Il cielo lettone e il rosso di Rothko
Posted by Simona Maggiorelli su novembre 13, 2014
Fuori dal finestrino dominano due colori: il rosso del cielo e il verde dei boschi. Il rosso diventa più rosso per la fascia inferiore più scura…Un quadro scorre fuori dal finestrino: un quadro che non finisce mai, forte e inquietante, tranquillo e profondo. Un quadro di Rothko». Che cosa affina lo sguardo del pittore? Si domanda Jan Brokken, autore di Anime baltiche (Iperborea), in pagine icastiche e suggestive nate viaggiando in Lettonia, verso Daugavpils e verso una città industriale grigia come Charleroi. Ovvero nelle terre dove trascorse l’infanzia e la giovinezza il pittore Mark Rothko, prima di emigrare negli Stati Uniti, per decisione del padre diventato un rigido ortodosso dopo la repressione zarista del 1905.
Lo scrittore e viaggiatore olandese (che il 15 novembre incontra il pubblico di Bookcity a Milano), con la sua prosa lirica e avvolgente, è capace di evocare i colori e il movimento che percorre le tele di Rothko, di “scavare” nel suo vissuto emotivo, indagando le radici di quel suo essere e voler riemanare un rivoluzionario, nonostante tutto. Nonostante la deriva bigotta della propria famiglia, nonostante l’American way of life e una vita borghese Oltreoceano (che al fondo non gli corrispondeva). Tanto che nel 1958 – racconta Brokken – quando l’elegante ristorante Four seasons di New York gli commissionò dei dipinti murali, accettò l’incarico ma con l’intenzione “maliziosa” di dipingere «qualcosa che rovini l’appetito a ogni figlio di puttana che mangerà in questa sala».
Rothko non è l’unico artista della diaspora lettone che incontriamo in questo singolare volume, che fonde narrazione, reportage, ricerca sul campo e critica d’arte. Camminando per le strade di Riga, città a lungo occupata e dove per alcuni periodi era persino proibito parlare lettone, Brokken ritrova le tracce della storica libreria di Janis Roze, chiusa dal regime comunista perché (dopo la diabolica spartizione di territori fra Hitler e Stalin) il librario Roze, come tanti altri lituani, lettoni ed estoni, fu additato come anti sovietico e deportato con tutta la sua famiglia.
Ma la mappa di Riga rivela all’autore anche un altro importante tesoro: i resti del quartiere Jugendstil costruito tra il 1901 e il 1911 da un architetto esuberante e alla moda come Michail Ejzenstejn, papà di Sergej. Anche in questo caso la ribellione al padre, ( che il futuro regista chiamava «il pasticcere di panna montata») e l’esigenza di trovare una propria strada diversa da quella indicata dalla famiglia, s’intrecciano con gli accadimenti storici, con lo scoppio della Rivoluzione di ottobre, alla quale Sergej Ejzenstejn aderì senza nemmeno sapere chi fossero Marx ed Engles.
All’epoca, racconta Brokken, si dedicava agli scritti di Leonardo da Vinci e, pur disprezzando il padre, studiava da ingegnere edile. Sarà proprio la rivoluzione a offrirgli l’occasione per separarsi dal passato, imboccando la strada dell’avanguardia e della ricerca artistica. Fu così che Ejzenstejn si dette al cinema, apparentemente, per raccontare le magnifiche sorti e progressive dei bolscevichi. Di fatto creando immagini nuove, senza appiattirsi sui fatti, in film geniali come La corazzata Potemkin.
Dal settimanale left
Fabrizio Guerrini said
Ordinato su amazon…grazie per la segnalazione. Gran post!
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