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Pubblicato da: Simona Maggiorelli su settembre 19, 2012

l’avvocato Filomena Gallo
Un giudice solleva dubbi di costituzionalità sulla legge. L’avvocato Filomena Gallo: «È un attacco alle donne»
Qualche anno fa lo si sarebbe ritenuto impossibile, tanto era forte la consapevolezza nel Paese delle conquiste di civiltà portate dalle legge 194, che ha cancellato la piaga mortale degli aborti clandestini. Ora, nel silenzio dei maggiori media, il 20 giugno la norma del ’78 va all’esame della Consulta, che deve decidere della legittimità dell’art. 4, quello che stabilisce le circostanze in cui è consentito abortire entro i primi 90 giorni. E anche se esperti come l’avvocato Filomena Gallo dell’Associazione Coscioni (che ha assistito molte coppie che hanno fatto ricorso contro la legge 40) dicono che la Consulta «non potrà che confermare la legge», resta la preoccupazione per un atto altamente simbolico in questo contesto «di attacco a diritti consolidati, dati per certi, come la 194, una legge a contenuto costituzionale vincolato». Ricordiamo, aggiunge Gallo, che la 194 «è una norma per la tutela della maternità, una tutela che diventa diritto concreto quando è a rischio la salute psicofisica della donna. In quel momento il diritto a interrompere la gravidanza passa in primo piano. Dunque una legge ben bilanciata sotto ogni riguardo». Ma come si è arrivati a metterla in discussione? Tutto è nato dall’iniziativa del giudice tutelare di Spoleto, durante un procedimento riguardante una minorenne che voleva abortire senza l’autorizzazione dei genitori. Chiamando in causa una sentenza della Corte di giustizia europea dell’ottobre del 2011, Il giudice ha ritenuto di vedere un conflitto con la 194: per incompatibilità con la definizione e la tutela dell’embrione enunciate dalla Corte europea. «Un atto sbagliato nel merito e che si basa su una interpretazione strumentale di quella sentenza di Strasburgo», commenta l’avvocato Gallo.
In primis perché quella sentenza europea (dovuta a un ricorso di Greenpeace) trattava di brevettabilità dei risultati di ricerche su staminali embrionali. Ma anche e soprattutto perché la definizione di embrione che si legge in quella sentenza europea «non ha contenuto scientifico». Basta dire, spiega Gallo, «che quella decisione qualifica come embrione anche l’ovocita attivato per partenogenesi, ovvero che si autofeconda. In natura ciò avviene solo in casi rarissimi e la scienza ancora studia questi fenomeni». Inoltre, aggiunge l’avvocato, «nell’evidenziare che quel principio entra in contrasto con un principio del nostro ordinamento il giudice di Spoleto dimentica il margine di apprezzamento previsto per tutti gli stati membri che hanno già leggi come la 194. Una legge, ribadisco, conforme alla Carta perché tutela la vita, la vita della donna». Quanto ai movimenti pro life che cercano, in base a dogmi religiosi, di attribuire personalità giuridica all’embrione «se sono davvero contro l’aborto», chiosa Gallo, «dovrebbero fare informazione sulla contraccezione, impegnarsi per l’applicazione della 194, verificare che le Regioni vigilino». La legge sull’aborto, però, non è solo attaccata dalla Chiesa e da movimenti teocon ma è anche disapplicata a causa di livelli record di medici obiettori. «In strutture pubbliche dove tutti sono obiettori la legge prevede che si possano fare concorsi dedicati», dice Gallo. «Dunque gli strumenti per applicare la 194 e fare corretta informazione ci sono, ma in Italia l’unica volta che si è parlato di preservativi è stato in una campagna contro l’Aids, poi più niente. La legge 194, anche questo va ricordato, prevede l’aborto a tutela della salute della donna, non come contraccettivo. E con lungimiranza prevede anche l’aggiornamento dei metodi di interruzione di gravidanza, ma ancora l’uso ru486 trova mille ostacoli in Italia».
left 24 – 16 giugno 2012
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Pubblicato da: Simona Maggiorelli su giugno 3, 2012
Crimini di pedofilia, affarismo, riciclaggio di soldi, rapporti pericolosi con organizzazioni malavitose. Ecco cosa la Chiesa vorrebbe nascondere. Mentre cerca di manipolare le scelte politiche italiane sul biotestamento, sull’aborto, sulla famiglia, sulle scuole private. Ilnuovo libro di Gianluigi Nuzzi documenta in modo incontrovertibile gli affari sporchi del Vaticano.
di Simona Maggiorelli

Benedetto XVI
Una lotta per il potere, senza esclusione di colpi. Così il socialista Rino Formica intervistato da La Stampa descrive quanto sta accadendo Oltretevere. «Il Papa ha finito per restare vittima dell’attuale tendenza della Curia, che oramai è diventata una cosa sola con l’eterno “partito romano”, quello che per decenni è prosperato in un intreccio di massoneria, clericalismo, affarismo. Per tanto tempo questo potere trasversale e senza principii è stato fonte di ricchezza materiale per la Chiesa, ma ha aperto la strada ora alla sua gravissima crisi», dice l’ex ministro. La cui testimonianza Gianluigi Nuzzi – con una copia della La Stampa del 29 maggio alla mano – ci legge a voce alta, sottolineandone dei passi. Alla luce della lunga carriera, da laico che ha combattuto le ingerenze vaticane, Formica sa di che parla.
Come giornalista, dopo molte e approfondite inchieste, Gianluigi Nuzzi è arrivato a una conclusione non troppo diversa. «il Vaticano è una monarchia assoluta», ribadisce, con molti lati oscuri che riguardano mancanza di trasparenza, violazioni di diritti ma anche e soprattutto le prestazioni occulte della sua banca, lo Ior, implicata in questioni di riciclaggio e intermediazioni con la mafia. E questo a dirlo non è Nuzzi ma una ordinanza di un giudice, sottolinea il giornalista di Libero e di La7.
Che dopo le 250mila copie vendute del suo Vaticano Spa uscito nel 2009 ora “rischia” di fare il bis con il nuovo Sua Santità.Le carte segrete di Benedetto XVI. uscito sempre per Chiarelettere. Onde scongiurare questa eventualità, le più alte sfere vaticane hanno accusato Nuzzi di furto e di ricettazione. Ma quello che ci sembra ancor più grave è che politici italiani come l’ex ministro (e ora senatore) Maurizio Gasparri e l’onorevole Paola Binetti abbiano chiesto il sequestro del libro perché basato su documenti riservati della Chiesa e lesivo dell’immagine del Papa.
Come se la segretezza e l’oscurantismo che vuole imporre il Vaticano «dovesse diventare per un giornalista autoscurantismo» chiosa Nuzzi. Come se il compito dei giornalisti non fosse proprio quello di scovare notizie inedite e verificate. E tenendo la schiena ben diritta rispetto al potere. Ma, più a fondo, cosa spaventa tanto il clero e certa politica riguardo al lavoro di Nuzzi? Cosa cercando di nascondere i media concentrati sul giallo del maggiordomo e che evitano di entrare in merito al libro? “Banalmente” il fatto che accuse gravi e circostanziate rispetto alle politiche di omertà e copertura del Vaticano rispetto a crimini come la pedofilia dei preti, i traffici illeciti dello Ior compreso il riciclaggio dei soldi della mafia e i sospetti di pesanti ed eversive ingerenze nello Stato italiano abbiano trovato una inconfutabile dimostrazione in questo libro, documentatissimo, basato su lunghe ricerche e testimonianze dirompenti raccolte in giro per il mondo.
