Che fine ha fatto la critica? Anche quella che non è prosa d’arte (che necessita di talento e di un uso creativo del linguaggio), ma anche la “semplice “recensione di una mostra? Sui quotidiani mainstream è, con tutta evidenza, un genere in via di estinzione. Sostituita con presentazioni parapubblicitarie e inserti pagati dagli stessi organizzatori dell’evento, dell’esposizione, del vernissage. Così inevitabilmente viene meno il giudizio critico ma anche il servizio al lettore che ha diritto ad essere informato correttamente.
Emblematico è anche quello che sta accadendo alla critica cinematografica, sui maggiori quotidiani spesso surrogata da stelline, da punteggi o dall’entusiasta pollice di Fonzie. La velocità del web, lo zapping tv, il linguaggio sincopato dei social media (i 140 caratteri di twitter) l’infotainment sono diventati un must per molti editori anche di settimanali. Che in questo modo perdono di vista la propria identità e funzione: offrire spazi di approfondimento, di riflessione, di pensiero critico.
Ma non tutti sono disposti ad arrendersi a questa omologazione. E mentre i giornali contraggono gli spazi destinati alle recensioni pensando di emulare le logiche del web, a sorpresa, la critica d’arte, anche quella più colta e argomentata trova rifugio sulla Rete, in riviste specializzate come, ad esempio, Doppiozero.com, che è animata da 700 scrittori, critici, giornalisti culturali e ricercatori. Fra loro ci sono intellettuali affermati e giovani studiosi determinati a portare avanti la critica culturale facendo rete.
Come racconta Stefano Chiodi che è tra i fondatori della rivista. Curatore di mostre e autore di numerosi saggi, Chiodi firma anche la postfazione di un interessante volume pubblicato da Donzelli che ricrea su carta questo modello rizomatico e multidisciplinare di fare ricerca e critica delle arti visive.
Intitolato Nell’occhio di chi guarda. Scrittori e registi di fronte all’immagine, il volume ( curato da Clotilde Bertoni, Massimo Fusillo e Gianluigi Simonetti) si presenta come un’opera polifonica. Scrittori come Walter Siti, Domenico Starnone, Tommaso Pincio, Alessandra Sarchi, letterati come Nadia Fusini e Guido Mazzoni, registi (Tiezzi e Andò ) e artisti come Laura Pugno, insieme ad altri, qui si cimentano in originali descrizioni (secondo il topos dell’ekphrasis), in letture inedite e interpretazioni di quadri, di affreschi, di foto e fotogrammi che hanno colpito la loro immaginazione. Così, per esempio, il regista Federico Tiezzi, artefice di un teatro fortemente visivo e attento all’iconografia colta, rilegge il duecentesco Trionfo della morte di Bartolo di Fredi e La Maestà del Duomo di Siena ( 1308-11 ) di Duccio di Buoninsegna in un testo che ha il sapore letterario di un racconto di formazione.
Memorie di infanzia emergono anche nel testo di Nadia Fusini che rievoca lo spavento per lo sguardo furente di Maria Callas -Medea nel film di Pasolini del 1969. Uno sguardo che a lei, ragazzina, cresciuta in una famiglia matriarcale, fece vedere/intuire la pazzia di una madre che decide di uccidere i figli. «Le immagini sono pensieri» che possono illuminare il latente, il non detto, dei rapporti umani, suggerisce Fusini. «Da quel momento capii – scrive – che le vere immagini non si afferrano che in controluce e ci affacciano su un mondo di invisibilia».
Simona Maggiorelli
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