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Antifascismo per natura

Posted by Simona Maggiorelli su Maggio 3, 2012

Al Salone del libro di Torino Paola Soriga presenta il suo romanzo d’esordio che riaccende la memoria della lotta partigiana

di Simona Maggiorelli

Avrei voluto scrivere un romanzo forte e contundente su i nostri giorni. Ma ho capito che per raccontarli dovevo prendere una diversa strada». Così si racconta Paola Soriga, autrice di Dove finisce Roma (Einaudi), romanzo che riaccende la memoria della lotta partigiana. Toccando indirettamente punti nevralgici del presente. A cominciare dal razzismo verso i migranti.

 Dove finisce Roma, va detto subito, è un libro colto, nutrito di appassionate letture di Morante, di Calvino, e soprattutto di Fenoglio. Ma si direbbe scritto tutto d’un fiato, come un torrente fresco di scrittura che d’un tratto sgorghi da un’esigenza profonda. Anche se la giovane scrittrice ci racconta che ha avuto una lunga gestazione, a noi continua a suonare come se fosse stato scritto senza staccare mai la penna. In una prosa viva e vitale che scorre via senza argini di punteggiatura, con passaggi rapidi da un punto di vista all’altro, in una polifonia di voci su cui leva, schietta, quella di Ida: la protagonista dodicenne del romanzo, arrivata a Roma via mare da una Sardegna che sembra lontana di secoli. Come tanti emigranti, Ida approda nella capitale per stare vicina alla sorella, sposata di fresco, sperando di trovare un lavoro «in una casa perbene». Ma Paola Soriga non rivela subito questi particolari della storia che si dipanerà come un romanzo di formazione al femminile. L’autrice ci fa incontrare la sua forte e dolce Ida in medias res, con un incipit che ci fa capire il perché degli esergo “rubati” a due poetesse come Wislawa Szymborska e a Antonella Anedda:

«Da due giorni non arrivava nessuno. Da due giorni soltanto il rumore dei topi e il suo fiato, che a volte si fa forte di paura e denti stretti e attenti, e acqua che gocciola, da qualche parte».

Nella grotta dove si è rifugiata, scappando dai fascisti, Ida canta a voce bassa per vincere la paura. Canta e le sembra di sentire l’odore del mare sulla pelle. Canta e, nel buio si accendono memorie di quando era al Paese, e tra lei e sua madre c’era un «silenzio della stessa condensa del sugo». «Non si dovrebbe mai partire con il cuore litigato» dice Ida tra sé. Ma poi la mente della giovanissima staffetta partigiana corre a quella volta che «dall’angolo opposto di via del Plebiscito le era venuto incontro un ragazzino che senza fermarsi le aveva detto ce stanno li fascisti scappa e lei l’aveva guardato un momento, quel momento sospeso dell’imprevisto in cui si deve agire in fretta e ragionare poco».

E’ una lingua viva e icastica, quella di Paola Soriga. Una lingua letteraria vivificata dal romanesco e da accenti sardi. Che zampilla fra anacoluti come fossero sassi che, invece di bloccarla, le danno la spinta. Una lingua fortemente poetica. E non poteva essere altrimenti dacché Paola prima di cimentarsi con la prosa ha sempre scritto versi, «quasi di nascosto». Questo stesso romanzo d’esordio, che è già un caso letterario, «è nato da un verso che poi si è fatto racconto», ammette. Una lingua prismatica, parole dense di senso, le erano necessarie per dire che «l’antifascismo è per natura», ma anche per raccontare quel tumulto di emozioni che accompagnano il farsi donna della ragazzina Ida che intanto ha incontrato Antonio. Per dire «quelle emozioni mai sentite dentro l’inguine e nel cuore… il distacco dalla famiglia, dalle sorelle, da Dio».

L’appuntamento:

Paola Soriga presenta Dove finisce Roma con la partigiana Marisa Ombra, che per Einaudi ha appena pubblicato il libro Libere sempre il 4 maggio a Roma, in un incontro Semplicemente libere. Confronto fra generazioni dalla Resistenza (in Palazzo Valentini, dalle 17.30) e poi al Salone del libro di Torino l’11 maggio.

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