La notte di Caravaggio
Posted by Simona Maggiorelli su luglio 17, 2010
di Simona Maggiorelli
“Così il Caravaggio si ridusse a chiuder la vita e l’ossa in una spiaggia deserta, ed allora che in Roma attendevasi il suo ritorno, giunse la novella inaspettata della sua morte, che dispiacque universalmente…».
così il Bellori consegnava alla storia la notizia della morte del genio lombardo. E letteralmente intorno a quelle ossa – quattrocento anni dopo – si è scatenato un surreale braccio di ferro fra la Lega Nord e l’amministrazione di Porto Ercole dove Caravaggio morì il 18 luglio del 1610. Con tanto di beffa finale: le ossa del pittore in una teca trasparente sono tornate in processione all’Argentario, trasportate via mare dalle bianche vele di Cesare Previti, osannato dal sindaco del Comune toscano.
E pensare che proprio a Porto Ercole Caravaggio trascorse le sue ore più drammatiche e disperate: in fuga da Napoli, illudendosi di poter rientrare a Roma benché lì fosse ricercato per la morte di uomo; pensando di poter contare ancora sull’appoggio del cardinaleScipione Borghese. A lui, probabilmente, erano destinati quei tre quadri che faticosamente portava con sé. Malato, braccato, sfinito, Caravaggio non ce la fece e a 39 anni, a Porto Ercole, finì la sua straordinaria avventura di arte e di vita.
Un’esistenza di affocate passioni, di rivalità, di solitaria originalità e innovazione del linguaggio pittorico che una gretta committenza religiosa tentò invano di censurare. Una vita, di fatto, bruciata in un soffio ma punteggiata di opere d’arte di insuperato talento. Caravaggio – come ricorda ora Giuliano Capecelatro nella bella biografia Tutti i miei peccati sono mortali (Il Saggiatore) – seppe imporre la propria visione con mano sicura. In potenti rappresentazioni dei soggetti sacri, da cui trapela un significato altro, del tutto umano e più profondo. Una biografia questa di Capecelatro che, per altro, non trascura di ricostruire fatti interessanti e poco ricordati come la compresenza a Roma di Caravaggio e Giordano Bruno tra il 1594 e il 1600 e la probabile conoscenza di scritti del Nolano da parte del pittore grazie alla coraggiosa biblioteca del cardinale Francesco Maria Del Monte. Ma pagine appassionate sono anche quelle dedicate ai tormentati ultimi anni di Caravaggio.
E che fra il 17 e il 18 luglio, per il quarto centenario dalla morte del pittore, si potranno ripercorrere a Roma in uno straordinario itinerario di musei e chiese aperte fino all’una di notte. Incluse la Chiesa di Sant’Agostino dove si trova la carnale Madonna dei Pellegrini dipinta tra il 1603 e il 1606 e San Luigi de’ Francesi con il suo vertiginoso trittico di capolavori: la Vocazione e il Martirio di SanMatteo eseguiti tra il 1599 e il 1600 e San Matteo e l’Angelo (1602). Alla Galleria Borghese poi, per questa occasione, sarà esposta Giuditta e Oloferne di Palazzo Barberini, mentre in S. Maria del Popolo la notte sarà al climax accendendo le luci sulla Conversione di S. Paolo e sulla Crocifissione di San Pietro. In contemporanea a Porto Ercole, con la presentazione di un nuovo studio edito da Skira, dal 18 luglio sarà esposto il San Giovanni battista della Galleria Borghese.