Più di quanto possa fare in articoli Nuzzi qui approfondisce, traccia nessi, riflette sul significato di scioccanti documenti pubblicati per esteso in apparato. E che «riguardano spinose questioni temporali e scandali che vanno gestiti e silenziati» come fa notare l’autore. «Ma la polvere nascosta sotto il tappeto riemerge sempre da qualche altra parte», fa notare il giornalista. Così dal suo libro si apprende che «gli abusi fisici e psicologici commessi dal fondatore dei Legionari di Cristo Marcial Maciel Degollado erano stati denunciati a Sodano e altri in Vaticano già nel 2003 ma si decise di coprire i crimini di pedofilia e di ladrocinio commessi dai Legionari».

Gianluigi Nuzzi
Intanto il papato varava una Commissione di avvicinamento per cercare di ridurre l’impatto economico delle richieste di risarcimento da parte delle vittime, «con linguaggio freddamente pragmatico, senza spendere una parola sulla gravità dei fatti e sui traumi causati sulle vittime», nota Nuzzi. Ma non solo. Da Sua Santità emergono fatti gravissimi che riguardano le istituzioni e la politica italiana: Giulio Tremonti, quando era ancora ministro della Repubblica italiana, consigliava all’allora presidente dello Ior, Gotti Tedeschi, come evitare sanzioni dell’Unione europea riguardo al mancato pagamento dell’Ici da parte della Chiesa per gli enti commerciali. E, senza soluzione di continuità il premier Mario Monti ha fatto anche peggio. «Dopo l’esposto fatto dai Radicali Italiani nel 2005 proprio riguardo alle “esenzioni Ici” l’Italia avrebbe potuto rivalersi incassando parecchie centinaia di milioni di euro, che in questo momento di crisi sarebbero stati molto utili alle casse dello Stato» ricostruisce Nuzzi. «Ma con abile operazione mediatica il Vaticano si è detto disponibile a pagare qualcosa e il premier Monti ha cambiato la normativa, così» sottolinea Nuzzi, «cambiata la legge, lo Stato italiano non potrà più ricorrere. La manovra fatta da Monti fa fuori la possibilità di potersi rivalere sull’infrazione precedente». E ancora, quanto ai tentativi delle gerarchie vaticane di imporre un’agenda politica e norme improntate a «valori non negoziabili» (perché basati sul dogma religioso) una delle pagine più “sorprendenti” di Sua Santità è la numero 297, dove è pubblicato l’originale di una nota della Santa Sede riguardo a un incontro con Giorgio Napolitano del 19 gennaio 2009. Ebbene in quella occasione il Papa, capo dello Stato Vaticano avrebbe dovuto “convincere” il presidente della Repubblica italiana a fare leggi per la tutela della famiglia e, si legge nella nota vaticana: «Si devono evitare equiparazioni legislative tra il matrimonio ed altri tipi di unione». Nel Ddl in discussione in Parlamento sul biotestamento e in altre «norme eticamente sensibili» deve essere inserita «una chiara riaffermazione del diritto alla vita, che è diritto fondamentale di ogni persona umana, indisponibile ed inalienabile. Conseguentemente si deve escludere qualsiasi forma d’eutanasia e ogni assolutizzazione del consenso». Ma in questo documento c’è anche un capitolo sulle scuole private. La nota vaticana lascia trasparire una certa preoccupazione: «Il problema attende sempre una soluzione, pena la scomparsa di molte scuole paritarie. Occorre trovare un accordo sulle modalità dell’intervento finanziario anche al fine di superare recenti interventi giurisprudenziali che mettono in dubbio la legittimità dell’attuale situazione». Intanto il Vaticano continua senza scrupoli a incassare dalle tasse dei cittadini italiani circa sei miliardi di euro l’anno, sebbene l’articolo 33 della nostra Costituzione reciti: «Lo Stato non deve sopportare alcun onere per le scuole private».
da left Avvenimenti
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Pubblicato da: Simona Maggiorelli su Maggio 26, 2012
I nuovi risultati di cura ottenuti con le staminali embrionali impongono di ripensare l’agenda della biotica imposta dal governo Berlusconi. Il senatore Pd Ignazio Marino riapre la discussione su fecondazione assistita biotestamento e ricerca
di Simona Maggiorelli

Il senatore e chirurgo Ignazio Marino
Ospedale San Filippo Neri, uno dei centri più importanti fra quanti nel Lazio, fra pubblico e privato, praticano la fecondazione assistita. Il 27 marzo scorso un addetto alla gestione della sala di crioconservazione si è accorto che la temperatura toccava i venti gradi invece dei meno 190 previsti per i 94 embrioni, i 130 ovociti e i 5 campioni di liquido seminale lì conservati. Un incidente, si è detto. «Questa è una vicenda che mi ha lascia sbigottito. Come presidente della Commissione d’inchista sulla sanità del Senato ho avviato un’inchiesta» racconta il senatore Pd e luminare della chirurgia Ignazio Marino. «Dalla relazione dei Nas ho appreso che il San Filippo Neri, come altre strutture analoghe del Lazio da otto anni lavoravano senza che vi sia stato un sopralluogo delle autorità amministrative. Proprio nella regione dove i conflitti su questi temi sono stati accesissimi queste strutture non hanno sentito l’esigenza di accreditarsi dal punto di vista strutturale e professionale». Ma non è tutto.
«Leggendo l’istruttoria», prosegue Marino, «mi sembrava di avere in mano un romanzo a cui mancava l’ultimo capitolo. Erano descritti tutti gli aspetti dell’incidente. Che fine avevano fatto quegli embrioni? Ebbene, con mio grande stupore, ho saputo che sono ancora lì sigillati, a marcire. E allora come medico e ricercatore ma anche come senatore presidente di una commissione di inchiesta mi chiedo perché non hanno detto una parola tutti coloro che fino all’altro ieri hanno alzato barricate nel sostenere le loro idee sulla vita, sulla ricerca scientifica, contro l’uso di cellule staminali embrionali che oggi sappiamo possono guarire malattie finora incurabili». Una questione, questa della ricerca sulle staminali embrionali che in Italia è particolarmente scottante, visti i molti paletti legislativi e ideologici che sono imposti ai ricercatori che lavorano in questo settore. Di questo tema Ignazio Marino parla anche nel suo nuovo libro Credere e conoscere (Einaudi); inaspettatamente, visto che si tratta di un dialogo con il cardinale Carlo Maria Martini. «Il 31 dicembre 2011, chiudendo le bozze del libro, pensavo a cosa poteva accadere se fosse andato a buon fine uno degli esperimenti che stavano facendo in Inghilterra con embrioni abbandonati nelle cliniche di infertilità nel tentativo di curare persone paralizzate da un trauma della colonna vertebrale e rese cieche da una maculopatia della retina», ricorda Marino. Poi la notizia a lungo attesa, in primis dalle persone affette da questa patologia invalidante. Sulla rivista medica The Lancet di recente è apparso uno studio in cui si riporta il caso di una donna che è tornata a vedere dopo che in California le sono state iniettate nella retina cellule derivate da staminali embrionali. «Adesso riesce a contare le dita di una mano e a percepire il contrasto dei colori» sottolinea Marino. «Quello che mesi fa era solo un’ipotesi ora e scientificamente provato. Non possiamo più continuare ad affrontare in Italia questi temi con l’idea di tifoserie opposte riottose ad affrontare l’urgenza delle persone che soffrono e che ora possono avere una cura con queste preziosissime cellule. Dove è la nostra etica se non ci scandalizziamo per il fatto che gli embrioni abbandonati non possano essere usati a a scopi terapeutici e anzi vengono lasciati a spegnersi nel freddo? Quando dei ciechi chiederanno di poter riprendere a vedere grazie all’uso delle embrionali, gli diranno che eticamente è più giusto che essi rimangano ciechi?».
