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Posts Tagged ‘Rapporto sulla secolarizzazione’

Una tv confessionale?

Posted by Simona Maggiorelli su aprile 14, 2015

CAn9LD4WQAIMoNsLa presenza del Vaticano e della religione cattolica in tv è diventata più pervasiva che nella Prima  Repubblica. E senza contradditorio. La ricerca di Critica liberale, commentata su left dal filosofo Carlo Alberto Viano. L’indagine stilata da Valeria Ferro è stata presentata il 13 aprile al Centro convegni Stelline in una serata organizzata dal Circolo Rosselli di Milano, con Gigliola Toniollo della Cglil nuovi diritti, Enzo Marzo, direttore di Critica Liberale, il professor  Marco Marzano e  il giurista Giulio Vigevani. (Presto sarà online la registrazione di Radio Radicale).

di Simona Maggiorelli
La tv pubblica trasmette la Messa e altre funzioni cattoliche tramite Rai Vaticano che collabora direttamente con il Centro tv Vaticano. La Rai manda in onda trasmissioni devozionali (tipo Una voce per Padre Pio) e fa dottrina con A sua immagine. Inoltre riporta ciò che dice il Papa quotidianamente nei telegiornali, offrendogli un posto di primo piano nella gerarchia delle notizie. Presenta “approfondimenti” molto orientati in senso religioso come La grande storia che lo scorso agosto ha dedicato una puntata a Medjugorje.

Contemporaneamente la Rai produce sempre più fiction con preti e santi e infarcisce talk show e format pomeridiani come La vita in diretta di presenze confessionali e di soubrette neo convertite. Esemplare il caso di Claudia Koll che, con la fede, ha trovato una nuova visibilità, insieme alla miracolata Sandra Milo. Quanto a Porta a Porta quest’anno ha addirittura aumentato le puntate a tema cattolico, arrivando a 15, dando ampio spazio al prete che tenne a battesimo il ministro  Maria Elena Boschi e a fans di Papa Bergoglio come Eugenio Scalfari e Vittorino Andreoli ( che ha una rubrica fissa su Avvenire), spacciati per laici.

Ma potremmo fare anche tanti altri esempi della capillare presenza cattolica in Rai e nelle tv private continuando ad attingere alla ampia indagine di Critica Liberale, pubblicata sul nuovo numero della rivista. Il senso però non cambierebbe: prendendo in esame la stagione tv 2013-2014 il dossier evidenzia una presenza assolutamente dominante dei cattolici sui media nostrani. Pari al 99 per cento, confermando un trend in atto da tempo, secondo le stime della Uaar che, sulla base di questo IV Rapporto su confessioni religiose e tv, ha fatto un esposto al Agcom, ottenendo dall’organo di vigilanza una risposta a dir poco evasiva, che invita gli esclusi a rivolgersi ai programmi dell’accesso. «Una risposta indecente, significa che l’Agcom non conosce la parola pluralismo – chiosa Enzo Marzo, direttore di Critica Liberale -.E allora perché la ripresa della Messa non viene relegata in quello spazio?».

I miracoli della tv intanto sono stati smascherati con un’analisi rigorosa. «La nostra ricerca ha preso in esame 7 reti generaliste italiane, dividendo i programmi religiosi per genere, produzioni, film, documentari, programmi di informazione riscontrando che raramente si danno informazioni sulle religioni, ma vengono prediletti gli aspetti più folkloristici di figure confessionali, in particolare di Papa Francesco e circostanze stupefacenti, come i miracoli. Con una modalità che non prevede dibattiti ma solo l’esposizione del fenomeno», spiega Valeria Ferro che ha lavorato al dossier. Quanto allo sbandierato successo di serie tv come Don Matteo «deve la sua fortuna a Terence Hill che indossa l’abito talare o la divisa di guardia forestale con la stessa prestazione recitativa, ottenendo la medesima reazione favorevole del suo pubblico», risponde l’esperta, specificando che la presenza in tv è determinante nella costruzione del successo di qualunque personaggio. «Vale per i politici, gente di spettacolo e per i religiosi», dice Ferro sottolineando che da questo punto di vista «il Papa gode di un’esposizione eccezionale» e che «la narrazione di Bergoglio in tv è sempre positiva e popolare». Anche quando la tv rilancia i suoi anatemi contro l’aborto, l’eutanasia e le coppie di fatto. «I diritti civili nelle tv nostrane hanno sempre avuto un’attenzione assai ridotta», rileva Valeria Ferro. «La Chiesa cattolica ha invece potuto contare sul favore dell’emittenza pubblica e di gran parte di quella privata. Non c’è informazione, solo propaganda». Nonostante atei e agnostici in Italia siano circa il 10 per cento. Una fetta del Paese che non ha voce in tv, denuncia la Uaar. «Le rare volte che si parla degli atei lo si fa in termini negativi. Un esempio? Nell’edizione serale del Tg1 del 7 aprile 2013 gli atei sono stati definiti «disabili del cuore».

