In Viaggio con Matisse
Posted by Simona Maggiorelli su agosto 25, 2012
di Simona Maggiorelli
Negli ultimi anni si è molto discusso se abbia senso l’attuale corsa alla costruzione di grandi musei, visivamente anche spettacolari come quelli creati da archistar com Frank Ghery, ma che finiscono per essere delle scatole intercambiabili, contenitori di un grande numero di pitture e sculture decontestualizzati dal territorio in cui sono inseriti e dalla storia delle opere stesse.
È stato l’ex direttore del Museo Picasso di Parigi, Jean Clair ad aprire la querelle con un duro J’accuse contro il Louvre intenzionato a prestare parte della propria collezione al nascente museo di Abu Dhabi. Poi a quel suo acuminato pamphlet (edito in Italia da Skira) hanno fatto eco studiosi come Salvatore Settis stigmatizzando la diffusione di un modello americano che concepisce i musei come “cattedrali nel deserto”; un tipo di organizzazione espositiva che, se può avere una sua ragione Oltreoceano dove la storia dell’arte non ha una tradizione millenaria, poco senso ha da noi dove la tutela ha radici antiche. Ma soprattutto l’Italia (come ricorda anche Philippe Daverio nel suo nuovo L’arte di guardare l’arte appena uscito per Giunti) si caratterizza per un “museo diffuso” sul territorio, con palazzi storici, chiese, castelli che sono tutto il contrario di contenitori anonimi. Proprio per questo, con l’idea di valorizzare alcuni edifici di pregio, in un ideale Grand Tour – in questo caso di opere, non di artisti -, il Ministero per i Beni culturali ha organizzato in collaborazione con la Fondazione Bemberg di Tolosa la mostra Viaggio in Italia: un trittico di esposizioni che lungo la costa adriatica, fa tappa nel Castello di Miramare a Trieste, nella Rocca di Gradara e nel Castello Normanno-Svevo di Bari, facendone teatri di capolavori di Lucas Cranach, di maestri fiamminghi, ma anche di pittori delle avanguardie storiche come Matisse.
Ma veniamo alle singole esposizioni aperte fino al 30 ottobre. Nel Castello a picco sul mare triestino la mostra “Sì dolce è il tormento: l’amore in tre capolavori” propone un affascinante assolo di Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553), “rivale” di Dürer e amico di Lutero, nonché autore di nudi femminili misteriosi e sensuali come in Venere e Cupido, qui insieme al caustico Il vecchio innamorato e alla scena mitologica Diana e le ninfe sorprese da Atteone.
La Rocca di Gradara, intanto, ospita una piccola summa di arte dalle Fiandre. Con la Madonna in tessuti arabesque di Van der Weyden che influenzò la pittura italiana nel secondoQuattrocento. La lezione leonardesca, invece, si nota nello sfumato di Isenbrandt, rappresentato nelle Marche da una Madonna col bambino della prima metà del Cinquecento. E ancora, la penetrazione psicologica del ritratto fiammingo è raccontata da una tela di Benson, maestro di Bruges, mentre il realismo nordico e grottesco dalla corrosiva Scena di locanda di Pieter Brueghel. Infine ecco anche il San Girolamo di Patinir, innovatore delle vedute paesaggistiche, tra descrizione naturalistica e visionarietà.
Il Castello di Bari, invece, si apre all’avanguardia maturata tra Ottocento e primo Novecento, con il pointilliste Signac e il suo Alberi in fiore, un olio in cui la ricerca scientifica sul contrasto simultaneo del colore diventa il fulcro di un’arte a dire il vero assai razionale. E se Pierre Bonnard già cercava di prendere le distanze dall’impressionismo con il suo onirico scorcio parigino Il ponte dei Santi Padri, fu Matisse a fare un vero salto di qualità verso una pittura che cercava l’essenziale e la sintesi di una forma latente e più profonda dietro la percezione oggettiva.
da left Avvenimenti
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