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Pensare libero

Posted by Simona Maggiorelli su dicembre 12, 2010

In Italia venti milioni di persone dichiarano di non leggere nemmeno i titoli dei giornali, mentre chi legge ( il 45 per cento degli italiani), in media legge un libro all’anno. Lo studioso Giovanni Solimine ci aiuta a capire perché.

di Simona Maggiorelli

In Italia solo il 45 % degli adulti legge almeno un libro all’anno. Perlopiù si tratta di lettrici. E a fronte di uno zoccolo duro, ma assai ristretto di “lettori forti”, 20 milioni di italiani non leggono nemmeno una riga (stando ad una recente indagine Istat neanche i titoli dei giornali). E se questa notizia, purtroppo, non ci stupisce, una bella sorpresa è invece scoprire che a tenere alta la bandiera della lettura siano soprattutto i giovani fra gli 11 e i 14 anni, con punte del 65%. Un dato incoraggiante specie se letto nel quadro di quell’Italia «allergica ai libri» documentato da Giovanni Solimine nel libro-inchiesta L’Italia che legge (Laterza). Nel rintracciare le radici di questo deficit, avverte il docente de La Sapienza, non si può dimenticare che un secolo fa l’Italia pativa ancora un forte analfabetismo (nel 1935 solo il 16,50% delle persone leggeva correntemente), né si possono trascurare i bassi livelli di scolarizzazione. «Da noi- ricorda Solimine – solo la metà delle persone tra i 25 e i 64 anni ha un diploma di scuola superiore, rispetto a una media europea del 70%, con punte dell’80% in Germania, Danimarca, Estonia e Repubblica Ceca». È stato stimato che se la quota degli italiani diplomati fosse in linea con la media europea, la percentuale di lettori sarebbe del 58,2%, ben 12 punti in più rispetto a oggi. «E bisogna notare anche -aggiunge lo studioso- che negli ultimi 15 anni, malgrado il numero di diplomati e laureati sia notevolmente cresciuto, la percentuale di lettori resta stagnante».

Che fare allora per allargare la base sociale dei lettori? Nel libro L’Italia che legge l’autore, attingendo a esperienze concrete di Forum e manifesti per la lettura, prova a suggerire alcune soluzioni, sfatando al contempo alcuni luoghi comuni. Come l’idea che i festival di letteratura servano a raggiungere nuovi lettori. «A volte si ha la sensazione che queste attività di promozione si rivolgano ai lettori già forti solo per vendere più libri. Va benissimo, sia chiaro – precisa Solimine – ma questa strategia non intacca il problema, innalzando il vertice invece che allargare la base della piramide dei lettori. Invece bisognerebbe raggiungere e consolidare i lettori medi e poi puntare sui lettori deboli, portando i libri fuori dai luoghi deputati, offrendo ai cittadini molte più occasioni per incontrare i libri sul loro cammino».

Un’altra radicata convinzione, che il nuovo lavoro di Solimine smentisce, è quella, come accennavamo, che i ragazzi non amino i libri. «Il fatto che i giovani non leggano è uno dei luoghi comuni che più si sente più spesso ripetere: in realtà – ribadisce l’esperto – leggono molto di più degli adulti e molto di più dei giovani delle generazioni precedenti». Anche se dopo i 14 anni, come rileva una recente indagine Istat, si registra solitamente un calo «dovuto al sorgere di altri interessi, ma forse- suggerisce Solimine – anche a errori nostri. La scuola, per esempio, non sempre riesca a proporre ai giovani letture che corrispondano ai loro interessi. Tanti insegnanti volenterosi cercano di far nascere negli alunni il “piacere della lettura”, ma talora cercando di imporlo o senza che i ragazzi siano liberi di scegliere che libro leggere». Diverso forse sarà il futuro di nuove generazioni “native digitali” potranno scoprire il piacere della lettura attraverso gli ebook o altri strumenti elettronici multifunzionali. E’ questo il campo indagato da un altro interessante libro edito da Laterza: La quarta rivoluzione Sei lezioni sul futuro del libro, un testo uscito sei mesi fa ma che l’autore, Gino Roncaglia, continua ad aggiornare giorno per giorno attraverso un blog, anticipando così gli annunciati dynamic books, i libri interattivi di nuova generazione.

