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Dietro il boom delle neuroscienze

Posted by Simona Maggiorelli su giugno 13, 2008

“Il problema mente-cervello”. Se ne discute il 20 giugno al Cnr in un confronto fra scienziati e filosofi. Ad aprire la giornata di studi sarà il Nobel Rita Levi Montalcini di Simona Maggiorelli

Grazie al premio Nobel Rita Levi Montalcini e al lavoro di alcuni scienziati come Piergiorgio Strata, direttore del Levi Montalcini Center for Brain Repair, vanno crescendo in Italia spazi e attenzione per le neuroscienze. Nelle università, negli istituti di ricerca, ma anche sui giornali: dal “fantascientifico”inserto Tuttoscienze de La Stampa, all’Espresso, a Repubblica, arrivando perfino a Internazionale che sistematicamente traduce e divulga i contributi dedicati a questa materia pubblicati dalle riviste di Oltreoceano. Ma sempre più alta è anche l’attenzione delle case editrici. Non solo quelle specializzate. Basta dire che il catalogo di Raffaello Cortina, storicamente incentrato sulla psicoanalisi, da qualche tempo ha trovato consistente espansione con le neuroscienze. Che dagli anni Novanta abitano anche la prestigiosa collana scientifica di Adelphi. Qui, per esempio, sono stati pubblicati i libri di Antonio Damasio, studioso di origini portoghesi che vive negli Usa, dove si è occupato di studi sulla coscienza, a partire da Cartesio. Ricerca sulla mente umana, la sua, tutta iscritta nell’ambito della razionalità, senza mai affrontare il non cosciente, come si evince da un suo libro dal titolo emblematico: In cerca di Spinoza. Dimostrando di ignorare così le conquiste della moderna psichiatria ma anche quanto vanno ripetendo scienziati come Boncinelli che, ancora lunedì scorso su Repubblica diceva con una battuta « l’uomo è un animale razionale non più di mezz’ora al giorno».
Intanto, comunque sia, sulle neuroscienze fioccano i convegni: il più recente, targato università Cattolica del Sacro Cuore, ha squadernato una “curiosa” compresenza di sacerdoti e scienziati provenienti dagli ambiti più diversi. Per rispondere alla domanda “Neuroscienze. Che cosa ci aspettiamo dalla ricerca?” in Campidoglio, pochi giorni fa, si sono incontrati (fra gli altri) Angelo Vescovi, Enrico Garaci, Ignazio Marino e Monsignor Vincenzo Paglia. Un appuntamento meno ecumenico, invece, si svolgerà il 20 giugno, nella sede del Cnr a Roma. Una giornata di studi, dal titolo“Il problema mente-cervello, filosofia e neuroscienze a confronto” a cui parteciperà la stessa Montalcini, con Lamberto Maffei, direttore dell’istituto di neuroscienze del Cnr, Pietro Calissano, vice presidente dell’Istituto europeo di ricerca sul cervello e molti altri. A presiedere il convegno sarà Luca Marini presidente del centro studi Ecsel e vice presidente del Comitato nazionale di bioetica (reintegrato al suo posto dal Tar dopo il tentativo di Casavola di mettere a tacere il dissenso interno al Cnb a colpi di dimissioni). A Marini e a Andrea Lavazza, studioso di scienze cognitive e autore de L’uomo a due dimensioni. Il dualismo mente-corpo oggi (Bruno Mondadori) abbiamo rivolto delle domande.
Qual è il portato e il valore delle neuroscienze oggi?
Marini: Le neuroscienze ci stanno dicendo molto di come funziona il nostro cervello e di come tante nostre capacità siano legate all’architettura e al funzionamento del sistema nervoso. Oggi non solo abbiamo penetrato alcuni misteri della mente, ma possiamo anche intervenire per modificarla. Siamo in grado di collegare funzioni specifiche con aree cerebrali, di dare conto scientificamente di percezione, memoria, attenzione e così via. Tanto che si aprono scenari futuribili, come quelli della “lettura della pensiero”, che richiedono quella che è stata chiamata neuroetica e strumenti di biodiritto.
