Gheishe samuraiA fine Ottocento Van Gogh fu tra i primi in Occidente a studiare le forme grafiche essenziali, il tratto netto e i colori piatti delle stampe giapponesi, ricreandole in dipinti di straordinaria forza espressiva. Poi, agli inizi del secolo scorso, l’architetto Frank Lloyd Wright dedicò alle stampe giapponesi un suggestivo saggio teorico: Le stampe giapponesi. Una interpretazione (uscito nel 1913 e ripubblicato da Electa) che avrebbe fatto scuola.

Ma è soprattutto nel secondo Novecento che si è diffusa in Italia una solida tradizione di studi sull’arte giapponese, da Fosco Maraini a Gian Carlo Calza. E su questa scia, anche da noi, si è assistito a un fiorire di pubblicazioni e di mostre che hanno fatto un buon lavoro di divulgazione, basta pensare ad antologiche come quella su Hiroshige nel 2009 a Roma e più ancora, alla rassegna Ukiyo-e sul periodo Edo (1600-1868) curata proprio da Calza nel 2004 a Milano e che ha avuto il merito di far conoscere al grande pubblico le raffinate realizzazioni del “Mondo fluttuante”. In questo solco, e allargando il raggio storico dell’indagine, si inserisce l’interessante mostra che si è appena aperta a Cagliari, Oggetti per passione. Il mondo femminile nell’arte giapponese (fino all’8 settembre) nata dalla collaborazione dei Musei civici cagliaritani (che conservano le opere importate dal Sol Levante dal collezionista Stefano Cardu) con il Museo preistorico etnografico Luigi Pigorini di Roma dove è conservata e studiata, ma non ancora esposta la collezione raccolta da Vincenzo Ragusa, scultore siciliano che tra il 1876 e il 1882, fu invitato in Giappone per insegnare nella nascente Scuola di Belle Arti occidentali di Tokyo. Loretta Paderni, che cura la mostra sarda insieme a Anna Maria Montaldo, presenta in anteprima i risultati del suo lavoro in un articolato percorso in Palazzo di Città e nel MAS Museo d’Arte Siamese, nella cittadella. Inanellando oggetti, stampe, netsuke (statuine in miniatura) e pitture risalenti a un amplissimo arco di tempo che va dal medioevo fino al periodo Meiji (1867-1912), quando il Giappone si aprì all’arte occidentale. Quando cioè cominciò ad essere trascurata la raffinata tradizione calligrafica del Sol Levante, per adottare gli stilemi della pittura figurativa.

Gheishe e Samurai-Genova

Gheishe e Samurai-Genova

Con esiti non sempre esaltanti come si è visto in aprile alla Gnam di Roma che ha ospitato la mostra Arte in Giappone curata da Masaaki Ozaki del Museo di Arte Moderna di Kyoto. Più interessanti invece nell’esposizione dei Musei civici cagliaritani le sezioni dedicate all’arte giapponese antica del periodo Heian (794-1185) e del periodo Edo, quando elegantissime stampe rappresentavano momenti di vita privata, passata tra otium e arte: un periodo in cui, però, anche per la diffusione del confucianesimo, la condizione della donna divenne subordinata all’autorità maschile. Le cortigiane facevano eccezione. Ma solo all’apparenza. Potendosi dedicare alla poesia, alla musica e all’arte. Una condizione che poi  in Occidente si è tradotta nel mito esotico della Geisha come racconta in Palazzo Ducale a Genova la mostra Gheishe e samurai (fino al 25 agosto), presentando 125 stampe fotografiche originali realizzate dai grandi interpreti giapponesi ed europei di quest’arte, agli albori della storia della fotografia, fra il 1860 e i primi anni del Novecento.

In  Palazzo Ducale  s’incontrano così stampe  originali realizzate dai grandi interpreti giapponesi ed europei di quest’arte. Curata da Francesco Paolo Campione, direttore del Museo delle Culture di Lugano, e da Marco Fagioli. L’esposizione e’ realizzata in collaborazione con il Museo delle Culture di Lugano che conserva un archivio composto da di oltre 5.200 fotografie all’albumina colorate a mano, per meta’ circa contenute all’interno di oltre 90 coevi album-souvenir racchiusi da coperte decorate da maestri dell’arte giapponese della lacca. Si tratta di una delle maggiori collezioni del genere esistenti al mondo. Raccolta con erudita passione da Marco Fagioli a partire dal 1973, la collezione è stata interamente acquisita nel 2012 dalla Fondazione ‘Ada Ceschin Pilone’ di Zurigo che l’ha destinata in comodato permanente al Museo delle Culture di Lugano. La rassegna ruota attorno all’idea dell’uomo e della donna giapponesi, cosi’ come si sono formate nell’immaginario europeo dell’Ottocento, ritratto nelle fotografie della Scuola di Yokohama, sia nelle reali condizioni socio-culturali del tempo, attraverso i capolavori di uno dei più importanti capitoli della storia della fotografia – nata in Europa ma subito sperimentata in Giappone – proprio nel periodo in cui, abbandonando un isolamento che durava da trecento anni, il Paese del Sol levante si apriva all’America e all’Europa, influenzando, con le immagini e le espressioni della sua creativita’, il gusto dell’intero Occidente.  (Simona Maggiorelli)
dal settimanale Left-Avvenimenti