«L’invadenza dei cattolici in Tv è molto cresciuta perfino rispetto alla Prima Repubblica e al predominio democristiano che la caratterizzava» dichiara il filosofo Carlo Alberto Viano, autore di libri come Laici in ginocchio (Laterza) e membro arte del comitato scientifico di Critica Liberale. «Le fiction popolate da preti e suore ne sono il segno. Ettore Bernabei non è più il patron cattolico della Rai ma continua a essere presente con le sue produzioni. Santi e miracoli sono poi pane quotidiano». Contribuendo a un vero e proprio caso Italia. «Certamente cose così non rientrano nei modelli di tv ai quali tutti, a parole, si rifanno, in primo luogo la Bbc», nota Viano. E poi aggiunge: «Ciò che non approvo è non tanto la presenza di voci cattoliche in tv, quanto l’assenza di voci almeno estranee, se non critiche. La colpa è anche della cultura laica, perché, accanto ai miracoli, dilagano i misteri, e nessuno che si faccia avanti a dire che si tratta di mistificazioni. Le poche volte in cui sono stato invitato in tv c’era sempre chi mi mi esortava a essere prudente, perché i mostri sacri hanno un’arma segreta: provocare il silenzio intorno a chi ne infrange il culto. Infine bisogna ammettere – nota il professore con rammarico – che tanta parte della cultura laica guarda con indulgenza a quella cattolica, in cui trova complicità nel respingere il sapere e le scomode demistificazioni delle ideologie vecchie e nuove».

Una complicità che diventa addirittura agiografia di Papa Francesco, perfino su giornali che si dicono laici come Repubblica. «Intorno ai papi si sono sempre creati miti – ricorda Viano -.Quanto c’è voluto per parlare delle simpatie tedesche e reticenze di Pacelli? Chi ricorda mai che Roncalli è stato un fascista? Per non dire delle mistificazioni di Giovanni Paolo II». Ma l’ unilaterale esaltazione di Papa Francesco non rischia di ricacciare nell’ombra crimini come la pedofilia clericale e scandali come i soldi riciclati dallo Ior? «Se il Papa correggesse gli abusi sessuali e finanziari della Chiesa sarebbe ora – risponde Viano -. Ma non vedo perché debba diventare un modello per laici che hanno sempre denunciato quegli scandali nella Chiesa e altrove. Non capisco gli entusiasmi di molti “laici”: nel suo appello alla carità ci sono faciloneria, concessioni alle superstizioni carismatiche e populismo di stile argentino. Molti si fanno incantare da invettive contro banche e denaro e diventano ciechi nei confronti delle esplicite imposture della predicazione papale». Nonostante tutto questo, però, il tasso di secolarizzazione della società italiana continua a crescere, come documenta di anno in anno il Rapporto stilato da Critica Liberale con la Cgil nuovi diritti. «La secolarizzazione ha fatto grandi passi anche da noi. Molti italiani non sanno nulla di religione o non le danno importanza, ma soprattutto non rispettano le condotte prescritte dalla Chiesa. Ci sono però insidie nove. L’Islam ha grande forza come strumento per mantenere la soggezione delle donne. E il cattolicesimo come espressione delle “radici”, indipendentemente da dogmi e tabù, potrebbe trovare in questo parte della forza perduta». Ma se la società è sempre più laica non lo è la classe di governo in Italia. Il Papa interviene di continuo su decisioni che spettano al Parlamento e una politica genuflessa ha prodotto norme come la legge 40 e, negli ultimi giorni, anche il divieto di adozione per i single e l’obbligo di test e ricetta per la pillola dei 5 giorni dopo.
«E’ insopportabile il modo in cui il Papa entra nei dettagli dello Stato italiano, essendo a capo di una Chiesa che ha voluto fare del proprio sommo sacerdote un capo di Stato. E spesso Bergoglio, che esibisce umiltà – sottolinea Viano – non mostra riguardo per chi non si riconosce nella Chiesa. Ha proposto di trattare con pietà i peccatori, ma dichiara che la morale cattolica non si cambia. Chi si sente peccatore potrà apprezzare di essere trattato con pietà, ma chi non accetta il codice della Chiesa esige rispetto. Realisticamente non c’è da aspettarsi riserbo da parte della Chiesa, di nessuna Chiesa, ma in un Paese laico non starebbe male un risposta adeguata alle aggressioni ecclesiastiche e sarebbe tenuto al rispetto della laicità chi lavora in istituzioni pubbliche. Ma -ribadisce Viano – è la cultura laica a essere poco reattiva e Papa Francesco ha fatto perdere la testa a molti: Scalfari pretende di interpretare il pensiero papale in interviste imbarazzanti per il Vaticano e per molti laici. Così spesso la discussione si è spostata sulla morale. I laici ne hanno una? «Indignati, hanno replicato di averne una, e pubblica. Poi – conclude il filosofo torinese -, alcuni hanno anche rivendicato una religione civile. Io francamente con la religione civile andrei cauto, anche con la morale, perché quando ne parlano i laici sembrano succubi della religione. Certe intemerate sul relativismo etico le lascerei ai preti».

dal settimanale left,  marzo 2015

Un anno dopo marzo 2016, il nuovo rapporto:

Varicano tv

Il primato Vaticano sulla Rai  altre tv italiane

Non è più solo il prezioso rapporto sulla secolarizzazione in Italia redatto da Critica liberale a documentare, di anno in anno, la progressiva disaffezione degli italiani verso la religione cattolica e i suoi riti.  Comincia ad essere una realtà ben presente anche nelle ricerche del Censis, dell’Istat e di altri istituti di indagine. In particolare la progressiva secolarizzazione del Bel Paese emerge in modo lampante da una ricerca Istat (diffusa dal quotidiano La Stampa). Questo in sintesi: mentre dieci anni fa una persona su tre ( il 33,4%) dichiarava di frequentare luoghi di culto almeno una volta alla settimana, la percentuale oggi è scesa al 29%.  Le persone che dichiarano di non frequentare mai luoghi di culto sono passate dal 17,2 al 21,4%. Ma c’è un altro dato interessante da sottolineare: che non sono solo i ventenni italiani a perdere la fede, ma anzi  – rispetto al 2006 – oggi sono anche le persone tra i 55 e i 59 anni a disertare i luoghi di culto, che  hanno perso il 30% di fedeli all’interno di quella fascia di età. Ma anche fra i 60-64enni  si registra un calo pare al 25%.

Nonostante tutto questo. O forse proprio per questo, ovvero perché la Chiesa sta perdendo rapidamente terreno in Italia, l’offensiva vaticana si fa più massiccia in tv. Anche sulle reti pubbliche italiane, complice un servizio pubblico genuflesso.  Basti dire che – come documenta il V rapporto sulle confessioni religiose e tv redatto da Critica Liberale (con la collaborazione di una agenzia che ha fatto un lavoro scientifico analizzando 7 tv lungo tutto l’anno) – le trasmissioni dedicate ad argomenti religiosi hanno subito un incremento da 355 a 380 ore. Appuntamenti fissi  continuano ad essere trasmissioni settimanali di taglio agiografico fin dal titolo: “A sua immagine”, “Sulla via di Damasco”, “Le frontiere dello spirito”. Senza contare che la tv pubblica  fa a gara con quella privata in Italia per trasmettere l’Angelus, messe di Natale e non solo.

Di tutte le trasmissioni a tema religioso prese in esame dalla studiosa Valeria Ferro nell’ultimo anno emerge che « l’11,5%  ha analizzato la figura di Papa Francesco e solo l’1,7% (pari ad un’ora nell’anno) ha trattato le vicende relative agli scan­dali vaticani, dai casi di pedofilia e agli illeciti finanziari». I soggetti confessio­nali invitati in tv «hanno privilegiato i temi legati alle questioni religiose (25%), alla figura del Papa (17%) e per il 12,5% si sono occupati di miracoli».  Paghiamo il canone anche per vedere «trasmissioni che spesso si occupano di fenomeni straordinari legati alla fede cattolica, raccontando – sottolinea Valeria Ferro –  di guarigioni inspiega­bili, di apparizioni e di altri eventi prodigiosi, come fa, ad esempio, “Storie vere”, a dispetto del titolo!».  Il problema dunque non sono solo le fiction che raccontano i santi o le serie tv in stile Don Matteo che in un anno sono raddoppiate (da 311 a 603) sulle reti generaliste, ma anche i programmi di intrattenimento che si spacciano per programmi di informazione. Un esempio per tutti per quanto riguarda la Rai:  Porta a Porta. Il programma di Bruno Vespa su Raiuno ha aumentato consi­derevolmente le puntate in cui si è oc­cupata di questioni religiose. «Si è pas­sati, infatti dalle 13 del 2012­ 13 e le 15 della scorsa stagione alle 34 dell’anno in esame», rileva Ferro nel saggio che  apre l’ampio dossier annuale pubblicato dal trimetrale Critica Liberale diretto da Enzo Marzo «Ai temi religiosi sono state dedicate 11 ore e mezza nel 2012­ 13, 7 ore lo scorso anno e 15 ore e 40 minuti nell’ultima stagione. I soggetti confes­sionali ospitati nel salotto buono di Raiuno sono stati 142 nel 2012­ 13, 67 durante la scorsa stagione».

Insomma la stagione televisiva 2014­ 2015 ha confermato la centralità della reli­ gione cattolica sia nei programmi di informazione sia in quelli di fiction. «Un elemento nuovo, rispetto alle sta­gioni precedenti, è costituito dalla maggiore presenza di soggetti confes­sionali e di temi legati all’Islam nelle trasmissioni di approfondimento», ma fa notare Valeria Ferro, soprattutto « nel contesto di terrorismo e di crisi internazionali».  E se da una parte  l’Islam viene criminalizzato collegandolo tout court al terrorismo, dall’altra le tv pubbliche si fanno megafono delle campagne di propoaganda cattolica messe in atto dal Vaticano di papa Francesco, omettendo di dire che il Giubileo è stato un totale flop.

« I dati contenuti in questo quinto rapporto sono veramenta scandalosi e mostrano quanti programmi di propaganda cattolica ci siano in Tv in Italia», ha denunciato Enzo Marzo direttore di Critica liberale e componente della società Pannunzio per la libertà di informazione presentando la ricerca alla Camera.«Quello che noto è che più aumenta la secolarizzazione,  più aumenta l’invasione mediatica del Vaticano che condiziona il mondo politico italiano. L’ insipienza e incapacità politica del mondo non clericale nel reagire mi pare però altrettanto evidente. Le vittime dovrebbero rispondere. Dobbiamo assolutamente cercare di fermare questa deriva».