Ma in Italia, si sa la legge 40/2004 anche se non vieta direttamente di fare ricerca sulle embrionali, ipocritamente, costringe i ricercatori a lavorare solo su linee cellulari derivate all’estero. Intanto il caso di una coppia che andata a Creta a sottoporsi alla fecondazione eterologa pee non trasmettere al figlio una malattia genetica ha scritto al presidente della Repubblica per raccontare l’odissea delle coppie costrette ad “emigrare” per affermare i propri diritti. Talvolta, come in questo caso, senza successo. Di fronte alla tragedia della coppia che dopo la terapia a Creta non è riuscita a evitare la trasmissione della malattia al nascituro l’Avvenire non ha trovato di meglio che parlare di «illusione eugenetica della provetta eterologa» stigmatizzando i media che hanno sollevato il caso della coppia, come fosse un tentativo di pilotare la decisione dei giudici della Consulta che il 22 maggio si dovrà pronunciare sulla legittimità costituzionale del articolo 4 (comma 3) della legge 40 che vieta l’eterologa. Secondo i dati rilevati dall’Osservatorio del turismo procreativo riportati in Fecondazione e(s)terologa, firmato per L’Asino d’oro dai ginecologi Carlo Flamigni e Andrea Borini, risulta evidente che la legge 40 con i suoi diktat ha costretto molte coppie a scegliere di cercare fuori dall’Italia la via per una gravidanza. Da un’indagine sul 2005 risulta che nel primo anno dopo l’entrata in vigore della norma sono state ben 3610 le coppie italiane che si sono rivolte a centri specializzati esteri. Per rendersi conto di cosa ha determinato la norma basti dire che nel 2003, il ricorso alla eterologa fuori dai confini era stato scelto solo da 1318 coppie che si potevano permettere di spendere fino all’equivalente di 30mila dollari nelle cliniche Usa o britanniche. «Devo dire la verità», commenta il senatore Marino, «Io sono favorevole alla eterologa, ma mi sentirei di avanzare una proposta, ovvero che si possa evitare che i bimbi nati con questa metodologia poi da adolescenti possano andare a cercare i loro genitori biologici. Dal mio punto di vista è importante proteggere i rapporti e gli affetti con cui il ragazzo è cresciuto, quella che è realmente la sua famiglia». Quanto invece alle linee guida della legge 40 (e peggiorative della norma), varate fuori tempo massimo dall’ex sottosegretaria Eugenia Roccella, quando il governo Berlusconi era già caduto, il chirurgo e senatore Marino ha pochi dubbi: «C’erano già delle linee guida accettabili varate sotto il governo Prodi, mi auguro che il governo Monti ne faccia tesoro». Ignazio Marino collaborò alla loro stesura, come e ancor più si è impegnato negli anni a mettere a punto una buona legge sul testamento biologico. Come è noto, però, l’ex governo Berlusconi ha fatto di tutto per far passare in fretta e furia alla Camera un disegno di legge che lo stesso Marino definisce «contro il testamento biologico e contro la libertà di scelta». «Stiamo parlando di un testo che imponeva a ciascuno di noi di sottoporci a terapie come l’idratazione e l’alimentazione forzata anche contro la nostra volontà. Il governo Berlusconi era determinato ad approvarla entro il dicembre 2011. Ma con l’insediamento del governo Monti quel testo deve essere finito in qualche polveroso cassetto del Senato e ho la sensazione che non riemergerà per questa legislatura. «Questo fa maliziosamente pensare», conclude Marino,«che l’urgenza del governo Berlusconi non fosse legata ad un irrefrenabile e appassionato desiderio di dotare il Paese di una legge importante sulle terapie del fine vita ma che fosse uno strumento ideologico da usare all’interno del dibattito politico e parlamentare. Spero proprio che quel disegno di legge finisca nel dimenticatoio. Lo dico come persona che crede nella laicità dello Stato e nei diritti delle persone».
da left avvenimenti del 19 maggio 2012
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Pubblicato da: Simona Maggiorelli su aprile 21, 2012
Contro le ingerenze vaticane e i governi baciapile. Per un’etica libera dalla metafisica. Nella città emiliana tre giorni di discussioni con Telmo Pievani, Giorello, Viano, Rusconi, Lecaldano e molti altri
di Simona Maggiorelli
Finalmente liberi da un governo di centrodestra dalla doppia morale (baciapile in Aula e bunga bunga di notte) si sperava che l’attuale governo “tecnico”, quanto meno, non proseguisse sulla strada dell’agenda bioetica vaticana adottata da Berlusconi. Ma che questa fosse, appunto,
una “pia” illusione ce l’ha fatto intendere da subito il premier Monti che, come primo gesto pubblico e istituzionale, ha scelto di andare a messa.
Nel frattempo questioni urgenti come un dibattito civile sul biotestamento e la cancellazione delle linee guida della legge 40, varate con un colpo
di mano dalla ex sottosegretaria Eugenia Roccella fuori tempo massimo, quando il governo Berlusconi era già caduto, sono finite in un limbo.
E le cose non sembrano andar meglio nelle politiche locali. Con i consultori pubblici sempre più presi d’assedio dalle associazioni religiose e un proliferare di cimiteri per feti, dal Veneto alla Toscana, voluti da amministrazioni locali di centrodestra ma anche di centrosinistra (Firenze docet). In questo quadro, che Reggio Emilia continui, con l’aiutom di un gruppo di studiosi e intellettuali, a tenere alta la propria tradizione atea e partigiana ci pare un fatto non trascurabile. Dal 20 al 22 aprile filosofi, scienziati, bioeticisti, storici e sociologi di fama internazionale torneranno ad affollare la città emiliana in occasione delle Giornate della laicità. Aprendo le porte dell’università di Modena e Reggio al più ampio pubblico per poi proseguire il dialogo nei cinema e nei teatri. Tema centrale dell’edizione 2012 sarà la pesante ingerenza vaticana che vorrebbe il Belpaese dimentico di storiche sentenze come, per esempio, 203 del 1989 in cui la Corte costituzionale scriveva che «il principio supremo della laicità dello Stato è uno dei profili della forma di Stato delineata nella carta costituzionale della Repubblica». Della violenza e del dogmatismo di uno Stato etico e confessionale – come è quello italiano, quando impone l’accanimento terapeutico o obbliga, per legge, una donna a farsi trasferire in utero embrioni malati- discuteranno al festival non solo medici e scienziati, ma anche antropologi e filosofi. E mentre lo storico del diritto Sergio Lariccia e il filosofo Giulio Giorello ci ricorderanno l’importanza che ha avuto la separazione fra Stato e Chiesa nello sviluppo di moderne democrazie (Francia e Inghilterra in primis), i curatori del Rapporto sulla secolarizzazione stilato da Critica liberale e Cgil nuovi diritti dimostreranno, dati alla mano, che il Paese reale è molto più laico della sua classe dirigente. Dell’antistorica pretesa della Chiesa di imporre i suoi «valori non negoziabili» alla società multiculturale
di oggi parlerà la sociologa Chiara Saraceno, mentre i filosofi Gian Enrico Rusconi, Eugenio Lecaldano e Carlo A.Viano rilanceranno i temi forti
di un’etica laica. «È frequente sentire sulla bocca dei credenti la tesi che se Dio non ci fosse, tutto sarebbe moralmente lecito», nota Rusconi. «Per il laico invece la determinazione delle regole morali, e quindi la fondazione dei diritti, prescinde da ogni riferimento diretto a Dio. Questa posizione
si esprime nella necessità per il laico di agire etsi deus non daretur, una formula», tiene a precisare Rusconi, autore di Cosa resta dell’Occidente (Laterza 2012) ma anche di Come se dio non ci fosse (Einaudi, 2000), «che non è una dichiarazione circa l’esistenza o l’inesistenza di Dio, ma è un postulatoma è un postulato di ordine etico. È la rivendicazione della piena autonomia e responsabilità morale dell’uomo e della donna».