Come Rita Levi Montalcini ci ha insegnato le neuroscienze sono state protagoniste di una svolta antropologica: hanno sconfessato il determinismo genetico sottolineando l’importanza del fattore ambientale. Si può dire che abbiano avuto un “valore politico”, sconfessando quel determinismo genetico che è base dell’idea nazista di razza?
Marini: Le neuroscienze non negano il ruolo fondamentale dei geni. Anche l’attività neuronale è espressione del codice genetico che in ogni cellula dà le sue istruzioni momento per momento. D’altra parte, è la stessa biologia oggi a rifiutare il determinismo genetico, riconoscendo il ruolo dell’interazione dell’organismo con l’ambiente. Le neuroscienze hanno tuttavia una loro autonomia esplicativa, un loro piano di esplorazione e di analisi non coincidente con quello della genetica. Attribuire loro un valore “politico”, però, è fuorviante: il razzismo sociale si basa di solito sulla cattiva scienza, perché quella buona non si presta ad aberrazioni ideologiche.
La filosofia ha preteso di fare una teoria della mente prescindendo dalla scienza. Per questo ha fallito?
Lavazza: Che la filosofia sia alla bancarotta è opinione di qualche scienziato miope, ma non corrisponde alla realtà. In effetti, la filosofia della mente in area anglosassone è più viva che mai, interagisce con le neuroscienze nell’ambito della cosiddetta scienza cognitiva e si segnala per contributi originali. D’altra parte, è vero che una vecchia filosofia “da poltrona”, che rifiuti il confronto con le recenti scoperte, non potrà fare molta strada. La scienza tuttavia senza la filosofia rischia di avere una prospettiva parcellizzata e riduttiva della realtà, trascurandone aspetti fondamentali.
Per le neuroscienze da dove nasce il pensiero umano?
Lavazza: Espressa in questa forma ampia e generale si tratta di una delle domande che, per ammissione della gran parte della comunità intellettuale, ci farà più sudare per arrivare a una risposta, malgrado i grandi progressi della scienza. Oggi sappiamo, in parte, che i sensi ci danno informazioni sulla realtà esterna e su come noi la modifichiamo nel percepirla. Abbiamo scoperto, in parte, come l’evoluzione ha plasmato gli istinti e alcune tendenze del nostro comportamento di base, conosciamo alcuni meccanismi del linguaggio. Ma, ad esempio, la coscienza in senso fenomenologico,(l’effetto che fa vedere un colore o essere una certa persona), resta un mistero sul quale ci sono soltanto ipotesi in competizione.
Damasio e Edelman si sono posti il problema di dare un fondamento biologico all’attività mentale. Ma non si cade così in una forma di riduzionismo?
Lavazza: Il rischio è fortissimo. Molti scienziati però sono convinti che sia così: non esiste altro, a loro parere, che la base materiale del nostro cervello; sarebbero i nostri neuroni tutto ciò che serve a produrre il pensiero. Ma questo riduzionismo non riesce ancora a spiegare, come detto, molte funzioni mentali. Vi sono anche profonde ragioni filosofiche che militano contro il riduzionismo. E non sembra facile confutarle.
Alcuni neuroscienziati come il premio Nobel Kandel sembrano accettare Freud. Ma sul piano neurofisiologico i suoi scritti non hanno nessuna validità scientifica. Senza dimenticare che Freud non riconosceva alcuna cesura fra la vita intrauterina del feto e quella del neonato. Cosa dire di questa aporia?
Lavazza: I neuroscienziati, Kandel compreso (che è stato analista in gioventù), non pensano che Freud avesse ragione, né condividono la teoria psicoanalitica come terapia per la malattia mentale. Qualche raro studioso, come Mark Solms, dice che Freud avesse visto giusto a livello di intuizioni, oggi confermate dalla neurobiologia del sistema nervoso. C’è anche chi ammette che la psicoanalisi possa portare qualche giovamento, ma non perché agisca sulla “psiche”, bensì perché modifica, con le parole, le connessioni neuronali del cervello. In sostanza, oggi c’è un muro di incomprensione che divide gli psicoanalisti classici dai neuroscienziati.
Left 24/08

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