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Il teatro della pittura

Posted by Simona Maggiorelli su Maggio 31, 2009

Tele che appaiono e vaniscono nell’ombra. Renzo Piano crea una ribalta per la ricerca artistica di Emilio Vedova

di Simona Maggiorelli

Emilio Vedova, al lavoro ai dischi (1985)

Emilio Vedova, al lavoro ai dischi (1985)

Non un museo statico e freddo. Ma una grande ribalta pensata ad hoc per le opere di Emilio Vedova (1919-2006).Tele astratte dominate da rossi, gialli, verdi e neri potenti. Opere fatte di segni vibranti che in questa speciale wunderkammer ricavata da Renzo Piano nei Magazzini del Sale di Venezia, d’un tratto, compaiono alla luce, per poi  sparire nell’ombra. Un suggestivo gioco di epifanie con cui l’architetto genovese ha cercato di ricreare il modo  con cui Vedova amava mostrare i suoi lavori. «Quando Emilio voleva farmi vedere nuovi quadri – ricorda Piano – mi faceva sedere a metà dello spazio e, con l’aiuto del suo assistente, andava in una stanza vicina e lentamente tirava fuori i dipinti che disponeva sulla parete.

Emilio Vedova, Da dove 1984

Emilio Vedova, Da dove 1984

A volte i dipinti si accumulavano uno sull’altro, con un effetto di sovrapposizione spettacolare». Ma non è l’unico riferimento denso di significato. Nel colloquio con Germano Celant  pubblicato in occasione dell’inaugurazione di questa nuova sede della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova che aprirà  ufficialmente i battenti il 3 giugno, Piano aggiunge anche un altro elemento. La macchina scenica dei Magazzini del Sale (spazio che Vedova negli anni 70 contribuì a salvare dal degrado) si lega anche alla collaborazione fra il pittore e Luigi Nono. E all’idea che il compositore ebbe di mettere il pubblico al centro della scena, mentre i musicisti comparivano e poi sparivano nella buca dell’Orchestra.

Ma al di là del gioco di analogie e di richiami, l’impressione che si ha è che veramente questo speciale antro d’artista sia quel luogo della “maraviglia” in cui al meglio può andare in scena la personalissima ricerca di Vedova sul movimento delle forme e dei colori animati dal fluire dell’ “energia vitale”. Una ricerca, la sua, che in gioventù si nutrì di letture di Bergson e di riferimenti al dinamismo futurista per poi sfociare nell’informale (definizione che però Vedova detestava) in serie di tele dai forti contrasti cromatici, contrassegnate da violente e inquiete pennellate. Fino ad arrivare poi, in anni maturi, ad abolire il colore, per sviluppare appieno il movimento dell’immagine pittorica attraverso il dinamismo e l’essenzialità della linea. Il pennello allora diventa come uno speciale sismografo del mondo interiore dell’artista.

Mentre con litografie e lastre Vedova andava sviluppando una sorta di scrittura murale che testimonia la sua intensa partecipazione agli eventi politici e sociali del suo tempo. Ma nei Magazzini del sale, come per incanto, la cronologia salta, lasciando spazio a una simultaneità e compresenza di opere di diversi periodi che mette in primo piano la grande coerenza della ricerca artistica di Vedova.

da Left-Avvenimenti del 29 maggio 2009

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