E volendo ancora continuare il viaggio, tra la Toscana e la Liguria restano almeno due tappe irrinunciabili: agli Uffizi e in Palazzo Pitti dove è aperta la mostra Caravaggio e i caravaggeschi e a Genova che nelle Ville Doria Pamphilj, con Caravaggio e l’arte della fuga, ospita circa ottanta opere dalle collezioni degli storici mecenati liguri, fra le quali il giovanile e già dirompente Riposo durante la fuga in Egitto, sinfonia di luci chiare e radenti, dipinta tra il 1595 e il 1596.
da left-avvenimenti del 15 luglio 2010
Quel San Lorenzo è di Caravaggio”
CARLO ALBERTO BUCCI
DOMENICA, 18 LUGLIO 2010 LA REPUBBLICA – Cronaca
Annuncio dell´Osservatore romano. L´opera ritrovata dai gesuiti. Ma l´attribuzione suscita dubbi Perplessità del responsabile dei Beni culturali vaticani: non credo sia del maestro.
Gli ultimi visitatori della notte bianca romana dedicata al Merisi sciamano dalla galleria Borghese. Mentre dalle tre chiese che conservano i capolavori del maestro escono i visitatori ed entrano i fedeli per la messa mattutina. Sotto il braccio hanno l´Osservatore romano, oggi in edicola con “Un nuovo Caravaggio scoperto nel quarto centenario della morte”, recita il titolo della prima pagina. Si tratta di un cruentissimo Martirio di san Lorenzo con il giovane cristiano che affronta nel panico la morte sulla graticola. Un dipinto che ora, finito il restauro, viene proposto come mano del maestro lombardo. Non senza perplessità. La critica caravaggesca fa infatti suonare l´allarme: «Attenzione alle attribuzioni affrettate e sensazionali».
Il 18 luglio 1610 il pittore si spegneva malato di malaria a Porto Ercole. Ai suoi anni romani (1592-1606) apparterrebbe invece la tela con il martire e tre aguzzini (il quadro pubblicato sull´Osservatore è incompleto). «Di certo è un dipinto stilisticamente impeccabile, però non si vuole ora cadere nel facile tranello di un “Caravaggio a tutti i costi”» scrive Lydia Salviucci Insolera. Storica dell´arte «cristiana a gesuitica», come dice, la studiosa è convinta della bellezza del dipinto restaurato. E, mentre rimane con i piedi per terra ipotizzando un «caravaggesco molto bravo della primissima ora», intanto sottolinea «il terrore negli occhi del santo tutto caravaggesco». Ma anche la presenza nella chiesa del Gesù di un affresco del 1603 di Agostino Campelli che, raffigurando il medesimo tema, «riecheggia» la tela conservata nel convento: e la cappella dell´affresco era dei Crescenzi, legati ai Contarelli per i quali il Merisi nel 1599 dipinse le storie di Matteo in San Luigi dei Francesi. «I documenti ancora non li ho trovati, ma gli studi sono appena cominciati» dice la Salviucci Insolera. E poi Caravaggio ebbe più volte “occasione di andare al Giesù”, come disse lui stesso al processo intentatogli nel 1603 dal Baglione.
Basta per ipotizzare un rapporto con i gesuiti? Non sono di questa idea gli studiosi che il Martirio l´hanno visto, dal vero o in foto. «Mi sembra un quadro bello e interessante, ma l´attribuzione a Caravaggio è da approfondire» dice diplomaticamente la soprintendente al Polo museale romano Rossella Vodret. «Mi riservo di guardarlo da vicino ma le foto sono lontane mille miglia dalla mano del maestro» taglia corto Stefania Macioce, autrice quest´anno della raccolta di Fonti e documenti sul Merisi. Categorica anche Francesca Cappelletti (Caravaggio, un ritratto somigliante, 2009): «Ho visto la tela qualche anno fa ed era in pessimo stato di conservazione: pensai subito a un precoce seguace napoletano». Infine Francesco Buranelli, già direttore dei Musei vaticani e ora segretario della Pontificia commissione dei Beni culturali della Chiesa: «È un bel quadro ma deve essere ancora studiato. Va messo a disposizione degli storici e degli analisti di laboratorio. Poi bisogna trovare i documenti che confermino il giudizio stilistico. Detto questo, il quadro io l´ho visto un paio di anni fa e posso dire che è un´opera di qualità. Caravaggesco? Sì, si può dire. Caravaggio? No, non sono d´accordo».
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