Modì, da Fattori a Picasso
Posted by Simona Maggiorelli su marzo 19, 2010
La sua ricerca, fra tradizione e avanguardia, è ripercorsa in una mostra al meonato museo Maga di Gallarate
di Simona Maggiorelli
Fu un anno denso di eventi quel 1906 in cui Amedeo Modigliani arrivò a Parigi con l’idea di dedicarsi totalmente all’arte. Un anno di separazione e di svolta. Non solo per la vita del provinciale Modì che nella capitale francese poté fondere il suo amore per le linee pure dei maestri del Trecento italiano con una nuova passione per l’Arte Negre conosciuta al Musée de l’Homme. Maschere evocative anche quando appena sbozzate. Fino al punto da sembrare opere astratte. Scultoree figure di donna e idola dal fascino magnetico da cui Modì trasse nuova linfa per le sue flessuose donne dal collo lungo e per i ritratti di amici, artisti, intellettuali e compagni di bevute. Via da una Livorno asfittica e macchiaiola, Modì trovò un suo nuovo respiro scoprendo la forza dei colori inventati di Matisse e le aspre scomposizioni di Picasso che nel 1907, a un anno dalla scomparsa di Cézanne , dipinse un’opera dirompente come Les demoiselles d’Avignon, entrata nella storia come l’inizio del cubismo. A Parigi, come ricostruisce Beatrice Buscaroli nella biografia Ricordi via Roma. Vita e arte di Amedeo Modigliani appena uscita per Il Saggiatore, Modigliani trovò la sua strada sul crinale impervio fra tradizione e avanguardia.
Ma non smise mai di cercare. Spinto dall’urgenza di un “sogno” di bellezza che lo accompagnava fin da ragazzino. Dalla potenza di un’immagine interiore da realizzare in forme e colori. («Io sono ricco e fecondo di germi ormai e ho bisogno dell’opera» scriveva all’amico Oscar Ghiglia). Sostenuto da un’idea tirannica che l’arte fosse al di sopra di ogni cosa e che lo rese “spietato “con chi aveva accanto. (« Noi – scriveva ancora a Ghiglia – abbiamo dei diritti diversi dagli altri, perché abbiamo dei bisogni diversi che ci mettono al di sopra della loro morale»). Un percorso breve e folgorante quello di Modì. Che si interruppe precocemente nel 1920. Nel gennaio di quell’anno l’artista morì di leucemia e la sua giovane compagna, incinta, si gettò dalla finestra. E proprio sul filo di questo drammatico intreccio di tensioni fra biografia e arte si snoda la mostra Il mistico profano, omaggio a Modigliani. Una rassegna che, fino al 19 giugno, raduna nel neonato museo Maga di Gallarate una messe considerevole di documenti, fotografie e lettere autografe a partire da quel fatidico 1906 che segnò l’inizio dell’avventura parigina di Modì. Documenti provenienti da Casa Modigliani e che fanno da tessuto connettivo ai venti dipinti di Modì prestati da musei e collezioni italiane e a una cinquantina di disegni, fra i quali «le fantasie disegnate» ispirate all’amata Commedia dantesca di cui l’artista recitava a memoria interi canti. Proprio alcuni schizzi preparatori ritrovati sono la maggiore novità di questo omaggio a Modì curato da un team guidato da Claudio Strinati. L’importanza di questa scoperta è ricostruita in alcuni saggi contenuti nel catalogo edito da Electa.
daleft-avvenimenti del 19 marzo 2010
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