Per chi in queste vacanze si trovasse dalle parti di Malaga da non perdere il Museo Picasso che, oltre alla collezione permanente dedicata al pittore malagueño , ospita una mostra di Pollock che mette in scena dialogo che il pittore americano aveva sempre sognato.
Dopo il Guggenheim di Venezia e il MoMa di New York, ora è il Museo Picasso di Malaga a rendere omaggio (fino all’11 settembre 2016) a Jackson Pollock con un’esposizione incentrata su Mural, l’opera monumentale che gli fu commissionata dalla collezionista Peggy Guggenheim nel 1943 e che rappresenta uno dei punti più alti dell’action painting.
Nel museo andaluso il potente murale astratto ritmato da arricciate linee verdi, rosse e nere campeggia nell’ultima sala insieme ad altre opere dell’artista americano come il drammatico Circoncisione e il Ritratto di H.M. (1945) in cui non resta nulla di figurativo.
Questa sala monografica – quasi una mostra nella mostra – accoglie lo spettatore come un vortice di energia, dopo averne attraversate altre con opere di altri protagonisti della scuola di New York che non hanno la stessa forza e impatto emotivo. Nei fatti più interessante come studioso che come artista, Motherwell è rappresentato qui da una grande tela astratta intitolata Elegia per la Repubblica spagnola n. 126 (1965-75) in cui giganteggia una massiccia catena nera e gialla, che allude forse a un girotondo, ma che appare privo di movimento.
Al pari di Lee Krasner e Robert Matta, anche Motherwell, in questo confronto diretto finisce per restituire a Pollock tutta la sua originalità. E ancor più ne fanno risaltare il profilo epigoni delle generazione successive, come David Reed (1946), che usano il dripping come tecnica razionale realizzando quadri che sembrano fatti al computer.
Che ci riesca o meno (la sua opera è nel complesso piuttosto diseguale) l’intento di Pollock è di «lavorare per esprimere il mondo interiore». Il punto, scrive l’artista, è «riuscire ad esprimere l’energia, il movimento ed altre forze interiori». Questo è il filo che percorre la sua breve e folgorante carriera, dagli anni Trenta fin quasi al ’56 quando morì in un incidente d’auto, suicidandosi e uccidendo la sua giovane amica.
La mostra Mural Jackson Pollock, la energià hecha visible di Malaga, che si dipana poco lontano dalla collezione permanente del Museo dedicato a Picasso, ha anche per questo il merito di illuminare meglio le radici dell’astrattismo di Pollock e il suo “debito” con il pittore malagueño, di cui studiò quasi ossessivamente i quadri del periodo cubista, esercitandosi nello scomporre le figure rappresentate, alla maniera delle Damoiselles d’Avignon, fino a farle diventare segni astratti.
Accanto all’influenza picassiana la mostra riporta in primo piano anche l’interesse di Pollock per la pittura di El Greco (che lavorò a Toledo): con le sue figure ritorte e fiammeggianti è una presenza costantemente evocata anche nei suoi quadri astratti. ( Simona Maggiorelli)