I tesori perduti dell’Afghanistan
Posted by Simona Maggiorelli su dicembre 21, 2012
Prima l’Unione Sovietica, poi gli Stati Uniti. L’Afghanistan è stato ridotto in uno stato di guerra civile permanente. E gran parte del suo patrimonio d’arte è stato distrutto.Ed è corsa contro il tempo per recuperare ciò che ne rimane. La denuncia de’archeologo ed esperto di arte islamica Michael Barry
di Simona Maggiorelli
Dall’impero di Alessandro Magno al regno dell’indiano Ashoka. Per millenni l’Afghanistan è stato un territorio in cui si sono incontrate tradizioni diversissime fra loro. L’isolamento in cui il Paese è stato rinchiuso a lungo ha fatto sì che questo straordinario melting pot di culture si preservasse intatto per secoli. Fino allo scempio compiuto dalla dominazione sovietica e poi statunitense che, paradossalmente, da opposte sponde ideologiche, «si sono date man forte nel mettere in atto una tragica devastazione del Paese». Non esita a parlare di «genocidio culturale e umano» l’archeologo e studioso di arte islamica Michael A. Barry che in Afghanistan è vissuto per molti anni a partire dal 1962.
«Mi ero trasferito là per svolgere il mio lavoro di archeologo, ma poi l’emergenza umanitaria causata dall’invasione sovietica mi ha fatto mettere da parte le mie ricerche sull’arte afgana per cercare di dare un aiuto alla popolazione», racconta a left il docente dell’Università di Princeton in perfetto italiano. Invitato da Torino Spiritualità a parlare di arte e cultura islamica ma anche del suo ultimo libro Massud, il leone del Panshir (Ponte alle Grazie) dedicato al guerrigliero afgano assassinato il 9 settembre del 2001 , Barry ha offerto uno straordinario affresco della storia dell’Afghanistan, per millenni crocevia di culture e ridotto «in uno stato di guerra civile permanente» dall’Unione sovietica prima e poi dagli interessi contrapposti di Stati Uniti, Pakistan e Iran.
«Quando arrivai in Afghanistan negli anni Sessanta – racconta Barry – mi trovai davanti un Paese dalla sterminato patrimonio d’arte frutto di inaspettate e fertili contaminazioni fra culture radicalmente differenti come quella induista e quella islamica». Contrariamente a ciò che comunemente si pensa «il nemico numero uno dell’Islam non è il Cristianesimo – spiega Barry-. Pur non avendo l’idea dell’incarnazione di Dio né quella di peccato originale, la religione di Maometto condivide con il Cristianesimo il riferimento all’Antico Testamento. Il nemico per l’Islam è il paganesimo, e la religione indiana è avvertita come l’opposto non assimilabile».
Un’avversione che nei Talebani è diventata odio e distruzione sistematica degli antichissimi Buddha scolpiti che erano sopravvissuti per secoli come parte del prezioso patrimonio d’arte afgano. E che miracolosamente erano scampati ai carri armati sovietici, alle bombe e alla strategia della tensione messa in atto dal Pakistan e dall’Iran perché l’Afghanistan non potesse risollevarsi e cercare di ristabilire una propria indipendenza. «Su questo già nel 1985 -’86 si innestò la decisione Usa di obbedire ai generali pachistani per distruggere il governo di Kabul- ricorda Barry -. Gli Usa si allearono con le forze più reazionarie in Afghanistan pur di raggiungere questo obiettivo».
dal settimanale left-avvenimenti
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