Più radicale nel rifiuto della religione è Telmo Pievani che a Reggio Emilia parlerà di “Scienza libera/scienza virtuosa”: «Finché ci sarà scienza sperimentale, ci saranno novità e sorprese», dice da filosofo della scienza. «Sta in questo la carica rivoluzionaria e di libertà della scienza».
da left-avvenimenti
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Pubblicato da: Simona Maggiorelli su dicembre 15, 2011
di Simona Maggiorelli

Franco Basaglia
«Vivere gli era diventato intollerabile» si legge in un articolo di Simonetta Fiori che, su Repubblica, ha raccontato della morte di un leader storico della sinistra come Lucio Magri. E poi quella diagnosi uscita dalla penna della giornalista che, per mettendosi al posto di uno psichiatra, sentenzia: Lucio Magri aveva «una depressione vera, incurabile». Un convinzione che pare essere diventata granitica negli amici di sempre, i fondatori del quotidiano Il Manifesto, che hanno sostenuto la scelta di Magri di andare in Svizzera per suicidarsi. Pur non essendo un malato terminale.
Qui, senza voler entrare nella vicenda privata di un uomo e di un politico coraggioso come Lucio Magri, forse però si può partire da come la sua storia è stata raccontata sui giornali e dall’entourage di Magri per tornare a riflettere su certe radici di pensiero che, dagli anni Cinquanta ad oggi, hanno alimentato una cultura dell’«essere per la morte» anche nella sinistra, togliendo ogni speranza di ricerca sulla realtà psichica umana. Pensiamo in particolare a una cultura heideggeriana ed esistenzialista, analoga a quella che portò lo psichiatra svizzero Ludwig Binswanger a “spingere”al suicidio una sua paziente, Ellen West, teorizzando che quello era il suo destino, il suo Dasein, il compimento di una libera scelta.
Questa vicenda, mesi fa, è stata ricordata su Repubblica da Pietro Citati non come un drammatico fallimento terapeutico, ma come un caso esemplare di autodeterminazione. Come se non ci fosse differenza fra una persona affetta da una malattia organica e incurabile e una persona malata di mente che gli psichiatri possono e devono provare a curare. Dietro questa ideologia, dove il pensiero nazista e cristiano di Heidegger s’incontra con il nihilismo di Sartre, c’è con tutta evidenza la negazione della malattia mentale. Che era propria anche del pensiero di Basaglia come di molti catto-comunisti. Cultore di Binswanger, epigono di Sartre, lo psichiatra triestino, con Foucault pensava che la pazzia fosse una “diversità” e il frutto di uno stigma sociale. E se è ben vero, come scriveva Massimo Adinolfi su L’Unità del 26 novembre, che il basaglismo (come il freudismo del resto) è in rapida estinzione, quella congerie culturale pre e post sessantottina ha esercitato una fortissima influenza su certa intellettualità di sinistra. Il Manifesto ne è stato una fucina, così come Liberazione diretta da Sansonetti. Con lenzuolate che esaltavano Foucault e la sua filosofia antistituzionale, antiscientifica, antiautoritaria e i suoi attacchi alla medicina come paradigma di potere. In nome di un’idea di libertà assoluta, senza il riconoscimento dell’identità umana più profonda, Foucault arrivava a fare l’apologia dell’omicidio-suicidio, della pedofilia e a scambiare per desiderio la triste tanatofilia del Marchese de Sade (vedi Repubblica del 27 novembre). Quella stessa sinistra ha esaltato Freud, la sua idea di inconscio perverso, quanto inconoscibile, e si è nutrita della sua concezione tragica dell’umano. Ma si è anche riempita la bocca delle elucubrazioni astratte e dissociate di Lacan e non ha mai voluto vedere l’abisso di violenza psichica che portò il filosofo Althusser, ad uccidere la moglie. L’irrazionale, per la sinistra basagliana e, al fondo, cristiana coincideva tout court con la pazzia. Oppure stando con Sartre si arrivava a dire che l’inconscio non esiste. Per il filosofo de L’essere e il nulla tutto è mediato dalla coscienza e se la costruzione di sé viene smentita dai fatti, se quegli ideali utopici che uno si è dato vengono disconfermati dalla realtà, ci si scontra con un’impotenza assoluta al cambiamento. Allora la morte, il suicidio- secondo Sartre – sarebbe pur sempre una scelta. Un suicidio che sembra auspicato dai “cattivi maestri” che tentano di bloccare la ricerca sulla realtà umana e la cura.
da left-avvenimenti
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Pubblicato da: Simona Maggiorelli su marzo 9, 2011
Ignazio Marino, senatore Pd e chirurgo di fama, rilancia la battaglia in Aula e anche nei teatri contro il biotestamento voluto dal governo di destra e stilato nel ddl Calabrò ce sarà votato alla Camera in aprile.
di Simona Maggiorelli

Ignazio Marino
Dopo l’ultimo via libera da parte della commissione Giustizia guidata da Giulia Bongiorno il ddl Calabrò sul testamento biologicoè approdato alla Camera per la discussione. In fretta e furia. Con un palese dietrofront da parte di Futuro e Libertà che ha dato parere positivo. Intanto, da parte della maggioranza, torna ad alzarsi una raffica di attacchi ideologici. Bersaglio di turno, mentre scriviamo, è il solito Roberto Savino, reo di aver dato un suo contributo in video all’happening teatrale Le ragioni del cuore, alla Sala Umberto a Roma, a cui hanno partecipato anche Ignazio Marino e Peppino Englaro.
Senatore Marino, Saviano è accusato di fare propaganda pro eutanasia. La maggioranza continua ad alterare i contenuti del dibattito?
Da parte della maggioranza di destra non c’è alcun interesse a cogliere gli aspetti scientifici della questione: cioè il fatto che alimentazione e idratazione artificiale sono terapie mediche e non si fanno col cibo che si compra al supermercato. Parliamo di terapie che, per esempio, negli anni 70 quando mi sono laureato in medicina erano ancora in fase di sperimentazione clinica. La maggioranza non vuole riconoscere fatti ovvi per il resto del mondo e per la comunità scientifica internazionale. Di fronte alle affermazioni della maggioranza l’Ordine dei medici ha ritenuto di doversi riunire per scrivere un documento in cui viene ribadito che alimentazione e idratazione artificiale sono trattamenti sanitari.
