Un confronto rivelatore
Posted by Simona Maggiorelli su luglio 9, 2015
Il tratto netto e tagliente di Giovanni Bellini influenzò Andrea Mantegna che arrivò alla straordinaria sintesi e al potente scorcio prospettico de Il Cristo morto (in foto) solo dopo un lunghissimo esercizio. Come si evince dal disegno Il seppellimento di Cristo (1456) conservato nel Gabinetto dei disegni della Pinacoteca di Brera, e ora esposto accanto a quel Cristo morto nel sepolcro con tre dolenti (1470-74), che è il capolavoro assoluto del Rinascimento mantovano. E proprio a quello schizzo un po’ rigido e immaturo di Mantegna, che mise a dura prova anche un conoscitore come Giovanni Morelli, si deve un capitolo importante degli studi sugli anni giovanili del pittore padovano, così come la possibilità di mettere a fuoco il salto creativo che egli seppe fare in età matura, liberandosi da ogni identificazione con il cognato, che non conosceva rivali presso la ricca committenza veneziana.
Sul Cristo morto di Mantegna si sarebbe esercitato poi (con molti altri) il Tintoretto, con tratto fine e accurato, quasi vasariano, del tutto insolito nell’area veneta dove a prevalere era il colorismo di Tiziano e poi la pittura tonale che tocca punte altissime con Veronese e Tiepolo, capaci di costruire le proprie figure con il solo colore, giocato tono su tono. Anche in questo caso è un disegno conservato nel Gabinetto della Pinacoteca di Brera a permetterci di capire ancora meglio l’originalità di Tintoretto, pittore della luce, teatrale e già manieristico nel contesto della pittura veneta del Cinquecento. E di esempi di questo genere potremmo farne ancora molti continuando a esplorare l’importante collezione di opere grafiche conservata nel maggiore museo milanese. Una raccolta che la mostra Il primato del disegno (aperta fino al 19 luglio, catalogo Skira) permette di conoscere più da vicino, mettendo a confronto una scelta di opere grafiche di artisti di varie epoche, “dai primitivi a Modigliani” con i dipinti che quei disegni in qualche modo contribuirono a generare. Non solo come studi preparatori in senso stretto, ma anche – come abbiamo appena visto – permettendo di osservare meglio l’evoluzione di artisti come Pisanello, Mantegna, Raffaello, Parmigianino, Tintoretto e Veronese, per arrivare poi al Novecento di Modigliani, Carrà, Boccioni, Morandi, Giacometti e Licini.
Un’operazione di confronto filologico eccezionale, affidata alla cura del direttore della Pinacoteca Sandrina Bandera e resa possibile da importanti prestiti di dipinti da parte del Louvre, dell’Albertina di Vienna, del Metropolitan Museum, della Morgan Library e degli Uffizi. tratto netto e tagliente di Giovanni Bellini influenzò Andrea Mantegna che arrivò alla straordinaria sintesi e al potente scorcio prospettico de Il Cristo morto (in foto) solo dopo un lunghissimo esercizio. Come si evince dal disegno Il seppellimento di Cristo (1456) conservato nel Gabinetto dei disegni della Pinacoteca di Brera, e ora esposto accanto a quel Cristo morto nel sepolcro con tre dolenti (1470-74), che è il capolavoro assoluto del Rinascimento mantovano. E proprio a quello schizzo un po’ rigido e immaturo di Mantegna, che mise a dura prova anche un conoscitore come Giovanni Morelli, si deve un capitolo importante degli studi sugli anni giovanili del pittore padovano, così come la possibilità di mettere a fuoco il salto creativo che egli seppe fare in età matura, liberandosi da ogni identificazione con il cognato, che non conosceva rivali presso la ricca committenza veneziana. Sul Cristo morto di Mantegna si sarebbe esercitato poi (con molti altri) il Tintoretto, con tratto fine e accurato, quasi vasariano, del tutto insolito nell’area veneta dove a prevalere era il colorismo di Tiziano e poi la pittura tonale che tocca punte altissime con Veronese e Tiepolo, capaci di costruire le proprie figure con il solo colore, giocato tono su tono. Anche in questo caso è un disegno conservato nel Gabinetto della Pinacoteca di Brera a permetterci di capire ancora meglio l’originalità di Tintoretto, pittore della luce, teatrale e già manieristico nel contesto della pittura veneta del Cinquecento. E di esempi di questo genere potremmo farne ancora molti continuando a esplorare l’importante collezione di opere grafiche conservata nel maggiore museo milanese. Una raccolta che la mostra Il primato del disegno (aperta fino al 19 luglio, catalogo Skira) permette di conoscere più da vicino, mettendo a confronto una scelta di opere grafiche di artisti di varie epoche, “dai primitivi a Modigliani” con i dipinti che quei disegni in qualche modo contribuirono a generare. Non solo come studi preparatori in senso stretto, ma anche – come abbiamo appena visto – permettendo di osservare meglio l’evoluzione di artisti come Pisanello, Mantegna, Raffaello, Parmigianino, Tintoretto e Veronese, per arrivare poi al Novecento di Modigliani, Carrà, Boccioni, Morandi, Giacometti e Licini. Un’operazione di confronto filologico eccezionale, affidata alla cura del direttore della Pinacoteca Sandrina Bandera e resa possibile da importanti prestiti di dipinti da parte del Louvre, dell’Albertina di Vienna, del Metropolitan Museum, della Morgan Library e degli Uffizi. (simona maggiorelli, dal settimanale Left)
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