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Non sparate sul poeta

Posted by Simona Maggiorelli su settembre 3, 2011

di Simona Maggiorelli

bjorn larsson

La poesia non può essere per finta. Perché cerca la verità. Una verità diversa da quella della logica. E più profonda. «Per riuscire ad esprimere un frammento di bellezza, una scheggia di verità, il poeta deve sapersi separare da tutto, rinunciare ad ogni compresso». Così nel suo nuovo romanzo I poeti morti non scrivono gialli (in uscita il 5 settembre per Iperborea), dopo avvincenti avventure come La vera storia del pirata Long John Silver e intense opere autobiografiche come La saggezza del mare, lo scrittore e viaggiatore svedese Björn Larsson tesse un inno alla poesia, un’arte apparentemente desueta in questo nostro scapicollato e distratto vivere quotidiano. Per di più, spiazzando, lo fa in una forma antitetica alla poesia: quella del romanzo giallo. Che nelle mani di Larsson diventa noir esistenziale, sovvertimento della narrazione di genere e un modo per attrarre il numeroso pubblico della letteratura di consumo e coinvolgerlo in riflessioni ben più interessanti.
«Lo spunto, in realtà, mi è venuto da discussioni di anni con un mio amico poeta – ci racconta Larsson al telefono dalla Svezia, in perfetto italiano-. Lui dice sempre che la poesia è verità. Non una verità specifica, ma la verità a lungo termine di cose che ci toccano intimamente. E fa questa differenza: il romanziere inventa una realtà, mentre il poeta non inventa, esprime una realtà profonda in parole condensate, vibranti». E a quale conclusione siete giunti? «Direi che la questione è ancora aperta», dice Larsson ridendo.

Lei una volta ha detto che la letteratura non dovrebbe mai essere di genere, «perché deve saper interrogare e infrangere degli stereotipi», perché allora scrivere un giallo, per quanto in maniera assai originale? «La moda imperversante del thriller nordico, devo dire, mi ha un po’ annoiato – confessa lo scrittore -, ma mi ha anche spinto a mettere un punto di domanda sul modo di presentare la realtà che questa narrativa ci offre. Il giallo svedese, di fatto, ha preso il posto di quello che un tempo era il romanzo realistico. Ed è anche diventato, all’estero, il veicolo di un’immagine della Svezia assai distorta».
Nei mesi scorsi, dopo la strage di Oslo, i media europei hanno creduto di poter individuare proprio nei gialli scandinavi segnali di quel malessere profondo che starebbe cambiando il volto delle laiche e moderne socialdemocrazie del Nord Europa. Del resto sono molti i fatti che parlano di una emergente xenofobia.

Anche dal nuovo romanzo di Larsson emerge la figura di un ex attivista di sinistra che, in tempi di crisi, cade in retrivi movimenti di stampo “leghista” con tangenze addirittura neonaziste. «Non nego che abbiamo seri problemi. Sono comparsi gruppi di destra e anche neonazisti. Questa è una realtà. Ma va detto anche – aggiunge lo scrittore – che coinvolgono un migliaio di persone. Non di più. Leggendo i gialli nordici sembra che la società svedese sia tutta ammalata e in mano alla criminalità politica. E questo non è vero. Anche guardando al numero degli omicidi – prosegue Larsson-, si vede che statisticamente sono piuttosto rari. Nell’ottanta per cento dei casi chi commette questi crimini è affetto da gravi patologie mentali». Un fatto che, al di là dei numeri, sembra aver colpito profondamente la fantasia di Björn Larsson: nel romanzo I poeti morti non scrivono gialli (che l’autore, filologo e docente dell’Università di Lund presenterà il 7 settembre al Festivaletteratura di Mantova), per esempio, compare la figura del padre del protagonista Jan Y.Nilsson, un cristiano che, ligio a una ferrea ideologia protestante del lavoro, ha chiuso tutti i rapporti con il figlio quando questi ha cominciato a dedicarsi alla poesia; un predicatore che al poliziotto, che lo sospetta di aver ucciso il poeta, confessa di aver amato sua madre come tramite verso Dio.

