Il genius loci di Fabriano
Posted by Simona Maggiorelli su gennaio 14, 2015
Non solo il fiammante gotico di Gentile. Ma anche il talento di una straordinaria serie di artisti meno noti al grande pubblico, dei quali la storia non ci ha tramandato i nomi propri. Come quell’originalissimo Maestro di Campodonico che si segnala come una delle riscoperte più stimolanti di questa mostra, Da Giotto a Gentile, pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento, prorogata fino al 18 gennaio nella Pinacoteca Bruno Molajoli di Fabriano. Un’esposizione e un catalogo, edito da Mandragora, che ha visto al lavoro un team di giovani studiosi guidati da Vittorio Sgarbi. E che, diversamente da quel che lascia pensare l’ecumenico titolo, ha il merito di presentare una lettura precisa e innovativa dell’arte marchigiana fra XIII e XIV secolo. (Che dovrà essere adeguatamente discussa dagli esperti, beninteso, ma assai suggestiva). Ovvero che Fabriano all’epoca non fosse affatto una realtà appartata e provinciale. Anzi. La tesi argomentata attraverso un percorso di un centinaio di opere è che questa area marchigiana abbia saputo esprimere una lingua viva in pittura, che aveva accenti vigorosi, assai diversi da quelli espressi dalla grande scuola senese, ma anche capace di segnare una significativa distanza sia dalla langue riminese che dalla scura maniera umbra.
Nel saggio La scuola di Fabriano e il genio degli anonimi, Sgarbi avanza l’ipotesi che la rivoluzione pittorica rappresentata dalla pittura di Giotto, abbia dato origine a scuole differenti, fra le quali anche una scuola fabrianese, che seppe cogliere e sviluppare in modo particolare il nesso fra pittura e scultura, in affreschi e pitture di grande evidenza plastica; lontana anni luce dal razionalismo fiorentino, per qualità espressiva e senso della spazialità. Aspetti che certamente ritroviamo nelle visionarie e drammatiche scene affrescate dal Maestro di Campodonico, che non era solo un pittore, ma anche un sapiente scultore. L’evidenza tridimensionale della sua Madonna, dall’espressione accigliata e antigraziosa del volto regalano un tratto quasi di eterodossa bizzarria alla scena dell’Annunciazione.
Mentre la Crocifissione, di cui restano solo dei lacerti, rivela su un fondo di profondo blu l’inconsolabile dramma di una madre, più che disperata, furente, perché le è stato ucciso il figlio. Questi due preziosi frammenti di affresco intorno a cui si snoda la mostra furono ritrovati nel 1932 in una sorta di intercapedine della parete laterale nella chiesa della Maddalena di Fabriano, ma fanno ancora parte dei tesori poco conosciuti dalla maggioranza degli italiani. Invece la straordinaria luminosità e la presenza vibrante delle figure rivela la mano di un artista dal guizzo stizzoso, incisivo, sorprendente, che meriterebbe studio e attenzione. Al suo fianco si segnalano nel percorso espositivo altri interessanti presenze come quella del Maestro dei Crocefissi francescani e del Maestro di Sant’Agostino, del Maestro di Sant’Emiliano e del Maestro di Monte Martello. Le loro opere richiamano poi quelle di molti altri artisti anonimi di cui sono ricche le chiese disseminate nel tessuto urbano e le abbazie e gli eremi del territorio circostante, in una vasta zona tra Marche e Umbria. Invitando a proseguire il viaggio di scoperta. ( Simona Maggiorelli)
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