Fermare la svendita dei beni del demanio pubblico
Posted by Simona Maggiorelli su novembre 10, 2013
Mentre il governo delle larghe intese, in linea con le politiche di centrodestra, torna a proporre la #svendita delle spiagge un paradiso ambientale come l’isola di #Budelli è già stata venduta per 2,9 milioni di euro.Fermare l’aggressione al #territorio diventa una priorità. La #Costituzione offre già gli strumenti. Se ben interpretata e applicata. Lo sostiene iun eminente giurista come Paolo Maddalena
di Simona Maggiorelli
La vendita dell’isola di Budelli, straordinaria oasi naturale, famosa per le sue spiagge rosa, si è già conclusa. E altri lembi d’Italia rischiano una sorte analoga. Il governo Letta, non diversamente dai precedenti governi di centrodestra, ricorre alla svendita di pezzi importanti del patrimonio italiano per fare cassa, mentre non si ferma il consumo di suolo che erode vertiginosamente la campagna.
Cartolarizzazioni, speculazione edilizia, condoni, gestione emergenzialista di terremoti e dissesti idrogeologici, sistemi produttivi inquinanti e così via, negli ultimi trent’anni hanno aggredito massicciamente il territorio della Penisola non di rado mettendo a repentaglio la salute dei cittadini (il caso Ilva di Taranto docet).
«Speculazione finanziaria e politiche liberiste hanno sfruttato l’ambiente come fosse un bene inesauribile. E ora siamo giunti al limite. Non possiamo più aspettare oltre, serve una moratoria, per fermare da subito il consumo di suolo», ha detto il giurista Paolo Maddalena intervenendo al convegno “Terra bene comune” al Tempio di Adriano a Roma, in un ampio confronto fra associazioni per la tutela dell’ambiente e i relatori delle principali proposte di legge sul consumo di suolo già depositate in Parlamento.
Proposte, merita ricordarlo qui, che affrontano il problema in modi abissalmente diversi, andando dall’apertura agli interessi dei costruttori contenuta nell’iniziativa del Pdl alla radicale proposta di limitazione dei diritti edificatori e di tutela dei territori agricoli non edificati depositata dai parlamentari del M5S. Al stesura del testo – che ha come primo firmatario il deputato M5s Massimo De Rosa – ha collaborato l’urbanista Paolo Berdini e vi si possono riconoscere gli assunti di fondo del più che trentennale lavoro dell’archeologo Salvatore Settis e del giurista Paolo Maddalena. Insieme, Maddalena e Settis hanno di recente pubblicato un libro, Costituzione incompiuta ( Einaudi ) dedicato al tema della tutela e della valorizzazione dell’arte, del paesaggio e dell’ambiente.
Al centro del volume in cui compaiono contributi anche di Tomaso Montanari e di Alice Leone c’è l’articolo 9 della Costituzione che, come ricorda spesso Settis, ha fatto sì che l’Italia sia stato il primo Paese al mondo a iscrivere la salvaguardia del patrimonio artistico e del paesaggio fra i valori fondanti dello Stato. E certamente non per un fatto esornativo o di solo godimento estetico, ma riconoscendo che la straordinaria e originale fusione fra arte e paesaggio che connota la storia italiana contribuisce alla qualità della vita e ha a che fare con l’uguaglianza dei cittadini e con il diritto alla cultura che si evince dall’art 34 (sulla scuola pubblica statale e il diritto allo studio) «favorendo – sottolinea Maddalena – quel libero sviluppo della persona umana di cui la Carta parla all’articolo 3».
Ma sempre più nel dopoguerra, approfondisce il vice presidente emerito della Corte costituzionale, «l’economia ha dettato legge alla politica. producendo danni immani. Mentre l’idea della compatibilità ambientale, fra interessi dell’economia e la capacità rigenerativa dell’ambiente, si è rivelata una pura illusione». Che fare allora per fermare l’attacco mortale al territorio sferrato da scriteriate politiche neoliberiste che, scrive Maddalena, rischiano di farci fare la fine dell’isola di Pasqua? «Innanzitutto ci vuole un vero cambio di mentalità – sostiene il professore -. Bisogna passare da un principio antropocentrico a un principio ecocentrico o biocentrico, perché non possiamo più alterare l’ambiente, lo abbiamo già distrutto abbastanza. Bisogna affermare quello che avevano capito già i filosofi presocratici, ovvero che l’uomo è parte del cosmo».
Tradotto su un piano più immediatamente politico «bisogna pensare un diverso modello di sviluppo», dice Maddalena. «Impedire lo sfruttamento intensivo dei territori da parte di privati che oltretutto poi delocalizzano le imprese a loro piacimento e impongono le loro leggi al mercato del lavoro. E al contempo tutelare chi recupera spazi pubblici nell’interesse della collettività come, per esempio, sta accadendo a Pisa, all’ex colorificio». La multinazionale proprietaria dell’edificio ha cessato la sua attività in Italia e ha licenziato i lavoratori. In quella struttura abbandonata un collettivo di cittadini ha creato una sorta di laboratorio aperto in cui si fanno corsi di avviamento all’artigianato e iniziative sociali. «Quella struttura destinata ad un uso industriale è stata abbandonata dal proprietario ed è giusto che ritorni alla cittadinanza», rileva Maddalena che al convegno Terra bene comune organizzato dal M5s ha ripreso il filo rosso del lavoro sul tema della proprietà demaniale e della proprietà di uso collettivo presentato nell’ambito della costituente dei beni comuni guidata da Stefano Rodotà e che ha alle spalle una radicale e lunga riflessione dell’eminente giurista sui limiti costituzionali della proprietà privata. «Il territorio è proprietà comune di tutti. La proprietà è pubblica e privata, secondo determinati vincoli. Lo dice la nostra Carta», ribadisce Maddalena ricordando che l’art. 9 e gli artt. 41 e 42 offrono già validi strumenti per affrontare il problema dell’aggressione al territorio. «Non esiste il cosiddetto ius edificandi, inteso come facoltà del proprietario privato», avverte il professore. «Non c’è un diritto edificatorio concesso una volta per sempre. Solo un atto sovrano, preso da un’autorità che rappresenta gli interessi di tutti può stabilire se un terreno diventa suolo edificabile. La Costituzione dà chiare indicazioni. Ma va applicata. Non a caso Calamandrei la chiamava la rivoluzione promessa».
Dal settimanale left-avvenimenti
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