« Bene ha fatto la Uaar a fare un esposto all’Agcom sulla base di questi dati; i cittadini devono cominciare a organizzarsi, visto che manca la volontà politica di intervenire. Bisogna cominciare a fare dei ricorsi- ha detto Andrea Maestri di Sel -. Ciò che emerge da questo quadro è che vengono violati i principi della pluralità e il principio della laicità dello Stato, che è un cardine. La laicità dello Stato è un principio ribadito di recente anche da una bella sentenza del Tar di Bologna quando ha invalidato  l’autorizzazione alla benedizione pasquale di aule scolastiche. Dobbiamo farci sentire come cittadini per far valere questi principi e diritti fondamentali». ( dal settimanale Left- marzo 2016)

@simonamaggiorel

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Diieci anni di legge 40. La rivolta dei cittadini contro lo Stato etico

Posted by Simona Maggiorelli su febbraio 18, 2014

paradiso-legge40Antiscientifica e discriminatoria, la Legge 40 sulla fecondazione assistita è andata a processo 28 volte. I cittadini la contestano ricorrendo ai tribunali. Ma la politica è sorda

di Simona Maggiorelli

In dieci anni è finita alla sbarra ben 28 volte. Grazie al coraggio di cittadini che hanno deciso di ricorrere ai tribunali per far valere il proprio diritto di accesso a tecniche mediche e per difendere la propria libertà di scelta riguardo alla propria vita sessuale e affettiva. Il testo della legge italiana sulla fecondazione medicalmente assistita (Pma), così come fu firmato il 19 febbraio del 2004, contiene una serie di divieti discriminatori e si basa su assunti antiscientifici come l’equivalenza fra embrione, feto e bambino, ricorrendo a termini vaghi come «concepito». Da allora il lavoro instancabile di associazioni che riuniscono coppie infertili o portatrici di malattie genetiche, con l’aiuto di avvocati come Filomena Gallo, ha prodotto importanti risultati, riuscendo a far cancellare intere parti della norma come la crudele imposizione di trasferimento in utero di tutti e tre gli embrioni (anche se malati) prodotti con la Pma. Anno dopo anno, una lunga serie di sentenze e di pronunciamenti della Corte Costituzionale e uno in particolare della Corte europea di Strasburgo hanno definito la Legge 40 lesiva dei diritti delle donne, pericolosa per la loro salute e in contrasto con la Carta europea dei diritti dell’uomo. L’8 aprile prossimo, come è noto, la Consulta dovrà pronunciarsi di nuovo sulla norma, dopo che il tribunale di Roma ha sollevato un dubbio di legittimità costituzionale riguardo al divieto di accesso alla Pma per le coppie fertili portatrici di malattie genetiche. «Non si può prevedere come risponderà la Corte. Ma penso che ci siano buone possibilità che consideri discriminatorio il divieto di accesso alle tecniche da parte di coppie fertili che non riescono a portare a termine una gravidanza o sarebbero costrette a veder morire il proprio figlio nell’arco di pochi anni per malattie ad oggi incurabili», dice Filomena Gallo che, in qualità di segretario dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca, con il tesoriere Marco Cappato, ha scritto una lettera aperta ai giornali per avviare un pubblico dibattito su questo grande tema della Legge 40. Che, dopo la campagna di disinformazione pilotata dalla Conferenza episcopale italiana all’epoca del referendum del 2005, per lo più è caduto nel silenzio. «Si potrebbe così compensare quanto accaduto in questi anni in termini di conoscenza» scrivono Gallo e Cappato, riportando i dati del Centro di ascolto di informazione radio-televisiva. Da cui risulta, per esempio, che nel 2012 le trasmissioni tv che hanno toccato il tema della Pma sono state pari allo 0,001% del totale. Mentre nei Tg di due anni fa troviamo il tema, in media, una volta ogni 184 edizioni, per un totale di 1 ora e 25 minuti, pari allo 0,02% del totale delle notizie. E questo nonostante si tratti di una legge che ha importanti ripercussioni sulla scienza, dal momento che vieta di produrre embrioni per la ricerca, ma anche di usare a questo scopo quelli abbandonati. Ipocritamente permettendo ai ricercatori solo di lavorare su linee cellulari acquistate all’estero. Ma soprattutto parliamo di una legge antiscientifica che, come ha scritto la Corte di Strasburgo, confonde feto e bambino. Nonché basata su un pregiudizio razzista, dato che vieta l’eterologa come se la paternità o la maternità fossero solo un fatto biologico e genetico. E ancora: parliamo di una norma – non ci stancheremo mai di ripeterlo – che dà allo Stato la possibilità di intromettersi pesantemente nella vita privata delle persone, negando il loro pieno diritto di decidere se e quando avere figli. Di una norma che attacca l’identità femminile e il rapporto fra uomo e donna. E che mette a rischio la salute delle donne, vietando la diagnosi genetica preimpianto e costringendole poi a ricorrere all’aborto