Kapoor, forme di colore sensibile
Posted by Simona Maggiorelli su giugno 2, 2011
La prima ampia antologica di Kapoor alla Royal academy of arts di Londra, la città dove ha esordito
di Simona Maggiorelli
Per allestire la più grande antologica di Anish Kapoor nella città, Londra, che negli anni Ottanta gli ha fatto da trampolino di lancio, il curatore Jean de Loisy ha scelto un luogo altamente significativo come Brurlington house, sede della Royal academy of arts.
Spazio importante anche per la sua lunga storia di istituzione indipendente gestita da artisti e da architetti con l’unico scopo di promuovere l’arte e il design.
Fino all’11 dicembre, in uno spettacolare allestimento che sembra voler forzare le architetture barocche di questo palazzo di Piccadilly, sono ripercorse così tutte le fasi creative dello scultore nato nel 1954 a Bombay e che, fra Oriente e Occidente, ha saputo fare della sua opera il crocevia di tre differenti culture: inglese, indiana e irachena, nelle quali è cresciuto artisticamente (vedi left N. 1/2009). In primo piano, sensibili e friabili sculture di pigmento vermiglio, cadmio e porpora, che sembrano franare inondando la sala di colore e di calore. In esse Kapoor mescola suggestioni indiane ed echi da Yves Klein, variando però in una tavolozza più carnale il religioso blu oltremare dell’artista francese.
Ed ecco, poco più in là, una serie di eleganti sfere di acciaio specchianti. Schegge di luce rinchiuse in forme tondeggianti e perfette. Il rincorrersi di riflessi le fa sembrare come in movimento. E non poteva mancare in una antologica di Kapoor degna di questo nome la monumentale Svayambh (2007) che è diventata l’opera simbolo dei suoi anni più recenti. Ispirata a una parola sanscrita che significa auto generato, si presenta allo sguardo come una densa striscia di cera rossa che corre lungo le sale, attraversando archi e porte. Come un organismo biologico in continua crescita oppure come solido filo di Arianna che segna la mappa più segreta di Burlington house. Ma il rosso della polvere, nell’opera di Kapoor, può assumere anche la densità drammatica del sangue sparato su una parete bianca dal cannone di Shooting into the corner (2008): un’installazione che evoca una esecuzione costringendo lo spettatore ad assistervi dalla parte del plotone. E poi, finalmente, le opere di Kapoor che mettono fra parentesi la separazione fra pittura e scultura, con le quali l’artista riesce a rimodulare, a dare nuovo ritmo e profondità agli spazi in cui sono collocate. Con un registro morbido e sensuale, giocando con opposte superfici concave e convesse, con forme che sembrano rimandare alla differenza fra femminile e maschile.
da left-avvenimenti 16 ottobre 2009
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