Le perle di Veermer
Posted by Simona Maggiorelli su settembre 24, 2012
Pittore solitario e anticonformista, mise l’universo femminile al centro della sua arte. Incurante del rigore calvinista e delle ansie mercantili degli altri artisti del Seicento olandese. Dal 27 settembre un gruppo di opere del maestro di Delft in mostra a Roma
Quel suo certo anticonformismo che rende la sua pittura lontana anni luce dalla ossessione oggettivante di tanta pittura olandese, dedita a nature morte e a gaie scene di genere. Ma anche quel suo vivere solitario, distillando i quadri con calma, senza inseguire soldi e carriera. E poi il suo profondo interesse per i soggetti femminili e il loro mondo interiore.
Tutto questo ha fatto di Johannes Vermeer van Delft (1632-1675) uno degli artisti più interessanti del Seicento olandese. E non solo. A farne addirittura un mito hanno concorso poi scrittori come Marcel Proust che gli dedica pagine chiave della sua monumentale Recherche, ma anche – sul versante più popolare – bestseller come La ragazza con l’orecchino di perla (Neri Pozza) diventato anche film con Scarlett Johansson nel ruolo della giovane fantesca che, si racconta, abbia ispirato una delle più celebri e misteriose tele di Vermeer, La ragazza con turbante, oggi conservata al Mauritshuis dell’Aia.
Una tela in cui il volto della giovane donna emerge dal fondo scuro, rivolgendo allo spettatore un intenso e sfuggente sguardo di tre quarti. Opera fragilissima, che, anche per evitare i rischi a cui l’avrebbe esposta il trasporto, non potrà essere vista a Roma nella mostra Vermeer il secolo d’oro della pittura olandese che si apre il 27 settembre alle Scuderie del Quirinale (fino al 20 gennaio, catalogo Skira). Una rassegna che, comunque, si segnala come una delle più interessanti della stagione e che ha già acceso l’attenzione degli appassionati di arte perché riesce a radunare otto dipinti del maestro di Delft. Che in tutta la sua vita ne dipinse meno di una quarantina. Fra questi Ragazza con cappello rosso (1665), Donna con liuto (1662) e Donna alla spinetta (1670) che un team internazionale di curatori guidati da Arthur K. Wheelock e Walter Liedtke è riuscito, dopo lungo lavoro, ad avere in prestito.
Otto quadri che, insieme, rappresentano una piccola summa della poetica di Vermeer permettendo di seguire, in un confronto dal vivo con opere di altri pittori olandesi a lui coevi, il suo rapido staccarsi dalle atmosfere buie alla Pieter de Hooch (di cui sono esposte sei opere a Roma), per aprirsi allo studio della luce e alla creazione di atmosfere intime e impalpabili che restituiscono allo spettatore l’emozione del pittore all’apparizione inaspettata di un volto di donna o nell’osservare una donna che, con trepidazione, legge una lettera.
La genialità di Vermeer sta nel mettere al centro l’universo femminile, facendone una rappresentazione “interiore”, riuscendo a far emergere l’individualità, la personalità originale e viva, di ragazze e donne di cui non conosciamo i nomi, raccontate nella loro vita quotidiana e nella loro identità più profonda. E forse è proprio questo tratto a rendere i ritratti femminili di Vermeer insieme unici e universali. Il silenzio pieno e carico di senso che si respira nei suoi “interni”, come è stato notato, è un altro degli aspetti che li rende inarrivabili. Così se Jacob van Ruisdael fu il pittore olandese che, in anni bui di rigore calvinista e di materialismo mercantile, scoprì la poesia del paesaggio, Vermeer fu il pittore che cercò questa risonanza nel sentire più profondo dei soggetti rappresentati. Anche quando dipingeva scorci urbani e paesaggi. Nonostante il carattere apparentemente realistico delle sue strade e case di mattoni, la sua pittura non fu mai mero calco della realtà. Le sue tele, (tutte di piccolo formato), non riproducevano la natura con la fedeltà di uno specchio. Il paesaggio qui riflette sempre la mente dell’artista, il suo stato d’animo. Che talora si esprime in toni delicati e di cipria, altre volte in policromie lucenti di blu e oro, (come nella celebre lattaia). Grumi di ocra, grigio e bianco, intanto formavano punti di luce, simili a perle, rendendo il colore vibrante.
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