terapeutico se il feto è malato. «Non ci dobbiamo dimenticare in quale contesto politico fu varata la 40 del 2004 e come la difesero esponenti cattolici come Francesco Rutelli e Dorina Bianchi» commenta Filomena Gallo. E aggiunge: «Se si emanano divieti di quella portata significa che c’è un bene da tutelare. Ma nella norma non è identificato. Perché non viene chiarito cosa è il “concepito” e cosa è l’embrione. Con la Legge 40 hanno voluto introdurre dei reati che, a veder bene, corrispondono a precetti religiosi cattolici. E questo – sottolinea l’avvocato Gallo – è inammissibile in una democrazia». In Parlamento, va ricordato, il varo della Legge 40 fu possibile grazie a un accordo trasversale fra cattolici che sedevano nei banchi della destra come della sinistra. «Quando i Radicali nel 2005 proposero il quesito unico di abrogazione della norma per intero, riuscirono a coinvolgere anche la sinistra – dice il segretario dell’Associazione Coscioni -. L’allora segretario del Pd Fassino, in un primo momento, dichiarò che si poteva rivedere la Legge 40. E, dopo il disegno di legge firmato Amato, molti altri sono stati i Ddl per modificare la norma depositati in Parlamento, ma non sono mai stati calendarizzati per la discussione». Nonostante analisi puntuali come l’annuale Rapporto sulla secolarizzazione della società italiana stilato da Critica liberale con Cgil nuovi diritti documentino la costante crescita dello iato fra i comportamenti imposti dai dogmi cattolici e la vita reale degli italiani. La nuova edizione della ricerca, presentata nei giorni scorsi da Enzo Marzo, mostra chiaramente come sia cambiato anche il modo di vivere la genitorialità, affrontata come «una scelta sempre più consapevole», con un crescente ricorso alle misure anticoncezionali. La percentuale delle donne che prendono la pillola, per esempio, è passata dal 10,3% nel 1992 al 18,9% nel 2004. Attraverso centri per la difesa della vita e con attivisti nei consultori, la Chiesa «tenta di porre un freno a tutti questi cambiamenti, soprattutto riguardo alle scelte in materia di procreazione», si legge nel Rapporto. Interessanti sono anche i dati che riguardano l’aborto. E le differenze che emergono fra nord a sud. Se per esempio il tasso di abortività è del 9,5 % in Piemonte e del 9,1 in Toscana è solo il 6,5 in Sicilia. Questo perché in Sicilia il tasso di medici obiettori è dell’81 % contro il 66 % di Piemonte e Toscana. Altrettanto grandi sono le differenze nell’uso delle pillola Ru 486 per indurre l’aborto, usata nel 13 per cento degli aborti in Piemonte, nel 9 % in Toscana e solo pari al 6,5 % in Sicilia, come rileva Silvia Sansonetti ricercatrice della Fondazione Giacomo Brodolini. Per quanto riguarda le scelte etiche, infine, i matrimoni civili sono stati il 56 per cento nel 2011 in Toscana il 48,9 in Piemonte e solo il 24 % in Sicilia. Ma se la società italiana è sempre più secolarizzata e gli stessi cattolici (come risulta da una recente ricerca Univision), si dicono, per esempio, a favore della fecondazione assistita, la classe politica italiana resta perlopiù sorda.«Destra e sinistra hanno pari responsabilità nel voler mantenere questa legge – ribadisce Filomena Gallo -. Ma i cittadini , ricorrendo ai tribunali, hanno dimostrato che esistono norme che, insieme alla Costituzione, tutelano i diritti. E singoli cittadini hanno cercato di affermarli in ogni sede. Ciò che appare evidente ora – conclude Gallo – è il distacco della società civile dalla politica legata alle convenienze di potere»

 dal settimanale Left-avvenimenti

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L’agenda bioetica che piace al Vaticano

Posted by Simona Maggiorelli su Maggio 10, 2013

Gaetano Quagliariello

Gaetano Quagliariello

Quagliariello, Lorenzin e Lupi protagonisti di crociate per impedire la libertà di scelta sul fine vita e per mantenere la legge 40. “Disumana” secondo la Corte europea di Strasburgo. Mentre Enrico Letta disertò il referendum del 2005, secondo i diktat del Cardinale Ruini e della Cei

di Simona Maggiorelli

«Eluana non è morta, è stata ammazzata» si mise a gridare il vicepresidente vicario dei senatori Pdl, Gaetano Quagliariello, quando in Aula si diffuse la notizia che Eluana Englaro aveva cessato di “vivere” quella sua esistenza artificiale, solo biologica, resa possibile dalle macchine, dopo quel terribile incidente di 17 anni prima.

Le parole del neo ministro delle Riforme allora – era l’8 febbraio 2009 – dettero la stura a un vociare «assassini!», «assassini!» «assassini!» che si levò dai banchi del centrodestra rivolto a quelli dell’opposizione. Quella scena indecente, avvenuta a palazzo Madama, si può ancora oggi vedere su youtube. Ed è stata massicciamente rilanciata in rete, a mo’ di eloquente commento alla scelta del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di nominare Quagliariello fra i suoi dieci saggi.