Ma se il passaggio dalla lettura a voce alta a quella silenziosa fu una vera rivoluzione nella storia umana, come del resto lo fu l’invenzione della stampa, cosa ci possiamo aspettare davvero dai libri elettronici? «Siamo di fronte davvero a una nuova rivoluzione – assicura Solimine – come quelle che lei ha ricordato. Anche se ne vedremo gli effetti subito. Nel breve e nel medio periodo l’e-book non sostituirà il libro cartaceo. E’ probabile che l’e-book per qualche tempo ancora avrà un suo mercato parallelo e solo in parte concorrente a quello del libro.

I suoi primi e più forti utilizzatori saranno di due tipi: una quota di lettori forti, che vorranno sperimentare anche questo nuovo modo di lettura, e gli appassionati di elettronica, incuriositi da questo nuovo gadget. L’uso prevalente dell’e-book sarà nell’ambito dello studio e della lettura “funzionale” (manualistica, documentazione tecnico-professionale, ecc.), per un pubblico che apprezza il vantaggio di portare agevolmente con sé materiali utili per il lavoro, più che nella lettura da tempo libero. Sta già avvenendo, poi, che chi ha un lettore di e-book lo usi per leggere quotidiani e riviste, settore nel quale il cambiamento sarà molto più repentino che in altri ambiti editoriali». Questo per quanto riguarda il futuro, sperando che non siano solo i grandi gruppi a gestire il mercato degli e-book. Intanto per contrastare il monopolio berlusconiano e di poche altre major, molte case editrici medie e piccole in Italia- da Fazi a Carocci a Bollati Boringhieri- hanno rinunciato in parte alla propria indipendenza per fare “cartello” con altre. «La piccola e media editoria in Italia è la più coraggiosa nel rischiare su temi di “nicchia” e nell’investire su autori giovani ed emergenti- chiosa Solimine -Ora, però, per gli editori, come per i librai, indipendenti, la situazione è divenuta pesante, per la crisi economica e il calo di vendite, per l’abolizione delle tariffe postali agevolate e a causa della spietata concorrenza dei grossi gruppi editoriali e delle librerie di catena, che fanno sconti mettendo fuori mercato i soggetti più deboli». Come se ne esce? «Servirebbe anche in Italia una regolamentazione, come già esiste in altri paesi, ma- preconizza il professore – temo che la proposta di legge presentata anche in questa legislatura da Riccardo Franco Levi (che lo aveva fatto anche nella precedente) finirà per arenarsi». Ma non bisogna arrendersi. «Un tessuto di librerie anche nei piccoli centri e la difesa della “biblio-diversità” che i piccoli editori garantiscono, sono condizioni essenziali per la diffusione della lettura» rilancia Solimine, al quale prima di congedarci rivolgiamo una domanda che ci riguarda più da vicino: Che cosa indirizza il pubblico nella scelta dei libri? Recensioni, passaparola via internet, i consigli dei librai o cos’altro?
«Questa domanda è stata posta ai lettori – ci dice-. il 69% decide in base all’interesse per il genere e per l’argomento trattato. Solo nel il 41% dei casi conta la fedeltà verso un autore di cui si erano apprezzate le precedenti opere. Seguono altri fattori di scelta, come il passaparola fra amici e conoscenti, con il 36%, che fino al 2007 era al secondo posto fra le motivazioni. Più distanziati, con percentuali inferiori al 20%, gli stimoli provenienti dalla lettura di recensioni sui giornali o in siti web, da programmi radio-tv, dall’aver visto un film». In chiusura dice Solimine «è da sottolineare il ciclo virtuoso libro/film, anche se l’effetto traino è leggermente diverso nei due sensi: il 19% delle persone che hanno acquistato un libro dichiarano di averlo fatto sull’onda di un film; viceversa il 17% va a vedere un film dopo aver letto il libro da cui era tratto».

da left-avvenimenti del 3-9 dicembre 2010

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