Scalfari, il super dilettante
Posted by Simona Maggiorelli su dicembre 21, 2014
Con modestia e sprezzatura si autodefinisce un «lettore forte» Francesco Bucci, autore del ficcante Umberto Galimberti e la mistificazione culturale, che nel 2011 mise con le spalle al muro il noto opinionista delle pagine di Repubblica, dimostrando – testi alla mano – che non solo copiava da se stesso, ma anche da altri.
Dopo quel libro l’università di Ca’ Foscari dove Galimberti insegna aprì un’inchiesta intimandogli di non copiare più. Con la stessa tenacia e capacità di lettura critica ora Bucci si applica a decostruire l’opera di Eugenio Scalfari,di recente pubblicata nei blasonati Meridiani Mondadori.
Al centro del libro Eugenio Scalfari, intellettuale dilettante (Società editrice Dante Alighieri) in realtà non c’è tanto il lavoro giornalistico del fondatore del quotidiano La Repubblica, quanto i saggi che a partire dagli anni Novanta Scalfari ha pubblicato piccandosi di scrivere di antropologia, di filosofia , di letteratura, di arte e persino di scienza. Senza avere i titoli accademici e «senza avere alcuna competenza».
Come è nel suo stile rigoroso, pagina dopo pagina, Bucci offre una spiegazione documentata della sua tesi, senza lasciare nulla al caso. E solo dopo una serrata indagine testuale, di fronte al continuo zigzagare dei discorso scalfariano, capace nel giro di poche pagine di «dire tutto e il contrario di tutto», Bucci arriva a stigmatizzarlo come un dilettante che tronfiamente «si atteggia a intellettuale universale».
Di fatto commettendo «errori marchiani», lasciandosi scappare «spropositi» e lanciandosi in continui «sproloqui». Dalla sua Bucci ha una solida formazione filosofica e scientifica che gli permette di cogliere non solo quando Scalfari non domina la materia di cui parla, ma anche quando involontariamente crea dei corto circuiti di senso che minano alla base ogni coerenza del discorso, finendo grottescamente per contraddire i propri presupposti. Illuminista dichiarato, Eugenio Scalfari si trova ad alimentare le ansie postmoderne di fine della storia e della modernità. Lui, che si dice progressista, si trova a sposare sotterraneamente l’idealismo e il conservatorismo di Benedetto Croce. Con effetti talvolta così assurdi da risultare grottescamente comici. Non a caso commentando il libro di Scalfari Incontro con io Cesare Garboli non esitava a definire «un libro fatto di pensieri arruffati, disordinati, venuti su da fondi dimenticati».
(Simona Maggiorelli dal settimanale left)
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