L’arte nomade di Mario Merz
Posted by Simona Maggiorelli su luglio 29, 2010
di Simona Maggiorelli
«Ricordo quando da bambino andavo a vedere le parate dei giorni di festa, dove i membri di ciascuna Gilda sfilavano con i loro stemmi in cui erano raffigurate immagine araldiche dai colori forti. Marciavano fino alla piazza principale della città, dove si dava inizio a competizioni scenografiche di sbandieramento acrobatico. Ogni volta che vedo i grandi dipinti di Mario Merz- racconta Rudi Fuchs- penso a quelle cerimonie spettacolari e alla possibilità di mettere in mostra una trentina di quelle immagini-stendardo come in una rappresentazione teatrale, per restituire loro quello sventolio particolare». Critico d’arte fra i più colti e blasonati, Fuchs ha curato personalmente, con l’aiuto di Cristina Mundici, la grande retrospettiva Mario Merz. Pageantry of painting, aperta fino al 26 settembre negli spazi della fondazione Merz a Torino. «L’idea – spiega Fuchs – è proprio quella di un corteo di colori.
Certo i dipinti non possono muoversi all’interno della mostra ma – aggiunge scherzando – credo che un’installazione così sia possibile, con i baluardi che roteano e sventolano nell’aria». Così nella storica sede della Fondazione torinese sfilano una ventina di grandi pitture realizzate tra la metà degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta, provengono sia da importanti musei europei sia da collezioni private e in alcuni casi non esposte al pubblico da molti anni. Si tratta in buona parte di soggetti animali, dalle forme arcaiche, in cui l’evidenza e la riconoscibilità dell’immagine si sposa con l’utilizzo della figurazione in senso archetipico, dalla forte accentuazione simbolica e mitica, specchio di un progetto esistenziale. Scrive ancora il curatore della mostra «Una volta vidi Mario Merz mentre creava alcuni dei grandi dipinti inclusi in questa mostra. Procedeva con un pennello zuppo di colore e qualche bomboletta di vernice su tele non intelaiate, leggere e sottili come lenzuola. Più che dipingere sembrava disegnare: linee allungate, curve, ondivaghe, che prendevano la forma di una qualche figura (per lo più di animali fantastici). Erano forme ben delineate, potenti nel colore e nel disegno. Erano forme araldiche».
Mario Merz stesso sottolineava la connessione tra immagine e rimandi simbolici: «La pittura prende vita nella mente ancora prima di essere fatta. E l’immagine è sempre doppia, è un’immagine e anche qualche altra cosa. Se l’immagine è perfetta diventa un dipinto… Fino a poco tempo fa si poteva diffidare dell’immaginazione, al giorno d’oggi si deve portare nuovamente più fantasia possibile nell’arte». E dopo la fioritura anni Sessanta e Settanta, la pittura torna ad essere un’esigenza forte per Merz negli anni Ottanta con gli igloo dipinti. Per la mostra di Torino Rudy Fuchs ha scelto due igloo dipinti, Casa del giardiniere e Igloo (Tenda di Gheddafi) accompagnati dal video Lumaca di Gerry Schum. Con questa mostra la collezione di pubblicazioni della Fondazione Merz si arricchisce di un nuovo volume in cui Rudi Fuchs offre racconta del maestro Mario Merz.
dal quotidiano Terra luglio 2010
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