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Io, Agnes Heller

Posted by Simona Maggiorelli su settembre 28, 2013

Agnes Heller

Agnes Heller

Il valore di Marx e la fine del marxismo. L’intelligenza poetica di Shakespeare. Il rifiuto della violenza. E  del regime di Orban. A colloquio con la filosofa ungherese

di Simona Maggiorelli

Quando qualcuno le chiede se è marxista lei risponde con bella fierezza: «Io sono Agnes Heller, non posso che essere me stessa». Allieva di György Lukács e fra i massimi esponenti della Scuola di Budapest che “osò” criticare l’ortodossia comunista, la filosofa ungherese di origini ebraiche (classe 1929) da bambina è scampata all’orrore nazista e da giovane studiosa ha avuto il coraggio di schierarsi pubblicamente contro i carri armati sovietici che uccidevano la primavera di Praga. Con coerenza, nei suoi lavori filosofici come in quelli più schiettamente politici, si è sempre battuta per i diritti umani e per la giustizia sociale, rifiutando la violenza, anche quella proletaria «per la conquista del potere».

E se a lungo è stata un personaggio scomodo per i regimi dell’Est, oggi lo è altrettanto per il governo conservatore di Viktor Orban. «L’attuale governo ungherese ha limitato la libertà di stampa, ha eliminato pesi e contrappesi, ha varato una Costituzione infischiandosene dell’opposizione e l’ha modificata già quattro volte. Ed ha anche cambiato la legge elettorale. Questo è un regime bonapartista» dice Agnes Heller a left. E subito aggiunge: «L’unico rimedio possibile è la vittoria dell’opposizione democratica.

Shakespeare

Shakespeare

Ma la precondizione assolutamente necessaria è che tutti i partiti di opposizione uniscano le forze in vista delle elezioni che si terranno nella primavera del 2014. Questa è la nostra unica chance». Attesa a Torino dove il 29 settembre tiene una conferenza sul tema del valore della scelta, cogliamo l’occasione per riprendere con lei alcuni fili rossi che percorrono tutta la sua ricerca. A cominciare dall’importanza del rifiuto della violenza. «Oggi è diventato finalmente un pensiero largamente condiviso. Non solo la violenza fisica ma anche quella mentale è considerata inaccettabile – commenta -. In molti Paesi ci sono leggi che puniscono atti di violenza sia nella sfera pubblica che in quella privata. In tutte le nazioni democratiche ci sono leggi contro lo stupro in famiglia e contro la pedofilia. Certo, la questione della violenza psichica è più complessa per un giudice, perché invisibile e talora difficile da dimostrare. Ma va riconosciuto che grossi passi avanti sono stati fatti nella pubblica opinione, è cambiata la comprensione e il giudizio della gente. E questa acquisizione culturale mi fa pensare che lo sviluppo umano sia nella direzione di una sempre minore violenza. Con ciò non voglio dire che credo nella “pace eterna”. Ma per quanto riguarda, ad esempio, un fenomeno macroscopico di violenza come lo è la guerra, penso che in Europa non ce ne saranno in un futuro immediato. E che le guerre locali che, purtroppo, segnano oggi altre parti del mondo, non sfoceranno in nuove guerre mondiali».
Dopo tante battaglie contro il totalitarismo e riflessioni critiche sul capitalismo che offre una caricatura della libertà oggi che senso ha per per lei questa parola?
La libertà è il valore più ricercato. Nella storia però è stato interpretato in modi molto diversi. La libertà può essere intesa come libertà di scelta, come piena indipendenza, come inscindibile dal rispetto delle leggi e molto altro. La modernità è caratterizzata anche dal pensiero che “tutti gli uomini nascono liberi”. Ma il fondamentalismo religioso e le ideologie totalitarie attaccano questa acquisizione. Ciò significa che nelle democrazie moderne niente è “naturale” e dato una volta per tutte. Questo è il motivo per cui le libertà democratiche devono essere praticate, riaffermate ogni giorno, perché rischiamo di perderle con facilità.

Lei è una grande studiosa di Marx. E del Marx giovane in particolare. Anche quando la sinistra si concentrava solo sulla lettura più strutturalista del Capitale. Oggi cosa resta della sua lezione?

Karl Marx

Karl Marx

Karl Marx è stato il primo importante filosofo radicale del XIX secolo. A mio avviso non ha perso questo significato e può essere fonte di ispirazione. Ma le sue previsioni riguardo al collasso del capitalismo non si sono dimostrate valide. Di fatto ha sbagliato anche nel preconizzare la fine dello Stato come istituzione e nel preventivare un messianico avvento del comunismo come mondo dell’abbondanza. Nessuna filosofia può essere falsificata su un terreno empirico concreto. Dunque il marxismo non è più un’opzione teoretica credibile, come del resto non lo sono più molti altri “ismi”. Oggi chi si dice marxista magari non ha nemmeno letto i suoi lavori ma condivide l’agenda politica radicalmente semplificata di un gruppo o di un partito “anticapitalista” e “antiglobalizzazione”.
Negli ultimi anni lei è tornata alla sua passione giovanile, gli studi di estetica e ha dedicato più libri a Shakespeare. Riguardo a ciò che muove l’animo umano i poeti hanno da insegnarci molto più dei filosofi?
Shakespeare per me resta una delle più significative fonti di sapienza nonché di conoscenza di noi stessi e delle altre persone. Credo che non lo batta nessuno da questo punto di vista. Ma non penso che si possa stabilire una gerarchia fra poesia e filosofia. Sono due generi letterari diversi, per me ugualmente importanti.

dal settimanale left-avvenimenti

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Una Risposta a “Io, Agnes Heller”

  1. Molto interessante il fenomeno della ricomparsa di Marx nel bagaglio essenziale dell’intellettuale contemporaneo. Per indicare una persona progressista si ricorre molto spesso all’appellativo “marxista”, il che lascia pensare che l’eredità del pensatore ottocentesco sia lì pronta per essere raccolta (di nuovo).
    Ho apprezzato e invidiato lo sguardo che gli intellettuali come Heller gettano sul mondo odierno, confrontandolo col passato per analizzarlo: è un metodo di indagine affascinante. Ma è ancora una volta acqua passata, perchè si fa sempre leva sul rapporto con le guerre mondiali e sulle persecuzioni di metà novecento per innalzare un semplice critico a rango di intellettuale-filosofo. Non oso (posso) immaginare cosa doveva essere resistere alla mentalità dominante, che ha giustificato la violenza; ma riproporlo oggi, fino alla noia, non mi sembra onesto. C’è un clima di paura e sembra di essere fra i predicatori. “Pentitevi, fratelli!”.

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