Di più ha fatto Enrico Letta, che incaricato da Napolitano di formare il nuovo Governo l’ha messo nella sua squadra di ministri. Da Oltretevere ringraziano. Non solo per la nomina di Quagliariello, ma anche per quella di una compatta flotta di ex Dc, margheritini, popolari europei, ciellini (se ne contano almeno tre: Lupi del Pdl, Mauro della Lista civica e Zanonato del Pd) che ora figura nella compagine di governo. Tutti cattolici praticanti e convinti, come il premier Pd Enrico Letta, che essere credente non sia un fatto privato. E che anzi la fede debba improntare le scelte politiche e legislative, specie quando si parla di bioetica e di questioni “eticamente sensibili”. Ovvero, fuori dal gergo confessionale, di diritti civili, questioni che toccano direttamente la vita dei cittadini. Temi come la fecondazione assistita, l’aborto, la contraccezione, le unioni civili, il fine vita sui quali gli italiani dimostrano di avere opinioni molto più laiche e progressiste dei loro governanti. Come si evince da vari studi. A cominciare dal rapporto 2013 sulla secolarizzazione in Italia stilato da Critica Liberale e la Cgil nuovi diritti per arrivare all’ultima indagine Eurispes da cui emerge che il 77,2% degli italiani sono per le coppie di fatto, il 79,4 % è contro la legge 40 e il 77,3% vuole il testamento biologico.

Lorenzi, Sacconi e Alfano in Chiesa

Lorenzi, Sacconi e Alfano in Chiesa

Una realtà che appare lontana anni luce dalla “Weltanschauung” del docente di storia della Luiss, ex radicale ed ex consigliere di Marcello Pera ai tempi della difesa delle radici cristiane, al quale ora è affidato il delicatissimo ministero delle riforme costituzionali. Basta ricordare qui che dopo quell’episodio indecoroso in Aula, Quagliariello, solidale con il fronte più talebano del centrodestra (Sacconi, Giovanardi, Binetti, Volonté, la sottosegretaria Roccella e il neo ministro Maurizio Lupi) strumentalizzò il caso di Eluana per cercare di far passare in fretta e furia una legge sul fine vita che, così come è tracciata nel Ddl Calabrò, cancella ogni possibilità da parte dal malato, se cade in stato di incoscienza, di rifiutare trattamenti medici come alimentazione e idratazione artificiale. A prescindere dalle scelte e dalle convinzioni espresse da quella stessa persona quando poteva ancora parlare.

Per fortuna, non produssero gli effetti desiderati dal centrodestra il pressing e le molte audizioni, organizzate, non con medici e specialisti, ma con attivisti vicini alla Chiesa e personaggi di richiamo come, ad esempio, l’associazione Risvegli e l’attore Alessandro Bergonzoni. Così il tentativo del governo berlusconiano di imporre una legge sul fine vita che recepisse i diktat del Vaticano si arenò. E il ddl Calbrò è finito in un cassetto. Fino alla scorsa legislatura, quando – con una specie di blitz – il Pdl riuscì a riportarlo in Aula. Riscuotendo il plauso dei cattolici dell’Udc, della Lega e del Pd.

Enrico Letta(Pd) con lo zio Gianni Letta (Pdl)

Enrico Letta(Pd) con lo zio Gianni Letta (Pdl)

In questo contesto da bagarre ideologica come si è mossa la deputata pidiellina Beatrice Lorenzin ora alla guida del ministero della Salute? Pur evitando i toni facinorosi dei cattolici più oltranzisti si è sempre dichiarata in linea con l’agenda della bioetica stilata da Sacconi caratterizzata da prese di posizione antiscientifiche e dogmaticache su temi come il fine vita, l’aborto, la Ru486, la legge 40. Nel 2010, per esempio, quando i cosiddetti “cattolici democratici” del Pd si dissero pronti ad accogliere l’appello di Sacconi in difesa dei “temi etici” Lorenzin ebbe a dire che «l’agenda biopolitica», fondata sul concetto antiscientifico secondo cui l’embrione è persona, segnava «un’intesa trasversale nonostante i fumi del teatrino della politica». «Su questi temi fondamentali- aggiungeva Lorenzin – c’è un evidente maggioranza pro life pronta ad esprimersi dal biotestamento alle forme di aborto farmacologico». Inutile dire che in un paese come l’Italia dove, a causa di percentuali vertiginose di medici obiettori (sfiora mediamente il 90%), la legge 194 è largamente disapplicata un ministro della Salute, che non è medico e difende posizioni pro life certo non fa ben sperare.

Riguardo alla norma sulla fecondazione assistita, in particolare, Lorenzin ha detto in più occasioni che «la legge 40 non va cambiata». In barba alle 18 sentenze dei tribunali italiani che dal 2005 a oggi hanno fatto cadere tutti i divieti più ideologici contenuti nella legge e nonostante il recente verdetto, ribadito anche in appello, della Corte Europea di Strasburgo che giudica la legge 40 lesiva di diritti umani. Una posizione sbilanciata sulle posizioni del Vaticano quella di Lorenzin che fa perfettamente il paio con quella del neo Premier Enrico Letta, ex scout, cresciuto all’oratorio, nonché nipote del pidiellino Gianni gentiluomo del papa e assiduo frequentatore delle stanze del potere Oltretevere.

