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Nonostante Platone

Posted by Simona Maggiorelli su aprile 27, 2009

2254752359_f3c00ba4ac_b1Il suo l’Amore è un dio uscito per Feltrinelli (dopo una fortunata serie radiofonica) è diventato rapidamente un best seller. Per la semplicità e il rigore con cui Eva Cantarella conduce i suoi lettori nell’universo della mitologia e nella vita della polis antica. Già al lavoro su un ideale seguito di quel libro, sulla vita nella Roma antica, fra un impegno accademico e l’altro, Eva Cantarella è a Firenze per il convegno Donne in rivolta,organizzato dal Maggio musicale.

Il tema scelto dalla docente di diritto greco e romano dell’Università di Milano è una originale rilettura dell’Orestea e in particolare di Clitemnestra, figura tragica per antonomasia che, con la complicità di Egisto, diventa l’assassina di Agamennone.

Professoressa Cantarella perché questa scelta?

Fra tutti i personaggi tragici femminili è quello che più è stato oggetto di riletture interessanti. Da Dacia Maraini e Valeria Parrella. In lei colpisce la violenza terribile, anche psicologica, verso i figli Oreste e Elettra. Le femministe hanno scritto che non era cattiva, originariamente violenta. Ma vittima di quella che una volta si chiamava oppressione di genere. Nell’Orestea questo non è così chiaro, ma da altre fonti emerge cheha subito ingiustizie, che ha grande dignità, forza di carattere,consapevolezza della condizione di oppressione che grava sulle donne. Una condizione da cui secondo la Clitemnestra classica se ne può uscire solo “con la scure”. Ma più a fondo il personaggio pone la necessità di riflettere su come trasformare il rapporto con l’uomo.

Da studiosa di diritto antico che cosa l’ha interessata?

Sulla scia di riletture di antichisti e letterati sono tornata a esaminare l’ultima parte della storia. Clitemnestra è morta, c’è il processo a Oreste. La sua assoluzione contiene tutto il sensodell’Orestea. È la nascita deldiritto. Ma avviene con una sentenza che stabilisce la superiorità del padre e la conseguente subalternità della donna. Le Erinni che rappresentano la passione, le emozioni, la parte femminile del mondo, sono sconfitte dalla ragione. La nascita del diritto si lega alla fine di una fase che qualcuno, forse non del tutto impropriamente, ha voluto dire di matriarcato. Ma oggi, prendendo spunto da interessanti riletture del mito, c’è chi dice che il diritto non debba essere solo ragione. Per essere giusto, il diritto deve comprendere anche le emozioni.

00-3-ganymede-ferrara1Le donne, dice Aristotele, vanno messe sotto tutela. Perché non hanno il logos,non sono in grado di deliberare. In questo passaggio l’immagine e l’identità femminile vengono negate, deformate. Santippe, per esempio, è tramandata come la pestilenziale moglie di Socrate. Che fosse solo ribelle alla sua logica astratta del filosofo?

Tutto si può dire in tempi di revisionismo come quelli in cui viviamo, ma affermare che i Greci non fossero misogini è davvero difficile. Già Esiodo dice che Pandora, la prima donna, nasce perché Zeus deve mandare un castigo agli uomini. Così la dota di grazia e di desiderio struggente, e ne fa «una trappola da cui non si può sfuggire».

Esiodo dice che da quel momento gli uomini non vivranno più bene. Quali sono le radici di questa misoginia che fa distinguere Omero fra mogli obbedienti come Penelope e pericolose sirene?

Si radica nella necessità di controllare le donne. Dietro c’è la paura della sessualità femminile. Le donne sono sessualmente incontinenti, non si sanno controllare e, dal momento che fanno anche i figli, bisogna appropriarsi delle conseguenze dei rapporti. La teorizzazione della necessaria subalternità femminile cresce intorno a questa equazione. Donna uguale non razionale, materia, passività. Uomo, cioè spirito, logos

e tutto quanto.

Questo attacco all’identità femminile sarà ancora più forte nel passaggio dall’epoca pagana al cristianesimo?

Si compirà con l’identificazione fra donna-sesso-peccato, tipica della religione cristiana. Quanto al diritto, la libertà che le donne romane avevano avuto, sul piano sociale anche se solo nell’ambito del matrimonio, si riduce con gli imperatori cattolici. Giustiniano, per esempio, vieta il divorzio. E compare la punizione dell’aborto che primanon c’era. Con i Severi on era vietato perché si pensa che il feto abbia solo spes animantis. Homo non recte dicitur dicono i giuristi romani a proposito del feto. Andrebbe detto a Giuliano Ferrara. Però la donna che abortisce senza il consenso del marito viene punita. Ma se ha il suo consenso può continuare a farlo. Il cristianesimo, si sa, condannava l’aborto, ma gli imperatori cristiani non riuscirono subito ad adeguarsi fino in fondo alla sua morale perché era troppo in contrasto con la mentalità romana. Per esempio non riescono a vietare il divorzio consensuale. Oggi, insomma, con la legge 40 sulla fecondazione assistita, siamo regrediti perfino rispetto ad allora.

