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Chi ha paura della pittura?

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su marzo 12, 2015

Carlo Levi, Nudo

Carlo Levi, Nudo

Che fine ha fatto la pittura italiana dopo la prima guerra mondiale in cui morì l’avanguardismo futurista? Tramortita dall’oppressione di regime, che puntava a stroncare ogni ricerca e fantasia, si rifugiò in un sordo realismo alla Guttuso. L’astrattismo, intanto, si faceva lentamente strada nel più cosmopolita nord Italia, nonostante il conservatorismo figurativo propagandato dal Pci di Togliatti. Così raccontano i manuali. Trascurando però che per vie carsiche alcuni pittori di talento cercarono una terza strada. Senza abbandonare del tutto la rappresentazione di paesaggi e figure, la trasfiguravano in senso poetico e visionario.

E’ questo il caso per esempio di Carlo Levi, uno degli autori – con Fausto Pirandello, Carlo Dalla Zorza, Roberto Melli e Pio Semeghini – riportati in primo piano dalla mostra Pittura italiana e storie minori, organizzata nel Casino dei principi di Villa Torlonia a Roma dagli artisti, Lorenza Boisi, Michele Tocca , Ivan Malerba e Angelo Mosca, che in modi diversi si riallacciano a questo misconosciuto filone di pittura figurativa e insieme intima, onirica, intensa.

S’incontrano in queste sale opere “magnetiche” come l’ultimo, diafano, autoritratto di Pirandello, in cui la figura del pittore sembra svanire nel nulla, e alcuni scoscesi tratti di paesaggio, carrubi viola e nodosi di Carlo Levi, insieme alla viva presenza di un suo nudo femminile. Sono alcuni dei punti più alti di questa mostra (aperta fino al 12 aprile), la cui genesi è ripercorsa in un volume edito da Castelvecchi. Prezioso proprio perché ricostruisce vicende umane e capitoli di storia dell’arte interessanti quanto poco conosciuti. Anche se già tematizzati nell’inchiesta Paura della pittura apparsa nel 1942 sulla rivista Prospettive di Curzio Malaparte. Emblematica in questo senso è la vicenda di Carlo Levi. Mentre il suo Cristo si è fermato ad Eboli (Einaudi, 1945) figura fra i classici della letteratura italiana e mentre ora tornano i suoi splendidi reportage dall’Asia nel volume Donzelli, Buongiorno, Oriente, scarsa attenzione riceve invece la sua pittura. Anche per questo, per approfondire il percorso che lo portò ad attraversare in modo autonomo ed originale esperienze come Nuova Oggettività, il Postimpressionismo e il Neorealismo, la Casa delle Letterature  ha ospittoa il 26 febbraio il convegno Paura della pittura, per scardinare il giudizio longhiano su Levi e raccontare la sua straordinaria capacità di trasfigurare in senso epico, di innalzare al livello del mito ma senza ombra di retorica, scene di vita quotidiana e popolare. ( Simona Maggiorelli, dal settimanale Left)

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Sgarbi d’Italia

Pubblicato da: Simona Maggiorelli su luglio 2, 2011

Il critico ferrarese espone duecento artisti, scelti  da Scalfari, Eco, Luxuria, Alberoni e molti altri intellettuali.  Saltando a pie’ pari ogni competenza in materia. E inneggiando alla genialità del culatello. Un Padiglione Italia a dir poco… imbarazzante . Con soldi anche dei cittadini.

di Simona Maggiorelli

La mostra per i 150 anni dell’Unità d’Italia curata da Vittorio Sgarbi alla Biennale di Venezia conta ben duecento artisti. Non scelti in prima persona dal critico e curatore del Padiglione Italia 2011 ma segnalati dai più vari intellettuali e personaggi dell’establishment culturale. Da Scalfari a Galli Della Loggia, da Eco a  Luxuria, da Fo a Albertazzi, da  Bondi ad Alberoni. E via di questo passo… Tanto che la mostra risulta un puzzle assai bizzarro, fatto di opere dal valore diseguale e senza nesso, accatastate senza un filo di pensiero. E non poteva accadere altrimenti visto che Sgarbi, ostracizzando le competenze specifiche del settore, ha improntato la sua proposta all’ecumenismo, facendone la sagra della cooptazione e della ricerca di consenso. Quale dei ducento blasonati consiglieri, infatto, oserà criticare il critico che li ha elevati a cotanto onore?

E già se ne vedono le conseguenze, con stimati giuristi come il professor Michele Ainis che si improvvisano critici d’arte sul Corriere della Sera per giustificare la propria opa su un certo artista. Con esiti alquanto imbarazzanti: Ma tant’é. Il sindaco d Salemi, Vittorio Sgarbi, sostiene che i critici d’arte fanno parte di una mafia e. invece di occuparsi delle indagini che riguardano il Comune siciliano di cui è primo cittadino, a Venezia lancia una mostra spot, dal titolo l’Arte non è Cosa Nostra. Le sue ragioni le ha dette in una conferenza stampa-fiume a Roma in cui ha lungamente intrattenuto una riottosa platea di giornalisti sui valori metafisici della salama da sugo ferrarese. Specie se confrontata con il culatello parmense. E a buon diritto Sgarbi ha rimbrottato chi dal pubblico lo accusava di divagare: una selezione di culatelli e di salameria varia è assurta nel Padiglione Italia in rappresentanza delle “sublimi creazioni” di Spigaroli, maestro del culatello di Zibello.

“Questa è la mia Biennale e faccio cosa mi pare”, ha urlato Sgarbi alla malcapitata giornalista. Aggiungendo poi graziosamente: ” Se non le piace si faccia la sua”.Ma il museo del culatello non è il solo sogno di Sgarbi. A spese dello Stato. Accanto ci sarebbe anche quello di un museo dell follia. Ma non ha trovato posto in laguna. Così come è rimasta fuori una retrospettiva di Lucien Freud che, insieme a Fausto Pirandello, per Sgarbi, “è il più grande artista del Novecento”.

Comunque sia, su questa linea, largo spazio nella “sua Biennale”, hanno epigoni di un figurativismo tenebroso e attardato, esempi di una certa destra allieva di Sironi e che Sgarbi ha programmaticamente detto di voler riscattare in questo suo Padiglione Italia. In cui non c’é traccia del critico che talora scrive pezzi intelligenti perfino su rotocalchi come Oggi, né dell’autore di libri godibili come il recente Viaggio sentimentale nell’Italia dei desideri (Bompiani). Che si tratti di una omonimia?

da left-avvenimenti del 29 maggio 2011

Dal settimanale francese Le Monde:

L’arte non è cosa nostra. Ammucchiate in una sala dell’Arsenale, centinaia di opere allestite in  modo indegno sono appese a una specie di griglia. Non avevamo idea che l’Italia avesse prodotto tante croste. Questa esposizione, o piuttosto questa esibizione, è sovrastata da una immensa croce dove Cristo è sostituito da uno stivale italiano. L’Italia crocifissa e gli artisti messi in una tomba da Sgarbi sono una degna maniera di festeggiare i 150 anni dell’unità d’Italia.

giugno 2011

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