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Klimt, Mahler e Kokoschka. La doppia vita di Alma

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 11, 2014

Klimt, Alma come Giuditta Salomè

Klimt, Alma come Giuditta Salomè

«Alma la conoscevo già, l’avevo vista una volta di sfuggita quando hanno inaugurato il monumento di Schindler, mi è piaciuta come a noi pittori piace una bellezza bambina…. e mi sono meravigliato che tu non l’avessi mai dipinta», scrive Gustav Klimt a Carl Moll in una lettera del 1899. Fra i fondatori della secessione viennese, dopo la morte del pittore Schindler, Moll divenne il patrigno di Alma Schindler, la futura moglie di Gustav Mahler e amante di Gropius, che allora aveva diciassette anni.

Il trentacinquenne Klimt ne avrebbe fatto la musa altera, algida e sensuale della Secessione: musa ieratica ed elegante, ritratta come Giuditta e al tempo stesso Salomè, in una famosa tela che dal 12 marzo sarà al centro della mostra milanese Klimt. Alle origini di un mito (catalogo 24 Ore Cultura). In Palazzo Reale, insieme a numerosi altri ritratti femminili e alla ricostruzione del Fregio di Beethoven (1897), questa rappresentazione di Giuditta definisce un modello di femme fatale e donna guerriera, capace di allontanare dal “tempio dell’arte” chi non è degno; un modello che sarebbe durato fino agli anni Venti e Trenta, trovando nel cinema nuove declinazioni, in dive come Marlene Drietrich e, soprattutto, Greta Garbo.

Ma chi era veramente Alma? «La ragazza più bella di Vienna» che, dice ancora Klimt nell’epistolario (edito da Abscondita), lo conquistò parlandogli della sua passione per Wagner, Tristano, la musica, la danza. «Alma è bella, intelligente, piena di spirito» annotava Klimt e racconta Andrea Camilleri nel suo nuovo libro La creatura del desiderio (Skira) aveva un debole per gli uomini che inseguivano un proprio sogno, una propria ricerca, poco importa se nell’ambito della pittura, della musica o della scienza.

Fu così che credette di vedere una straordinaria passione per l’arte nello sguardo bruciante del ventiseienne Oskar Kokoschka, pittore “selvaggio” ma anche autore di feroci drammi teatrali come Assassino, speranza delle donne. Lei aveva molti anni di più, ma non era prigioniera delle convenzioni. Divenuto l’amante di Alma il pittore si dette a ritrarla in decine e decine di quadri e bozzetti che, via via assumono un aspetto sempre più inquieto, cupo, ossessivo. La figura femminile a poco a poco si sfalda, perde di umanità assumendo i tratti di una inquietante bambola, come documenta la retrospettiva dedicata a Kokoschka dal Leopold Museum di Vienna.

Fino ad arrivare alla concitata, impastata, visione de La sposa del vento (1914), il quadro che Kokoschka dedicò ad Alma quando la relazione, diventata tempestosa e violenta, si interruppe improvvisamente. Con questa spiazzante biografia, in parte narrata in parte costruita sulle lettere, Camilleri indirettamente ci invita ad interrogare di nuovo quel quadro che sembra avvicinarsi pericolosamente ad una cacofonia di linee e colori, lontana dalla libera espressione di un artista capace di realizzare opere universali. Da lì a poco a poco il tragico epilogo: la pazzia conclamata di Kokoschka che arriverà materialmente a farsi costruire una bambola dalle sembianze di Alma, automa disumano, grottesco simulacro di un’immagine femminile che per lui era sempre stata solo un fantasma?

( Simona Maggiorelli)

dal settimanale left-avvenimenti

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