quasi impossibile. Come è accaduto a Viareggio, chi avanza dei dubbi viene accusato di voler sabotare la pratica dei trapianti. È successo anche a me in più occasioni. In particolare a una riunione della Nord Italia Transplant. È indubbio che la definizione di Harvard abbia creato le premesse per l’attività di trapianto, come è indubbio che questa attività sia utile visto che permette di condurre una buona vita a centinaia di migliaia di persone nel mondo. Per nessun motivo la gente vuole mettere in pericolo questa possibilità e io per primo.

    Il concetto di morte cerebrale è stato messo in discussione anche dal vicepresidente del Cnr Roberto De Mattei, nel nome «dell’etica cristiana». «La definizione di cosa sia la vita e cosa sia la morte – ha affermato De Mattei – non spetta allo scienziato, il quale può solo accertare un decesso». Con queste parole difendeva un articolo del 2008 sull’Osservatore Romano in cui Lucetta Scaraffia ha riesumato la tesi di Hans Jonas. Secondo il quale, come denuncia la neonatologa Maria Gabriella Gatti sulla rivista scientifica Il sogno della farfalla, «va proibita qualsiasi violazione dell’integrità del corpo delle persone in una condizione estrema e il medico dovrebbe arrendersi e diventare spettatore rispettoso di quel processo insondabile che sarebbe la morte». Che fine fanno il progresso medico e i traguardi raggiunti grazie alla tecnologia per la salute umana?

    I dubbi di De Mattei e Scaraffia sono stati sollevati in una chiave diversa dalla mia. Loro fanno capo a un gruppo di studiosi che si oppone sia al concetto di morte cerebrale che ai trapianti. E vogliono tornare a una situazione pre Harvard, alla definizione cioè di morte per arresto cardiaco. Puntano ad ammettere che i trapianti siano fattibili solo dopo che il cuore abbia cessato di battere. Questa posizione sarebbe, sì, gravemente nociva alla pratica del trapianto perché bisognerebbe attendere almeno 20 minuti per espiantare e a quel punto gli organi prelevati sarebbero già ampiamente danneggiati. Io, invece, pur sostenendo l’idea che tutto sommato sarebbe meglio tornare alla vecchia definizione di morte cardiaca, tuttavia penso che sia sbagliato legare il trapianto inevitabilmente alla morte. Le persone che corrispondono ai criteri di morte cerebrale forse non sono veramente morte ma di certo moriranno perché hanno raggiunto un punto di non ritorno. Pertanto, se non c’è opposizione da parte del malato o della famiglia che parla a suo nome, non vedo perché non eseguire i trapianti anche prima del decesso.

    Pensando alle visioni espresse da Scaraffia e De Mattei sul ruolo dello scienziato e del medico nel rapporto col paziente, le chiedo un commento sul dibattito che si è sviluppato in Italia in occasione dell’ultima fase della storia di Eluana.

    Purtroppo tutto quello che è accaduto intorno a Eluana è stato viziato da prese di posizione di carattere ideologico. Non faccio fatica a comprendere come la Chiesa cattolica possa non ammettere la sospensione dell’alimentazione in questi casi, però da questa contrarietà di carattere morale – che io non condivido – si è passati a tutta un’argomentazione pseudo scientifica (si è detto che capiva, che deglutiva!) priva di ogni fondamento empirico. Anche perché nessuno di quelli che ne parlava conosceva lo stato della ragazza.

    Quell’atteggiamento ideologico che non ammetteva in primis l’autodeterminazione di Eluana ha ispirato il decreto del governo (ritirato dopo la sua morte) e poi il ddl Calabrò sul biotestamento, specie dove costringe all’alimentazione e idratazione artificiale.Una legge contra personam…

    L’imposizione del sondino nasce proprio così. C’è una sola cosa che è andata bene in questa vicenda. Che Eluana sia morta prima di quanto pensassimo. Se fosse vissuta ancora una decina di giorni (il tempo medio in questi casi) quel decreto sarebbe stato convertito in legge senza discussioni. Questo non è avvenuto, e ora speriamo che, anche grazie alle pressioni del presidente della Camera, Gianfranco Fini – per il quale non ho simpatia ma in questo caso devo fargli tanto di cappello – almeno le cose più assurde di questa legge siano modificate.

    left 40/2009

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