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Erotica ed esotica #CarolRama

Posted by Simona Maggiorelli su marzo 18, 2015

CarolPiù di ogni sua scultura, pittura o disegno, la casa dove ha abitato a lungo la rappresenta ed esprime la sua eretica ed esotica poetica. Classe 1918, Carol Rama è stata un’instancabile esploratrice delle soffitte del Novecento, dei retro bottega del dada, del surrealismo e dei movimenti tellurici che hanno attraversato il secolo scorso. La sua casa-studio torinese è la prova tangibile di quanto siano stati vasti i suoi vagabondaggi a caccia di oggetti trovati, di frammenti da collezione, di pezzi curiosi che oggi vanno a comporre una sorprendente Wunderkammer.

L’artista Bepi Ghiotti ha fotografato a più riprese questo luogo, nel corso di ripetute visite, cercando la luce migliore e una molteplicità di punti di vista per rendere il segreto e quasi magico movimento che percorre le stanze, l’energia e la sorpresa che generano i vari oggetti, all’apparenza affastellati, ma che a un’attenta osservazione appaiono come le lettere cifrate di un alfabeto sconosciuto, segni del vocabolario dark, estremo, provocatorio di questa signora che ha saputo sfidare i tabù di una intera generazione di donne che faticava a conquistare la ribalta dell’arte internazionale.

Specie in Italia, fuori dal cerchio magico della bohème parigina di cui, tuttavia, Olga Carolina Rama ha conosciuto tutti i protagonisti, a cominciare da Picasso. E poi Man Ray e gli altri surrealisti a lei più consonanti per ideologia e ambiti di sperimentazione. L’amica e curatrice Maria Cristina Mundici rpercorre la lunga carriera di questa guastatrice del bon ton torinese e della sua ritualità borghese in un bel volume edito da Skira e prodotto dalla Fondazione Sardi per l’Arte. Con il titolo Il magazzino dell’anima sfilano ritratti e auto-ritratti di quest’artista sempre di spigolo verso la vita, provocatoria, «incazzata» ( come lei stessa si è sempre definita).

Lo studio di Carol Rama

Lo studio di Carol Rama

Armata di pennelli, di macchine fotografiche e di vecchie Olivetti M20, Carol Rama ha cercato per tutta la vita una via di uscita dalla gabbia della famiglia e dalla pazzia a cui sembrava destinarla l’identificazione con sua madre, morta suicida. Trafficando con statuette esoteriche, vecchie valigie, scarpe, scope, protesi esibite con corrosiva ironia e impudenza, Carol Rama è riuscita a tenere a bada per più di 90 anni i suoi fantasmi interiori, facendone i personaggi di un originalissimo teatro dell’arte. Che sotto un’apparente bizzarria, parla del dolore della perdita, della paura del fallimento e del tentativo di rigenerarsi attraverso la pratica artistica.

Come raccontano gli eleganti scatti di Bepi Ghiotti pubblicati in questa preziosa monografia, dall’horror vacui che caratterizza queste sale torinesi emerge un convitato di pietra: la solitudine. Dimensione necessaria del creare aristico ma anche trappola di irrealtà nel caso di Carol Rama, fuga in un universo di fantasmagorie che non sempre riescono ad essere creazione d’arte, immagini bizzarre che oggi paiono afflosciarsi come pupazzi abbandonati dalla mano che li animava. Un velo di tristezza sembra essersi posato su questo barocco insieme di oggetti, fatto di ferri attorcigliati, di strisce di cuoio e ganci da traino, di arti scolpiti, di busti , di tronchi umani e inquietanti ghirlande.

( Simona Maggiorelli, dal settimanale Left)

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