Come l’educato Sar diventò il feroce Pol Pot
Posted by Simona Maggiorelli su dicembre 25, 2014
Nella Cambogia anni Cinquanta, in fermento per le prime libere elezioni. Nel romanzo Canto della tempesta che verrà lo scrittore Peter Fröberg Idling racconta la giovinezza del futuro dittatore e quel suo “strano”, inquietante, sorriso
di Simona Maggiorelli
Chi era veramente Pol Pot, prima di diventare il dittatore khmer che si rese responsabile di uno dei più terribili genocidi del Novecento? Lo scrittore svedese Peter Fröberg Idling, che ha vissuto e lavorato in Cambogia e in Sud-est asiatico come cooperante, ha continuato a chiederselo per anni. Colpito da quello strano sorriso che affiorava sul volto di Saloth Sar (1925-1998) in foto d’epoca che lo ritraggono elegante studente a Parigi nei primi anni Sessanta e poi modesto e schivo insegnante in Cambogia mentre, segretamente, si dedicava a una organizzazione clandestina d’ispirazione comunista.
Chi avrebbe mai detto, dalle tante testimonianze che Idling ha letto e raccolto direttamente, che quello schivo ragazzo sarebbe diventato il capo di quel regime che, tra il 1975 e il 1979, torturò e uccise due milioni di persone? Rendendosi colpevole di un massacro così sistematico e agghiacciante da lasciare ancora larga parte della popolazione cambogiana stordita, vittima di una abissale amnesia. Con questi pensieri e interrogativi che gli ronzavano in testa, una decina di anni fa Idling ha scritto un importante libro-inchiesta, Il sorriso di Pol Pot, basato su lunghe e minuziose ricerche. Ed è stato proprio durante quelle indagini sul campo che lo scrittore e giornalista svedese si è imbattuto in una sfuggente figura di donna, che negli anni Cinquanta fu miss Cambogia e, fin dai 18 anni, fidanzata del futuro Pol Pot.
Intorno alla seducente Somaly ha costruito il suo nuovo libro, Canto della tempesta che verrà, edito in Italia da Iperborea, come il precedente volume. Pur avendo alle spalle un grosso lavoro di documentazione, questa volta si tratta di un romanzo. Anche perché, dopo essere riuscito a scoprire che la ragazza, di estrazione aristocratica, lasciò Sar d’improvviso («spezzandogli il cuore») per scappare in Inghilterra con il suo amico (l’ambizioso Sary), Idling ammette di aver perso ogni traccia di lei. «Ho saputo di Somaly da un testimone speciale, il filosofo e linguista khmer Keng Vannsak, ma ho incontrato molte difficoltà nelle verifiche, i riscontri erano confusi e quando lui è morto nel 2008 ho smesso di cercare, pur continuando a tenere viva l’attenzione».
Fin dal poetico incipit di Canto della tempesta che verrà, tuttavia, si ha la sensazione che la scelta non sia stata casuale. Poiché il ricorso alla narrativa ha permesso allo scrittore di andare molto più in profondità, nello scavo psicologico dei personaggi e della storia.
Il risultato è un affascinante affresco della Cambogia all’indomani della liberazione dal dominio francese, quando il Paese si preparava alle prime libere elezioni del 1955, mentre gli oppositori del principe Sihanouk (fra i quali lo stesso Sar) cominciavano a metterne in discussione il potere. La scrittura giornalistica, certamente, non avrebbe permesso all’autore di esplorare al contempo tutti questi differenti piani, anche se lui un po’ minimizza. «Il genere per me non è importante. Ogni volta cerco solo il modo migliore per scrivere la storia che vorrei raccontare. In questo caso volevo che il lettore potesse immergersi nelle atmosfere di una Phnom Penh anni Cinquanta, quando non era ancora tutto già determinato. Volevo ricreare la quotidianità di quelle settimane in cui furono prese delle decisioni che avrebbero avuto enormi conseguenze. Come scrittore questa è stata la mia sfida». In quello scenario, di una città in fibrillazione, incontriamo Sar, persona “piacevole”, affabile. Nulla lascia trasparire quella fredda schizoidia che l’avrebbe portato a sterminare migliaia e migliaia di persone in nome di una astratta costruzione dell’uomo nuovo. «L’idea che mi sono fatto – commenta Idling – è che Pol Pot sia stato, per così dire, l’uomo sbagliato nel posto sbagliato e nell’epoca sbagliata. Penso che in quella determinata situazione, una granitica ideologia lo abbia spinto a prendere decisioni via via sempre più estreme, perdendo ogni rapporto con la realtà umana. Fino al punto di arrivare a pensare che, per ottenere certi traguardi di cambiamento sociale, fosse necessario sacrificare delle persone in carne e ossa». Armati da un simile determinismo «i Khmer rossi, come altri regimi comunisti, si sono spinti molto oltre nella violazione dei diritti umani», sottolinea con forza lo scrittore svedese. «La loro totale incapacità nel gestire la nuova situazione del Paese, insieme a una folle escalation di paranoia e brutalità, li fece arrivare fino al genocidio», racconta Idling.