Il ddl Calabrò sul testamento biologico non considera neanche la volontà dei cittadini
Questa maggioranza non tiene conto che circa l’80 % degli italiani, cattolici e non, vogliono decidere con l’aiuto del proprio medico e dei familiari a quali terapie sottoporsi o meno. Lo rilevano studi di un numero molto elevato di società scientifiche. Nello spettacolo Le ragioni del cuore lo dico con una battuta: i confini della dignità della persona e delle terapie non li può stabilire chi ha vinto le elezioni, chiunque sia. Sono aspetti così importanti per la vita umana che ridurli a un conflitto ideologico è molto grave. Senza contare che viene data una accelerazione proprio ora, quando il Presidente del Consiglio Berlusconi si trova in grande difficoltà. Già un anno fa voleva fare passare questo biotestamento come decreto. Lo fermò il Presidente della Repubblica Napolitano perché vi ravvedeva dei principi di incostituzionalità. La legge, così, è rimasta a lungo nei polverosi cassetti della Camera ed è stata ritirata fuori quando spaccare Futuro e libertà è diventato prioritario per gli equilibri del governo, non certo per attenzione alla vita delle persone che vivono in Italia. Ora che la reputazione del Premier è internazionalmente in caduta libera, guarda caso, questo tema diventa di nuovo importante. Mi sembrano i presupposti peggiori per ciò che un Parlamento deve fare: un servizio al Paese.
Nel libro Testamento biologico (Il Mulino) Giorgio Cosmacini scrive che se un tempo si temeva la morte apparente oggi si teme la vita apparente, ovvero solo biologica, attaccati alle macchine. Che ne pensa?
Quello che dice Cosmacini è vero, una volta c’era la paura di essere sepolti vivi. Io stesso ricordavo nel libro Nelle tue mani pubblicato da Einaudi che nell’800 si usavano test rudimentali. Per esempio uno specchietto da mettere davanti alla bocca. Se si appannava si riteneva che la persona fosse ancora viva. Poi in anni recenti si è arrivati all’idea di morte cerebrale e c’è stato un grande sviluppo scientifico. Oggi straordinarie tecnologie ci permettono di costruire “ponti” su altre sponde perché una persona possa riprendere a camminare. Ma a volte l’altra sponda non c’è e bisogna riconoscere che quel ponte non ci porta da nessuna parte. Il punto discriminante è avere la possibilità di restituire alla persona una integrità mentale perché possa di nuovo avare una vita di relazione. E’ giusto tutelare chi vuole usare le tecnologie in ogni caso, ma chi le rifiuta se inutili deve essere altrettanto rispettato. Arrivare a scrivere una legge in questi termini con questa maggioranza arrogante e violenta temo sia impossibile. Una legge sul biotestamento deve avere contenuti giuridici non etici, questi ultimi ognuno deve poterli trovare da sé.
Se passare questa legge che parla di «indisponibilità della vita» e che, di fatto, cancella il consenso informato cosa accadrebbe?
Sarebbe un dramma per i pazienti e per i medici. Il fatto che le dichiarazioni anticipate non siano vincolanti per il medico scoraggia le persone dal sottoscriverle. In più all’articolo 3 si dice si dovrà essere sottoposti in ogni caso ad alimentazione e idratazione forzate anche se si è dichiarato il contrario. Così i medici sarebbero obbligati per legge a disobbedire al loro codice deontologico. Alla fine ci sarà un aumento esponenziale di ricorsi in tribunale.
Il giurista Stefano Rodotà paventa norme da Stato etico. Il governo già parla di agenda etica. E alcuni provvedimenti mettono in allarme. Un emendamento al Milleproroghe permette la schedatura di chi ricorre alla fecondazione assistita?
Ho chiesto per iscritto una opinione al presidente del Senato come arbitro supremo e al garante della Privacy. Non si può mettere in un Milleproroghe un emendamento che cambia la legge 40, senza previo dibattito nella Commissione sanità. Oltretutto permetterebbe al Ministero di chiedere qualunque dato su coppie che si rivolgono ai centri di fecondazione assistita. Una invasione di campo inammissibile. Specie per un governo che ogni dì invoca la privacy sulla vita sessuale del Premier!
A che punto è il lavoro di inchiesta della commissione Sanità sugli Opg?
Abbiamo messo a punto un data-base sul 30 % delle persone che sono internate in Opg senza che rappresentino un pericolo sociale. Pazienti che, invece, potrebbero essere curati nei servizi territoriali di competenza. Parliamo di persone che vivono in condizioni disumane, nella sporcizia, in stanze di 9 metri con letti a castello per 8 persone. Come commissione Sanità abbiamo chiesto l’immediato rilascio dei 10 milioni di euro stanziati nella finanziaria 2008. Occorre cercare un altro tipo di cura e di assistenza per persone che, per esempio, un quarto di secolo fa hanno compiuto reati come vestirsi da donna e andare davanti a una scuola o come simulare di avere un’arma per rubare 7mila lire nel 1992.
In questi giorni si torna a parlare di spesa militare e di aiuti italiani al dittatore Gheddafi…
Il nostro governo ha allertato i nostri Eurofighters. Fanno parte di un tot di macchine da guerra per le quali questo governo stanzia 29 miliardi di euro. Purtroppo non credo salveranno una sola vita umana in Libia. Destinare quei soldi al miglioramento del nostro sistema sanitario nazionale sarebbe un’azione molto più efficace.
da left-avvenimenti
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Pubblicato da: Simona Maggiorelli su febbraio 6, 2011
Dal 21 febbraio il “piotestamento” voluto da cattolici e destre torna alla Camera. Intanto a Roma, in un convegno organizzato da Politeia, scienziati e bioeticisti invitano i politici a far attenzione al senso delle parole. Che sui temi cosiddetti eticamente sensibili devono essere precise e scientifiche. Pena la lesione dei diritti dei cittadini sanciti dalla Costituzione.
di Simona Maggiorelli
«Eluana Englaro era una ragazza affetta da disabilità grave la cui vita è stata interrotta per decisione della magistratura». Con queste parole che distorcono gravemente la realtà della vicenda Englaro, piegandola a un uso ideologico e politico, la sottosegretaria alla Salute Eugenia Roccella ha lanciato per il 9 febbraio (proprio nell’anniversario della morte di Eluana) la Giornata nazionale degli stati vegetativi. E un’equiparazione inaccettabile e violenta fra chi è in stato vegetativo permanente e chi è portatore di un handicap fisico caratterizza tutto il Libro bianco sugli stati vegetativi e di minima coscienza che Roccella ha stilato in vista della ripresa della discussione parlamentare sul biotestamento, ora calendarizzata per il 21 febbraio.