Così, dopo aver “preconizzato” un tragico attentato da parte di un gruppo di estremisti musulmani nel romanzo L’occhio del male uscito poco prima dell’attacco alle Torri Gemelle, in questo suo ultimo lavoro Larsson accende la riflessione su quel fondamentalismo cristiano che molti media italiani hanno cercato di non vedere nella matrice della strage di Oslo. «Il punto è che le religioni, tutte le religioni, hanno un nucleo di fondamentalismo – chiosa Larsson -c’è sempre qualcosa di terribilmente violento quando uno pensa e dice di parlare in nome di Dio».

Ma c’è anche un altro personaggio in questo romanzo che si rivelerà assai inquietante. Intorno all’assassinio del poeta Jan Y. ruota anche la figura di un’irreprensibile infermiera, Tina, dalla bellezza algida, che dopo un casuale incontro in una libreria decide di dedicare tutta se stessa all’opera di questo solitario poeta che vive su una barca ormeggiata al porto, entrando nella sua vita come compagna, segretaria e fedele custode del suo lavoro. Una donna apparentemente normale, amante della letteratura ma che dietro a questo suo assoluto amore per la «purezza» della poesia nasconde una totale mancanza di affetti. Tina ha perso ogni rapporto con l’umano? «Sì al fondo c’è questa idea di perdita di umanità. Ricordo – dice Larsson – di aver letto alcuni articoli che parlavano di fenomeni che riguardano le star del mondo del cinema e della musica. Si parlava di un’ammirazione senza limite, che diventa del tutto irreale. Nessuno, neanche un poeta, ha diritto di essere ammirato così».

da left-avvenimenti

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Elogio dell’incertezza

Posted by Simona Maggiorelli su Maggio 31, 2009

Incontro  con lo scrittore  e navigatore Björn Larsson, che il 23 giugno sarà ospite al Festivaletterature di Roma

di Simona Maggiorelli

Larsson sul Rustica

Larsson sul Rustica

Mettersi in gioco fino in fondo, dare tutto di sé per la ricerca. Per la conoscenza. Sacrificare il tempo libero e anche la vita privata, se occorre. Pur di trovare quel vaccino per una malattia incurabile. Pur di scovare quella argomentazione stringente che spazzi via l’oscurantismo religioso. Pur di mettere a punto quella formula che permetta un balzo avanti dello sviluppo scientifico. I protagonisti del nuovo romanzo di Björn Larsson Otto personaggi in cerca (con autore) (Iperborea) sono scienziati, linguisti, filosofi illuministi uniti dal filo rosso della passione per la ricerca, animati da una tensione, da uno streben verso la scoperta, verso il raggiungimento di obiettivi alti, nell’interesse di tutti.

Personaggi affascinanti perché vivono di intuizioni, amano molto, rischiano pensieri nuovi. Ma anche perché, lungo questo percorso, hanno il coraggio di mettersi in crisi. Così lo scrittore e navigatore svedese che ha fatto appassionare il pubblico a straordinarie avventure di mare con romanzi come Il cerchio celtico, La vera storia del pirata Long John Silver e che si è raccontato in libri come La saggezza del mare o Bisogno di libertà (tutti pubblicati in Italia da Iperborea) in questo nuovo romanzo mette al centro della narrazione una straordinaria serie di avventure intellettuali. Fatte di successi, ma anche di molta fatica e talvolta di grossi scacchi.