Il sorriso seduttivo di Sar in questo modo si tramutò nella maschera agghiacciante di Pol Pot? «Per tutta la vita lo hanno sempre descritto come un uomo “piacevole”, ma dopo gli anni Sessanta la sua personalità fu sempre più alterata e distorta, anche se appariva lucido, freddamente razionale nel prendere le decisioni». Anche le più terribili.
Eppure quando da giovane viveva in Francia, Sar sembrava avere molte passioni. Era affascinato dalla rivoluzione francese, frequentava intellettuali e filosofi (fra i quali Jean-Paul Sartre) ma anche e soprattutto giovani esuli provenienti dalle colonie francesi, che studiavano a Parigi e intanto lavoravano per l’indipendenza del loro Paese d’origine. «Sar era un nazionalista convinto ed era attratto dall’idea di una Cambogia indipendente», precisa Peter Fröberg Idling. «E la via più diretta per ottenerla era quella indicata da un’ideologia allora alla moda: la lotta armata. Nei primi anni Sessanta quei gruppi avevano pochi seguaci e assomigliavano piuttosto a una setta. Con alcune analogie con la tedesca Raf. Comunque Sar non fu mai un ideologo – nota lo scrittore – le sue conoscenze teoriche non erano molto avanzate. Per lui il nazionalismo fu sempre più importante del comunismo».
Ma al di là della vicenda personale di Pol Pot,resta un quesito irrisolto: che cosa determinò il precipitare degli eventi in Cambogia? Perché il Paese che si era ribellato ai colonizzatori finì nel terrore? «A mio avviso fu anche il risultato di una serie di fattori diversi – risponde Idling -. A cominciare dalla guerra fredda. Le grandi potenze usarono la Cambogia come una scacchiera. La guerra degli Stati Uniti in Vietnam ebbe un forte impatto sulla società cambogiana. L’esercito statunitense cominciò a bombardarla. Il governo cambogiano ebbe delle precise responsabilità in tutto questo e indirettamente spinse le posizioni dei Khmer a radicalizzarsi. Detto questo, io non credo, però, che la rivoluzione armata sia la soluzione, a meno che tu non sia disponibile a sacrificare un sacco di gente. Su questo Svetlana Alexieviech ha scritto pagine definitive, che invito a leggere».
dal settimanale Left
A conversation with Peter Fröberg Idling, by Simona Maggiorelli (21 ottobre 2014)
After a powerful book like Pol Pot’s smile, how did you come to the decision to change literary genre and write a novel, going back to 1955, when Pol Pot was still an unknown man?
Generally in schizophrenics ( even if they seem calm, diligent and serious scholars) there is something strange or bizarre in their way of expressing themselves or move that, to a trained eye, sounds as an alarm bell. Nothing in Sar hinted a sick mind?
In the novel you suggest that the loss of Somaly, (who had been his fiancé from the age of 18) marked a caesura in his life. Did your research in Cambodia confirm your intuition? Which was the role of the magnetic Somaly?
Speaking of the Parisian formation of Pol Pot, which influence has had on him Sartre’s marxism ? How Sar became then a crystallised communist?
The historical period in which the novel is set was a period of great and positive turmoil in Cambodia. How could it happen that the struggle for freedom and independence ended in the Khmer dictatorship? How was it possible that a dream of a New Humanity produced a chilling genocide?
In your previous book, The smile of Pol Pot you tell of a shipment of leading European intellectuals who during a trip to Cambodia (escorted by the Khmer) did not perceive the tragedy that was taking place. Was it for dishonesty? Why did they close their eyes?
Rispondi