Basterebbero forse anche solo queste parole della sottosegretaria alla Salute per evidenziare quanto confuso e pericoloso sia il linguaggio di questo Governo di centrodestra in materia di bioetica. Su questioni cioè, non di natura filosofica, ma mediche e che toccano direttamente la vita e la salute del cittadino. Quel che è peggio poi è che questo “latinorum”, per dirla con il genetista Antonino Forabosco, «entra materialmente nelle leggi facendo danni immensi».Basta ricordare, solo per fare un esempio, quanto l’uso di quella parola «concepito» abbia reso antiscientifico l’impianto della legge 40 sulla fecondazione assistita, fin dall’articolo uno. Oppure basta pensare a quali conseguenze possa portare l’aver scritto religiosamente – come è stato fatto nel Ddl Calabrò sul biotestamento – che «la vita è un bene indisponibile». Degli effetti drammatici che possono produrre certe espressioni se entrano a far parte del Codice si è discusso in un convegno organizzato dallaa Consulta di Bioetica onlus, in collaborazione con Politeia e l’Italia dei Valori. In una giornata di studi, il 31 gennaio scorso, dal titolo Quale terminologia per la bioetica? e che, per la prima volta, in Palazzo Marini a Roma ha visto confrontarsi pubblicamente su questo tema scienziati come Forabosco, Flamigni e Riccio, bioeticisti come Mori, Neri a Lecaldano e un ampio arco di politici (da Marino a Di Pietro a Della Vedova a Di Virgilio). «Per legiferare in materia di bioetica è necessario definire criteri certi, basandosi su presupposti scientifici incontestabili piuttosto che politici, superficiali ed approssimativi- ha spiegato Antonio Palagiano, responsabile Sanità e Salute per l’Italia dei Valori e coordinatore della tavola rotonda. «La disinformazione, la distorsione delle notizie o la loro semplificazione che si registrano sempre più spesso quando si tratta un tema cosiddetto eticamente sensibile – ha aggiunto il parlamentare e medico ginecologo – servono per trasmettere ideologie e rappresentano uno strumento di persuasione nei riguardi di cittadini inermi. Su temi come fecondazione assistita, uso di cellule staminali, trapianti d’organi la politica deve essere dalla parte del cittadino, e quindi per una totale libertà di scelta e per il rispetto delle sensibilità individuali. L’autonomia della persona è un valore inviolabile». La legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento che sarà discussa alla Camera il 21 febbraio, «invece – sottolinea con forza Palagiano «sancisce qualcosa di grottesco, e cioè che una persona gode dei suoi diritti attraverso il consenso informato solo fin quando è cosciente; se si trova in stato di incoscienza, li perde improvvisamente, poiché l’efficacia delle sue volontà precedentemente espresse, anche per iscritto, si annulla. Perciò l’ Italia dei Valori darà battaglia in aula a questo testo di legge crudele e oscurantista».
da left- avvenimenti 4-10 febbraio 2011
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Pubblicato da: Simona Maggiorelli su settembre 1, 2010
Il senatore del Pd e chirur racconta al settimanale Left-avvenimenti le priorità della politica in Italia, in un impietoso confronto con l’America di Obama: la svolta Usa sulle staminali. E le ricadute sociali della ricerca. Di fronte al progresso della scienza la politica non può chiudere gli occhi. E anche nel Pd serve una svolta
di Simona Maggiorelli

Ignazio Marino
Sembrava fatta. Barack Obama pareva riuscito a far digerire a cristiani e conservatori quella che il senatore Pd Ignazio Marino definisce «una svolta epocale». Ovvero un forte investimento pubblico su un promettente settore scientifico come la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Ma per tentare di fermare i test clinici appena avviati con l’ok della Food and drug administration, le lobbies religiose Usa si sono rivolte ai tribunali. E con una sentenza di 15 pagine un giudice distrettuale, pochi giorni fa, ha disposto il blocco dei finanziamenti federali alla ricerca con embrionali, perché in contrasto con una legge del 1996 contro «la distruzione di embrioni umani».
Una sentenza che, secondo Irving Weissman, direttore dello Stanford institute for stem cell biology and rigenerative medicine, intervistato dal Los Angeles Times rischia di imporre un nuovo, duro, stop alla ricerca Usa. Di fatto il presidente Obama, che dopo la sentenza ha ribadito di non voler abbandonare questo ambito di ricerca al privato, ora ha di fronte due strade: o ricorrere in appello o rivedere le linee guida.
Convinto sostenitore di Obama, ilsenatore Marino che da chirurgo ha lavorato a lungo negli Usa, commenta: «C’era da aspettarsi una reazione negativa della parte più conservatrice del Paese. E l’eco che sta avendo sui giornali oltreoceano prova quanto là le questioni di scienza tocchino la società e facciano discutere pubblicamente». Dunque non teme una retromarcia? «Non ho elementi per dirlo, ed è tutto da valutare quanto questa sentenza di tribunale possa incidere davvero. Ma soprattutto – sottolinea Marino – c’è ancora molto da riflettere sulla straordinaria svolta avviata il 9 marzo 2009 dalla decisione di Obama di eliminare le restrizioni sulla ricerca sulle staminali embrionali, fin lì esclusa dai finanziamenti pubblici. Una decisione presa in forte discontinuità con Bush, e nata anche per non far perdere agli Usa il ruolo di leader nella ricerca »
Intanto Berlusconi millantava: batteremo il cancro!
Lo ha scritto addirittura nel suo programma di governo. Obama firmando l’atto esecutivo pronunciò ben altre parole: «Non possiamo assicurare con certezza che troveremo le cure che cerchiamo». Nessuna promessa fallace, pur avendo la consapevolezza che bisogna cercare nuove cure con urgenza per quei malati che non hanno speranza. Con decisione e senso di responsabilità dobbiamo percorrere le acque “senza mappa” della ricerca.
La ricerca con embrionali a che punto è negli Stati Uniti?
In California la Geron corporation ha fatto molti test su roditori. Ma perlopiù avevano dato risultati negativi: si erano formate come delle cisti nei punti in cui erano state iniettate staminali embrionali. Poi questa complicanza è stata superata. Da ambienti scientifici americani so che queste cellule sembrerebbero trasformarsi in cellule di supporto neurale, ovvero cellule che servono per la continuità del nostro sistema nervoso. Iniettate in giovani pazienti costretti su sedie a rotelle da un trauma alla spina dorsale dovrebbero riuscire a ripristinare la comunicazione tra i nervi. Dovrebbero permettere, cioè, il percorso del segnale nervoso attraverso il midollo spinale e dunque portare al miglioramento quando non proprio alla guarigione.
Queste ricerche hanno ricadute sociali che la politica non può eludere?
All’assemblea nazionale del Pd il 21 maggio scorso ho cercato di dirlo: un partito moderno, come forza intellettuale e di pensiero, dovrebbe avere un’attenzione specifica ai drivers del futuro, scientifici e tecnologici. Scoperte o percorsi scientifici come questo di cui stiamo parlando devono interrogarci. Così come ci devono stimolare domande e progetti come la cellula artificiale di Craig Venter. L’ho incontrato di recente, sta lavorando con l’obiettivo ambiziosissimo di costruire nuove forme di vita biologica, in particolare microrganismi capaci di metabolizzare sostanze tossiche come quelle diffuse, per esempio, da una dispersione di petrolio. E ancora: come politici in Italia dovremmo domandarci quale è la decisione giusta da prendere sulle migliaia di embrioni congelati che si trovano nelle cliniche d’infertilità e che non verranno mai utilizzati per far nascere bambini.
Che fine ha fatto la costosa biobanca per embrioni congelati dell’ex ministro della Salute, Sirchia?
Quella biobanca ebbe un finanziamento importante e doveva raccogliere a mo’ di anagrafe tutti gli embrioni congelati sparsi nelle varie cliniche. Il finanziamento fu varato ma il progetto è rimasto sulla carta. C’è da chiedersi: è più logico, intelligente o morale lasciarli così a perdere ogni vitalità o prelevarne cellule che potrebbero, forse, permettere a pazienti oggi immobilizzati di alzarsi? è sciocco far finta che tutto questo non esista. O pensare che si tratti di un dibattito fra Washinghton e Manhattan. Sono temi di un dibattito con caratteristiche globali, epocale. Non si potrà impedire che migliaia di malati riprendano a sperare in una cura. E sarà difficile biasimare chi vorrà continuare a lottare contro la sua malattia cercando scientificamente una terapia.