171_Larsson-OttopersonaggiNon di rado accade nell’esperienza di questi otto ricercatori usciti dalla penna di Björn Larsson che un imprevisto li faccia derogare dalla strada intrapresa, che eventi esterni, nuovi incontri e cambiamenti interiori impongano loro un nuovo inizio. «La ricerca non è avulsa dalla vita e il cuore della scienza, così come di ogni altro sapere, non consiste in una serie di dogmi, di certezze inconfutabili», dice lo scrittore che il prossimo 23 giugno sarà ospite del Festival Letterature di Roma. «Semmai la scienza è una esplorazione senza fine che non approda a rassicuranti certezze, ma offre una gamma di probabilità, di ipotesi, una serie di approssimazioni». E in questo percorso di avvicinamento alla verità richiede di saper esercitare costruttivamente l’arte del dubbio. «L’idea stessa di scienza comporta il rifiuto di ogni determinismo di ogni astratto scientismo- approfondisce Larsson-, altrimenti lo scienziato si ridurrebbe a un tecnocrate. Ma c’è di più. Il ricercatore ha il diritto di poter fallire. Fa parte del gioco. Ma questo oggi non viene accettato. Per cui nell’università, sempre di più, si punta sulla ricerca applicata, quella che porterà certamente utili, e non sulla ricerca pura, quella di base». Ma se le storie di questi otto personaggi si presentano come una grande metafora del cercare più che del trovare, sono anche costruite come poetici apologhi sull’incertezza: «La gente preferisce darsi una spiegazione purché sia. L’astrologia nasce per questo- nota Larsson-. Io invece penso che, nell’incertezza, sia importante continuare a cercare. In scienza come in letteratura serve immaginazione ma non si può mentire». Scienza e letteratura, due mondi apparentemente lontanissimi, ma che Larsson dice invece di voler avvicinare, tenendo a mente un esempio importante: quello di Primo Levi, al quale idealmente è dedicato questo suo nuovo libro, nonostante il titolo giocosamente pirandelliano.«Primo Levi ha cercato un modo per farle convivere – spiega Larsson-. La scienza per lui era uno strumento per conoscere la realtà, per essere presente nella vita civile, un mezzo per cercare capire il perché delle cose. Molti scrittori sono sordi alle tematiche di scienza. Invece avere curiosità scientifica, cercare di capire Darwin, per esempio, è importante per aprirsi a una certa concezione della vita e dell’universo». Un’operazione di avvicinamento di scienza e letteratura che in Italia fu tentata anche da Italo Calvino, specie nei suoi ultimi anni.
«Sì per Calvino la scienza è stata molto importante però- sottolinea Larsson- gli è mancata quella passione che invece Primo Levi aveva». Levi, Calvino, Pirandello, in un italiano perfetto, Larsson, ne parla da scrittore e da studioso di letteratura, con sguardo cosmopolita. «L’andar per mare – spiega – mi piace anche perché non ti fa sentire di appartenere a un luogo. L’esilio è sempre stato considerato dagli scrittori come perdita di radici, ma può essere anche una ricchezza. Quando arrivo in un paese mi piace impararne la lingua, per partecipare, per non essere solo un osservatore». Un impegno preso così sul serio che quando Larsson ha scritto Bisogno di libertà in francese (la lingua che insegna da tanti anni all’Università di Lund) ha raccolto i complimenti della critica parigina per il suo «francese classico», ma curiosamente ha dovuto fare i conti con la riottosità dell’editore svedese che alla fine si è rifiutato di pubblicarlo perché il libro, a suo dire, sarebbe stato «troppo poco svedese». Non si poteva immaginare insulto peggiore per uno scrittore come Larsson che ha fatto della libertà, anche in senso geografico, la sua bandiera. «In realtà- commenta lo scrittore – io non mi sento il cantore della libertà tout court. Io tengo a una certa idea di libertà, che è quella interiore, quella che c’è nell’incertezza, nel non avere tutto determinato razionalmente a tavolino». E la libertà che sperimenta per mare? «In mare non si è poi così liberi- abbozza Larsson, che a bordo del suo Rustica ha vissuto interi anni – Provi ad andare in Scozia con una piccola barca, per lungo tempo non vedrà che acqua senza potersi fermare. Quella in mare è una libertà relativa. No io semmai parlo della libertà che c’è nella ricerca. Il vero significato di questo libro, in fondo, è che il Paradiso è un inferno». Prego?«Pensi a quanto possa essere noiosa la vita là. Nel paradiso non c’è ricerca, non c’è mistero, tutto è tremendamente chiaro. Ma poi come farebbero quelli in Paradiso a dire io sono felice se non conoscono nessun’altra condizione? Per fortuna è tutta una invenzione».

dal quotidiano Terra del 31 maggio 2009

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