All’epoca del referendum per abrogare i punti più dannosi e controversi della legge 40, va ricordato qui, Enrico Letta fece suo l’appello del cardinale Ruini che consigliava di disertare il voto e andare al mare. Scavalcando a destra i cattolici Pd Dario Franceschini (neo ministro dei rapporti con il Parlamento) e Rosy Bindi che, invece, andò a votare tre no. I sì ai quesiti abrogativi posti dal referendum, come forse i lettori ricorderanno, furono circa 10 milioni. Ma l’astensionismo propagandato massicciamente dalla Cei determinò il fallimento del referendum che non raggiunse il quorum. Con grande giubilo dell’allora esponente del Pdl Maurizio Lupi (neo ministro dei trasporti e delle infrastrutture), strenuo paladino cattolico dei «valori non negoziabili» e che in tutti questi anni non ha mai smesso di ripetere che la «la vita va tutelata fin dal concepimento». Anche quella dell’embrione, anche quella dello zigote.

Da vice presidente Pdl alla Camera, quando a fine agosto 2012 il governo Monti annunciò di voler presentare ricorso contro la sentenza della corte dei diritti dell’uomo (ricorso poi perso) disse che non solo appoggiava la decisione del ministro Renato Balduzzi ma anche «che non possono lasciar prevalere né le semplificazioni dei giudici (sic!), né le ideologie dei cultori dell’eugenetica».Tali sarebbero secondo il ministro Lupi quei genitori portatori di malattie genetiche oggi incurabili che si rivolgono alla fecondazione assistita e alla diagnosi preimpianto per avere un figlio che non sia condannato a soffrire e a morire in poco tempo.

 dal settimanale left-avvenimenti

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Il declino dell’impero cristiano

Posted by Simona Maggiorelli su novembre 30, 2009

Propaganda sui media e pesanti ingerenze nella politica italiana. La Chiesa torna alle crociate. Ecco come fermarla

di Federico Tulli

Francis Bacon

Estendere la capacità giuridica al concepito. È questa l’ultima pensata filo-vaticana del capogruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. Il senatore, lo stesso che definisce «banalizzazione della vita» l’eventuale decisione di abortire per via farmacologica cui avrebbero diritto le donne italiane con l’entrata in commercio della pillola Ru486, ha poi precisato: «Siamo fermamente convinti della necessità di una norma di carattere generale, in grado di tutelare il fondamentale principio di uguaglianza fin dal momento del concepimento».

Questa proposta, che trasformata in legge sarebbe una pietra tombale per la norma 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, è solo l’ultima di una lunga serie di entrate a gamba tesa delle istituzioni contro diritti civili faticosamente acquisiti. Si sommerebbe, infatti, alla legge 40/04 sulla fecondazione assistita, giudicata cinque anni dopo l’entrata in vigore parzialmente incostituzionale dall’Alta corte perché viola gli articoli 3 e 32 della Carta. Oppure ancora al ddl Calabrò sul testamento biologico, che impone il ricorso al sondino per l’alimentazione forzata, in barba al diritto all’autodeterminazione che sempre la nostra Costituzione riconosce ai malati. Interventi “duri”, che se da un lato ricalcano fedelmente le indicazioni ora della Conferenza episcopale italiana, ora di altre gerarchie dello Stato Vaticano, dall’altro dicono di una classe politica che si muove nella direzione opposta a quella della società civile che dovrebbe rappresentare. E dicono pure di un potere, quello della Chiesa cattolica, costretto a serrare le fila (e alzare il tiro sulla altrui libertà di pensiero) per bilanciare una costante quanto inesorabile perdita di incisività e appeal culturale e religioso nei confronti dei cittadini italiani. Queste considerazioni trovano adeguato sostegno nei numeri del Quinto rapporto sulla secolarizzazione in Italia a cura di Critica liberale e dell’Ufficio Nuovi diritti Cgil nazionale. Il documento viene presentato a Roma nell’ambito del convegno internazionale “La secolarizzazione in Europa”, organizzato dalla Fondazione Critica liberale in collaborazione con lo European liberal forum. Il nostro settimanale left anticipa i passaggi più significativi della relazione di Silvia Sansonetti, ricercatrice in Politiche sociali all’università Sapienza di Roma, da cui emerge la tendenza laica «del mutamento nel tempo degli atteggiamenti degli italiani, circa aspetti della loro vita potenzialmente legati ai valori di riferimento della religione cattolica».
I numeri parlano di diminuzione dei matrimoni concordatari e dei battesimi, crescita delle unioni civili, dei divorzi e del numero di figli nati al di fuori del matrimonio. Due le cause principali individuate da Sansonetti. Da un lato i cittadini italiani decidono sempre più in autonomia rispetto a ciò che è corretto per la Chiesa, dall’altro cresce il peso del multiculturalismo iniettato nella società dai milioni di immigrati che professano religioni differenti da quella cattolica.

