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Dürer e i tesori del museo di Budapest

Posted by Simona Maggiorelli su gennaio 26, 2016

Durer, ritratto di giovane

Durer, ritratto di giovane

Ad attrarre lo sguardo, appena varcata la soglia della mostra  Da Raffaello a Shiele in Palazzo Reale a Milano è un ritratto di giovane uomo. L’espressione vagamente malinconica, il sorriso appena accennato, mentre guarda lontano, fuori dal quadro. Per secoli gli studiosi hanno cercato di risolvere l’enigma della sua attribuzione.

In questa collana di 76 capolavori provenienti dal Museo di belle arti di Budapest questo ritratto che fu terminato intorno al 1510 è esposto come opera di Albrecht Dürer. All’epoca il maestro di Norimberga era già stato due volte in Italia e la sua visione nervosa, viva e inquieta aveva perso rigidità e  ora appariva riscaldata da una nuova tavolozza mutuata dai maestri del colorismo veneto. Il rosso dello sfondo, il colore ambrato del volto paiono rimandare direttamente a un coté veneziano.

Ma la pelliccia e l’elaborato copricapo evocano un’ambientazione nordica, facendo ipotizzare che si tratti del fratello dell’artista. A ben vedere, però, come per i misteriosi ritratti di Giorgione, poco importa quale fosse la sua vera identità. Conta la sua presenza viva, come fosse qui e ora, con tutto il suo mondo interiore.

Cranch, Salomè

Cranch, Salomè

Ed è questo che ci ha fatto sostare a lungo, nonostante il richiamo, poco oltre, di opere raramente esposte fuori dall’Ungheria, come la celeberrima Madonna Esterhazy: capolavoro di dolcezza, in cui Raffaello pur mentendo la statica composizione prevista dal canone ecclesiastico, sulla strada aperta da Leonardo  lascia intravedere la dinamica degli affetti che legano la giovane Madonna il bambino e il piccolo San Giovanni.

Un nesso esplicitato dal curatore Stefano Zuffi che le affianca un espressivo disegno di Leonardo, uno schizzo realizzato per La battaglia di Anghiari. L’affresco realizzato dal vinciano in Palazzo della Signoria e andato irrimediabilmente perduto. Il viaggio nella pittura italiana, di cui il Museo di Budapest è ricchissimo, continua poi con ritratti di Tiziano, Veronese e Tintoretto. Ma tantissime sono le opere esposte in questa mostra (accompagnata da catalogo Skira) che varrebbero un pezzo a sé. In poco spazio possiamo solo accennare alla Salomé di Cranach, interprete delle novità luterane, che la immaginò vestita come una donna della nuova, ricca, borghesia tedesca. E ci sarebbe anche molto da dire sulla parte della mostra dedicata all’800 in cui spiccano il Buffet del 1877 di Cézanne e la Donna con ventaglio (1862), ovvero la moglie di Baudelaire che Manet dipinse come una inquietante bambola di cera. Fino al 7 febbraio 2016. (Simona Maggiorelli, settimanale Left)

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