Il ritratto interiore
Posted by Simona Maggiorelli su giugno 12, 2004
“Nella forma del volto, l’anima si esprime nel modo più chiaro”, scriveva Georg Simmel in un affascinante saggio intitolato Il volto e il ritratto. E ancora di più l’interiorità si rende leggibile, scriveva, quando quel volto non viene semplicemente fotografato, fissato in un’ immagine descrittiva dei tratti somatici, ma quando viene tradotto e, per così dire, reinterpretato, sulla tela. Quando c’è di mezzo la percezione, la sensibilità e il lavoro dell’artista, insomma, il volto diventa ancor più specchio di un’immagine invisibile che la macchina fotografica non riesce cogliere. Basta pensare al sorriso di Monna Lisa o alla potenza espressiva dei ritratti di Rembrandt volti spesso anonimi, ma dai quali sembra di poter leggere il movimento interiore del soggetto e persino i suoi affetti e le sue pulsioni. Ma la vera rivoluzione del ritratto, si sa, arriverà con il cubismo quando Picasso si mise a scomporre sulla tela il volto delle donne amate, cercando di rappresentarne l’interiorità. Un’immagine frammentata, “regressiva”, tanto che diventa difficile dire se sia stata davvero un’immagine della musa o non, piuttosto, un’immagine interiore creata dall’artista stesso. E se anche il Novecento italiano non offre personalità così geniali e dirompenti, anche i nostri Boccioni e, soprattutto, Modigliani cercarono, attraverso la scomposizione l’uno e la deformazione e l’allungamento delle linee l’altro, una via a una rappresentazione della figura umana che non fosse solo freddamente razionale. Ma la strada per arrivarci è lunga. Attraversa cinquecento anni di storia del ritratto. La indaga a partire dalle sue radici moderne nella Venezia di Tiziano e poi di Veronese e Tintoretto la mostra Il ritratto interiore che si apre il 1 giugno nel museo archeologico di Aosta. Un percorso di quasi 150 opere, scelte da Vittorio Sgarbi, passando dalle carnali figure femminili di Tiziano (che già rompono la rigidità ufficiale dei ritratti di corte), ai penetranti ritratti di Lotto che, per la prima volta, allargano il campo del ritratto anche a persone comuni del ceto medio, artigiani e mercanti, cogliendone l’individualità e la psicologia. Come nel “ritratto d’uomo’, proveniente dalla collezione Otto Neumann di New York, che trasmette il senso di una presenza umana viva e vibrante. Ancora più ardito, il ritratto di gentiluomo di El Greco, con le sue linee ritorte e allungate, un’originalità che spicca in un contesto cinquecentesco ancora fermo. E poi il Seicento raccontato attraverso alcuni folgoranti ritratti di Diego Velazquez, la ritrattistica aneddotica del settecento, l’ottocento simbolista e romantico, fino al Novecento che Sgarbi sceglie di raccontare puntando più sulla tradizione che sull’innovazione. Eccezion fatta per le tele di Giacomo Balla, declinandolo qui fra il naif di Ligabue e le contorsioni interiori di Pirandello, passando per un insolito Ritratto col fiore in bocca di Pier Paolo Pasolini. Fino ad ottobre. Catalogo Skira ( Simona Maggiorelli)
dal quotidiano Europa, giugno 2004
dal quotidiano Europa
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