Così abbiamo i matrimoni civili che sono passati dal 17,5 per cento del 1991 al 33,7 del 2006 sul totale dei matrimoni celebrati in Italia (civili + concordatari), e la percentuale dei bambini battezzati con età inferiore a un anno che nello stesso periodo è calata di 12 punti assestandosi al 79,2 per cento. Tale diminuzione, secondo la ricercatrice, può dipendere da due fattori: «Da un lato, l’apporto alla natalità totale del Paese degli immigrati che, in molti casi, non professano la religione cattolica, dall’altro, un nuovo atteggiamento dei genitori. Costoro non percepiscono più il battesimo come urgente e lo rimandano negli anni». Per quanto riguarda le libere unioni, nel ricordare che la loro tendenza era in costante aumento nel periodo per il quale il dato è disponibile (1993-2003), un indicatore per gli anni a seguire può essere rappresentato dal costante aumento del rapporto tra i figli naturali e i figli legittimi, vale a dire tra bambini nati da genitori non sposati e da genitori sposati. Ebbene, tra il 1991 e il 2007 lo scarto è di quasi dodici punti percentuali, raggiungendo il 20,7 per cento dei nati. Le sentenze di divorzio, infine, dopo un andamento calante tra il 1991 e il 1993 (da 23mila a 19.800), sono in continuo aumento tanto da aver raggiunto quota 49.500 due anni fa.

Fin qui i “comportamenti” sui quali è più marcata l’insistenza delle gerarchie ecclesiastiche nell’indicare la via “corretta” per i cattolici italiani. Sansonetti evidenzia poi altre due scelte per le quali «la Chiesa cattolica tende a esporsi meno pubblicamente ma che sono ugualmente legate al senso di appartenenza religiosa»: la frequenza dell’ora di religione nelle scuole pubbliche e il finanziamento dello Stato Vaticano con l’otto per mille del gettito fiscale girato alla Chiesa. La strategia di muoversi sottotraccia non sembra aver condotto a risultati utili per quanto riguarda la partecipazione all’ora di religione: dopo essersi mantenuta costantemente intorno al 93 per cento fino al 2003 negli ultimi tre anni è diminuita in misura limitata ma costante raggiungendo nel 2007 il 91 per cento. Diverso è il discorso relativo all’otto per mille. «La Chiesa non si è mai esposta con dichiarazioni esplicite, ma da molti anni, ormai, nel periodo della dichiarazione dei redditi propone una campagna pubblicitaria martellante sul proprio ruolo nella società italiana.
Questo strumento non sembra essere molto efficace visto che l’ammontare devoluto al Vaticano, dal 2003 al 2006, è diminuito da 1.016 milioni a 930 milioni di euro, e che solo nel 2007 si è registrato un aumento a 991 milioni di euro». Molto peggio è andato alle gerarchie ecclesiastiche con le donazioni volontarie. «Queste tra il 1991 e il 2007 sono scese da 21,2 a 16,8 miliardi di euro. Il numero delle offerte ricevute tra il 1991 e il 2006 era passato da 185mila a 155mila e per il valore medio dell’offerta da 114,5 a 105 euro. Nel 2007 – conclude Sansonetti – pur evidenziandosi un aumento nel numero di offerte (171.500), il valore medio è sceso a 98 euro». Se il piatto piange, il Vaticano non ride.

26 novembre da left-avvenimenti

Chiesa in bancarotta per pedofilia

Nella cattolicissima Irlanda sono circa 800, tra religiosi, sacerdoti e suore, le persone sotto processo per oltre 30mila casi di violenza sessuale. In totale, se condannati, il Vaticano dovrà pagare 1,1 miliardi di euro alle loro vittime. Il caso irlandese ricalca fedelmente quanto avvenuto nell’ultimo decennio negli Stati Uniti. Qui, fino a oggi, sono 4.392 i sacerdoti denunciati per pedofilia. Mentre i risarcimenti già versati in seguito a condanne definitive ammontano a 2,6 miliardi di dollari. Una somma che ha portato sull’orlo della bancarotta la Chiesa dello Stato che adotta come motto nazionale: “In God we trust”. In Italia, il fenomeno sembra essere ancora sommerso. Sono 73 i casi di violenza su minori e oltre 235 le vittime di sacerdoti e religiosi.

L’impero economico del Vaticano

Tra contributi diretti, finanziamenti e agevolazioni, ogni anno l’Italia dà 4,5 miliardi di euro alla Chiesa. La somma, secondo stime molto prudenti, si articola in vari filoni tra cui: un miliardo di euro dell’otto per mille, 950 milioni per gli stipendi di 22mila insegnanti di religione e 700 milioni di euro che Stato ed enti locali versano in base a convenzioni su scuola e sanità. Poi ci sono i tanti vantaggi fiscali di cui la Chiesa gode. Come lo sconto del 50 per cento su Ires e Irap, l’esenzione sull’Ici (da 400 a 700 milioni di euro. Fonte Anci) e le agevolazioni per il turismo cattolico. Per quanto riguarda le rendite immobiliari, secondo l’inchiesta di Curzio Maltese pubblicata ne La questua (Feltrinelli) il Vaticano possiede circa il 20 per cento del patrimonio immobiliare complessivo italiano.

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