Specchi dei tempi
Posted by Simona Maggiorelli su marzo 5, 2011
Dal 4 marzo una grande retrospettiva al MAXXI festeggia cinquant’anni di ricerca di Michelangelo Pistoletto
di Simona Maggiorelli
Per festeggiare i cinquant’anni di ricerca di Michelangelo Pistoletto, la sua inesausta voglia di sperimentare, ma anche di interrogare lo “zeitgeist” dei nostri giorni, forse non si poteva immaginare luogo più congeniale del MAXXI di Roma.
Tempio laico del contemporaneo nel cuore della metropoli papalina. Castello dei sentieri incrociati dall’arte. Organismo architettonico in continuo divenire con il suo moltiplicarsi di spazi, di rampe sinuose, di vetrate che portano dentro il museo lo scorrere della vita in strada.
C’è insomma una profonda sintonia fra l’idea di progettazione del MAXXI di Zaha Hadid e i quadri specchianti di Pistoletto che il museo romano ospita dal 4 marzo in una grande personale dedicata al maestro dell’Arte povera. Fin dai primi lavori degli anni Cinquanta, infatti, Pistoletto ha aperto il suo fare arte al divenire, dissacrando la staticità dell’icona, obbligando ogni ritratto ad avere i piedi ben piantati per terra, ovvero ad accogliere nel suo spazio della rappresentazione sia lo spettatore che il suo ambiente circostante.
Rompendo il solipsismo del quadro, con superfici a specchio, Pistoletto ha aperto l’opera al tempo e al moltiplicarsi di prospettive. Costringendo Narciso a fare all’impossibile: non ammirare più soltanto il proprio riflesso.
Ma nel cantiere capitolino delle arti del nuovo millennio che ricrea la personale recentemente dedicata al maestro dal Philadelphia Museum of Art, c’è spazio anche per ripercorrere il lungo viaggio che Pistoletto ha fatto e continua a fare nell’ambito della scultura. Fin dalla famosa Venere degli stracci che nel ‘67 celebrava la bellezza assoluta e atemporale di una statua classica in mezzo a un mucchio di cenci, rendendola umanissima e terrena. Così, nel percorso di questa ampia antologica che resterà aperta fino al 15 giugno, l’ironia giocosa di questa Venere del vintage trova eco nelle radicali interrogazioni di Pistoletto sulle ideologie in cui, nel corso della storia, sembra essersi inceppato il fluire della mente umana. In primis la lapide su cui, rigorosamente a mano, è inciso il dissacrante botta e risposta «C’è Dio? Sì, ci sono!» con cui Pistoletto decostruisce – è lui stesso a dirlo in questi termini- «la struttura piramidale in cima alla quale è posto un capo assoluto proprio dei monoteismi da cui si generano mostruosi conflitti».
Per arrivare poi al recentissimo I temp(l)i cambiano in cui la facciata di un tempio greco appare realizzata con pezzi di elettrodomestici rottamati (le colonne, in particolare, sono fatte con cestelli di lavatrici). La base poggia su un cuneo che fa apparire il tempio in bilico, come se dovesse scivolare su un lato da un momento all’altro. Così come un’idea di abbattimento degli idoli traspare dalla statua di uomo franata di fianco con cui, poco prima della caduta del muro di Berlino, Michelangelo Pistoletto da artista intuiva e rappresentava quello che sarebbe accaduto di lì a poco e che si sarebbe concretizzato nell’abbattimento della statua di Lenin.
Una capacità di “preveggenza” che Pistoletto ha saputo tenere straordinariamente viva nel tempo. Anche trasformando quello che una volta era lo studio di artista, isolato e fuori dal mondo, in una grande fucina delle arti grazie alla Fondazione Pistoletto Città dell’arte, fondata giusto vent’anni fa a Biella e aperta ai giovani talenti da ogni parte del mondo.
da left-avvenimenti 4-10 marzo 2011
UN MANIFESTO POLITICO, così Michelangelo Pistoletto ha presentato il proprio lavoro in conferenza stampa il 4 marzo, al MAXXI di Roma:
E’ stato detto che i i quadri specchianti sono la mia cifra. Io dico, invece , che sono il mio filo conduttore. Attraverso i quadri specchianti ho fatto dell’autoritratto il ritratto del mondo. Nel posto del punto di vista predefino ho portato a trecentosessanta gradi tutte le possibilità. I quadri specchianti sono unici come i momenti della vita. E’ un’opera unica. E anche coloro che verranno dopo spechieranno entrando nell’opera. In questo senso i quadri specchianti contengono anche il futuro.
E’ l’universo dei possibili che si apre nei quadri specchianti l’universo dei possibili qui si realizza in concreto. I quadri specchianti come gli oggetti in meno sono una trasposizione di questa esigenza, per questo contraddicono la cifra. Perché ogni momento è diverso dall’altro. E’ esplosione del sé in molti lavori diversi: Diversi come diverse sono le persone. Come diversi sono i momenti della vita. Da questo fenomenologia delle differenze nasce il concetto stesso di una città dell’arte.
Alla fine degli anni Sessanta c’era una grande voglia di interagire, entrare nelle piazze con il teatro, quasi ainserire diversi segmenti di arte nella vita sociale. L’idea che continuo a coltivare è quella della polis, da qui l’idea della Città dell’arte come civitas, come civiltà . L’arte ristabilisce il progresso. L’arte è la creatività umana. E’ il fulcro di ciò che è umano. Il nostro compito come arttisti è acquistare quel po’ di libertà individuale e trasformarla in responsabilità individuale. Dove non c’è libertà non c’è rispetto.
L’arte è un’attività in senso comunitario. Da qui il mio incontro con Gianna Nannini nel progetto che mette al centro un nuovo segno di infinito come procreazione. L’arte è nuova civiltà umana al mondo.
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