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Le immagini della libertà

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 18, 2010

A Palazzo Grassi a Venezia la mostra La joie de vivre 1945-48. Alla fine della guerra, sulle tele di Picasso un’esplosione di colori

di Simona Maggiorelli

Un’immagine femminile che danza, alzandosi leggera sopra l’orizzonte del mare. In mezzo a fauni e a creature fantastiche che suonano il liuto. Una musica segreta che possiamo solo immaginare, dà il ritmo alla scena insieme ai timbri d’azzurro. I giochi di luce, il movimento della donna, le sue curve morbide, l’esplosione dei colori del Mediterraneo; tutto concorre ad evocare uno scenario primitivo, mitologico, percorso da una sorta di gioia panica.
Per Picasso questo Baccanale azzurro è l’immagine della voglia di vivere, della liberazione,dopo gli anni bui della guerra. E’ l’estate del 1946, il pittore spagnolo si è ritirato ad Antibes, ospite del castello Grimaldi. Ha una nuova e giovane compagna, la pittrice Francoise Gilot. E questo grande dipinto su fibrocemento ( che alla sua partenza nel novembre del 1946 Picasso lascerà nel salone della fortezza) sarà per lui l’opera simbolo del ritorno alla vita dopo la distruzione e l’insensata violenza del conflitto mondiale. Più ancora della colomba di pace, realizzata per il congresso del Partito comunista. Anche per questo intorno al murales de La joie de vivre Jean-Louis Andral, direttore del museo di Antibes e curatore della monografica che si apre l’11 novembre in Palazzo Grassi a Venezia ha raccolto un percorso di oltre duecento opere di Picasso, fra pitture, disegni, incisioni, sculture, ceramiche, molte delle quali realizzate fra il 1945 e il 1948 (e che escono per la prima volta dal museo di Antibes e daa collezioni private). Una stagione creativa prolifica per l’artista spagnolo che si diverte a giocare con un immaginario inventato di Eden mediterraneo, fra la riscoperta di antiche mitologie pagane, richiami all’arte primitiva e rielaborazioni di temi cari a Matisse che, nella vicina Nizza, Picasso con Francoise, andava a trovare. Ma quella fine estate del ’46 trascorsa ad Antibesportò con sé anche la scoperta della terracotta e della ceramica, complice la vicina Vallauris e la sua antica tradizione di laboratori di vasai. Nasceva così la copiosa serie di vasi, ciotole, piatti dipinti, mentre in parallelo Picasso portava avanti la sua ricerca pittorica utilizzando i supporti più insoliti. Al fiorire delle immagini nella mente dell’artista non faceva di certo argine la scarsità di materiali e di mezzi dell’immediato dopoguerra. Così ecco la serie dei murales, i quadri su tele riciclate, le pitture su legno con ripolin, carboncino e grafite. Ed ecco le sue nature morte di animali marini, immersi in un’accecante luce bianca e segnate dalle forti linee nere di persiane a graticcio che ricordano certe tele di Matisse. E un fiorire di nudi di Francoise scomposti in un gioco di rotondità e di spigoli, e poi i suoi molti ritratti,di fronte, ieratici come quelli dei mosaici bizantini o che sembrano evocare l’immagine di fantasia di una donna-fiore dal collo straordinariamente allungato. Un’immagine femminile che cambia di continuo, di continuo ricreata, eppure, forse per quella massa generosa di capelli o per qualche altro segno che ritorna di quadro in quadro, che sembra raccontare qualcosa di preciso, di intimo, di profondo del movimento, della personalità, indipendente e solare, di Francoise. Sotto l’impietosa scomposizione della figura fisica, tratti così essenziali ed individuati da scatenare- così raccontra Andral – tempestose crisi in Dona Maar. Che si vide preannunciare la prossima e definitiva separazione da Picasso dal comparire sulla tela di una nuova immagine femminile.

Da left-avvenimenti del 10 novembre 2006

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