In Italia non c’è una legge che proibisca la ricerca con embrionali ma i finanziamenti pubblici vanno solo a progetti con staminali adulte...
è una situazione paradossale: la legge 40 impedisce agli scienziati che si occupano di embrionali di prelevarle da embrioni. Ma non gli impedisce di importarne dall’estero. è incredibile l’ipocrisia di chi ha voluto la legge 40. E lascia sbigottiti il modo di procedere del governo Berlusconi. Perché un atto o è immorale e allora non si può chiedere a un altro di compierlo per te, oppure è un atto lecito e allora deve essere consentito. Io ho cercato di dare un contributo. Ma in questa estate di occhi puntati sulle liti interne al Pdl, è passato sotto traccia. Nella legge Gelmini siamo riusciti a inserire un articolo a mia firma che permetterà di assegnare fondi pubblici alla ricerca non più su base discrezionale ma con il meccanismo internazionale della peer review. Significa che non saranno più ministri o altri a distribuire a piacimento i soldi. Le ricerche saranno valutate in base a un giudizio “fra pari”. Le commissioni giudicheranno anonimamente i progetti. Inoltre il 30 per cento dei “giudici” saranno scienziati stranieri. Insomma, la peer review porta un criterio di trasparenza che impedirà che si verifichino situazioni in cui, su base personale o ideologica, un governo o un ministero decide a chi dare o non dare i finanziamenti.
Come è accaduto in Italia.
Il Comitato nazionale di bioetica (Cnb) raccomanda di inserire la bioetica nelle scuole superiori. Ma che tipo di
insegnamento passerebbe?
Sono sbigottito di questa proposta. Il Cnb è un organismo di nomina politica, designato dal governo in carica. La laicità contenuta nella nostra Costituzione dovrebbe essere la nostra stella polare… non vorrei che nelle scuole, viste le politiche di questo governo, si spacciassero per nozioni scientifiche giudizi di natura etica. Sarebbe sbagliato, in ogni caso, indipendentemente da chi è al governo. Al contrario è fondamentale che siano finanziati programmi che diano agli studenti la possibilità di conoscere le scoperte scientifiche, come funzionano i laboratori di ricerca e i centri avanzati che esistono in Italia nonostante i feroci tagli ai finanziamenti. E invece ecco cosa vorrebbe finanziare il governo di centrodestra, con una legge a primo firmatario La Russa, con Meloni e Tremonti: hanno chiesto fondi per 20 milioni di euro per aumentare il contatto dei nostri giovani con le caserme, perché vi trascorrano una settimana per imparare a sparare con la pistola.
E l’opposizione?
Ecco, noi di sinistra dovremmo dire che tipo di visione immaginiamo. Io immagino un tipo di società che usi la scienza per aiutare le persone che soffrono per malattia, per rispondere a chi si trova in difficoltà sociale, per offrire energia pulita…
Insomma, a sinistra serve una decisa svolta culturale?
Una sinistra che lavora e legge il nostro pianeta con le lenti e il dizionario del secolo passato è una cultura destinata a fallire. Abbiamo bisogno di lenti nuove e forse anche di dirigenti nuovi.
da left- avvenimenti del 27 agost0 2010
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Pubblicato da: Simona Maggiorelli su giugno 26, 2010
Nonostante il via libera dell’Aifa alla pillola Ru486, il governatore regionale, Renata Polverini, vara autonome linee guida per la sua somministrazione. Intanto con una proposta di legge regionale si vuole imporre per legge la difesa del diritto alla “vita” nei consultori
di Simona Maggiorelli

Ru486
«Le donne hanno atteso a lungo un farmaco che le facesse abortire in modo insieme sicuro e privo di effetti collaterali, per fortuna è arrivato il mifepristone». Con queste parole lo studioso americano Adam Schaff ha siglato un’importante ricerca sul farmaco abortivo pubblicata sulla rivista scientifica Contraception. Lo ricorda il ginecologo Carlo Flamigni a incipit del suo Ru486, non tutte le streghe sono state bruciate (L’asino d’oro edizioni) scritto con Corrado Melega. Un libro di cui left si è già occupato e che qui non esitiamo a riproporre. Non solo per l’autorevolezza dei due autori ma anche per il suo significato politico e civile nel fare piazza pulita delle molte fandonie che si ascoltano nel nostro Paese su questo farmaco. Anche da componenti del governo Berlusconi. A cominciare dalla sottosegrataria alla Bioetica, Eugenia Roccella.
Ma proprio interventi ideologici come quelli di Roccella che non ha esitato a parlare di «kill pill» per indicare la Ru486 e a usare altre definizioni che poco si attagliano a una pillola validata dall’Oms e dalla comunità scientifica internazionale. Ma fare terrorismo e ostruzionismo per impedire che le donne possano abortire senza dolore e senza sentirsi dare delle assassine sembra la priorità di un centrodestra genuflesso ai diktat vaticani. Nonostante la legge 194. Trovando illegalmente i modi per disapplicarla. E in scia con tutto questo il governatore regionale Renata Polverini ha varato le linee guida della Regione Lazio per la somministrazione della Ru486 in regime ospedaliero. Chiedendo a ciascuna struttura di mettere a disposizione due posti letto per casi di aborto farmacologico.
Un provvedimento che la ginecologa Mirella Parachini dell’ospedale San Filippo Neri e dirigente dell’Associazione Luca Coscioni non esita a definire «schizofrenico», in un momento di tagli alla sanità come questo. «Tenere fermi dei letti per interventi che sarebbero da day hospital è un controsenso – spiega – specie quando non ce ne sono abbastanza per chi ha patologie ginecologiche da ricovero». Intanto nelle settimane scorse una signora che ha scelto la Ru486 per abortire, dopo essersi rivolta all’ospedale Grassi di Ostia, ha dovuto attendere i tempi che richiede l’acquisto ad personam del farmaco, secondo la procedura usata prima che l’Aifa desse il via libera alla commercializzazione. Le linee guida non erano ancora state varate e nessuno, di fatto, si è preso la responsabilità di somministrare la Ru486. «Come è possibile che la classe medica non possa usare farmaci registrati?» si domanda indignata la ginecologa Parachini.
E la marcia contro la 194, nel Lazio, avanza ancora. Anche con quattro firme del maggior partito di opposizione, il Pd. Figurano sulla proposta di legge regionale presentata da Olimpia Tarzia di Scienza e vita. Una norma che propone di ristrutturare i consultori, aprendo a quelli privati d’impostazione religiosa per difendere valori etici (quali?) e il diritto alla vita del figlio concepito, «già considerato membro della famiglia». Purtroppo l’equiparazione che la legge 40 stabilisce fra embrione e persona ha fatto scuola. Qui, in barba a ogni evidenza scientifica, l’embrione o feto che sia, viene detto «figlio» e «membro della famiglia». Il tentativo è di riportare il Paese nella condizione di arretratezza e di mancanza di diritti in cui si trovava prima di conquiste civili fondamentali come la legge 194 che liberò le donne dai ferri delle mammane.
da left-avvenimenti del 25 giugno 2010
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Pubblicato da: Simona Maggiorelli su giugno 26, 2010
di Simona Maggiorelli
Cara Morresi,

Ru486
la ringrazio per la lettera e la sua attenzione per il nostro lavoro sul quotidiano Terra. Ben lieta di offrire maggiori elementi ai nostri lettori riguardo a quanto scrivevo nell’editoriale del 31 luglio, eccomi qui a risponderle. Anche se, mi permetta, trovo alquanto strano il tono del suo messaggio: fino a prova contraria in questo Paese, si possono ancora criticare libri e argomentazioni. Querele e censure non sono ammissibili in questo ambito. Fino a prova contraria siamo ancora una democrazia. Ma veniamo al libro La favola dell’aborto facile che lei scrisse e pubblicò nel 2006 con la giornalista Eugenia Roccella oggi segretaria al Welfare del governo Belusconi e strenua avversaria della commercializzazione in Italia della pillola abortiva Ru486, già in uso, come lei sa, da più di dieci anni in tutto il progredito occidente.