Riprendendo il titolo del convegno, “Donne in rivolta” che cosa pensa del pensiero femminista contemporaneo che, per esempio, con Judith Butler associa la liberazione delle donne alla cultura omosessuale e transgender?

Una prospettiva di questo tipo, devo ammettere, mi lascia più che perplessa. Il pensiero femminista mi ha sempre interessato molto. Ma da un po’ di anni, confesso, non riesco più a seguirlo. Da quello che capisco di questa nuova stagione del femminismo di cui mi accenna, posso solo dire che non credo che la liberazione delle donne passi da una rinuncia di questo genere . Penso semmai che in ciascuno di noi ci possa essere, per così dire, “una parte femminile”, sensibile e una maschile intesa come capacità teorica, logica. Ma come fatto interiore, che è cosa ben diversa- da quel capisco- dalla cultura tansgender. Sul piano della vita pubblica, invece, mi pare sia da percorrere la strada a cui accennavamo di un diritto che possa comprendere ragione ed emozione, dunque un discorso di conciliazione dei sessi sul piano del diritto.

Per finire, tornando al tema della conferenza che terrà a Firenze, perché le eroine della letteratura, tutte le più belle, le più libere dell’Ottocento e Novecento vengono fatte morire dai loro autori? Come se dovessero espiare?

Forse perché sono storie scritte degli uomini. Ma a ben pensare, non proprio tutte muoiono. La protagonista di Casa di bambola di Ibsen, per esempio scappa dal marito. Quando facevo il ginnasio,ricordo, mi portarono a vedere Nora seconda di Cesare Giulio Viola. Io che allora avevo appena letto Ibsen, sono uscii furente: Nora seconda era la stessa Nora. Ma pentita.

Carmen e le altre

Sensuale, libera, fedele solo al proprio desiderio, incurante dei giudizi. Così Carlos Saura torna a pensare e immaginare Carmen, protagonista 25 anni fa di un suo storico film, Carmen story, realizzato a partire dalle coreografie di Antonio Gades e dalle musiche del chitarrista Paco de Lucia. Di fatto, ci voleva l’affascinante sigaraia di Mérimée per convincere il cineasta spagnolo a tornare a mettersi in gioco con la lirica. Galeotta la proposta che gli è arrivata dal Maggio musicale fiorentino di curare la regia di un’opera per questa settantunesima edizione del festival. Così, dal 30 aprile all’11 maggio 2007, al Comunale di Firenze la Carmen di Georges Bizet trova un nuovo allestimento. Sul podio, il maestro Zubin Metha a dirigere l’Orchestra del Maggio. A dare voce a Carmen sarà Julia Gertseva, mentre Marcelo Alvarez è Don Josè, il brigadiere innamorato e tradito che impazzisce di gelosia e la uccide davanti all’arena di Siviglia, dove l’amante di Carmen, Escamillo, sta toreando«Una vicenda – sottolinea Saura- tristemente attuale. Le cronache nere traboccano di delitti efferati in cui la vittima è quasi sempre la donna». Ma il regista spagnolo, che si dice convinto che la radice del problema stia, in primis, nella testa degli uomini che temono il desiderio e la libertà delle donne («gli uomini perdono sempre la testa per Carmen ma poi vogliono farla diventare moglie e madre») non ha scelto una chiave realistica per questa sua nuova Carmen. Al contrario. Invece della assolata Spagna che potremmo aspettarci, punta su una raffinata veste scenografica, fatta di chiaroscuri e ombre cinesi. Ricreando in teatro quei giochi di luce che ora va sperimentando al cinema con Vincenzo Storaro, in un nuovo film sul mito di Don Giovanni, visto attraverso le vicende del librettista Lorenzo Da Ponte. Da una tragica storia di passione e morte, tipicamente ottocentesca, la 71/a edizione del Maggio approda il 5 giugno alla Phaedra contemporanea del compositore Hans Werner Henze. Poi il 21 giugno, proseguendo in un viaggio alla riscoperta delle figure femminili meno convenzionali della tradizione lirica, al Comunale torna Lady Macbeth nel distretto di Mzensk di Sostakovic diretta da James Conlon. Due i monologhi teatrali quest’anno: Il dolore di Marguerite Duras, interpretato da Mariangela Melato e la controversa Erodias di Testori riproposta da Lombardi e Tiezzi al Museo del Bargello. Mentre l’apertura del festival, il 26 aprile, è affidata a Charlotte Rampling (in foto), voce recitante de Il sopravvissuto di Varsavia di Schönberg direttoda Zubin Metha e con Peter Greenway nell’insolita veste di video jokey.Ma è soprattutto il trittico di debutti operistici a connotare questa edizione del Maggio dal titolo “Donne contro”, come racconta il direttore artistico Paolo Arcà: «Carmen, Fedra, Lady Macbeth, pur diversissime fra loro, sono tre protagoniste del teatro in musica con una personalità nitida, che si rapportano al loro ambiente con una caratterizzazione forte, vibrante, mai asservita o subalterna». Donne contro, certamente, ma anche eroine fragili, tragiche, come Katerina che Sostakovic fa precipitare in un gorgo autodistruttivo di fronte alla violenza dell’ambiente circostante, rappresentato da un mondo di pupazzi.


da left-Avvenimenti maggio 2008

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