La rabbia che nasce da certi ricatti “umanitari”
Posted by Simona Maggiorelli su Maggio 26, 2009

Alan Drew
Fra le macerie del terremoto che colpì Istanbul nel 1999. Lo scrittore Alan Drew indaga le radici della diffidenza verso l’Occidente, denunciando gli interventi “pelosi” di Ong Usa che barattano aiuti con conversioni’autore del romanzo Nei giardini d’acqua: «Non possiamo dimenticare che molti villaggi curdi furono rasi al suolo dal governo turco con armi americane»
di Simona Maggiorelli
Fra le macerie del grande terremoto che colpì Istanbul del 1999 s’intrecciano le vite di persone, che forse non si sarebbero mai incontrate. Nei giardini d’acqua (Piemme) l’appassionato romanzo d’esordio dello scrittore americano Alan Drew, la storia del piccolo Ismael, scampato alla morte dopo essere rimasto giorni sotto i detriti, e quelle di sue padre Sinan, curdo inurbato con la forza dal governo turco, per caso e per necessità, dopo il disastro, si legano a quelle di Markus, un americano che lavora con un’associazione umanitaria evangelica e a quella di altri suoi connazionali che da ospiti si faranno occupanti, barattando aiuti con conversioni, alla propria religione e all’“American way of life”. «Sinan per molti versi è il personaggio cardine di questa vicenda – racconta al quotidiano Terra il giovane scrittore californiano – . È un uomo non più giovane che con il sisma ha perso i parenti e la casa. E aveva già perduto tutto una prima volta quando fu costretto a lasciare l’Anatolia, durante le deportazioni di massa con cui il governo turco intendeva sradicare il Pkk dalle campagne. «Di fatto operazioni fatte con armi americane e in cui interi villaggi curdi sono stati rasi al suolo» denuncia Drew .
Ma poi tornando a parlare del romanzo, «mi interessava esplorare la situazione di estrema vulnerabilità in cui si trova Sinan e insieme di rabbia verso gli americani, che gli avevano ucciso il padre e dai quali, ora, era costretto a farsi aiutare».
Un interesse che Drew ha sviluppato da romanziere, nel dare profondità psicologica ai suoi personaggi, ma anche da attento conoscitore della Turchia e di Istanbul in particolare, città amatissima («per la sua unicità e il suo essere crocevia di differenti culture») dove lo scrittore ha vissuto per tre anni insegnando letteratura in un liceo privato. «Con la mia compagna siamo arrivati a Istanbul esattamente tre giorni prima del terremoto – ricorda Drew -. Quella notte la palazzina tremò forte, ma non ci furono danni. Era antisismica, un edificio costruito ad hoc per gli ospiti americani della scuola». Ma nel cuore storico di Istanbul, invece, fu una vera devastazione con migliaia di morti. «Ricordo ancora le parole di un giornalista della Cnn- chiosa Drew -. Davanti alle macerie disse: “Un terremoto non fa distinzioni, colpisce democraticamente”. Non era vero. Noi stranieri avevamo dei privilegi, eravamo stati protetti. Non così la gente dei quartieri popolari». Ma poi nei giorni della difficile ricostruzione quello che colpì il giovane insegnante (oggi docente universitario e scrittore di successo) fu vedere quanto poco “disinteressate” fossero le campagne di aiuti dell’esercito e di certe organizzazioni umanitarie Usa.
La storia di un personaggio come Markus, in questo senso, è emblematica. È un americano che vive a Istanbul da diciannove anni e continua a rivolgersi ai turchi come se fossero persone immature, come se dovessero essere guidati verso una «cultura occidentale superiore». Ma non solo. Tipi come Markus sfruttano il rapporto con i terremotati per cercare di convertirli. «Persone di fede musulmana ricevevano aiuto da persone che volevano imporre loro la strada per il paradiso cristiano. Non è difficile immaginare quanta rabbia possa suscitare un ricatto del genere. Personalmente sono stato sopraffatto da quella esperienza – ammette Drew – così ho cercato di mettermi dalla parte di Sinan». Leggendo si sente con chiarezza da che parte batte il cuore dell’autore. La passione è la linfa di questo libro, il suo principale motore. «Quando scrivevo – dice Drew – pensavo soprattutto ai lettori Usa che non conoscono come stanno davvero le cose in Turchia».
da Terra del 3 giugno 2009
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