Un libro, che già nella scelta del linguaggio rivela il filtro ideologico con cui sono stati letti i fatti. Basta dire che in più parti del vostro lavoro la Ru486 viene indicata come “kill pill”: la pillola che uccide. Un’espressione niente affatto neutra e oggettiva. Dal momento che nel suo libro manca del tutto un’informazione di base: che l’aborto farmacologico, al pari di quello chirurgico, non uccide nessuno. Le donne che decidono di abortire non sono delle assassine. L’embrione, dal punto di vista medico scientifico è un agglomerato di cellule. E, come ho già scritto, sulla scorta di quanto afferma la moderna neonatologia, il feto è un organismo biologico in evoluzione che solo intorno alla ventiquattresima settimana ha possibilità di vita autonoma fuori dall’utero della madre. Oltre che “kill pill”, l’espressione che ricorre spesso nel suo libro è “aborto chimico”, usato in senso dispregiativo. L’effetto di un qualunque altro farmaco non è altrettanto chimico? Ma nessuno parla di trattamento chimico dell’ulcera gastrica. Come fa notare la ginecologa Mirella Parachini, presidente della Fiapac, la Federazione internazionale dei ginecologi.
E a lei proprio in quanto medico lasciamo la parola anche riguardo ad alcuni punti del La favola dell’aborto facile. Già nell’introduzione, per esempio, lei e Roccella scrivete che nell’opinione di chi è a favore come di chi è contro la Ru486 ci sarebbe un comune equivoco: ovvero che l’aborto farmacologico sia veloce e indolore. «Fiumi di letteratura da anni descrivono le modalità con cui si svolge l’aborto medico – precisa Parachini -. Da nessuna parte si potrà mai leggere che si tratti di una procedura “veloce”. Di fatto comporta un coinvolgimento della paziente e degli operatori del centro dove viene seguita molto maggiore, sia in termini di tempo che di impegno, sia rispetto a quelli impiegati nell’atto chirurgico, che è un intervento di piccola chirurgia che può essere eseguito in pochi minuti. Tanto che viene raccomandato ai centri di interruzione volontaria di gravidanza la modalità con cui seguire un councelling del tutto diverso da quello adottato nell’aborto chirurgico». Ma, prosegue Parachini: «La consapevolezza di chi conosce questo percorso viene invece scambiata per preoccupazione». Così, le seguenti parole di Silvio Viale: «Molte donne si rivolgono all’ospedale pensando che si tratti di prendere una semplice pillola e tornare a casa, ma non è così», vengono impropriamente usate da Morresi e Roccella a conferma della propria tesi. Alla storia del dottor Viale, che al Sant’Anna di Torino avviò la sperimentazione della Ru486 per l’Italia le due autrici dedicano svariate pagine, mettendo “in luce” che Viale non solo è esponente Radicale, ma si è anche candidato nelle liste della Rosa del Pugno. Quasi a dire che la sua candidatura politica dovrebbe far sospettare delle sue parole e del suo operato medico. Ma viene da chiedersi perché una giornalista come Roccella e una docente di Chimica fisica come Morresi dovrebbere essere più attendibili nell’analisi di faccende strettamente mediche di un ginecologo?
Quanto alla tanto discussa (nel libro) sicurezza del farmaco «lo stesso comunicato dell’Aifa sulla delibera della autorizzazione alla commercializzazione del Mifepristone (Mifegyne) – ricorda Parachini – in conclusione dell’iter registrativo di mutuo riconoscimento seguito dagli altri Paesi europei in cui il farmaco è già in commercio scrive: la decisione assunta dal Cda rispecchia il compito di tutela della salute del cittadino che deve essere posto al di sopra e al di là delle convinzioni personali di ognuno». In realtà i passaggi criticabili de La favola dell’aborto facile sarebbero ancora moltissimi, ma per motivi di spazio ci limitiamo a segnalarne alcune esplicite contraddizioni. Nel libro (a pagina 12) si dice che, come quando le interruzioni di gravidanza si facevano clandestinamente, «oggi con una operazione di candeggiatura dell’immaginario, che rimette a nuovo la consapevolezza sociale, ancora una volta solo nel segreto si saprà del sangue e della pena. Solo alle donne toccherà macerarsi, guardare l’assorbente cento volte al giorno, vomitare chiuse nel bagno e farsi domande angoscianti in solitudine». Poche righe prima era stato detto che «è difficile definire privato un metodo che richiede da tre a cinque – o anche più – appuntamenti in ospedale, ciascuno con una permanenza di alcune ore». Insomma, commenta Parachini, «se da una parte si punta il dito sulla sbandierata semplicità del metodo da parte dei suoi sostenitori, con le pazienti vittime di ginecologi ansiosi di “liberarsi dalla tristezza infinita degli aborti” ( pagina 83), dall’altra si accusa la tecnica di comportare un numero eccessivo di controlli ospedalieri e di essere “il metodo veloce che dura 15 giorni” ( pagina 20)». Infine, prosegue la ginecologa, quanto alla faccenda della sicurezza del farmaco contestata dalle due autrici, «nel marzo 2007 il Chmp (Commitee for medicinal products for human use) dell’Agenzia europea del farmaco ha terminato un lavoro di revisione del mifepristone iniziato nel dicembre 2005. Le conclusioni del Comitato sono state queste: i dati disponibili confermano l’efficacia del mifepristone a vari dosaggi in associazione con analoghi di prostaglandina, con la raccomandazione di informare sul rischio di infezioni fatali quando 200mg di mifepristone vengono associati alla somministrazione non autorizzata per via vaginale di compresse di misoprostolo per uso orale”. Questo dato successivo alla pubblicazione del libro conferma la validità del farmaco se usato correttamente, ed è stato approvato in seguito anche dalla commissione europea all’unanimità facendo proprio il parere positivo dell’Emea nel giugno 2007». Senza dimenticare che già nel 2005 l’Organizzazione mondiale della sanità aveva incluso la Ru486 nella lista dei farmaci essenziali. In sintesi, con un altro eminente ginecologo ci sentiamo di ribadire che nel libro Morresi e Roccella «interpretano la letteratura scientifica come chi non si interessa di problemi della medicina. Le cose che scrivono – prosegue Flamigni – sono testimonianza della loro personale posizione e mancano di quello spirito critico distaccato e laico che consente invece di poter valutare la letteratura medica con onestà e buon senso». Il punto è, sottolinea Flamigni, «che dalla letteratura non si può prendere solo quello conviene. E una persona che legge la realtà con gli occhiali di una forte ideologia fa proprio questo. In secondo luogo per parlarne con competenza bisogna essere persone esperte di medicina. A Roccella e Morresi andrebbe ricordato il motto latino che diceva nec sutur ne ultra crepidam, ciabattino non andare al di là delle scarpe».
dal quotidiano Terra luglio 2009
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